108 anni chiesti complessivamente dal Pubblico Ministero

108 anni chiesti complessivamente dal Pubblico Ministero IL DISSESTO DELLA BANCA DI MILANO 108 anni chiesti complessivamente dal Pubblico Ministero i l l l a a r o i o o o o e l l o a a, e è a i a m o rn e c aui uli eipa n n e r n e, ze do to a i' ada ulto a, na- isiza ete dì oe a eMilano, 21 notte. L'annun .io che stamane il Pubblico Ministero cav. Ferrari avrebbe pronunciata la sua requisitoria sul processo per il falliménto della Banca di Milano aveva fatto sì che ancora prima delle ore 9, l'ampia aula dcll'exCorte di Assise fosse stipata. Dopo che i patroni di P. C, avv.ti Danesi e Targetti, hanno presentato le loro conclusioni per iscritto, riservandosi, se del caso, di illustrarle oralmente in replica, l'oratore della Pubblica Accusa ha preso senz'altro la parola. Egli parla anzitutto • Giovanni Manzoni, il « criminale abilissimo, dalla lunga esperienza delittuosa, che il passato, descrive meglio di qualsiasi parola », l'audace che tutto osa, perfino, « quando il poeta fa da m: -ano al delinquente», striscia fino ai gradini del trono nell'audace illusione di rifarsi una personalità. Nega tritarsi, nel caso, dl un processo banc.rio: il processo della Banca di Milano è, invece, un volgarissimo processo dl una più volgarissima truffa, sapientemente organizzata da Giovanni Manzoni, il quale seppe mandarla avanti con il concorso degli altri imputati. Passando poi all'esame delle singole imputazioni, il cav. Ferrari ricorda la legge speciale sulle società commerciali, parla della « possibilità » del pubblico d^nno, delle attività « f raudolentemente » messe in essere, della obbiettività dei falsi, dei bilanci artificiosamente creati, dei « mezzi di diffusione », ricordando il famoso tollettino pubblicitario, per soffermarsi più a lungo sui punti, a suo modo dl vedere essenziali, e cioè: capitale della Banca; capitali delle società; utili; valutazione del patrimonio immobiliare e dl quello della Libreria. I milioni nelle nuvole casezocodatosunetàtodulebuocriamPer il capitale della Banca il Pubblico Ministero si rifa alla storia c'.i questo Istituto, dalla vendita del calzaturificio « Unica » con i suol due r/-lioni e mezzo di ricavo, dichiarati da Manzoni, e poi precisati, dal suo sue cessore, in 5 o 600 mila lire; dai milioni campati nelle nuvole della si gnora Travella, moglie del Manzoni, sempre asseriti, mai provati, e oggi in pieno smentiti; dal ricavo dc"n casa Travella, venduta, dice la air ora, per 110 mila lire, mentre per 230 mila dichiara il marito. E così ì 5 milioni, sventolati come capitale della Banca interamente versato, si riducono in effetto ad un decimo o poco meno: 500 mila lire circa. Ciò che awiene anche per la « Velluti Zoagli », fondata con solo 600 lire, mentre in bilancio si dichiara il capitale versato dl un milione, e se ne decreta qualche mese più tardi, l'aumento a 10 milioni, Il Pubblico Accusatore, illustra, a questo punto, il libro dei soci: sottoscrizioni ner centinaia di migliaia di lire, fatte in nome di gente che notoriamente non possedeva il becco dl un quattrino; ridda di milioni che po trebbe chiamarsi « sinfonia contabile » tutte prove e riprove che i capitali furono solo figurativamente versati, Manzoni fondava le Società sen^a da nari, poi aspettava che i clienti, sulla garanzia del capitale già versato, ap portassero i loro risparmi, e, su questi fondi apportati, eseguiva i suoi piani. Caduta la Banca, perciò, tutte le altre Società a catena, fondate sulla rena, non potevano reggersi e sono cadute. Era inevitabile. Il P. M. ricorda una pomposa pubblicazione da Manzoni, lanciata in istato di già pieno dissesto, per comunicare alla clientela che gli utili sensibili, 6, 7, 8, 9 e mezzo per cento erano stati interamenti versati alla riserva... Sul quarto elemento — patrimonio delle proprietà immobiliari —, il P. M. dimostra che tale voce contabile aumentava di anno in rnno. Quale era il meccanismo di questa sopravalutaztone ? Manzoni aumentava ■gli stabili di tutte le spese, interessi, e premi che doveva pagare per l'intera azienda del Gruppo Manzoni e ne accresceva cosi il costo, dandone con tale cifra il valore. Sull'ultimo elemento: « patrimci-lo «Iella Libreria d'Italia » il P. M. porta pure il suo acuto esame per ricavarne che il patrimonio attivo librario dato: in libri per 2.870.000 lire in 599 mila lire per crediti, 813 mila per impianti e 600 mila lire per i magazzini sono cifre cervellotiche falsamente create da Giovanni Manzoni per ingannare il pubblico con quelle pubblicazioni, fraudolente, largamente diffuse nel lontano Mezzogiorno ove, parlandosi di Milano, di Istituti bancari milanesi, dl aziende industriali create e prosperanti nella capitale fi nanziaria d'Italia si è sempre spinti a credere, senza controllo, per la nota serietà del sano commercio di Milano, ammirazione ed esempio di tutto il Paese. La responsabilità del singoli A questo punto il P. M. si avvia a precisare le responsabilità personali del ventun imputati del quali chiederà la condanna, poiché dichiara che per uno solo, — la signora De Carlo, maritata Doria —, richiederà l'assoluzione. Incomincerà dai sindaci. Manzoni aveva bisogni dl sindaci « teste di legno » e li reclutò fra gli impiegati delVazlenda che volevano un arrotondamento di stipendio, professionisti al- Mpetampidia ocquinstbldiblstcaerdacasudsatesiipmreratoundllaes™trmMLoncvileFqei tsbmeDpzgsbr1dmefiMlpaRdtlcmpzammSe e è la ni, e e ure rnof. oila. aeton ollla tt. ta,- a- lettati dalla promessa di fare le cause e della Società, fra gente affamata che è aveva bisogno di un impiego e che si "ff"',n »»» ^inrij5- tvdGlalpllnyidr^vTcerVferte una'carica tì£d*> pcale retribuita. Coscienti, quindi, di servire gli interessi di Giovanni Man-!Gzoni, e non già di esercitare un senoj^cosclenzioso controllo, quale la legge sjda essi pretende. Per gli ammln'..-tra- iutori Giovanni Manzoni si rivolge al tasuol parenti: i figli, il fratello, il ge- tenero, ed eccezione fatta per due socie- vtà edilizie, al Minafra ed al Doria. | luPer le singole responsabilità l'oratore della legge incomincia da questi due ultimi. Doria, uomo di affari, abl- edsemle, pratico, non può eccepire la sua!dbuona fede. Egli ha dichiarato che si ! Goccupò del solo lato tecnico; inveceItirisulta che si occupo anche della parte I framministrativa dell'azienda. Cosi il Ivi a i . e , . n i o , . a , e e o e a i e e , i a a o, l a li à r ni al- Minafra. Per entrambi il P. M. ritiene, però, applicabile la forma più attenuata della complicità. Per gli altri amministratori sostiene invece la forma più grave del concorso, rilevando individualmente gli elementi processuali a loro carico. H cav. Ferrari, la cui requisitoria ha occupato l'Intera udienza, si addentra a questo punto nella disamina in fatto e in diritto del reato di truffa. Il P. M. sostiene che mezzo della truffa fu la pubblicità mediante il « bollettino » e mediante le molteplici pubblicazioni, pubblicità adoperata come lusinga; dimostra che la cosidetta « garanzia ipotecaria » costituì il trucco per indurre in errore le vittime; precisa la parte avuta dai sìngoli del gruppo Manzoni, per ricavarne la parte di responsabilità che su ciascuno di essi pesa. La « surroga dell'ipoteca », secondo il Pubblico accusatore, fu la più grande truffa che potevasi compiere in danno dei clienti, cosi come sono state truffe le cambiali ipotecarle, rilasciate per im valore enormemente superiore al valore immobiliare effettivo e i certificati azionari garantiti... da nessuna garanzia. Ricorda l'illegittimità del regolamento interno della banca, già bollato da una sentenza del Tribunale civile, per dimostrare che tutta la tesi difensiva lei Manzoni, sul regolamento in paro la, può solo essere tenuta In conto di dCccsiaetrdpgsbdaTlmuvrdvddnesemplare, ferravilliana arguzia. I/ora-|^™?f1llustra-1 °P?™ di Lucio Manzoni, il truffatore viaggiante e di Renzo, l'am-Lmimstratore « putativo » della Banca di |dMilano; accenna ad un decalogo detta- !tLo da Giovanni Manzoni, da osservarsi j anella corrispondenza con_la clientela, e | rigrissfdtzèlcconclude ritirando per infficienza di prove l'accusa contro il Dorio, il Minafra, il Mambrettl e il Labriola per la truffa e la condanna dl tutti gli altri. Le pene richieste Dopo una breve sospensione il cav. Ferrari, riprendendo la sua serrata requisitoria, passa ad illustrare l'attività editoriale del Manzoni per ricavarne che i venti milioni dallo stesso Manzoni portati in bilancio come spese effettive sostenute per le pubblicazioni della «Libreria d'Italia » non.hanno alcun elemento prpbatorio e quindi non possono essere tenute per validamente assorbite. Dopo un breve accenno al reato dl appropriazione indebita imputato al Manzoni e che documenta provato con l'aggravante della prestazione d'opera, esclusione fatta per le azioni della « Libreria del Littorio », delle quali dichiara non provato l'indebito arricchimento, 11 Pubblico Ministero conclude chiedendo: per Giovanni Manzoni 22 anni, 6 mesi di reclusione, lire 96.500 di multa e l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, 3 anni di libertà vigilata; Lorenzo Manzoni, 15 anni, 6 mesi dl reclusione, lire 63 mila di multa, l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, l'inabilitazione all'esercizio del commercio per 8 anni; Renato, Lucio Manzoni, 15 anni, 10 mesi di reclusione, L. 62.600 di multa, l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, l'inabilitazione all'eserciaio del commercio per 8 anni; Ciancolinl, 13 anni, sei!mesi, lire 52.000 di multa, l'interdizione !perpetua dai pubblici uffici, l'inabilita-1zione all'esercizio del commercio per 8,anni; per Ercole Manzoni, 4 anni e 12 mila lire di multa; per Edgardo DoriamS^p£ Bo^«lSC f^ao SualVr^mufta, taterd&one^rp^ !e e si 5- tua dai pubblici uffici, 2 anni di libertà vigilata; Piero Monaco e Franco Ponti • : 1 anno.e 6 mesi di[reclusione e 1000 lire di multa; Cesare Broggia e Roberto Ci- ralli, 2 anni e 10 mila lire dl multa; Giuseppe Perrucchetti, 3 anni e 15 mila lire di multa; avv. Emanuele Zaccari e aw. Attillo Labriola, 2 anni e 10 mila lire di multa; per Ugo Ciancolini, 3 anni e 15 mila lire di multa; per Spartaco Orazi, 6 mesi e 10 mila lire di multa; per Felice Mambretti, 2 anni e 10 mila lire di multa; per il rag. Luigi Fetter, 4 anni e 20 mila lire di multa; per Angela Travella, moglie di Giovanni Manzoni, 3 anni e 6 mila lire di multa; per Giorgio Berlutti, 1 anno e 1500 lire dl multa. Chiede, infine, l'assoluzione dl Maria De Carlo, moglie del marchese Doria, perchè il fatto a lei attribuito non costituisce reato. « Questa è la sentenza che io chiedo — conclude il P. M. — sentenza che può apparire anche severa, ma che risponde adeguatamente alla gravità dei fatti e ai fini altissimi della Giustizia ideale Giustizia che non solo è di conforto per tutti i danneggiati, ma che è anche mònito. La morale negatrice e dissolvitrice di Giovanni Manzoni non può trionfare; al dl sopra di essa impera la morale dell'onestà, di quell'onestà che oggi più che mai è amore di Patria* Complessivamente sono stati dunaue chiesti 108 anni e 10 mesi di reclusione *>nchè 427.600. lire di multa. USI°DC'

Luoghi citati: Italia, Milano, Zoagli