Scrittori e scritture di quattro secoli

Scrittori e scritture di quattro secoli Scrittori e scritture di quattro secoli e e a e . . oo-T MODENA, giugno. Nella grandiosa sala dell'Estense, dove di solito si ammira la Mostra Permanente di questa Real Biblioteca, mostra d'arte applicata al libro, fino a tutto il Settecento; ora è disposta, in analogo modo, questa temporanea — Mostra di Codici Autografici in onore di Girolamo Tiraboschi nel secondo centenario della nascita: — mostra unica al mondo, dei cui concetti ispiratori e dei cui fini culturali e pratici già discorrevo ieri, o meglio riferivo ciò che mi dichiarava, con tanta più competenza e autorità, l'iniziatore stesso e ordinatore della Mostra, il dotto e benemerito bibliotecario dell'Estense, professor Domenico Fava. Egli vuole anche accompagnarmi nella visita della Mostra, per indirizzare il malcerto cronista a un più coscienzioso e intelligente esame dei preziosi cLmeli qui radunati, e sceverarne l'eccezionale importanza. — Non le batte il cuore a contem' piare queste pergamene vergate di mano di San Tommaso d'Aquino? Sono i Commentwrii, redatti dal gran Dottore, super quattuor scripta Dionysii Areopagitae. Il codice viene dalla Nazionale di Napoli; e come ella vede è mutilo in principio e in fine. I fogli che mancano, sono in parte all'Ambrosiana, e In parte alla Vaticana. Una carta si conserva nella chiesa di San Domenico, a Napoli, e vi è venerata come reliquia: i fedeli baciano devotamente il vetro che la protegge, nella cornice. — Le maggiori biblioteche italiane, vedo, hanno concorso alla' -Mostra;: ' • — Eoco: insieme, naturalmente, con l'Estense, e con quella.del Collegio San Carlo, qua di Modena, la Nazionale e la Girolamini, di Napoli; la Nazionale, l'Alessandrina, la Casanatense, l'Angelica, e la ValliceUiana, di Roma; la Nazionale, la Laurenziana, e la Riccardiana, di Firenze; la Reale, e la Nazionale, di Torino; la Malatestiana, di Cesena; la Palatina, di Parma; la Gambalunghiana, di Rimi'ni; l'Universitaria, e la Civica, di Padova; la Nazionale, la Biblioteca di San Marco, e quella del Museo Correr, di Venezia; la Comunale di Slena; l'Universitaria, e la Comunale dell'Archiginnasio, di Bologna; la Queriniana, di Brescia; la Comunale di Reggio Emilia; la Comunale di Mantova; la Comunale di Verona; la Comunale di Ferrara. Voglio osservarle, però: per quanto la portata della Mostra abbia sorpassato ogni mia previsione, data l'ingente copia, insieme con l'interesse dei documenti raccolti ed esposti, — in totale, come lei già rilevava, un duecentotrenta codici; — la Mostra stessa è da ritenersi semplicemente come im primo tentativo del genere: poiché le indagini, per ragioni di tempo e per altre circostanze, sono dovute limitarsi a un numero relativamente ridotto di biblioteche pubbliche, pur tra le principali. Noti che in alcune di queste le ricerche si sono dovute svolgere proprio a fundamentis, non essendovi nei cataloghi nessuna indicazione che potesse avvisare e guidare il raccoglitore nella difficile opera di riconoscimento: così, a esempio, per la Reale di Torino, per l'Alessandrina di Roma, per alcune delle biblioteche comunali. In altre biblioteche, i dati dei cataloghi e degli indici speciali si dimostrarono sùbito monchi e incompleti, rivelando come gli antichi cataloghisti ignorassero la storia e la tradizione, dei manoscritti che venivano elencando. La stessa Vaticana, per questo riguardo, almeno in parte, è deficente: atteso che di alcuni fondi non siano Eincora compilati i cataloghi a stampa. ' I « libri catenari » — La Vaticana ha concorso alla Mostra? — No. La Vaticana, come l'Ambre slana, ella sa, non consentono il pre stito alle biblioteche governative. Perciò mi sono dovuto limitare a chiedere le fotografie dei più interessanti codici autografici, che esse posseggono L'Ambrosiana, del resto, va annovera ta tra le biblioteche che peggio difettano di idonee indicazioni di catalogo e delucidazioni, per i suoi codici autografici. Dove invece le ricerche trovano condizioni specialmente favo revoli, è nelle biblioteche fiorentine, e neUa Marciana di Venezia. In quest'ultima, l'esistenza di un indice degli autografi, in cui si riflette il fine intùito e la perita indagine di bibliotecari insigni, mi ha facilitato oltremodo il compito; mentre nella Nazionale di Firenze, e nella Laurenziana e nella Riccardiana, i cataloghi a stampa, famosi in tutto il mondo per la loro precisione scientifica, frutto della straordinaria competenza dei loro autori antichi e moderni, e integrati dalla cortese assistenza di colleghi carissimi, mi ha fornito la possibilità di raggiungere in breve gli scopi prefissi, pur trattandosi di raccolte manoscritte fra le più abbondanti d'Italia. E a queste circostanze, oltreché appunto alla ricchezza di tali fondi, si deve la preponderanza nella Mostra del materiali provenienti dalle biblioteche di Firenze e di Venezia. Riconosco le catenelle caratteristiche dei .codici della, Laurenziana — ipntcscrsatals i e e l i i e a n ù a a i i preziosissimi libri cateìiati: — le catenelle, chiodate dall'un capo alla legatura del libro, per fissarsi, con l'altro capo, ai banchi: catenelle di ferro, dai segmenti in forma di otto, con un cerchietto al centro, intorno alla strozzatura. Anche i codici della Malatestiana son catenati; e anche queste catenelle appaiono caratteristiche, con i segmenti in forma di oliva piena, e due anellini alle estremità, che congiungono l'un all'altro segmento; oppure anche una catenella semplicissima, di anelli ovali. Malatestiana di Cesena: dove fu bibliotecario Renato Serra, prima che l'eroica morte lo immortalasse sul Carso. Le sue mani, i suoi occhi indugiarono studiosamente su questo codice membranaceo, questo De genealogia Deorum gentilium, se fosse veramente, com'è dubbio, autografo del Boccaccio? Certo, nella raccolta pace del suo studio, nella sua aristocratica biblioteca, cercata da rari visitatori e più eletti, egli sfogliava le carte di queste Opera omnia di Francesco Uberti Cesenate; o si piaceva d'interpretare Demostene, dalle pergamene di questo codice del Quattrocento, notato e postillato da Giovanni Crisolara, o Senofonte, in questa copia di Giovanni Scutariota, copista di greco per Lorenzo De Medici; o si beava nell'ammirare quest'opera stupenda di Jacopo di Pergola, « ... onor di quell'arte — Che alluminare chiamata è in Parisi... », questo codice del De civitate Dei di Sant'Agostino, « Scriptus » — com'è significato in fine — « per me Jacobum de Pergula prò Magnifico et Potenti domino d. Malatestu novello de maìatestis etc. quem compievi in Civitate falli M"UUCCL° die X° februarij ». Scritte in calligrafia perfetta, elegantissima, figurate fantasiosamente con arte squisita, fresche e vivaci di colori, fulgenti d'oro, davvero «... ridon le carte... », quali nella dantesca celebrazione quelle penr.elleggiate dagli antichi superbi maestri. La calligrafia umanistica Disposti e ordinati sui lunghi banchi, nelle teche di vetro, i codici sonc raccolti in tre sezioni: la prima comprende i codici latini e italiani; la seconda, quelli greci; la terza, quelli dei copisti veri e propri. La prima sezione, la più numerosa, è a sua volta divisa per secoli. Del Duecento, con San Tommaso d'Aquino, un altro solo rappresentante: il padovano Albertino Mussato. Poi, il Trecento, si apre col celebre Zibaldone di Giovanni Boccaccio, della Laurenziana; e continua con lo stesso Boccaccio e col Petrarca. — Vede, — mi richiama il professor Fava — tutto ciò che di più bello e di più importante vantano le biblioteche italiane, di questi nostri due grandi, lei osserva qui esposto. Entrambi, i due grandi, mostrano una calligrafia delle più nitide ed eie ganti. Del Petrarca si notano le postille in margine a un Sant'Agostino; e alla prima carta di questo codice dugentesco, un appunto, in latino, di suo pugno, da cui si apprende che egli lo comprò ad Avignone, nel mese di feb braio del 1325, per il prezzo di dodici fiorini. Poi, la copia che della Divina Commedia fece Jacopo Gradenigo, il famoso — Dante Gradeni ghiano, — della Gambalunghiana di Rimini; e autografi di rime e di opere diverse di Franco Sacchetti; e una miscellanea latina, con le ultime due pagine e un explicit autografi di Pietro Paolo Vergerlo; e un codice cartaceo delle Vitae di Filippo Villani, con l'e.rlibris, ripetuto due volte sulla coperta, « domini Filippi de Villanis ». — La suddivisione più numerosa — mi guida il Fava — è ora questa, che segue, del secolo decimoquinto. In questo secolo la cultura si diffonde largamente, per effetto dell'umanesimo; e le opere antiche si copiano in gran numero, si postillano, si annotano. L'aumentare delle scuole accresce il bisogno di manoscritti; e molti di questi sono copiati dagli stessi umanisti, da letterati di grido. E si sviluppa insieme e trionfa, come già le spiegavo, la nuova calligrafia. Guardi qui: alcuni dei manoscritti di questa sezione, specialmente questi del Poggio e del Filelfo, come altri, che dovrebbero qui figurare, ma che la Vaticana non ha concesso, dell'Aurispa e del Panormita, rappresentano i migliori tentativi degli umanisti, per introdurre nella pratica la nuova norma calligrafica, preannunziata dalla metà del Trecento, col Petrarca e il Boccaccio, e detta appunto umanistica. E accanto a questi illustri rappresentanti della nuova cultura, eccole una plejade di letterati, con le loro belle e regolari scritture: dal Niccoli a Guarino Veronese, dal Perotti a Coluccio Salutati, da Ambrogio Traversari ad Angelo Poliziano, da Marsilio Ficino a Leon Battista Alberti, da Ciriaco d'Ancona a Bernardo Bembo, da Gianfrancesco Pico della Mirandola a Gerolamo SavonarolaSavonarola e San Bernardino Il Savonarola mostra una calligrafia minutissima, eppure assolutamente chiara e regolare, raccolta in paginet-te di piccolo formato:, il libretto, tut-tscdpenumpsScactlnfqotdgcddpEnnmr1talspmedtvnssSfingld1mrqClGstd o autografo, contiene dichiarazioni u passi della Bibbia, e il testo di alune prediche. E accanto al terribile omenicano, che sali il patibolo aprestatogli da papa Alessandro VI, cco un santo, il francescano San Berardino da Siena, con l'autografo di n suo libro di Sermones quadragesimales de cantate. Modena ha gradito articolarmente questo contributo alla ua Mostra, inviato dalla Comunale di iena: poiché il Santo -è qua ricordato on speciale culto, per avervi predicato due riprese: come annotava Lodovio Vedriani nella sua Historia dell'anchissima Città di Modona, nella quae si legge, sotto l'anno 1423, che «... Modona... fu favorita quest'ano dalle prediche di San Bernardino! atte sopra un pulpito in piazza, le uali duravano tre, è tal volta quattro re, stando le botteghe serrate in deto tempo, per mezzo delle quali inusse il popolo ad abbruciare tutti l'istromenti, che servivano al giuoco, ioè 160 tavolieri, un sacco di carte, adi, paltri, e simili su la piazza... ». Che tra i vizi de' Modenesi, il giuoco 'azzardo era infatti, come noto, il iù inveterato E il Santo e... Fece altresì dar alle fiamme due ula Brevi, un sacco di cappelli doneschi, et ogni sorta di belletto, comandando, che ponessero il Giesù figuato per le case, e per le vie... ». Tornò ancora cinque anni dopo, nel 428, a predicare di nuovo, e con alrettanto successo. E quando, morto all' Aquila, nel 1444, fu poi inalzato al'onore degli altari, tra i Santi Confesori, nell'anno del giubileo 1450, da papa Niccolò V; ecco il bravo cronista modenese si fa scrupolo di mettere in videnza il fatto: «...e ciò scrivo per l'obligo, che li eve la Città nostra, havendola pasciua con il pane della divina parola più olte, e migliorata nello spirito, e buoi costumi, et ancora perchè i Modenei drizzarono un tempio, ove di preente » — il Vedriani scriveva nel Seicento — « si stanno molti Orfanelli, figliuoli di poveri Cittadini, i quali col nome di Putti di San Bernardino vengono chiamati... ». forse e irresistibile. Machiavelli, Ariosto, Celli™ Ma il professor Fava mi richiama ala sua Mostra: — Anche la prima metà del secolo decimosesto — la Mostra va fino al 550, all'incirca, — anche la prima metà del Cinquecento trova qui buon ilievo, attraverso nomi cospicui, come questi di Pietro Bembo, di Baldassar Castiglione, di Pietro Aretino, di Nicoò Machiavelli, di Lodovico Ariosto, di Giovanni della Casa, di Lodovico Catelvetro, di Benedetto Varchi, dì Anon Francesco Doni, di Marin Sanudo, di Bernardo e Torquato Tasso. — Si va un po' oltre, quindi, dal 1550. — All'incirca, ho detto. Ma veda come interessante anche questa raccolta di codici autografici di artisti e di scienziati del Quattrocento e del Cinquecento, a cominciare da Bonaccorso Ghiberti, a venire a Francesco di Giorgio Martini, a Francesco e a Giuliano di Sangallo, a Francesco Francia, a Leonardo da Vinci, .a Luca Paciolo, a Benvenuto Cellini, e a Jacopo Barozzi. Io mi sto contemplando una pagina del manoscritto dell'Arte della Guerra, del Machiavelli, là dov'egli dimostra, per figure, « ... come s'ordina una battaglia con due corna, e dipoi con la piazza in mezzo, secondo che nel trattato si dispone... »; e le pagine della Novella di Belfagor arcidiavolo. E poi, le pagine tutte tormentate di cancellature e correzioni e rifacimenti, del manoscritto del Furioso. E il libro del Cellini, dei conti delle spese, com'è indicato nella prima pagina: « Questo libro e dì me Benvenuto Cellini, dove 10 tengo e mia conti di spese e altro per mio solo interesse ». Ancora, i codici greci. Poi, maravi gliosi codici di copisti, codici miniati. Poi, nelle teche intorno alla sala, la ricchissima raccolta di lettere dell'Estense: lettere autografe del Bojardo, del Machiavelli, di Gian Francesco Pico della Mirandola, del Savonarola, di Alessandro Sforza, di Ludovico il Moro, di Tito Vespasiano Strozzi, dell'Alamanni, dell'Aretino, dell'Ariosto, del cardinale Ippolito d'Este, del Bandello, di Pietro Bembo, del Berni, di San Carlo Borromeo, di Michelangelo, di Vit toria Colonna, di Ottavio Farnese, del Guicciardini, di Paolo Manuzio, del Ramusio, di Cicco Simonetta, del Varchi, di Pier Vettori... Al fondo della sala, sotto la targa di bronzo, col fascio e la scritta — Incipit vita nova - 1919-1922, — ed elevato come su di un trono, davanti alla cassaforte, dove viene custodito, si apre 11 più spettacoloso e imponente dei libri, l'insuperato orgoglio dell'Estense, senza uguali e senza prezzo: la monumentale Biblia latina, che Taddeo Crivelli, Franco Russi, e altri vari loro alunni e collaboratori, vergarono e mi niarono a Ferrara, con stupefacente abbondanza d'opera e sovranità di magistero, per il Duca Borso d'Este: tesoro debitamente recuperato dall'Italia vittoriosa. AUR10 BASSI. cc(i liilrdBsmdlscmusnmnatlqitdvJdlcatcsmqmtfgrcu