Fermi in campo

Fermi in campo Fermi in campo LONDRA, luglio. Ài convulsi piani di meccaniche sortite monetarie, questo Quartier Generale e gli organi suoi oppongono un piano di temporeggiante raccoglimento. Sgorga dal senso ora diffuso che la campagna sarà lunga, perchè il successo si subordina a un ampio ritorno di condizioni stabili nel mondo, e si giudica probabile che l'instabilità vi persista per tempo così indefinito, che il ritorno della stabilità viene descritto come un sogno di futuro remoto (Times). Accoranti gli aspetti umani, ma le lacrime sulle incidenze umane dei problemi poco giovano a risolverli (Daily Telegraph). Dunque, rifuggire dalle malsicure scorciatoie, astenersi dalle avventure, consolidar sempre meglio, poco alla volta, l'immediato consolidarle sul fronte principale. Insomma, star fermi in campo. Torna alla mente il dissenso interiore che serpeggiò qui durante la guerra, quando all'idea massiccia di concentrare forze e sforzi sul fronte occidentale, la via maestra, si opponeva l'idea, trita della scorciatoia orientale, la via di Bisanzio. A caldeggiarla era in ispecie l'immaginoso Churchill, ed egli è in cattedra anche stavolta, con una super-scorciatoia mondiale nell'ambito della sterlina e del dollaro, accanto alla scorciatoia proposta da Home nel puro ambito della sterlina. Al refrigeratore l'una e l'altra! Badi Churchill, smanioso d'impugnare la leva monetaria, che il credito non è metallo. Il duro ma lucido Snowden taccia addirittura di pazzia incipiente tutti i nuovi dottrinari che addentellano il livello dei prezzi al puro volume dell'oro in giro. Ben altro che il demone monetario sta al fondo di questa crisi! Non è scarso il danaro, nè ad alto costo. Ove si approda, cincischiando senza necessità l'oro o l'argento? Gli ortodossi estremi, negano a Governi e Conferenze ogni capacità di rielevare prezzi con cincischiature di metalli, ■— specie alle Conferenze mondiali, tra Paesi per lo più in disaccordo fin con se stessi, e d'interessi talora diametralmente opposti, e a cosi diverso tenor di vita. Gli ortodossi moderati, se qualche secondaria possibilità concedono alla politica monetaria, anzitutto ne invitano, i bollenti paladini a chiarirsi le idee sui problemi esatti da discutere, e dove e con chi, e in quale ordine. Non vedono essi che c'è niente da fare se prima non si sgombra il terreno internazionale dei debiti politici e di tutti gli altri bastoni nelle ruote normali degli scambi? Senza questo sgombro, il metallo o ri«distribuito o rivalutato o rimonetizssato finirebbe presto per riacenmùHarsi nelle mani dei creditòri di tipo letterale, con debiti in soprannumero sulle spalle dei debitori. Non metta, Churchill, il carro davanti ai buoi; si refrigeri. E badi, alla sua volta, Home, smanioso d'espandere nella City il credito bancario, para: ninfo il Governo, per risollevare i prezzi in sterline, che il credito non e banca. A parte i rischi dell'azione isolata, è-realmente possibile rigonfiare i prezzi con pompe di moneta immaginaria sino all'esatto livello che si vuole; e tenerveli inchiodati sotto controllo? E sotto il controllo ultimo di chi? Del popolarismo elettorale? Nessun Governo può ristabilire prezzi con imbeccature di banche e spruzzi di danaro volatile. Meno maligna d'ogni altra, l'inflazione del credito bancario può recare momentanei sollievi, ma il punto in cui necessariamente si arresta si risolve nel punto di partenza. Il ghiaccio non può romperlo per davvero se non la fiducia di ritomo. Ogni espediente creditizio, come anche monetario, alla lunga peggiora tutto, se prima non rinasce la fiducia. E la fiducia non nel senso di piccola psicosi come la concepiscono quelli che nei riluttanti di oggi non vedono che nevrastenici e ipocondriaci, bensì in senso ragionato: la ragionevole fiducia, nei finanziatori, di poter essere ripagati; nei finanziati, di poter ripagare. Altrimenti, ogni tecnica riflazione di credito bancario manca di deflusso pratico, non va a toccare il livello dei prezzi. E questa fiducia ragionata, veloce a partire, 'è lenta a tornare. Essa rimane latitante. E perchè? Segue il ritornello di moda: oggi come oggi, semplicemente perchè tutti ì debiti politici creati dalla guerra non sono scomparsi fra le Nazioni, nonché per i concomitanti impedimenti alla normalità di scambi e finanze tra ì Paesi. Ma adesso si aggiunge: e soprattutto per le condizioni in cui versano tanti bilanci statali. Che vale, rebus sic stantibus, pompar credito meccanico nella situazione? Invano si sta tentando in America da ormai quattro mesi, con diluvii di credito bancario, di risollevare i prezzi per rimettere in moto le industrie e ridurre i disoccupati. Impassibili, ì prezzi continuano a declinarvi, i disoccupati a crescervi, mentre la brezza inflazionistica vi essica anche peggio la fiducia essenziale. Nessun espediente rigenera gli affari quando il bilancio è in disordine. Su questo tasto tocca ora fondo la lezione che emana dal Quartier Generale inglese. I debiti politici, gli ostacoli ai traffici passano in secondo piano. In primis et ante omnia, per risuscitare l'imprescindibile fiducia traverso il mondo degli affari, risanare e mantener sane a ogni costo le finanze nazionali. Questa la via maestra, questo il primo compito: lo Stato bene amministrato. E si spiega. La cura dei grossi debiti • non consiste nell'indebitarsi di pm, e neanche in parziali ripudi con 1 involuto metodo del deprezzamento monetario e simili. La cura e che ì Governi spendano meno, e in modo produttivo quel che devono spendere. La proba e parsimoniosa amministrazione statale porta a sgravio di debiti senza tonsure di moneta, ■— porta a sollievo di contribuenti, incentivo d'opere, ripresa d'investimenti, naturali rialzi di prezzi verso livelli naturali, riaccensioni di speranze nelle industrie, autentiche domande djL credito bancario. E allora \ può e deve intervenire il Governo, per il tramite della Banca centrale e delle altre, ad assecondare questa fecondatrice riespansione del credito operante, promuovendone l'abbondanza, riducendone il saggio dell'interesse. Ed è tutto questo che va fatto, sopra ogni altra cosa, qui sul fronte inglese, — come si sta facendo, testimone il tre e mezzo che vien surrogando il cinque per cento sui titoli statali di comodità. E i traffici con la clientela, e quelli col mondo in generale? Non essere isterici! Con un mercato come questo, essi comunque non termineranno domani. Il sistema economico resta tenace; in certe parti si corregge ancora da sè, e tanto più si corregge quanto meglio si amministri lo Stato. Questo è il tronco; le fronde rifioriranno. Per il momento, ognuno si arrabatti a cavarsela alla men peggio, senza perdere la testa, procuri di tenere connessi o riconnettere con il di fuori tutti i fili mercantili che può. Nel frattempo, il mondo cercherà forse di seguire il buon esempio inglese, il ritomo alla buona amministrazione di Stato, — come un ritomo a casa. In tale evenienza, insieme con altre operazioni, anche una Conferenza mondiale monetaria (zuccherino a Churchill) potrà servire di tonico. Ma basterà che segua l'esempio inglese, meglio che può, la naturale clientela dell'Inghilterra, ossia l'Impero e quelle altre parti del mondo che con lei han bisogno di commerciare a sfogo di prodotti elementari; e nuovi accorgimenti monetari entro questa immensa zona della sterlina (zuccherino ad Home) si faranno certamente applicabili a tempo debito. Perchè non è se non Questione di tempo, il successo finale ell'Inghilterra, una volta ch'essa sappia star ferma in campo, calma e raccolta, — specie sul bilancio. E' sufficiente? Si vedrà. Ma questo piano generico ed elastico, che implicitamente spoglia d'ogni capacita di miracoli qualunque espediente o conferenziale o progettuale in senso lato, rimette in luce un caposaldo suggestivo. Fermi in campo, rafforzando lo Stato. Si può realmente far di meglio, per se e per il mondo? Non si contribuisce alla soluzione della crisi mille volte meglio col rafforzamento dello Stato che con progetti di grandiose inflazioni o rinazioni o insufflazioni d'ogni genere ? Non si contribuisce meglio anche a raddrizzare il mondo intiero, che se fosse composto di Stati forti, o se almeno fosse forte lo Stato nei suoi Paesi maggiori, non si sarebbe mai azzoppito in questa maniera, oppure si accorderebbe alla svelta sui soccorsi se invece non si tratta che d'una disgrazia come tante altre? Ma indubbiamente larga parte di questa crisi risale a debilita statali ingeneratesi nei maggiori Paesi, persino qui in Inghilterra, ove, essendo balenata la brillante idea di affidare uno Stato capitalistico per eccellen¬ za alle cure di anticapitalisti militanti per trasformarli in campioni del capitalismo, alla fine del furbesco processo il discredito minacciava di rovesciarsi persino sulle Casse postali di risparmio. Ora qui si è rimesso, lo Stato; è forte di nuovo, in questo roccioso isolotto frastagliato, e la crisi morde gli inglesi meno degli americani e dei tedeschi anche perchè essa naturalmente più infierisce dove meno forte è lo Stato, non importa quanto grande vi sia il Paese, anche se grande come un continente. Pensate a quel che oggi è lo Stato nell'immensa America, nella tarchiata Germania. E quando è debole lo Stato, che volete che sia forte, in un Paese? Forse il credito? Esso è la prima vittima. Di nessuno può realmente fidarsi che diffida dello Stato. Il credito è lo Stato e poco altro. Oro, banche, diplomazia conferenziale, psicosi occasionale non sono che le f rangie della gualdrappa. Questa crisi la fronteggiano sul serio e possono sperare di meglio superarla solo i Paesi ove soprattutto si accudisce a rafforzare lo Stato. Sembra fatica sisifea, disaiutata com'è dalle circostanze esteme e dai loro riverberi interni. Pure, è praticamente tutto. Si vedrà più chiaro tra breve. Siamo alla vigilia, se non del finimondo, di certe sequele logiche e di certe esigenze un po' brusche. Ad esempio, i prezzi: e se non risalissero? Con i soli impianti già esistenti, la produzione virtuale del mondo rimane sterminata. I debiti generali: il nodo di quelli che mez zo mondo deve all'America per investimenti ricevuti, nessun rialzo di prezzi può scioglierlo; sarebbe emerso in ogni caso, quand'anche i prezzi fossero rimasti su. I traffici mon diali: e se fossero destinati a rimaner contratti per sempre? A. bene scrutarli, per metà sono già pleonastici, a meno che non si fondino Paesi nuovi, non fondabili, come al tem po dei Romani, se non con le armi. La produzione smussata: e se fosse giuocoforza concentrarsi invece sull'aumento del consumo? I produtto ri rimarranno duri a morire. Infine, l'eterno dualismo umano, cicale che cicalano, formiche che costruiscono e se divenisse necessario abbandonare le cicale alla loro sorte invernale, pur di rassicurare a fondo le formiche, quelle del capitale come quelle del lavoro, e invogliarle a riedificare? Se a tutto questo occorrerà provvedere, com'è quasi certo, o provvedervi nell'orbita statale, con forza di Stato, o andare travolti. La civiltà ellenica, che capiva tut to, sapeva benissimo che il credito è lo Stato e poco altro. Diceva, in parole diverse, non essere intieramente felice se non colui la cui Patria è grande. Certo, nei prossimi anni, saranno intieramente infelici i Paesi in cui lo Stato è debole. Come nessuno può dire del nostro. MARCELLO PRATI.

Persone citate: Churchill, Snowden

Luoghi citati: America, Germania, Home, Inghilterra, Londra