La casa di Garibaldi

La casa di GaribaldiLa casa di Garibaldi CAPRERA, ghigni. Dal mare, durante la traversata del passo della Moneta, la casa del Generale appare come una piccola macchia bianca fra la scogliera. E' solo quando ci si avvicina a Cala Garibaldi, che i contorni si fanno più nc-Ui e precisi, e l'isola solitaria si rivela in tutta la sua selvaggia bellezza. Qui Garibaldi venne dono il secondo esilio, qui tornò per * ritemprarsi nella serena pace del cielo e del mare dopo sei campagne e cento vittorie, qui volle avere l'ultimo riposo. Perciò oggi l'Italia guarda a Caprera come ad un faro ideale, che rimarrà acceso nei secoli. L'acquisto fatto da Garibaldi di una metà dell'isola risale al 29 dicembre 1855. Nei quaderni agricoli dell'Eroe, attualmente esposti alla Mostra Garibaldina di Roma, sono trascritti l termini della convenzione con i proprietari. "La parte incolta di Fontanaccia venne pagata 350 scudi; la parte del basso Fontanaccia, 1000; la parte di levante, in quattro lotti, 400; la proprietà di Giuseppe Ferracciolo, 1300, i quarantatre lotti del signor Collina, 3225; le case e le stalle, 775. Garibaldi pagò dunque, in tutto, 32.250 lire. La proprietà dell'altra metà dell'isola rimase al Collins, un inglese originale, che viveva in una capanna insieme alla moglie, e che almeno nel primi anni mostrò di non gradire molto la presenza dell'illustre vicino. Dopo la sua morte alcuni ammiratori inglesi di Garibaldi acquistarono dalla vedova l'altra metà dell'isola e la of frirono in dono al Generale. Ospiti di Caprera furono, fra i pri mi, i Deidery, che durante il secondo esilio di Garibaldi avevano accolto nella loro casa di Nizza la piccola Teresita. Ma dopo il 1860 l'isola divenne il naturale centro del mondo garibaldino. A Caprera convennero, per un più o meno lungo periodo di tempo, Bixio e Canzio, Stagnetti e Nuvolari, Guerz'òni e Basso, Fruscianti e Gu smaroli, G. B. Cullolo (il leggendario Leggero) e Iacopo Sgarallino. Il colonnello Candido Augusto Vecchi, in quelle deliziose pagine intitolate: Garibaldi e Caprera, cosi descrive la vita nell'isola: « In Caprera si respira un'aura di santa felicità, che le ore fuggono rapide come fossero minuti, il lavoro geniale della mente, o delle braccia, interpolato da visite e da gai discorsi, non può disputarne la durata. Ed io che dovea partirne un dì o l'altro, provava noi cuorre quella sublime imprevidenza delle anime innamorate, le quali contemplano senno dolore la separazione, che pure è nel fondo della loro gioia. 1 giorni vissuti a lato del mio Generale potrei anche con maggiore giustezza paragonarli alle giornate di polvere, sì fuggevoli e ripiene, che svaniscono in un tratto; ma che in seguito appaiono sì lunghe quando tornano alla mente cariche dì ricordi, e di un raggio di sole che v'illumina la vita ». Da molti anni la casa di Garibaldi sembrava abbandonata. Le pareti erano scomparse sotto le centinaia e centinaia di corone e di nastri. Alcune vetrine disposte nella stanza ove il Generale era morto raccoglievano documenti e memorie di ben poco valore, in gran parte pergamene, quadri e fotografie: omaggi di visitatori. La cosiddetta casa di ferro chiusa; chiusi pure la casa di legno costruita a Nizza, la scuderia, il fienile, le case dei pastori; abbandonati gli attrezzi agricoli. Nella ricorrenza del cinquantenario, il contrammiraglio Vincenzo De Feo, comandante la piazza marittima della Maddalena, ha voluto ripristinare la casa dell'Eroe ed i suoi dintorni quali erano nel 1882, per dare ai visitatori, che giungono ogni giorno anche dalle terre più lontane, una visione completa della Caprera garibaldina. Nella casa dell'Eroe Chi entra oggi nella piccola casa bianca rimane ammirato. Sembra di rivivere i tempi gloriosi. Sembra che da un istante all'altro debba profilarsi nella cornice di una porta la figura, dolce e severa ad un tempo, del condottiero dei Mille. A destra, entrando, si trova la prime, camera abitata da Garibaldi. E' in parte, quale la descrisse nel 1861 il Vecchi. Sopra al caminetto, chiuso con una intelaiatura ricoperta con stampe tolte da riviste inglesi, c'è un grande, bellissimo ritratto ad olio di Rosita, la piccola figlia di Garibaldi e di Anita, morta a Montevideo. A destra una cantoniera è piena di bottiglie e bottigliette di medicinali. Un cartellino indica quelle che furono ordinate al Generale negli ultimi mesi dal Prandina, suo medico di fiducia. A sinistra una poltrona a sdraio, di cuoio rosso cupo, con leggio. In un quadretto un gruppo fotografico dei garibaldini di Montevideo, fra i quali si vedono alcuni reduci delle campagne d'America. La fotografia è del 1907. Garibaldi dopo il 1861 abbandonò questa camera per l'umidità derivante da una cisterna che v'era sotto, e passò in un'altra, a sinistra dell'ingresso, munita di solaio. Questa camera, posta a mezzogiorno, ha ancora il'letto matrimoniale, alcune delle sedie di acero donate a Garibaldi nel 1860 dagli ufficiali e dai marinai del Washington, una carrozzella ed una vecchia poltrona. Le pareti sono ricoperte di ritratti e di stampe. Nel centro della parete di fronte alla porta d'ingresso, è una bella fotografia a mezzo busto di Gior¬ l a o i , a i e , ò e o a e a . l a o e n , , o i o , e o a e o ò i , ¬ gio Pallavicino, racchiusa in una cornice ovale. Dalla camera di Garibaldi si entra in quella del figlio Manlio, che negli ultimi anni fu il suo prediletto. Nei diarii del Generale il nome di Manlio ricorre spesso: « 1873, 23 aprile: 9. p. m. nasce Manlio; 1 ottobre: Manlio inette un dente: 1874, 23 aprile: anniversario di Manlio," 24 maggio: Manlio ha tredici mesi: 30 maggio: Manlio cammina: 23 ottobre: Manlio compie diciotto mesi... ». Sul letto di Manlio, morto a Bordighera nel 1900, utficialr di marina, c'è il suo bcretto. A destra, del letto, racchiùso in una vetrina, 6 conservato un .piccolo modello di nave, che Garibaldi donò al figlio perchè no imparasse la nomenclatura delle varie parti. La stanza dove spirò Garibaldi è a tramontana. Il letto è stato collocato davanti alla finestra dove posarono le capinere, nella stessa posizione in cui era il 2 giugno. Sul cuscino sono ancora ben visibili i segni della testa leonina. Presso il .letto, racchiuso in una grande custodia a vetri, si vedono un divano ed una spinetta con la tastiera ingiallita. Una vetrina raccoglie alcuni oggetti appartenuti all'Eroe. L'orologio è fermo alle 6,20, ora della morte di Garibaldi. Alle pareti sono disposti stampe e ritratti. Fra i ritratti vi sono quelli dei figli Menotti e Ricciotti, e quelli di PiIade e Narciso Bronzetti, offerti a Garibaldi dal fratello Oreste. Sopra al caminetto è un Ingenuo tocco in penna dedicato dall'autore, Giuseppe Cunigiani, « al Generale Giuseppe Garibaldi in segno di verace stima ». TI tocco in penna riproduce Garibaldi seduto sopra uno scoglio di Caprera, che osserva 'ma carta geografica nella quale sono segnate le terre italiane non unite uila Madre Patria. In una vetrina della stanza d'ingresso, fra quadri, stampe, pergamene e corone, sono le. ultime stampelle dell'Eroe. La casa di ferro e la biblioteca Entrando nella casa di ferro, donata a Garibaldi da alcuni amici inglesi, si nota subito, nella prima stanza, un curioso omaggio. alla memoria del Generale. E' una corona d'alloro ricamata su fondo bianco. Nel contro vi è questa iscrizione in rosso: « Chi ama Giuseppe Garibaldi ama Dio e Gesù Cristo ». Sotto, la data, 1889, e il nome della donatrice: Maria Valli. Le stanze della casa di ferro sono assai piccole. Una di esse contiene soltanto il letto di Rosa Raimondi, madre di Garibaldi, una vecchia poltrona, ed una grande, sbiadita fotografia di Teresila Garibaldi e di Stefano Canzio, eseguita nel giorno delle loro nozze. Una vicina stanzetta ha molto interesse per l'attento visitatore. In essa si è raccolto tutto ciò che è rimasto della biblioteca del Generale. Le due grandi vetrine sono forse le stesse viste nel 1861 da Candido Augusto Vecchi nella camera di Garibaldi. La biblioteca venne sommariamente riordinata nel 1921. Vicino a La vrai Voltaire del De Pampery, c'è un Dizionario del corpo umano; il quarto volume dei discorsi politici di Urbano Rattazzi è a fianco.di un Albo dedicato alla memoria di Giorgio Imbriani, caduto in Francia nel 1871; i volumetti verdi delle Veglie filosofiche semiserie sono collocati presso i due grossi volumi in ottavo dell'Inchiesta Parlamentare sulla Mariìia mercantile del 1881-82. Molte ed importanti le opere militari, legali, di agricoltura e di astronomia. Intonso è un libro di Victor Guichard, pubblicato a Parigi nel 1869 : La liberto de pensée fin du- pouvoir spirituel. Molto letta appare invece la Vita di Gesù, di Ernesto Renan, nella traduzione di Filippo De Boni, pubblicata in quattro volumi dal Daelli di Milano. Non mancano opere inglesi e tedesche, e volumi di. Atti Parlamentari. Gli opuscoli, chiusi in pacchi, sono molte centinaia. Abbiamo detto, che questa è solo una parte '.Iella ricca biblioteca del Generale. Ma anche quello che è rimasto può avere una notevole importanza per chi volesse attingervi elementi per uno studio sulla phisologia di Garibaldi.. Sarebbe bene perciò che la biblioteca fosse riordinata nuovamente, con criteri meno empirici, e resa accessibile ai visitatori. Garibaldi agricoltore Nella grande scuderia-fienile, a destra della casa di ferro, sono statiraccolti tutti gii attrezzi, le macchine agricole, le selle, e le barche. E' questo, secondo il nostro modo di vedere, uno degli aspetti non del tutto felici della pur bella opera di riordinameli-to Era meglio lasciare ogni cosa al suo posto £r dare al visitatore una più organica visione della vita di Ga- ribaldi ncll isola. Nella stalla e negli altri locali rimasti vuoti, sono stati di- sposti alle pareti i nastri delle co-che Garibaldi era grande anche qui nella lotta diuturna, tenace contro gli avversi elementi. Sono ben note le dit-Ificoltà che i venti di nord-ovest pon-.fono alla coltivazione dell'isola. <££.[baldi volle e seppe riuscire. Nel 1876 la sua piccola azienda agricola era già n m. o o e o, r a, 6 e, o e a o e ui a n a te e i aa n a a o a un modello di perfezione, tanto da essere illustrata e citata ad esempio nelle riviste agricole. I diarii, il giornale di agricoltura, quello pastorizio e quello di apicoltura, i libri dei conti correnti, i quaderni con le regole per trapiantare, innestare e seminare, tutti di. pugno del Generale, documentano la sua grande passione per la terra. Nel marzo del 1861. Garibaldi scriveva al Vecchi, che gli aveva fatto dono di una zappa: * In ricambio della zappa nuova che mi avete spedito, io vi mando quella di cui da molti anni mi servo qui nei lavori rurali. Poiché è il piacer vostro, serbatela a chiara testimonianza del mio antico e costante pensiero. Qual'è che gli uomini — meglio avvisati — dovrebbero usare quel prezioso metallo che è il ferro, non per uccidersi scambievolmente, sibbene per procacciare alla umana famiglia una somma maggiore di prosperità ». E nel novembre dello stesso anno, ad un giardiniere inglese, che inviato a Caprera dalla signora Schwabe aveva seminato fiori e lavorato nel frutteto, Garibaldi indirizzava queste parole : « JVoi usammo tra queste roccie di granito lo stesso strumento: la zappa. Io non mi sento felice che maneggiandola. Libera è la vostra contrada e non mslSmoAufvsptidtssgvslpbisspdersiete in obbligo di cambiare la zappa] scon la spada » Così Garibaldi, condottiero di eroi, rivendicava la sua qualità di tiglio della terra, e sovente amava qualificarsi non col titolo di Generale, ma più semplicemente, seppur non meno gloriosamente, con quello di Agricoltore. GIUSEPPE F0NTER0SSI. ;!natlpaf