Maggio 1915-Novembre 1918

Maggio 1915-Novembre 1918 LIBRERIA Maggio 1915-Novembre 1918 La. letteratura storica della nostra i cguerra ha cominciato ad assumere gproporzioni ingenti, in relazione con zla straordinaria importanza e impo- fatto; mentre l'interesse ip. i a e i o e e i i a o e i e l o nenza del delle generazioni già testimonie e partecipi, e quello insieme delle giovani generazioni, cresciute dopo, si manifesta sempre più vivo, curioso e appassionato, per ogni rievocazione, per ogni indagine, critica, studio. Tra gli studi particolari, episodici, che più notevolmente abbondano, memorie monografie diari, ne sono di pregevolissimi; e si novera anche qualche buona opera di carattere generale, complessivo: a cominciare da quella Guerra italo-austriaca, di Aldo Valori, che si può dire inaugurò la serie, uscita quasi al domani stesso della guerra, nel '20. Ma un'opera del tipo di questa, uscita questo Ventiquattro Maggio, diciassettesimo annuale della nostra entrata in guerra; opera regolata da speciali criteri, eppure di vastissima portata; eminentemente riassuntiva, e completa; popolare, divulgativa, e concepita e documentata con serietà ed esattezza; o che mira a fini di propaganda nazionale, e tuttavia appare misurata, quasi sempre equanime, spoglia di vana retorica, scevra di ampollosità, genuina sobria incisiva; un'opera come questa — La nostra guerra — Una storia breve per gli Italiani all'Estero, — costituisce qualche cosa di nuovo, originale, degno di attenzione e considerazione. Una buona azione patriottica Come dice il sottotitolo, il libro è dedicato espressamente agli Italiani all'estero. Per questo riguardo, oltreché come opera di storia, esso si presenta anche come azione: una buona azione patriottica. E il Segretario del Fasci e Direttore generale delle Scuole italiane all'estero, Piero Parini, nella prefazione, ch'egli ha dettato, sollecita : «... I combattenti che sono all'estero, e che hanno due volte benemeritato della Patria, per aver risposto all'appello supremo da lontane contrade, e per aver dato esempio in mezzo alle truppe di alto senso del dovere, leggano questo libro, nel quale troveranno il nome del loro reparto e la descrizione del fatto d'arme al quale hanno partecipato, e soprattutto lo facciano leggere ai loro figli e nipoti, perchè la gioventù italiana all'estero deve crescere nell'atmosfera di queste sante memorie, per essere sempre pronta a tutto osare per la grandezza e la difesa della Patria immortale... ». Autore del libro è il giornalista e capitano di fanteria Oreste Rizzini, che durante la guerra fu ufficiale addetto al Comando Supremo. Ecco, a voler essere totalmente sinceri, e piuttosto severi: se una qualche deviazione dal più obbiettivo punto di vista, certa vaga vaga tendenziosità, che qua e là affiora, per la prima parte del libro, fino a Caporetto; l'una e l'altra, sono forse appunto dovute alla permanenza dell'autore presso il Comando Supremo: dove si spiegavano, naturalmente, e in perfetta buonafede, ma con altrettanta facilità, si giustificavano errori, caratteristici e perniciosi, che purtroppo abbondarono, in quel primo periodo della nostra guerra, fino a Caporetto; e dove anzi alcuni di quegli errori, dei più gravi, comecché derivanti proprio e determinati da esso Comando Supremo, o non erano rilevati, o risolutamente si escludevano. Così il Rizzini tende spontaneamente a indulgere ad essi, attenuandoli o dimenticandoli; e qualche volta, di proposito li nega. E qui sono le sue pagine, i suoi periodi meno convincenti, meno felici, per riguardo all'imparzialità storica. Non sto a esemplificare: certi giudizi, su uomini e sistemi e avvenimenti, sono oramai, dopo tre lustri, concretati e sentenziati abbastanza sicuramente, e sono di dominio pubblico, perchè ognuno possa vagliare, per conto proprio, se gii argomenti che il Rizzini porta nuovamente contro quei giudizi stessi, valgano a infirmarli, inducano a modificarli. A me non pare. Due mentalità Ciò che nel libro del Rizzini emerge più bello, più vivo e duraturo, è l'esaltazione, così giusta e meritata, del valore del soldato italiano: valore che non si smentì mai, in nessun momento dell'asprissima e crudelissima guerra: non nelle atroci stremanti esaurienti undici battaglie dell'Isonzo; non nelle malcerte e perigliose giornate della difesa disperata del Trentino; e nemmeno nel rovescio di Caporetto. Su Caporetto il Rizzini ha scritto alcune delle sue pagine migliori, più equilibrate e più assennate. Ha rilevato opportunamente, prima, come la guerrp europea si fosse iniziata con la sconfitta dei Franco-Inglesi, il Belgio sommerso, quasi undici dipartimenti francesi abbandonati al Tedesco invasore, il Governo francese fuggito da Parigi a Bordeaux, Parigi sul punto di cadere; ha ricordato lo stritolamento della Quinta Armata inglese, nella regione di Cambrai, nel Marzo del '18, lo sfondamento della fronte per un'ampiezza di cinquanta chilometri, l'avanzata tedesca che guadagna sessanta chilometri in profondità; e ha ricordato, nel Maggio dello stesso anno, la tremenda batosta dei Francesi, allo Chemin-des-Dames. E osserva: «... La differenza tra noi e i Francesi, per esempio, è questa. I Francesi fanno brillare il meglio che possono i successi e, se non possono lasciare interamente in ombra gli scacchi, li avvolgono di una luce eroica: rovescio sì, ma difesa sovrumana. Le perdite enormi sono un sacrificio sublime. La riconoscenza della Patria è invocata per gli eroi vinti... Così si forma l'anima militare di un popolo, così si formano tradizioni di vittoria e di grandezza. Con la nostra mentalità degli anni di guerra... ». Con la nostra mentalità degli anni di guerra, accadeva da noi, accidenti!, tutt'il contrario. Vincevamo; e in primo piano mettevamo le perdite, lagrimavamo il sangue versato, ci struggevamo e piativamo per tanto sagrificio sofferto; e lamentavamo insieme e criticavamo che la vittoria non fosse che quella, così piccola, così insigni ficante, cesi miserabile. Poi, quando perdemmo, « ... fu una frenesia di esagerazioni, di frottole catastrofiche, di aulodenigrazioni... ». Caporetto, in questo senso, l'abbiamo creato noi: — come già, del resto, in questo senso, avevamo creato Adua: — l'ha creato cioè la scarsa coscienza nazionale e militare dell'Italia ancora imperfetta mente unita, il demagogismo corrotto e corruttore, la mediocrità pacifista e panciafichista, l'egoismo e la petulanza e la viltà di certi ceti dirigenti, di ibestslictrelguppsmcdn—fepbadsgrtcr—dzmffsttpcgptdret cui soltanto il Fascismo, poi, nal dopoguerra, avrebbe fatto finalmente piazza pulita. « ... Que8t0 9tato d>anl guadagno persino i capi...; e il risultato si fu il tremendo errore dì proclamare in un bollettino ufficiale, in base a notizie esagerate e false, la viltà dei nostri soldati... ». Da Caporetto al Piave Assurda e infame calunnia. I soldati avevano fatto il loro dovere, come sempre, tutto il loro dovere, più del loro dovere: a Caporetto, il soldato italiano fu quale era stato in ogni precedente battaglia, dal Carso al Trentino, dalle Alpi al mare, e quale sarebbe al Piave e a Vittorio Veneto: eroico. Caporetto fu una sconfitta militare: ecco tutto. Non è antico e saggio detto che alla guerra si va con un bastone per darle e un sacco per prenderle? C'è esercito al mondo che possa inalberare un motto di questa sorta: — Sempre date e mai prese —? «... Sconfitta, Caporetto, sconfitta militare, favorita indubbiamente dalla crisi di stanchezza e di logoramento degli effettivi, che tutti attraversavano, » — in quel veramente critico '917, — « accompagnata anche da «qualche fenomeno di debolezza, da più di un errore tecnico... ». Sconfitta militare, resa possibile soprattutto, se non esclusivamente, e subita per errori tecnici, di comando: anche in questo campo, erano i ceti dirigenti d'allora, che fallivano. Ma lo sfortunato evento non si contraddistìngueva — e questo dobbiamo proclamare ben forte, che se ne convincano tutti, verità controllata, — e anche chi scrive queste povere note ne può rendere testimonianza, personalmente, — l'evento non fu accompagnato mai da nessuno di quei fenomeni di sedizione e ribellione, che si erano già manifestati, per esempio, ' nell'esercito francese, con la disgraziatissima offensiva dell'Aprile-Maggio di quello stesso '17, comandante il Nivelle; mentre a Parigi dava fuori qualche tentativo rivoluzionario. H Rizzini cita in proposito dal libro del deputato francese Henry Galli, — L'offensive frangaise du 1917: — dove si parla dì replicati ammutinamenti dì truppe francesi, alla fronte e nelle retrovie, e particolarmente tra quelle della Sesta e della Quarta Armata: battaglioni che rifiutarono di tornare in trincea; altri che si ribellarono violentemente, ed elessero sottufficiali e soldati in luogo degli ufficiali, e si accingevano a marciare su Parigi. Per tre giorni, un battaglione in rivolta, trinceratosi nel villaggio di Meissy-sous-Bois, resistette con le armi. Altre colonne di rivoltosi, già incamminate verso Parigi, furono fermate al margine della foresta di Villers-Cotterets dall'intervento di un Corpo di cavalleria. • «...Questo gravissimo fenomeno paralizzò lungamente l'attività militare francese... ». In quel mesi, già fuori causa Serbia e Romania, e non ancora sbarcati in Europa gli Americani, «... Solo gii Italiani e gli Inglesi continuano a battersi strenuamente contro il nemico ingrossato a dismisura-dalla scomparsa disastrosa della Russia dal teatro della guerra... ». . Indi venne per noi, come dicevamo, Caporetto. Ma sùbito dopo, venne anche la ripresa maravigliosa, e le glorie immortali del Piave e del Grappa. «...Possiamo essere ben fieri di quel che siamo riusciti a fare, dopo il disastro militare di Caporetto. « Si son fabbricate varie leggende all'estero: i Francesi e gli Inglesi salvatori dell'Italia, Foch ideatore e organizzatore della resistenza al Piave; e chi più ne ha più ne metta. Sono leggende, che nemmeno all'estero si ha più il coraggio dì raccontare in pubblico... ». Ma è sempre bene, ancora una volta, ributtarle e smentirle. A smentirle basta la nuda esposizione della realtà: come fa il Rizzini. Una pagina di Mussolini E siamo alla battaglia del Piave, la battaglia solare, del Giugno 1918: vittoria tutta nostra, superbamente nostra; e per l'esercito austro-ungarico, colpo mortale. E Vittorio Veneto: la vittoria ha messo le ali, la guerra è decisa. Ma anche qui, maligne leggende, già propalate all'estero, che bisogna sfatare; e anche qui, b-'sta, a sfatarle, l'esposizione schietta dei fatti: sostanzialmente, basta il bollettino di Diaz. Poi, «...Vittorio Veneto ci costava 68.190 uomini, tra morti e feriti. Le cifre son dedicate a coloro, ex-alleati o ex-nemici, che hanno voluto demolire la nostra vittoria, rappresentando la battaglia come una sorta di azione coreografica, di belle evoluzioni e di facili marcie, attraverso un nemico sfatto e imbelle. Son dedicate anche ai disfattisti nostrani, e ai tepidi, più pronti a credere alle menzogne forestiere che non alle verità di casa... ». n Rizzini non vuole chiudere il suo libro, senza dedicare, come sì conveniva, un capitolo agli — Italiani iti Francia, — dal Reggimento di marcia garibaldino al Secondo Corpo d'Armata, del generale Albricci; e un altro capitolo alla guerra in Albania e alla conquista della Malacastra; e un altro ancora alla guerra in Macedonia; e un altro, infine, alla — Lotta sul mare. La conclusione? Ne ha scolpito i termini Mussolini, nella pagina mirabile che apre il libro, — Maggio 1015 : — verbo nuovo e presagio augusto di nostra gente: « ... Il sacrificio del popolo italiano è stato grande e nel sangue e nelle fortune, ma non è stato vano, anche se la pace non è adeguata alla vittoria. La portata immensa degli eventi degli anni angosciosi è in primo luogo di natura morale: è la fusione degli spiriti realizzata fra tutti gli Italiam: è la prova, data al mondo del loro coraggio, in terra, in mare, in ciclo: è il riscatto da secoli di avvilimento e di imbellicosità, che pesavano gravemente sulla coscienza e ci diffamavano fra gli stranieri: è la parola Patria che. finalmente ha avuto un senso, un volto, un grido, un battesimo di fuoco c di sangue... ». E ancora: « ... Tutta la storia italiana del ventesimo secolo si svilupperà su linee fatali da quel Maggio 1915, che fu una testimonianza, un prodigio e la conquista del popolo su se stesso... ». La grande svolta, quel Maggio 1915. Veramente, muove di là la nuova storia d'Italia: di là traendo gli auspici, s'infutura l'Italia dei nostri figli. LECT0IL