Asti tra fiere e mercati

Asti tra fiere e mercati Piemonte rurale Asti tra fiere e mercati -cavaoeautomole-vee prodotti orticoli - 4 milioni di peperoni - Revigliasco, feudo delle ciliegie d d smfrApASTI ign ASTI, giugno. H recente articolo del « Popolo d'Italia » su Torino affermava che questa gode del privilegio del più basso limite di costo della vita fra tutti i grandi Comuni del Regno. C'è in Piemonte un'altra oittà che, in linea amministrativasegue da vicino la metropoli regionale: ed è Asti. Trovo la constatazione in un prospetto comparativo dei tributi (dazio, tasse, diritti e sovrimposta) in cifre assolute per abitante presso diversi Comuni italiani, pubblicato in appendice al Bilancio di previsione 1930 del Comune di Monza ed edito in un grosso fascicolo di oltre 250 pagine da quella Società Anonima Arti Grafiche. Floridezza economica L'esame, compiuto su 48 Comuni con popolazione sino a 150 mila e in base al censimento del 1921, si riferisce al l'esercizio 1929. Da esso la posizione di Asti risulta come segue: abitanti 40.773 tasse lire 4.420.200, carico totale per abitante lire -108,42. Il Comune occupa pertanto il secondo posto fra i principali della sua categoria, venendo subito dopo Carrara, che con 53.366 abitanti e un complesso di 4.227.900 lire di tasse, ha un carico totale per abitante di lire 80,52. In altre quattro città del Piemonte, la situazione, per lo stesso esercizio e con eguale data di censimento, era que sta: Alessandria, abitanti 77.768, tasse 10.185.000 lire, carico individuale lire 130,96; Novara, abitanti 55.445, tasse 12.100.800 lire, carico individuale lire 212,83; Vercelli, abitanti 32.769, tasse 7.791.900 lire, carico individuale lire 169; Cuneo, abitanti 31.753, tasse 5.393.800 lire, carico individuale lire 169,85. Queste città sono tuttavia capo luogo di provincia ed anche trascurando Carrara che condivide l'onere derivan te da tale condizione con Massa, si deve tener conto a loro favore delle maggiori spese che la sede della rappresentanza del Governo con tutto l'annesso ordinamento provinciale, comporta. Il prospetto, che non reca ulteriori dati sul Piemonte, ci dà però quelli di una città finitima, Voghera, la quale, pur non essendo, al pari di Asti, capoluogo di provincia, con una popolazione di 25.774, tassata complessivamente per 3.627.600 lire, presenta un carico totale per abitante di lire 140,73, carico che a Monza, dipendente dalla provincia di Mi lano, sale a 228,45 sopra una tassazioneglobale di 12.734.700 lire applicate a una popolazione di 55.740. Nel 1912, Asti, con 39.700 abitanti '(censimento del 1911) e con 830.000 lire di tasse, aveva un carico per abitante di lire 21, occupando il quarto posto nel novero dei 38 Comuni, parificata ad Alessandria e Ravenna. Le difficoltà della guerra e del dopoguerra, dunque, non solo non hanno peggiorato la sua posizione, ma l'hanno fortemente migliorata. Oggi la situazione del 1929 è proporzionalmente mantenuta; il che dimostra, da un lato, una -persistenza di saggezza amministrativa, che ha consentito di intraprendere coraggiosamente il rinnovamento a fondo della città; dall'altro lato una floridezza economica, che di tale rinnovamento costituisce la prima ragion d'essere. E uno degli elementi principali della floridezza astigiana, documentata fra l'altro dai depositi a risparmio di cui ho precedentemente esposto le cifre sommarie, è fornito dai grandi mercati che si svolgono qui al mercoledì e al sabato, oltreché dalle altre iniziative di carattere annuale o periodico, che con i mercati direttamente si ricollegano. • Buoi e cavalli Quando si pensi alia fama acquistata in tutta l'Europa dai banchieri di Asti nel Medio Evo e alla supremazia egemonica assunta dal Comune su gran parte dell'Alta Italia, non desterà alcuna meraviglia il crescente affermarsi della potenza mercantile in una città nella quale il commercio affonda le radici nella più lontana tradizione. E' presumibile che Gneo Pompeo Strabone, padre del celebre avversario di Giulio Cesare, allorché quasi un secolo avanti la venuta di Gesù Cristo eresse Asti in colonia romana, considerasse che la sua posizione geografica era singolarmente adatta ad uno sviluppo di trafile! inteso con romana larghezza; ma senza risalire cosi lontano, è assodato che già nei secoli immediatamente prima del Mille, mercati e fiere accentravano pressoché l'intera attività economica cittadina. Oggi il mercato del mercoledì in particolar modo rappresenta l'espressione tipica di un movimento commerciale di prim'ordine. Più che un mercato, si può direvché esso è una fiera permanente, cui il mareggiare del contadini e dei negozianti in mezzo ai buoi, ai manzi, ai vitelli, alle mucche, nella vasta spianata del Foro Emanuele Filiberto, e le tende multicolori dei banchi in piazza Alfieri e adiacenze, conferiscono per alcune ore, tra lamentosi muggiti e grida in cui vibrano le.tonalità di mille voci diverse, espetti della più intensa animazione. Purtroppo la crisi zootecnica di cui da tempo soffre l'Italia, trova anche nei mercati astigiani la sua dolorosa ripercussione. Dal 1911 al 1925 la linea di discesa per-gli animali bovini è costante. I 69.157 capi del 1911, deflettono sino a 52.729 nel '15, a 49.958 nel '21 e a 46.221 nel '25. Una sensibile ripresa si ha nel 1931, nel quale i capi salgono a 47.981. Le cifre riprodotte bastano a ogni modo per dimostrare l'importanza del mercato. Del resto risultati sempre più promettenti dà l'EsposizioneFiera bovina istituita nel 1904 ad incremento della Fiera omonima che da secoli si svolge ogni anno in occasione delle Feste patronali di San SecondoGià organizzata dal R. Comizio Agrario ed ora dalla Segreteria di zona dellaFederazione provinciale fascista agricoltori, l'esposizione bovina registra ogni anno un numero di espositori della regione superiore ai 300 con più d4000 capi esposti, mentre i contratticonclusi in genere con agricoltori lombardi qui accorrenti per procurarsi buoda lavoro di pura razza piemonteseoscillano dal 70 all'80 per cento. Parallelo al mercato bovino è quello equino, la cui deflessione, per ragiondiverse dovute essenzialmente alla graduale sostituzione della trazione meccanica a quella animale, non ha invece avuto arresti. Infatti nel 1911 i capvenduti furono in numero di 6121, nel 1921 di 5885, nel 1925 di 5379, nel 1931 di 4946. Anche per i cavalli, durante leFeste di San Secondo, ma con prece denza di due anni sulla bovina, venne Istituita una Esposizione-Fiera, ed il suo successo prima della guerra fu ve ramente lusinghiero. Nel 1902 troviamo 742 cavalli esposti alla Mostra e 1890 alla Fiera, con una vendita del 36 per cento. Si trattava però dell'anno iniziale; l'anno successivo si registrano presenti alla Mostra 1199 cavalli, alla Fiera 3262, con una vendita del 41 per cento. Nel 1904 i cavalli della Mostra sono 1353 e i capi della Fiera 5030, percentuale di vendita 70. Con il 1905 le cifre salgono ancora per la Mostra che annovera 1516 capi; discendono invece nei riguardi della Fiera: 4051 sono gli esemplari e del 63 per cento è la percentuale di vendita. Il ritmo ascendente si mantenne ciononostante sino alla vigilia della guerra. Durante lo svolgimento di questa l'Esposizione-Fiera venne sospesa. Tornata la pace, il Comitato organizzatore, seguendo le di rettive dettate da Roma, orientò la Mo stra verso criteri meno commerciali in modo da dare maggior peso all'elemen to qualitativo in confronto di quanti tativo. Accadde cosi che in tutto il dopoguerra sino a quest'anno, il numero dei cavaUi esposti ai mantenne costantemente sulla media di 500. « Questa cifra — mi diceva l'on, Buronzo, il quale allo sviluppo dei mercati, come vedremo, dedica la massima cura — può sembrare di troppo inferiore ai risultati dei primi tempi; occorre però considerare innanzi tutto che i cavalli condotti oggi alla Mostra sono di qualità scelta, essendo la loro produzione sorvegliata e tutelata dalle Stazioni zootecniche preposte dal Governo Fascista all'Incremento della stessa; inoltre che tutto il materiale equino secondario per gli scambi che hanno semplice carattere commerciale, accede lungo l'anno al mercati settimanali dal mercoledì; per avere la prova che anche qui, a malgrado delle crisi e della diffusione dell'automobile la nostra regione ha resistito e continua a resistere, basterebbe assommare alle cifre della Mostra equina del dopoguerra i dati del mercato normale di questa branca. Di minore rilievo è in Asti il commercio degli ovini, che saliti da 1684 neLl911, a 2012 nel 1921- ridiscesero a 1688 nel 1925 e a 804 nel 1931. II paese de! Barbera _Nel mercato delle uve, partendo da 57.165 miriagrammi per la qualità comune e da 129.748 per le barbere nel 1884, si arriva al 1931 rispettivamente con miriagrammi 59.410 e 147 413- a progresso delle barbere in confronto alle qualità che servono di solito per i vini usuali da pasto, è dunque evidente. Gli anni di maggior vendita sul mercato astigiano, nel cinquantennio preso come quadro di osservazione, sono stati: il 1891 con 272.469 mg. di uve comuni e 276.850 di barbere- il 1901 con 279.621 e 195.402; il 1917 con 126.138 e 116.536; il 1923 con 159.722 e 255.208; il 1929 con 145.641 e 103.053. Nel 1930 le barbere sovrastano le uve comuni con 106.369 mg. uontro 88.296. I prezzi subirono il loro massimo svilimento nel 1901, anno in cui le uve comuni segnavano sul mercato astigiano lire 1,07 al miriagramma 0 le barbere lire 1,69. I prezzi si accentuano con il 1917: lire 5,03 per le uve comuni e lire 6,02 per le barbere; poi hanno uno sbalzo violento nel 1921 con lire 14,85 e 16,96; è una delle annate di scarsa produzione: 38.018 mg. di uve comuni e 80.829 di barbere: scendendo più in basso ancora, nel 1911 si avevano avuti rispettivamente mg. 31.218 e 34.961, cifre che si ripetono su per giù per le uve comuni con mg. 31.826 nel 1926, mentre la più'scarsa produzione delle barbere era stata data dal 1911 con 34.961 mg. I prezzi superano le 17 e le 19 lire nel 1926, si piegano l'anno successivo a lire 14,83 e 16,18, per scendere nel 1931 quasi allo stesso livello per le due qualità con lire 6,38 e 6,90, livello determinato dalla scarsità delle qualità comuni e dall'abbondanza delle barbere, elevatesi sulle prime di quasi due terzi. Ci si offrirà l'occasione di parlare separatamente della produzione e del mercato dei bozzoli, che da un quantitativo massimo di 52.243 mg. figurante sul mercato locale nel 1901, è arrivato a segnare mg. 13.137 nel 1931, senza che alla riduzione del prodotto corrispondesse il fenomeno normale del rialzo dei prezzi, giacché appunto il 1931 registra con lire 52,10 al mg. 11 prezzo più basso del dopoguerra, mentre il prezzo più alto era stato toccato dal 1923 con lire 333,82 al mg. nei riguardi di un quantitativo di mg. 23.397. Il problema ha caratteri speciali che meritano un esame a sè. Montagne di verdura Passiamo ora al mercato delle ortaglie. E' questa una delle più copiose fonti di ricchezza della regione. In passato le zone orticole erano limitate alla periferia urbana, con una produzione limitata e con un contingente di lavoratori orticoli che non superava l 20Q individui; il risveglio sì manifestò una diecina di anni or sono ed oggi gli orti superato l'ostacolo della ferrovia, si estendono nel piano sino a raggiungere in taluni punti il Tanaro, e lateralmente il Pilone, oltre Porta Alessandria, da una parte, e la Torretta, verso Torino, dall'altra; dal canto loro gli orticultori sono saliti a 600, senza che in questo numero siano compresi 1 coltivatori dello stesso ramo di Isola e della Motta di Costigliole, pure incluse nella regione orticola astigiana. Il mercato orticolo è giornaliero e'si tiene in piazza Emanuele Filiberto. Dalle ceste ricolme e disposte in file ordinate, emergono i cavoli, i peperoni, i sedani, gli spinaci, gli asparagi, i pomidoro, e poi ancora, secondo le stagioni, i cardi, le radici di cicoria, le barbabietole, le rape, i zucchini, i piselli, 1 fagioli in grana, le insalate, il prezzemolo, il basilico, e tante altre sottospecie orticole da far destar sorpresa e anche un tantino d'invidia alla più sperimentata fra le nostre buone massaie. Qualche dato statistico. Nel 1931 sono usciti dal mercato di Asti per varie destinazioni interne ed estere, 29-900 quintali di sedani, 9000 quintali di pomidoro e altrettanti di insalata, 2800 quintali di cavoli, 2900 di cardi, 2350 di piselli, 2300 di fagioli, 1900 di zucchini, egual quantità di spi. a e , n e e o a n i r a o i i e e e e e , o o a o o e . a i , i , o i e i l 1 e - 9850; contando il peso medio di ogni'naci, e tutto il resto in proporzione, ipeperoni sono assommati a qulntali-iiijrn. — < , _ ;i i: _ ., ■ peperone in ragione di 250 grammi, si ha che i peperoni imballati sul mercato di Asti nell'anno predetto, furono 4 milioni e 40 mila. Mancano gli elementi per un calcolo esatto del valore della produzione che il mercato orticolo assorbe ogni anno, ma essa supera di molto i quindici milioni di lire. Nè meno attivo è il mercato delle frutta. Sempre nel 1931 sono partiti da Asti 19.850 quintali di ciliegie e 5850 di pesche. Il solo Comune di Revigliasco, a due passi dalla città, di ciliegie ne produce annualmente un quantitativo per un importo che si calcola da 600 a 700 mila lire. Gli alberi sono disposti come coltivazione consociata alla vite. Quale delizioso spettacolo, in questa stagione, Revigliasco, con le sue piccole case contornate da centinaia di alberi sparsi in mezzo ai filari e rosseggienti tra il verde di miriadi di punti rossi! E che bazza per i monelli arrampicantisi a piedi nudi sui rami ricolmi di frutti procaci! Mercati rionali Intanto un'idea originale in tema di riordinamento di mercati cittadini ha avanzato in seno alla apposita Commissione nominata dal Podestà, il segretario della Delegazione fascista del commercio enotecnico, Giovanni Sardi. In piazza Statuto si eleva il capannone del Mercato al minuto permanente; l'on. Buronzo, con vigile senso di decc- deturpare la piazza, ingombra anche il passaggio dei veicoli proprio nel punto pi un. oiiiuiu.Li, uuu vigne sciiau ui uttu-i ro per la città, ha ventilato il proposito di abbattere tale capannone, che, oltre I di entrata al centro. Tutti gli astigiani plaudiranno al loro Podestà per una siffatta demolizione; piazza Statuto riacquisterà cosi la sua libertà di movimento e sarà un'altra zona che comincerà a ricevere 11 suo assetto urbanistico con carattere di modernità, da eseguirsi, fra l'altro, con la sistemazione dei vecchi e logori portici fiancheggiantl da diverse parti la piazza medesima. Senonchè l'abbattimento del padiglione implica la rimozione del mercato, che non può essere fatta a scapito del popoloso rione di cui la piazza è il centro. Da questa necessità ha tratto il segretario della Delegazione del Commercio la proposta di lasciare il mercato sulla piazza, ma di spostarlo, ricavandone la nuova sede nel cuore di uno dei palazzi della località mercè lo sventramento del piano terreno e la costruzione di colonne artisticamente disposte per il sostegno dello stabile. La proposta, veramente pratica perchè elimina l'ingombro dei capannoni sulle piazze, è allo studio della Commissione per una sua eventuale applicazione ai mercati rionali da crearsi nei pressi di piazza Roma, per sottrarre quest'ulti ma ad una servitù che la deturpa, e nei due quartieri di San Pietro e Santa Caterina, a complemento delle due grandi sedi di piazza Emanuele Filiberto per il mercato all'ingrosso, e di piazza della Libertà per quello al minuto. Ecco auindi anche i mercati a servi- . ^ , % _v.^ «lo dell'urbanistica, e in una forma, che potrebbe trovar fortuna anche fuori di potrebbe trovar Asti. FRANCESCO ODDONE. VdIsnnnppshtnMntght

Persone citate: Barbera, Carrara, Emanuele Filiberto, Francesco Oddone, Giovanni Sardi, Gneo Pompeo Strabone, Isola, Motta