Risposta ai "chiarimenti,,

Risposta ai "chiarimenti,, TIRABOSCHI E CIA1N Risposta ai "chiarimenti,, All'onorevole professore Vittorio Ciao Onorevole Senatore e chiarissimo Professore, nella lettera aperta, che Ella si è compiaciuto indirizzarmi, per la mia corrispondenza, qua, da Modena, — Girolamo Tira-boschi e Vittorio Cian, — rilevo anzitutto quelle espressioni cosi benevole, a mio riguardo, e giudizi così lusinghieri. E tengo anzitutto a ringraziarLa, con schietta cordialità. Ma Lei permetterà anche che o Le obbjetti alcuni miei chiarimenti, anche se dovessero suonare un po' come rettifica della sua rettifica. Ella si rallegra che «... un grande quotidiano come La Stampa abbia osato consacrare due colonne al vecchio Tiraboschi... »; e rammenta con uguale compiacimento che, l'anno passato, il mio collega dottor Marziano Bernardi dedicava buona parte della terza pagina al Muratori. Ma questa è ormai tradizione del nostro giornale, quest'opera più largamente divulgativa di argomenti eruditi e di umani studi, quali n altri tempi parevano costituire come una riserva di caccia per i dotti, gli specialisti, gli accademici. Forse io ho qualche più colpa, che non altri, di tale bracconaggio; e mi ostino a considerarla felix culpa. Vengo al fatto. Non è il caso di accusare le condizioni acustiche della sala dell'Estense, nè a suo nè a mio discarico: che Ella è troppo buon oratore, per non essersi fatto udire benissimo da tutto il numeroso pubblico convenuto; e io L'ho ascoltata con massima attenzione, avvinto piacevolmente dalla sua loquela. Ma la mia impressione generale è risultata precisamente quella che illustravo indi nella mia corrispondenza: che Ella, con rara abilità dialettica e valentia oratoria, avesse svolto una difesa calorosa e coti-vinta del Tiraboschi, quale storico letterario, si fosse adoperato animosamente a spezzare lancio in difesa del Tiraboschi, anche come storico e critico letterario. Ora, scrivendomi, Ella asserisce che io L' avrei « ... interamente frainteso... », che sarei caduto in uno « ... strano malinteso... ». O come? sarebbe stato cioè tutto l'opposto? Ella avrebbe pronunziato non l'arringa defensionale, ma la requisitoria contro il povero Tiraboschi, storico e critico letterario? Strano. E più strano ancora che le argomentazioni, che Ella ora addurrebbe a prova, non risentano affatto il tono della requisitoria — che in quel giorno, del resto, in quella sede, sarebbe riuscita, da parte sua, inopportuna e peggio; — ma si rivelino abbastanza palesemente per istralci della difesa: difesa come appropriamente si attendeva da Lei, come indispensabilmente Le toccava, nella sua veste di oratore ufficiale, in quella cerimonia celebrativa. E' davvero deplorevole che Ella non abbia conservato le cartelle del suo discorso; e non soltanto perchè con quelle alla mano, ci s'intenderebbe sùbito, tra di noi; ma soprattutto per l'interesse del discorso stesso, perfettamente degno della sua dottrina e del suo gusto, altrettanto che dell'uomo che si commemorava. Come non applaudirLa? Certo io fui tra' primi e più entusiasti. Ma l'applauso tributato al magistero del patrono non implica affatto convincimento della causa ch'egli sostie-1 ne : direi anzi, più si applaude, perchè più manifesto quel magistero, quando la causa viene comunemente considerata perduta. Già, è appunto per le cause peggio compromesse, che ci si rivolge all'avvocato di grido. Ella ha difeso il Tiraboschi da par suo. Perchè vorrebbe rinnegare adesso quella sua magistrale difesa? Soltanto perchè io, petulante cronista, avrei preteso sfrondarla qua e là? Ma allora, e unicamente per mettere in maggior luce il suo zelo e la sua perizia defensionali, io mi farò lecito svelare anche qualche paradosso, cui Lei è ricorso, magari qualche innocente o astuto trucco. Lei diceva, nel suo discorso, e ripete nella sua lettera, che la St&ria del Tiraboschi bisogna considerarla « ... nell'età che fu sua... », che le deficenze ne sono « ... tutte settecentesche... », che bisogna fare « ... ragione dei tempi... ». E ciò, prospettato o insinuato cosi, indurrebbe l'uditore o il lettore all'opinione che il Tiraboschi, almeno per il suo tempo, almeno nel quadro del suo secolo, abbia rappresentato alcunché di originale e preminente, un'individualità dominante, non solo in materia di erudizione, ma come progresso di pensiero : ricollocato nel suo tempo, insomma, egli eccellerebbe. Ma Lei m'insegna invece che proprio se lo ricollochiamo nel suo tempo, proprio rispetto al suo secolo, il Tiraboschi è de' più arretrati e dei meno indicativi, in quanto estraneo, se non addirittura avverso, a quel tumultuante spirito d'innovamento, in ogni campo, e a cominciare dall'intellettuale, quel moto decisamente rivoluzionario, che caratterizza il pieno meriggio del Settecento. Perchè proprio allora prorompono i tempi nuovi, esplode il pensiero moderno; e per l'ambito specifico delle attività tiraboschiane, per quanto più direttamente lo concernerebbe, l'erudizione genera la critica. Allora, Vico, in Italia, e il Giannone; e più modestamente, ma non meno significativamente, l'Algarotti e il Cesarotti, e lo stesso padre Bettinelli, e Gaspare Gozzi, e il Beccaria, e i Verri, e il Baretti; e in Francia, meglio Europa, il Voltaire e il Rousseau, Diderot e D'Alembert. Notiamo: il Diderot alza vittoriosamente sugli altari la nuova critica, la — critica estetica. Il Tiraboschi si pone e resta irrimediabilmente fuori di tutto ciò, spaesato proprio nel suo secolo e insignificante. Si dice continui l'alta tradizione del Muratori; ma nella sua materialità trita, la continua, non nell'altezza intellettiva: la continua nella raccolta di documenti, nella collazione informativa, come archivista e schedatore. I suoi soci, suoi similari, sono il Crescimbeni, il Mazzucchelli, il Quadrio: tutti, che impallidiscono ormai, svaniscono come dei trapassati, al fulgore del nuovo pensiero. Perciò il De Sanctis, trattando appunto della Nuova letteratura del Settecento, dopo avere rilevato che, « ... Rimasta fino allora nel vuoto meccanismo e tra regole convenzionali, la critica si mette in istato di ribellione, spezza audacemente i suoi idoli... »; e dopo avere menzionato gli arvnunziatori e paladini nostrani, Ba retti, Algarotti. Bettinelli. Cesarotti, Beccaria, Verri; rivolge uno sguardo felasctatinoclstFceleI sumdacofrriSTdidiIIvigdraramcotesuegnriintezuinl'scstsvpssrncdaliavdtAdslag1leGqmdtddimrtftnqnndinsndcsftnlnntnrilindlmnOpcdvnclrdlggscssmftnLiLflncgfini sqpcpcnsdpièLezrinqpptttbast* compatimento se non di sprezzo, ai, ri rimasti sull'altra riva: ! v «-Cosa dovea parere il Crescimbe-j nl o il Mazzucchelli o il Quadrio, cosa'rni u li .ua^/iU^iicm u ix v^uaunu, uosa \0 stesso Tiraboschi. il Muratori della nostra< letteratura, dirimpetto a questi uomini" E qui mi avviene di discuoprire, Pro- essore, un di que' piccoli trucchi dela sua difesa del Tiraboschi. Ella mi crive: « ... Dalla mia serena revisione risula confermato ... il giudizio di due criici, che scelsi fra gli altri come 1 meno sospetti, quello del Foscolo, che prolamò il Tiraboschi prìncipe dei nostri torici del secolo scorso, e quello di Fr. De Sanctis, il quale lo definì felicemente come il Muratori della nostra etteratura... ». E che? questi sarebbero, secondo Lei, giudizi del Foscolo e del De Sanctis sul Tiraboschi? Ohibò: non Le farei mai il torto di presumere ch'Ella intenda ingannarmi; o di credere che Ella coscienziosamente ritenga quelle due frasi come sintetiche ed espressive dei rispettivi giudizi del Foscolo e del De Sanctis. Sarebbe il caso del signor Di Talleyrand, se fu lui, o mi sbaglio, a dichiarare che gli bastavano due righe di un uomo, per mandarlo al capestro. II signor Di Talleyrand si riservava evidentemente di scegliere lui le due righe. Anche Lei sceglie due sole righe, del Foscolo e del De'Sanctis. Certo, IL De Sanctis ha scritto: « ...Tiraboschi, il Muratori della nostra letteratura... ». Ma in che senso? Poniamo mente: il giudizio del De SSnctis si compendia come io lo riferivo sopra; e tenuto conto che nei due volumi della sua .Storia della letteratura italiana egli non trova da dedicare al Tiraboschi nemmeno una pagina, nemmeno un periodo; ma lo nomina quell'unica voltar ncidentalmente, di sfuggita, per metterlo insieme col Crescimbeni e Mazzuchelli e Quadrio, e accennare di tutti nsieme ch'erano gente,già morta nell'età loro. Dice : « ... lo stesso Tiraboschi...» : la concessione in favore di questi, è tutta e soltanto in quel — lo stesso, — che indica come il De Sanctis valuti 11 Bergamasco, meritamente, un po' più su degli altri. L'altra concessione, che parrebbe, a prima vista, assai più lata e importante — «... il Muratori della nostra letteratura... », — non vale invece, se ben si osservi, che come catalogazione del tipo di lavoro del Tiraboschi, a indicarne le qualità di archivista: a indicarci che queste qualità il De Sanctis gli riconosce, e non altre. E dall'espressione mi pare non vada nemmeno disgiunto certo sapore d'ironia. Peggio poi il giudizio del Foscolo: tanto più esteso, tanto più demolitivo. Anche il Foscolo se l'era sbrigata del Tiraboschi, anche lui mettendolo insieme col Crescimbeni e il Quadrio, nella sua famosa orazione inaugurale degli studi nell'Università di Pavia, del 1809; e sfogandosi contro la vanità delle loro opere. Poi, alle osservazioni che Giambatista Giovio gli rivolgeva per quell'orazione, scriveva la non meno famosa se pur frammentaria Lettera in difesa dell'orazione inaugurale. E qui: Con precipitato discorso e ingratamente tra il Crescimbeni ed il Quadrio ho posto il nome del Tiraboschi, dal quale ho imparato assai cose ed imparo... ». Difatto nessuno ha mai negato al Tiraboschi che la sua Storia non costituisca prezioso ausilio di studio, e non fornisca un repertorio inesauribile d'Interessanti e sicure notizie. Ma continua il Foscolo: M'accorsi... che il Tiraboschi,' quantunque principe de' nostri storici negli ultimi secoli, non avea proporzione e maestà di disegno, perchè attendeva a particolarità infinite, minime, inutili; non luce, non evidenza, non esattezza di colorito, perchè la natura non avendolo dotato di tutte le facoltà dello stile, egli avea sprecato le poche che possedeva a lumeggiare non da storico la somma delle ragioni, ma da filologo disputante tutti i raziocinj intermedi, e a spiegarsi con una sponta- • neità che dà nel languore, e con una lingua chiarissima sì, ma nè dignitosa, nè amabile, nè schiettamente italiana; non musica finalmente, perchè i caratteri individuali degli uomini, gli avvenimenti diversi de' tempi, e l'eterna verità non formano nella sua storia quell'armonia piena, calda, sonante, rapida, insinuantesi, che si sente a ogni pagina di quegli Storici, ne' quali la passione, le narrazioni e la ragione consuonano mirabilmente tra loro, perchè son riunite in un tutto animato dall'eloquenza. Onde a me pare ch'egli dettasse la propria sentenza quando scriveva: Per ciò ch'è dello scrìvei-e di Svetonio, convicn dargli lode di non essersi lasciato travolgere dal vizio della sua età; poiché nulla in lui trovasi di sentenzioso e di concettoso; ma è vero ancora che, oltre lo stile poco colto ed esatto, egli è narrator languido c freddo, a cui il nome di compilatore convien meglio che quello di Storico... ». Cioè: il prìncipe de' nostrì storici negli ultimi secoli non è uno Storico, degno di questo nome; ma piuttosto, semplicemente, un compilatore. Ho finito, Professore. Come Ella accennava al Foscolo, parzialmente, quasi che il giudizio di questi possa considerarsi elogiativo del Tiraboschi; come Ella accennava al Manzoni, con la frase di don Ferrante, sempre quasi a titolo di lode per il Tiraboschi; cosi, nel suo discorso, nominava anche il Leopardi. Se non erro, Ella metteva innanzi proprio questa triade, Foscolo Leopardi Manzoni, come avallanti la fama del Tiraboschi. Abbiamo ora riletto insieme il giudizio del Foscolo, nella sua integrità. Per il Manzoni, Lei conviene con me che, casomai, volle giuocare un tiro mancino al Tiraboschi, facendo don Ferrante partecipe, rias suntivamente, del banale giudizio di quello sul Machiavelli. Ma per il Leopardi, non saprei che risponderLe: perchè non mi sovviene dove e come egli parli del Tiraboschi; se non siano le cinque volte che gli occorre citarlo, nello Zibaldone. Ma queste citazioni restano senza rilievo, fuorché per il fatto dell'Informazione; non vanno accompagnate nemmeno da un aggettivo, nè in lode nè In biasimo. Dal che non è dato argomentare, se non che il Leopardi si giovasse del Tiraboschi esclusivamente come fonte di notizie, usasse la sua Storia a mo' di repertorio, di indice bio-bibliografico: insomma, per quello che è. E nemmeno non l'usava abbondantemente : cinque citazioni, di un'opera vasta e completa come quella del Tiraboschi, non pajono davvero troppe, sparse nei sette densi volumi dei Pensieri, rhe di citazioni ridondano a ogni paragrafo. La mia conclusione? Glie l'ho ripetutamente espressa: Ella difese il Tiraboschi, come il Tiraboschi redivivo non avrebbe saputo difendere sè stesso. E si che dovette già arrabattarsi in vita, contro critici e detrattori. Ma non riuscì mai così arguto ed efficace e av vincente, come è riuscito Lei. Mi creda, onorevole si-mor Professo- re, con la più alta considerazione, il dev.mo 3uo MARIO BASSI. Modena, 21 Giugno 1932-X.

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