Il Duce rievoca l'epopea garibaldiana e le lotte per il riscatto nazionale nel discorso inaugurale del monumento ad Anita Garibaldi

Il Duce rievoca l'epopea garibaldiana e le lotte per il riscatto nazionale nel discorso inaugurale del monumento ad Anita Garibaldi Il Duce rievoca l'epopea garibaldiana e le lotte per il riscatto nazionale nel discorso inaugurale del monumento ad Anita Garibaldi L'indissolubile continuità del volontarismo delle Camicie rosse e delle Camicie nere Roma, 4 notte. Il bronzo che fermerà nei secoli la memoria di Anita, la fedele ed invitta Compagna di Giuseppe Garibaldi, è stato inaugurato stamane con una solenne cerimonia, alla quale erano presenti, non solo i Sovrani, il Duce, tutte le alte cariche dello Stato, le Camicie rosse, le rappresentanze dei Governi stranieri ed una immensa folla che si stringeva nelle grandi tribune disposte intorno al vasto piazzale del Granicolo, ma anche — come ha detto il Duce — spiritualmente tutto il popolo italiano. A sinistra del monumento, ancora ricoperto da drappi tricolori, era la tribuna reale, ornata di velluto rosso e sormontata da un alto baldacchino che recava lo scudo di Savoia. Ai lati della tribuna reale erano quelte per il Corpo diplomatico, le Autorità e la famiglia Garibaldi. Fra il monumento e la tribuna reale, era stato posto un podio ricoperto di velluto cremisi. I Garibaldini e le Autorità Alle 9 il piazzale presentava già un colpo d'occhio superbo. Tutte le tribune erano gremite; a destra della tribuna reale avevano preso posto le duemila Camicie rosse, un numeroso gruppo delle quali era disposto anche sul lato destro del monumento: sembrava una meravigliosa fioritura di quei gerani rossi che il Condottiero dei Mille tanto amava. Sotto la tribuna, a semicerchio, erano schierate le rappresentanze delle Forze Armate e la musica della Milizia. Davanti alla tribuna delle Camicie rosse era il medagliere della Federazione nazionale volontari garibaldini, con una scorta d'onore composta da Garibaldini di Bezzecca, di Mentana, dei Vosgi, di Domokos, di Drisko e delle Argonne; la scorta era comandata dal Tenente Malcovati, sei volte decorato al valore. Presso il medagliere dei Garibaldini erano anche il canonico Bolli, cappellano garibaldino nella campagna di Grecia del 1897 e l'ultimo tamburino sardo Strucchi, che ebbe due fratelli uccisi nella feroce imboscata comunista di Casale nel '21. Nel semicerchio si notavano pure il labaro di Roma e di Calafatimi e le bandiere, decorate di medaglia d'oro, dei Municipi di Venezia, Livorno, Osoppo e Vicenza. Nella tribuna, di fronte al monumento, erano gli orfani di guerra italiani di Nizza, vivamente applauditi e festeggiati. Alle 9,15, giungono Donna Costanza Garibaldi, con i figli Ezio, Menotti, Sante e Rosa, ed altri discendenti dell'Eroe, che prendono posto a sinistra della tribuna reale. Arrivano anche le Autorità: vediamo i Ministri Grandi, De Bono, Ciano, Sirianni, Gazzera, Rocco, Giuliano, Acerbo, Mosconi, Balbo e Di Crollalanza ed i Sottosegretari Fani, Alfieri, MarescalchirManaresi, Cao di San Marco, Morelli, Pennavaria, il Ministro della R. Casa Conte Matticli-Pasqualini, il Grand1 Ammiraglio Tahon di Revel, le LL. EE. Federzoni Presidente del Senato, e Giuriati Presidente della Camera dei Deputati, il Principe Boncompagni-Ludovisi, S. E. Starace Segretario del Partito, con i vice-segretari Adinolfi e Marpicati, il Prefetto di Roma Montuori, il Luogotenente generale S. E. Cristini Presidente del Tribunale Speciale per la difesa dello Stato, il Generale Ragioni, il Segretario federale Nino d'Aroma, l'onorevole Polverelli Capo dell'Ufficio Stampa del Capo del Governo, l'Accademico Volpe, Carlo Delcroix, il senatore Longhi, il generale Goggia Comandante il Corpo d'Armata, il generale Grazioli e rappresentanze ufficiali dei Governi del Brasile, di Francia, dell'Ungheria, Grecia, Uruguay, Cuba, Polonia ed Albania. L'inaugurazione del monumento Alle 9,40, salutato da tre squilli e dalle note di Giovinezza, giunge in automobile il Duce, che è accompagnato dall'on. Giunta. Il Capo del Governo, fatto segno a un'entusiastica manifestazione, è ossequiato dall'on. Ezio Garibaldi e dalle Autorità. Ai piedi della tribuna reale, il Duce si intrattiene qualche istante a osservare il meraviglioso spettacolo offerto dalla folla delle Camicie rosse e a conversare cordialmente con Ezio Garibaldi. Poi, seguito dall'on. Garibaldi e dall'on. Giunta, si reca davanti al medagliere garibaldino e rivolge sorridendo qualche parola al ten. Malcovati e agli altri ufficiali garibaldini. Alle 9,55, gli squilli dell'«attentl» reale annunziano l'arrivo dei Sovrani. Quando l'automobile sosta davanti alla tribuna, le musiche intonano le prime battute delle Marcia e quelle di «Giovinezza». La folla applaude calorosamente il Re e la Regina che indossa una graziosa ed elegante toilette nera. I Sovrani, dopo essere stati ossequiati dal Capo del Governo, salgono nella tribuna reale, seguiti dal Duce e dall'on. Ezio Garibaldi e fanno chiamare presso di loro Donna Costanza, Menotti, Sante e la signorina Resa Garibaldi. Ai lati della tribunae si notano il Maestro delle cerimonie conte Macchi di Cellere e alcune personalità delle Case civili e militari dei Sovrani. Alle 10 precise, mentre il Re si pone sulll'«attenti», si ode uno squillo argentino. E' il suono di un bottone elettrico che si trova sul tavolo posto davanti ai Sovrani e che la Regina ha leggermente toccato. Il bicolore che avvolge la statua cade e le musiche suonano l'Inno garibaldino. La Regina s'inchina, il Capo del Governo leva il braccio ne! saluto romano, le Camicie rosse e ipubblico applaudono a lungo fragorosamente. Lo scultore Rutelli si è ispirato a un episodio della campagna d'Ame¬ rica. Egli ha modellato la figura di Anita sul cavallo al galoppo libero dalle briglie, mentre partecipa alla battaglia contro le truppe di Rosas. L'Eroina, che reca appeso al petto il piccolo Menotti ravvolto nel fazzoletto donatole da Garibaldi, si tiene ferma sulla groppa del focoso animale afferrata alla criniera. Ha la mano destra alzata impugnando, a difesa e ad offesa, la pistola. Il piedestallo con piano inclinato è fasciato da un altorilievo composto da un considerevole numero di figure in azione, quelle di primo piano formate a grandezza naturale. Cavalli e combattenti si fondono in una riuscita prospettiva. Nel pannello principale si vede Anita che impartisce ordini durante la battaglia. Nel centro, l'Eroina, introdottasi nel campo di Coribitani alla ricerca di suo marito da sei giorni assente, solleva con trepidazione un « poncho » di un con> battente temendo di ravvisare in lui le sembianze di Garibaldi. L'ultimo gruppo, situato al lato posteriore della fascia, rappresenta Garibaldi in atto di trasportare Anita morente. Le parole di Ezio Garibaldi Il Duce sale sul podio seguito dall'on. Ezio Garibaldi e dal Governatore di Roma. Presi gli ordini dal Duce e salutati romanamente i Sovrani, l'on. Ezio Garibaldi, rivolto al Principe Buoncompagni Ludovisi, dice: « Eccellenza, questo monumento, che per ordine del Duce io consegno all'amorosa, vigile custodia della Città di Roma e per essa a voi che tanto degnamente ne siete il Primo Magistrato, è doppiamente sacro. E' sacro perchè esso eterna nel bronzo la memoria dell'Eroina, è ancora più sacro perchè racchiude le ceneri venerate della Donna intrepida e gentile. In nessun luogo più glorioso Anita poteva trovare l'estremo riposo. E' su questo colle che Anita sfolgorò in tutta la sua bellezza nelle ultime, epiche giornate della difesa di Roma repubblicana. Poi Ella iniziò da qui, Cavalcando a fianco dell'Eroe biondo, il suo lungo, straziante calvario. Qui dunque, presso San Pancrazio, il Casino dei quattro venti e villa Spada testimoni di mille pugne omeriche, era il suo posto. La volontà del Governo fascista ha realizzato un' antica, ardente aspirazione di tutti gl'Italiani. Oggi Anita si leva fieramente nel bronzo come nelle grandi giornate d'America e d'Ita Ha. E' questo il sacrario di gloria che oggi viene affidato a Roma. Il Duce sa, noi tutti sapniamo, Eccellenza, che l'Urbe saprà esserne degna nei secoli ». H Governatore di Roma risponde: « Sire, graziosa Regina, Duce, Eccellenze, onorevole Presidente della Federazione Volontari Garibaldini! Ho l'onore di prendere in consegna il monumento che racchiude le ceneri di Anita Garibaldi e ne eterna nei secoli la gloria che sarà più perenne dello stesso bronzo in cui é effigiata l'immortale Eroina. L'Urbe sarà fiera di custodire sull'epico collo vigilato dall'ombra del grande Condottiero questa che è tomba ed ara donde le presenti e le future generazioni trarranno fede ed incitamento alle più alte gesta! ». Con voce chiara e possente, rivolto verso i Sovrani, il Duce inizia poi il suo discorso fra la niù viva attenzione dell'immensa folla. Parla Mussolini Egli dice: Sire, graziosa Regina, il monumento che su questo Colle garibaldino, il Governo Fascista ha voluto dedicare alla memoria di Anita, la rappresenta galoppante, nell'atteggiamento di guerriera che insegue il nemico e di madre che protegge il figlio. L'artista insigne ci ha così dato oltre l'effige, lo spirito di Anita, che conciliò sempre, durante la rapida avventurosa sua vita, i doveri alti della Madre con quelli della combattente intrepida, a fianco di Garibaldi. E' nel cinquantenario della morte dell'Eroe, cinquantenario che volemmo celebrato come nazionale solennità, che il monumento s'inaugura alla Vostra augusta presenza, alla presenza dei discendenti di Garibaldi e dei prodi veterani garibaldini, alla presenza ideale di tutto il popolo italiano. Di Garibaldi fu detto e prima e dopo la morte, dalla storia, dall'arte, dalla poesia, dalla leggenda, che vive nelle anime delle moltitudini, più, a lungo della storia. Adolescenti, il nome di Garibaldi ci apparve circonfuso dalle luci di questa leggenda e oggi, a distanza di anni, la ragione non ha illanguidito quell'entusiasmo, che scaldava i nostri cuori. Cresciuti nel nuovo secolo e pure essendo, nel tempo, lontani dalle gesta di Lui, rivendichiamo il diritto e il dovere di ricordarlo e di onorarlo. Questo diritto e dovere ci viene dall'aver voluto l'intervento, con animo e con minoranze garibaldine, dall'essere intervenuti, dall'aver imposto la guerra sino alla Vittoria, dall'aver difesa, nuovamente col sangue, questa Vittoria, salvata ormai nel suo spirito non più comprimìbile e nel suo certo futuro. Gli Italiani del nostro eccezionale e durissimo tempo che questo hanno fatto, non sono nuclei rari, ma milio¬ ni, da un capo all'altro d'Italia, disciplinati per la prima volta dopo l'impero di Roma, in masse di combattimento. Gli Italiani del ventesimo secolo hanno ripreso tra il '14 e il '18, sotto il comando Vostro, o Sire, la marcia che Garibaldi nel 1866 interruppe a Bezzecca, col suo laconico e drammatico « obbedisco » e l'hanno continuata sino al Brennero, sino a Trieste, a Fiume, a Zara, sul culmine del Nevoso, sull'altra sponda dell'Adriatico. Le Camicie nere, che seppero lottare e morire negli anni dell'umiliazione, sono anche politicamente sulla linea ideale delle Camicie rosse <e del loro Condottiero. Durante tutta la sua vita, Egli ebbe il cuore infiammato da una sola passione: la unità e l'indipendenza della Patria, Uomini, sètte, partiti, ideologie e declamazioni di assemblee, le quali ultime Garibaldi disdegnò, propugnatore, come egli era, delle « illimitatissime » dittature, nei tempi difficili, mai lo piegarono, ne distolsero da questa meta suprema. La vera, la sovrana grandezza di Garibaldi è in questo suo carattere di Eroe nazionale nato dal popolo, e in pace e in guerra sempre rimasto col popolo. Le guerriglie d'America non sono che un preludio, Digione un epilogo. Tra i due periodi giganteggia Garibaldi, che ha un solo pensiero, un solo programma, una sola fede: l'Italia. Coerente, di una perfetta coerenza, che gli apologeti postumi del suo Nome non sempre compresero, fu coerente quando offriva la sua spada a Pio IX e quando, venti anni dopo, lanciava i suoi disperati legionari sulle colline di Mentana; coerente quando collaborava con Cavour, seguiva Mazzini, serviva Vittorio Emanuele II, osava Aspromonte; soprattutto coerente quando dimenticava Te crudezze e le insufficienze di molti contemporanei, poiché sempre e dovunque la sua parola d'ordine éra:«ttalia avanti tutto! Italia e Vittorio Emanuele!» Dal 1830 al 1870, per quarantanni, il nome e le gesta di Garibaldi riempiono la storia d'America, d'Italia e influiscono su quella di Europa. Il principio di nazionalità per il quale combatte, suscita moti nelle Nazioni oppresse dalla Vistola al Danubio: quegli echi rimangono ancora e il nome di Garibaldi, nelle masse profonde di taluni popoli, evoca le immagini e gli entusiasmi di una volta. Se la difesa di Roma del 1849 fu superba e vermiglia di eroismi inobliabili, che basterebbero da soli ad illuminare di gloria un popolo intero — chi, fra gli Italiani degni di questo nome, dimenticherà mai i Mameli, i Daverio, i Morosini, i Manara, i Dandolo e i Masinal — Za marcia dei Mille da Marsala al Volturno — guerra e rivoluzione insieme — è l'evento portentoso che salda per sempre l'unità della Patria. Ci sono nella vita — anche in quella di Garibaldi — le minori e mediocri cose, che accompagnano inevitabilmente l'azione: polemiche, ingratitudini, abbandoni: un uowx) non sarebbe più grande si non fosse uomo tra uomini. Ma la storia ha già tratto, dalle fatali antitesi, la sintesi delle definitive giustizie e Garibaldi è più vivo, più alto, più possente che r\ nella coscienza della Nazione e ni a coscienza universale. Le generazioni del nostro secolo, cariche già di sanguinose esperienze attraverso lo più grande guerra che l'umanità ricci li, si volgono a Garibaldi con occhio al quale non fa più velo la passione antica. L'Italia che ha raggiunto le sue intangibili frontiere alpine, portato le sue bandiere e la sua civiltà verso il centro dell'Africa, l'Italia che si prepara a vivere una vita ancora più ampia, ama ed esalta in Garibaldi il navigatore dei mari e degli oceani, il Generale che strappò tutte le vittorie e si piegò a tutte le rinuncie, che offrì alle sue Camicie rosse non onori, nè spalline, ma « per tenda il cielo, per letto la terra, per testimonio Iddio », che conobbe la solitudine di una cella e l'apoteosi di Londra; il rurale, come egli stesso si definì, che nelle soste fra le battaglie e toccato il crepuscolo amò la fatica e la gente dei campi e, prima di morire, pro- „- . - netto la grande bonifica dell Agro Romano; l'uomo che disdegnò onori e ricchezze e fu povero come un asce- ta e generoso più di Cesare. In Luisi riassunsero e sublimarono le owa-. . , , T -j. Ma migliori del popolo italiano equelle peculiari della schiatta ligure, solida e coraggiosa, pratica e idea-: ' , ' r lista aa un tempo. Sono passati cinquantanni dal . . ., _ ,. , giorno in cui il suo cuore gagliardo cessò di battere ed i suoi occhi si chiusero, dopo una estrema visione di dolcezza che gli ricordava i suoi figli. L'isola solitaria c diventata, da allora, uno dei luoghi sacri della Patria e tale resterà nei secoli! Sire! Graziosa Regina! Se per un prodigio il cavaliere bronzeo che sorge qui vicino diventasse uomo vivo e aprisse gli occhi, mi piace sperare che egli riconoscerebbe la discendenza delle sue Camicie rosse nei soldati di Vittorio Veneto e nelle Camicie nere che da un decennio continuano, sotto forma ancora più popolare e più feconda, il suo volontarismo, e sarebbe lieto di posare il suo sguardo su questa Roma luminosa, vasta, pacificata, che egli amò d'infinito amore e che fin dai primi anni di giovinezza identificò con l'Italia! Sire, finché su questo colle dominerà la statua dell'Eroe, sicuro e forte sarà il destino della Patria. « Duce! Duce! Duce! » Man mano che si svolge, l'orazione del Duce suscita fremiti di entusiasmo, sommessi mormorii di approvazione, applausi che vorrebbero prorompere ma che vengono contenuti, repressi, per non turbare la continuità mirabile del pensiero lucidissimo, della plastica, viva rievocazione che Mussolini fa dell'epopea garibaldina e del riscatto nazionale. E attraverso la sua alta, consapevole parola di Soldato, di Rivoluzionario e di Fascista, il parallelismo e la indissolubile continuità del volontarismo garibaldino e di quello fascista, della patriottica dedizione delle Camicie rosse e delle Camicie nere assume una forza di evidenza che affascina e trascina. Un fragoroso, irrefrenabile applauso accoglie le ultime parole del Duce, che, subito dopo, abbraccia l'on. Ezio Garibaldi. Le acclamazioni si rinnovano altissime. «Duce! Duce! Duce! ». E' questo il gridio delle Camicie rosse commosse per l'abbraccio ideale che Mussolini ha voluto dare a tutti loro stringendo al petto Ezio Garibaldi. Il Duce si reca incontro ai Sovrani che hanno lasciato la tribuna reale per ammirare più da vicino il monumento. Davanti al loculo che racchiude le ceneri di Anita, il Sovrano depone una corona d alloro con nastro azzurro recata da due staffieri della Real Casa. Anche 1 o: norevole Federzoiii e l'on. Giuriati depongono una corona col Jjastro tricolore recante la scritta: « Il Parlamento ». . . Un bimbo in camicia rossa offre alla Regina un gran mazzo di rose rosse. Lo scultore Rutelli illustra ai Sovrani, che sono accompagnati dal Duce e dall'on. Ezio Garibalui, tutti i dettagli del monumento e specialmente i bassorilievi. Davanti al medagliere della Federazione volontari garibaldini, il Re si intrattiene qualche issante; col tenente Malcovati e poi stringe; la mano a tutti i garibaldini che, formano la scorta d'onore. Quindi,! l'on. Ezio Garibaldi offre ai Sovra:| ni e al Capo del Governo tre astucci contenenti finissime miniature di i Giuseppe e Anita Garibaldi. . Alle 10,15, i Sovrani, ossequiati, dal Capo del Governo, dall'on. Ezio Garibaldi e dalle Autorità e salutati dal suono della Marcia Reale e< dagli applausi delle Camicie rosse e dal pubblico, lasciano il Gianicolo. Anche il Duce, dopo aver salutato membri della famiglia Garibaldi,! sale in automobile. Una scrosciante j ovazione e generali grida di «Viva il Duce!» lo salutano mentre le] musiche suonano « Giovinezza ». li Sovrani e il Duce sono anche viva-| mente applauditi dalla grande follai accalcantesi nei dintorni. Così il rito è terminato e la pro-I messa fatta al popolo italiano dal Duce nello storico discorso del lo maggio 1929 è mantenuta. Per volontà del Governo fascista. l'Eroina è finalmente assurta alla gloria sfolgorante del Gianicolo. Dopo l'inaugurazione del monumento ad Anita Garibaldi, tutti gli ufficiali garibaldini si sono recati a palazzo Venezia dove Ezio Garibaldi li ha presentati a S. E. il Capo del Governo. Il Duce li ha salutati con schiette parole di simpatia. Nel tardo pomeriggio, da Civitavecchia è partito il pellegrinaggio nazionale alla tomba di Giuseppe Garibaldi. La crociera dei mutilati a Caprera Entusiastiche accoglienze in Sardegna Cagliari, 4 notte. Ieri mattina, alle ore 11, proveniente da Civitavecchia è giunto il piroscafo « Cesare Battisti » recante a borilo un migliaio di Mutilati diretti a Caprera per la celebrazione garibaldina. A riceverli sulla banchina erano tutte le Autorità civili, militari e politiche. Il presidente della Sezione Mutilati De Gioannis, ha portato a nome della Sardegna il benvenuto all'on. Baccarini, Segretario generale dell'Associazione ; nazionale Mutilati. Sulla banchina era' ledrgnmclcnltschierata una Compagnia di formazio-1 ine delle truppe del Presidio con la fan¬ • fara del 46.o Fanteria, una Centuria1 della 176.a Legione della Milizia cor: I \ [^^^Vascf £ov£« ! \Guf, delle Avanguardie e dei Ballila ej |6'li Is^,tuì.li.5c,?1^ti£i; t.E,ran,° inoltre presenti tutti ì Mutilati di Cagliari c' ,fuUe le associazioni combattentistiche. I Sbarcati dal « Cesare Battisti •>, gii ,0SP.ìu si soi1° °rdiRati in 90rteo mentre le signore del Fascio offnv.m:) grandi mazzi di fiori ai gloriosi reduci. Dopo ' l^lVe. rappresentanze locali, hanno ] sfilato i Mutilati preceduti dal vessillo dei Comitato centrale e dai grandi in-1 validi partecipanti alla crociera. Il cor- dusnddiGGnerccdimtdmifMiMpcsdsfddcnsnmcfiqspsdqpgttt teo si è recato in Piazza dei Martiri d'Italia ove, dopo un minuto di raccoglimento, due grandi invalidi hanno deposto una corona di alloro a nome dei commilitoni sul cippo granitico che ricorda i Caduti in guerra. Quindi il corteo, sempre tra le entusiastiche acclamazioni della folla, è disceso per la Via Manno e Viale Carlo Felice fino al Palazzo del Municipio dove si è sciolto fra interminabili acclamazioni al Duce, al Fascismo e all'Esercito di Vittorio Veneto. Quindi la folla ammassatasi dinanzi al' Palazzo Municipale acclamava i Mutilati ai quali il Podestà Endrich ha rivolto elevate parole di saluto. I Mutilati a mezzo di speciali treni elettrici si sono poi recati alla spiaggia del Poetto ove hanno consumato il rancio offerto loro dai camerati cagliaritani. Dopo il rancio, con due speciali treni elettrici e con numerosissime automobili, i Mutilati si sono recati nel vicino Comune di Quarto S. Elena ove la popolazione, con a capo il Podestà cav. Gurreli ed i dirigenti della Sezione Mutilati e del Fascio, ha tributato loro calorosissime accoglienze. Lasciato Quarto dopo aver partecipato ad un ricevimento loro offerto dai commilitoni, tra le acclamazioni entusiastiche del popolo i Mutilati sono rientrati a Cagliari ed hanno compiuto su torpedoni una rapida visita della città sempre salutati con calorose dimostrazioni di simpatia da parte della folla che gremiva le strade al loro passaggio. In serata i Mutilati si sono recati al Circolo Militare ove erano attesi dagli ufficiali dei Corpi del Presidio e dagli I ufficiali in congedo. Il generale Fuglie|se, Comandante militare della Sardegna, ha pronunciato nobili parole idi j saluto cui ha risposto l'on. Baccarini. I La riunione si è chiusa con entusiastiI che acclamazioni al Duce e al Fa| seismo. Alle ore 23 è cominciato l'imbarco dei Mutilati a bordo del « Battisti ». Una folla enorme si addensava sulle banchine del porto insieme a numerosi Giovani Fascisti e Avanguardisti che agitavano centinaia di torcie a vento. A bordo erano convenute le Autorità ca| guaritane per salutare i dirigenti del [Mutilati. Si sono anche imbarcati grup!pì di Mutilati della Sezione di Caglia! ri e dei paesi viciniori, un manipolo di Giovani Fascisti e un gruppo di goliar I di. La nave ha lasciato la banchina all enare. ore 24 salutata dalle altissime grida; della folla che si è attardata lungamente sulle calate del porto finché il piroscafo si è allontanato. Il « Battisti » è giunto stamane all'alba in prossimità di Carloforte. A mezzo di motoscafi i Mutilati sono sbarcati, accolti entusiasticamente dalla popolazione, alla quale si sono uniti i fascisti convenuti da Sant'Antioco e dai paesi vicini. I croceristi, inquadrati, si sono recati ad inaugurare il monumento ai Caduti sotto una pioggia di fiori e tra gli applausi della folla, inneggiante al Re e al Duce. Il corteo, giunto sul Colle ove si eleva l'artistico monumento, ha formato un quadrato. Dopo che al monumento è stata impartita la benedizione, hanno parlato il Parroco, il Segretario Federale di Cagliari Usai e l'on. Baccarini. Durante la cerimonia quattro apparecchi, giunti da Elmas hanno sorvolato a bassa quota. Il corteo si è poi ricomposto ed ha percorso le vie principali, provocando nuove vibranti dimostrazioni che si sono rinnovate entusiastiche quando i Mutilati son partiti per visitare le Ton-