Fiori e danze sulla sponda di Baveno

Fiori e danze sulla sponda di Baveno La leggenda del Lago Maggiore Fiori e danze sulla sponda di Baveno i o o 1 a a o o o a a i . e l a a o e i o o o e e e e a , i a _ , o o l o r i o o el è o ti e. e , ù 1 n ui, o ù etIl inee aoo i Baveno, 2& mattino. Se a tutte le feste folcloristiche, se a tutte le rievocazioni di gentili leggende locali sorridesse lo scenario di questa incantevole sponda, 11 compito turistico d'ogni Ente autonomo di soggiorno e cura si ridurrebbe in Italia ad una semplice scelta di temi, ad un poco di propaganda, ad una organizzazione oculata, ed il successo sarebbe assicurato. Ciò non va detto per diminuire il merito di quanti hanno creato il leggiadro spettacolo di ieri, qui a Baveno (e primi fra tutti il podestà aw. Cappa Legora ed il cav. uff. Calori, del Comitato provinciale del turismo di Novara), ma perchè «La leggenda delle lose», fantasia allegorica e coreografica rievocante una delle tante fiabe che si tramandano su queste rive, ci è apparsa un poco come uno di quei vecchi suggestivi dipinti anonimi che si van cercando nei magazzini degli antiquari per collocarli In una stupenda cornice. Lia festa del Lago Maggiore è ormai diventata un episodio atteso d'anno in anno, una specie di gara fra i paesi di questa incomparabile sponda per offrire a chi.accorre di fuori cosa degna d'esser vista e ricordata. L'anno scorso Stresa ideò una rievocazione storica; ieri è stata la volta di Baveno, /ied è sembrato davvero che tutta la gentilezza floreale del Verbano si radunasse qui, intorno alla Bella Dormiente, per la gioia dei diecimila ospiti venuti da Milano, da Torino, da Novara, da Vercelli, da Varese, dai borghi montani e (dal villaggi di pianura. La fiaba è nota ad ogni bimbo di questi luoghi, n noi non vogliamo raccontarla. Cercheremo invece di farla rivivere, così come l'abbiamo vista rappresentata con una grazia pittoresca e soave che ci è rimasta nell'anima insieme al profumo delle infinite rose che ancora a sera tarda galleggiavano sull'acqua immobile, mentre un velario di pioggerella cheta scendeva giù dai monti verso il Ticino. Le belle montanare di Valsesia Il lago, nel pomeriggio, era di una bellezza pacata e dolce. Non la consueta festa d'azzurro, ma un grigiore uniforme ed argentino, che dava ni cuore una specie di struggimento di riposo e di pace. Addormentate in que sto silenzio parevano le Isole Borromee ed i paesi su tutta la sponda, da Suna a Laveno, da Pallanza a Stresa, nella bruma lieve sfumavano con delicatezza indicibile. Alta incombeva in faccia a! golfo la mole grifagna del Monte del Ferro, coi picchi velati da nubi: Bave no non sembrava ancora destarsi. Fu uno sciame variopinto di ragazze che percorrevano lo vie cantando, ad avvertirci che questa era una giornata eccezionale. Eran calate giù dalla vicina Val Miazzina, dalla più lontana Valsesia, dalla Val d'Ossola, da tutte le vallate circostanti, e vestivano 1 costumi di Roccapietra, di Riva Valdobbia, di Campertogno, di Scopa, di Scopello, di Vocca, di Piode; quelli di Civiasco con le calze rosse, quelli ricchissimi di Rima dal giubbettini di panno e velluto, dalla pezza bordata di gallone d'oro, dai fazzoletti con le frango e da! caratteristico busard, dagli orecchini ipendin) d'antica filigrana; quelli dì Sabbia dal grembiule con ben 240 pieghettine minutissime; quelli di Rimella dalle gonne col bordo verde e rosso, dal bianchi giubbettini adorni del famoso poncetto, il più prezioso pizzo ad ago valsesiano, di fattura cosi lenta e delicata che poche spanne di questo merletto valgono centinaia o centinaia di lire. Avevano, queste ragazze, fatto chilometri e chilometri e. piedi recando i fiammeggianti rododendri dello loro montagne, eppure apparivano fresce e gaie, impazienti anche esse d'assistere alla festa, e ingannavano l'attesa con i canti e con quei bizzarri gridi gutturali che rammentano 1 richiami da vetta a vetta dei montanari svizzeri sperduti nella nebbia. Intanto le automobili cominciavano a giungere da tutto il litorale, le tribune a gremirsi di spettatori sul Lungo Lago, e barche a dozzine a prender posto a pochi metri dalla riva. SI attendeva S. E. Manaresi, che aveva presenziato ad un prossimo convegno alpino; e l'arrivo suo, con quello di S. E. Ducceschi Prefetto di Novara, del senatore Falcioni, deil'on. Fregonara, del Segretario Federale comm. Andreoletti. del podestà Cappa Legora, del vice-podestà Rodano, del cav. uff. Calori e delle altre autorità di Baveno, segnò l'inizio dello spettacolo sulla sponda del lago dov'era Etato eretto un piccolo palco e gettato una sorta di imbarcatoio. Allora l'orchestrina prese ad eseguire la Goutte d'eau diChopin, tutte le montanare in costume e sulla spondj sfilarono cantando dinanzi a S. E. Manaresi e gettando verso la tribuna fasci di rododendri, e la Leggenda delle ròse si svolse d'episodio in episodio sotto 1 nostri occhi. L'amoroso sonno «Era una fanciulla bionda dai lineamenti delicati, dal viso dolcissimo di una serena bellezza incantevole », narra la fiaba; era cioè la solita fanciulla che per soddisfare un capriccio si pun ge un dito, s'addormenta d'un profondo senno, e nel sonno sogna l'amore, il Principe Azzurro che verrà a destarla. Non sognano forse qualcosa di simile anche oggi tante fanciulle sparse per il mondo, a dispetto di coloro che proclamano finito ogni romanticismo? Questa delia fiaba (al secolo la signorina Radice, del teatro alla Scala) danza sull'aria della Goutte d'eau, tutta ravvolta in vaporosi veli. Danza spensierata, felice, e coglie intanto rose dai cespugli. Ahimè, si punge un dito, la vediamo esitare, guardare intorno stupita, ripiegarsi su se stessa, adagiarsi sull'erba. Dorme, Dorme d'un sonno così alto, che cinque pescatori discesi sulla riva per .gettar, le reti, la credono morta e dàn segni di pena e raccapric ciò. Li segue una vecchina tutta rattrappita che sapremo poi essere una fata. Per intanto uno dei pescatori corre dal giovine signore di Baveno, il nobile Guiscardo, e l'avverte del tragico ritrovamento. Guiscardo (che sotto il bell'abito di seta nasconde la persona del sig. Marzonl, coreografo e ballerino della Scala) accorre accompagnato dai suoi alabardieri. Da prima non trova nulla di meglio da fare che eseguire un balletto ed innamorarsi perdutamente della soave Dormiente; poi si rivolge alla vecchina e le domanda perchè diavolo mai costei dorma così duro. La vecchia spiega: non si sveglierà se non quando tutte le rose del lago non le verranno offerte. Guiscardo sorride. Soltanto questo? Squillano le trombe, sonate da quattro splendide ragazze, il giovine signore si reca sull'imbarcatoio e fa cenno alle barche d'avanzarsi. Tutte le rose del lago; e non è esagerazione. Ora siamo costretti a contaminare un poco la leggenda con qualche dato cronistico per dire che il primo barcone è quello dell'O. N. D. di Baveno, colmo di rose, con un gran timone che pare un ramo fiorito. Come per incanto, ne balzan fuori dodici fanciulle che scendono sul palco, attorniano Guiscardo e la Dormiente e pa zientemente si seggono ad attendere. Altre rose, ben altre rose han da glun gere per rompere quel sonno così altoE le recano infatti altre imbarcazioniveri giardini galleggianti. Lo spettacolo è di una grazia incomparabile. Passa prima una pergola natante, slmile a un Capodimontn leggiadrissimo, tutto roselline e gladiolilo segue una specie d'aiuola rimorchiata da una barchetta ad alberelli squisitamente lieve di verzura; poi s'avanza il barcone dell'Isola dei Pescatorcon l'effige di S. Quirino, il pesce e una lucerna, tre oggetti che richiamano ad un'altra bizzarra leggenda delago; passano nientemeno che le Isole Borromee in miniatura, una torpediniera di cartone che nei cannoni ha infilati mazzi di rose, un idrovolante che pare una ghirlanda, una vela fioritadieci vogatori di Sesto Calende che sson fatti trentacinque chilometri di remo risalendo metà del Verbano, la gran barca deil'on. Basile, la « Chiocciola» colma di fanciulle che cantano la canzone di Baveno, passa la bissona dell'Ente turistico di Pallanza recante a bordo addirittura un'orchestrina che spande le sue musiche sul lagoTutti quegli navigli gettan rose a fascverso la dormiente; è inutile: la bella non si sveglia. Allora la solita vecchina intervieneNon bastano fiori, non bastano cantiE' un'offerta d'amore che ci vuole, caro 11 mio signor Guiscardo; e di un amore cosi divampante che accenda tutti i monti di Baveno ,chc faccia sfavillare sulle rupi il granito famoso dquesti luoghi, sì che anche calando 1sole, la notte ne resti illuminata. Imbarco per Citerà Guiscardo ha mangiato la foglia; ma non ce n'era bisogno, che, come sì 6 detto, innamorato cotto lo era già fin dal primo momento. Un'offerta d'amore? L'orchestrina attacca la Valse Ai Chopin, quelle dodici splendide ragazze (davvero Baveno ha invitato mezzo corpo di ballo della Scala) che finora non erano proprio state buone a nulla, eseguiscono una danza sulle punte che ci riconduce ai tempi di Degas, e quel sentimentale d'un Guiscardo ne approfitta per far, ballando, la sua di¬ da di Baveno aae tadi ra n do il rise he o? ona nai a usi osi o c ta roo di ra) rdi lllaLa n le e. e, il io è a on il di ichiarazione amorosa in piena regola. Squillano allora le campane di Baveno, simporporano i monti intorno, e — oh, miracolo — la bella alfine si ridesta. Un'altra danza a duo, e non resta più che celebrare in fretta In fretta lo nozze. Il lago invita, la parola spetta a Watteau. Di nuovo s'avvicina a riva la gran barca delle dodici donzelle, Guiscardo e la sua sposa vi salgono felici, e mentre la Polonaise succede alla Valse, si recano a prua per guidare il corteggio nuziale. All'imbarco per Citerà non manca più neppure una pennellata. Ormai la fiaba è compiuta. Riprende la sfilata delle barche, cui una giurìa composta di due giornalisti e d'un commediografo decreta i premi. Il primo tocca al giardino natante di Intra, il secondo al barcone dell'O.N.D. di Baveno, il terzo agli alberelli di Stresa, il quarto alla pergola che già apri 11 corteo, il quinto al giardino verde. I premi per le imbarcazioni con musiche vengon divisi fra la «Chiocciola» addobbata dalle Terme di Baveno e la bissona di Pallanza. Il primo premio per le imbarcazioni originali va all'Isola dei Pescatori, il secondo alle Isole Borromee in miniatura, il terzo ai bravi vogatori di Sesto Calende. E i premi infine pei gruppi folcloristici sono assegnati alla Valsesia, alla Val Viazzina, al bel -pizzo poncetto di Rimetta.. Così è finita la festa floreale di Baveno, troppo rapida parentesi colorata nel grigiore perlaceo del Verbano. Partite le Autorità, dileguata in fretta la folla sotto la minaccia d'un piovasco, rimase sull'acqua immobile una coltre soffice di petali di rose. Era come se la grazia del luogo, la gentilezza del fugace spettacolo non volessero svanire, volessero durare ancora per qualche momento. Intanto le barche tornavano lente verso i loro porti, l'orchestrina della bissona continuava u mandarci di lontano le sue musiche, c la canzone delle fanciulle di Baveno giungeva attraverso il primo velo della pioggia con le sue strofe gaie: «Siam fanciulle brune c bionde, Siamo noi la Primavera, Siamo nate sulle sponde DI Baveno incantatori». mar. ber. [trzpnmamvtol'forscrfrevfivscpingataata, 4g'fesmMcgddpsmdnllAirstLtloc