I PROCESSI

I PROCESSI I PROCESSI La strage dei fratelli Mazzolerà La pena capitale al Gavazzeni e l'ergastolo ai complici Bergamo, 16 notte. All'apertura dell'udienza, oggi, ultimo giorno del processo per la strage dei fratelli Mazzoleni, è stata data la parola all'aw. Mazza De Piccioli, difensore del maggiore i imputato Pietro Gavazzeni, per il quale il Procuratore Generale ha chiesto la pena di morte. L'oratore ha dato lettura anzi tutto della sentenza del Tribunale di Guerra di Verona, del febbraio 1919, nella quale veniva concessa la commutazione della pena di morte per diserzione del Gavazzeni, in seguito al riconoscimento della semi-infermità di mente; e subito dopo ha rilevato che se altri giudici hanno riconosciuto tale diminuente di efficienza fisica nell'imputato, sì dovrebbe riconoscerla anche ora, o quanto meno riconoscere la necessità di una perizia psichiatrica. Dopo avere insistito sulle circostanze atte a provare che il movente del delitto non è stato quello del furto, ha concluso esortando i giudici a voler considerare il loro compito, pur non invocando egli pietà per il suo patrocinato, secondo un giusto criterio di severità, accompagnata dalla serenità dovuta alla convinzione che nel decorso del processo, i giudici si sono formata. In difesa del Battista Rota è sorto quindi a parlare l'aw. Tiraboschi, il quale dopo avere descritto l'ambiente in cui sono cresciuti gli imputati è entrato nel merito della causa, affermando che il suo patrocinato (dopo avere egli dimostrato, a sua volta, che 10 scopo del furto non fu il movente del delitto) ha partecipato all'azione delittuosa armato di un fucile, che pure'esplose, ma verso l'alto, nell'eccita- ^^itfp ss no risultati colpiti esclusivamente di arma bianca. Da ciò l'oratore desume che sia giusto concedere al suo difeso la diminuzione di pena per la minima importanza della sua partecipazione. In difesa dell'altro imputato (per cui 11 Procuratore Generale ha chiesto la pena capitale), ossia il Giuseppe Rota, ha parlato nel pomeriggio l'aw, Vaiana. Egli ha messo in rilievo la deficienza psichica del suo patrocinato, per cui ha chiesto una diminuzione della pena. L'aw. Meoli, ancora in difesa del Pietro Gavazzeni, ha invocato pur egli la perizia psichiatrica per l'imputato, su cui tanta responsabilità viene a gravare. Rileva che in nessuno degli interrogatori si è accennato all'assassino per scopo di furto; ed escludendo egualmente la causale della vendetta, non può non ritenersi che, senz'altra causa, il delitto debba essere stato opera di un folle. Conclude egli chiedendo che venga emesso il giudizio attraverso il severo studio delle carte processuali, e termina con una fervida perorazione rievocando l'ultimo saluto dell'imputato al figlio, che è una dimostrazione del suo pentimento._ _ La Corte si ritira in camera di consiglio alle ore 18,10, mentre nell'aula, la folla che si accalca finanche nellemiciclo, rimane In trepida attesa. Un'ora dopo la Corte rientra. S. E. Rosati, a voce alta, dà lettura della sentenza nella quale, respinta l'istanza per la perizia psichiatrica chiesta dalla difesa, vengono assolti gl'imputati dal reato di associazione a delinquere, vengono dichiarati essi colpevoli di omicidio aggravato, con premeditazione e allo scopo di eseguire un furto nelle persone di Paolo e Pietro Mazzoleni: omicidio aggravato collo scopo di eseguire un furto in persona di Giovanna Mazzoleni, furto aggravato continuato, come loro ascritto. Si dichiarano perciò il Pietro Gavazzeni e il Giuseppe Rota colpevoli di concorso nel tentato omicidio aggravato in danno del Giovanni Roncelli e il Pietro Gavazzeni, di minacele contro la Genoveffa Mazzoleni e di porto di armi abusivo. Conseguentemente, concesse al Battista Rota, al Giuseppe Rota e al Giuseppe Arzuffi le attenuanti di cui all'art. 114, ultima parte, in relazione al l'art. 112 numero 4 Codice Penale, condanna il Battisita Rota e il Giuseppe Arzuffi alla pena dell'ergastolo; il Giuseppe Rota alla pena dell'ergastolo con isolamento diurno per quattro anni e il Pietro Gavazzeni alla pena di morte. La folla ha accolto con un leggero mormorio la grave sentenza, sgombrando subito l'aula, mentre una sorella del Rota, in pianto dirotto, veniva trascinata fuori dai carabinieri. Gl'imputati sono usciti dalla gabbia guardando il pubblico, che il Gavazzeni ha salutato con ambo le mani.

Luoghi citati: Bergamo, Verona