Garibaldi a Torino nel '59

Garibaldi a Torino nel '59 Garibaldi a Torino nel '59 Come si formò il Corpo dei « Cacciatori delle Alpi »; Il romanzo d'amore con Marie Esperance Sulla sua permanenza a Torino nei ^mesi che precedettero la vittoriosa cam- pagna del 1S59, Garibaldi, nelle Memo- '■rie edite dal Barbera, dà cenni som-,mari in quattro pagine, dove, se si to- !glie lo spazio dedicato alle considera- \zioni politiche, ben poco resta intorno a dati di fatto. Nel cinquantenario del-jla sua morte è dunque del più vivo interesse radunare le sparse notizie riguardanti i soggiorni del Grande nizzardo a Torino durante il primo quadrimestre dell'anno fatidico. Garibaldi si limita a scrivere che nel Febbraio fu « chiamato a Torino dal conte di Cavour, col mezzo di La Farina » e che « del Governo » vide «il solo Cavour ». Poi aggiunge : « Dopo pochi giorni della mia permanenza a Torino, ove dovevo servire di richiamo al volontari italiani, io m'accorsi subito con chi avevo da fare e che cosa da me sì voleva... ». Non senza amarezza espone le cautele ch'egli, insofferente di freni e sotterfugi, era obbligato a osservare in.forza della situazione internazionale, di cui il Governo doveva, tenere il massimo conto per non compromettere l'avviato gendalissimo gioco diploma-1tdco. « Garibaldi » ci narra lui stesso «doveva far capolino, comparire e non comparire: sapessero i volontari ch'egli si trovava a Torino per riunirli, ma nel medesimo tempo chiedendo a Garibaldi di nascondersi per non dare ombra alla diplomazia ». Si trattava di quei volontari accorrenti da ogni parte d'Italia per arruolarsi nel Corpo dei Cacciatori delle Alpi, costituto con decreto di Re Vittorio Emanuele H, datato da Pollenzo 17 Marzo '59. « Fummo destinati » prosegue, più innanzi Garibaldi « sulla sponda destra del Po, a Brusasco, sulla estrema destra della divisione Cialdini destinata a difendere la linea della Dora Baltea, e coll'intento di coprire lo stradale che da Brusasco conduce a Torino ». Si chiudono, con ciò, i fugaci riferimenti al suo passaggio nella capitale subalpina. Precisiamo. Anzitutto, l'Eroe dei due MMondi nel '59 non veniva per la prima | volta a conferire col Cavour. All'insigne Eministro era già stato presentato tre anni avanti, nel 1856, e il Foresti così ricorda l'incontro: «Il nostro Garibaldi era a Torino il 13 Agosto ed io ve l'accompagnai. Cavour lo accolse con modi cortesi e famigliari. Gli fece sperar molto e l'autorizzò a insinuare speranza nell'animo altrui. Pare che si pensi seriamente al grande fatto della redenzione politica... Insomma, Garibaldi si congedò dal ministro come da un amico, che promette e incoraggia a un'impresa vagheggiata». Tra i volontari Quanto al suo arrivo a Torino nel •59, esso fu preceduto da uno scambio diklettere con Giuseppe La Farina, al quale 'l'Eroe scriveva da Genova il 22 Bimembre '58: «Gli elementi rdvoluzior nari tutti sono con noi; è bene che Cavour se ne persuada, in caso non lo fosse pienamente, e che vi sia fiducia illimitata. Credo pure necessario che il Re sia alla testa dell'esercito... ». E in un'altra lettera spedita da Caprera il 30 Gennaio '59 : « Io sono contentissimo del buon andamento delle nostre cose, e non aspetto che un cenno vostro per partire... Non voglio dar consigli al Conte (il Cavour), ne a Voi, perchè non ne abbisognate. Ma con la parola vostra potente sorreggetelo e spingetelo sulla via santissima prefissa ». H soggiorno torinese del nizzardo, poi, contrariamente a ciò che si potrebbe credere dalla sola lettura delle Memorie, non fu ininterrotto dal febbraio fino alla partenza per Brusasco: - Egli, dopo aver conferito col ■Presidente del Consiglio, tornò a Caprera, dove, rammenta il Palomba, « non finiva di lodare Cavour che chiamava: — il mio amico». Il 2 marzo tornava nella capitale, chiamatovi dal Sovrano, e il giornale II Diritto, nel suo numero del giorno seguente, ne dava questo laconico annunzio: .«Il generale Garibaldi è giunto a Torino* Qui si procedeva all'arruolamento dei Cacciatori delle Alpi, inviandoli a un primo deposito in Cuneo sotto il eqmando del colonnello Enrico Cn sehz; ma era tale l'affluenza dei volontari in Piemonte cne, a dodici giorni dalla decretata formazione del corpo, un secondo deposito si dovè stabilire in Savigliano e ne fu dato il comando al colonnello Giacomo De Medici; poi, crescendo sempre il numero de' patrioti ansiosi di combattere, un terzo deposito fu necessario aggiungere, il 7 aprile, pure in Savigliano, affidandolo a Nicola Ardoino. H Re firmava nel frattempo il decreto con cui, su proposta del Cialdini, incaricava «il signor Giuseppe Garibaldi delle funzioni di maggior generale comandante il Corpo dei Cacciatóri delle Alpi, con l'autorità e competenze stabilite... con che presti il dovuto giuramento ». Il 7 aprile il Generale avvicinò per la prima volta i suoi Cacciatori in un viaggio d'ispezione a Cuneo e a Savigliano. I giovani militi lo accolsero rjon irrefrenabili manifestazioni d'entusiasmo e si può dire che d'allora si /onsacrarono quei vincoli di devozione « di nobile affetto che dovevano unire per sempre la gioventù italiana al capitano delle Camicie Rosse. Il Corpo dei Cacciatori — stabiliva un altro decreto del 24 aprile — faceva « parte dell'armata, sotto l'autorità e l'amministrazione del ministro deila guerra». I suoi componenti dovevano ave re «età non minore di diciassette e non maggiore di quarant'anni »; s'impegnavano « per la durata di un anno »; vestivano un cappottone blu e fnano un cappellone mu e calzoni grigi simili a quelli della fan- SftrS6-1 Scrofe ditaVoia' berretto turchino, la croce ai Savoia. II. corredo era formato.da uno zaino di pelle caprina, dal cinturino di cuoio nero con giberna, da un tascapane borraccia e gamella. Per arma avevano un fucile a canna liscia, a percussione fulminante. Completavano il Corpo: cinquanta guide, o cavalieri, agli ordini- del Simonetti, in maggior parte — nota un contemporaneo — « forniti di cavallo proprio »; quaranta carabinieri genovesi e l'ambulanza diretta dal dottor Bertani. La forza complessiva ascendeva a tremi! acinqueccnto uomini. Non y'era artiglieria, non genio, nè inten- denza. Le risorse più preziose risiedevano nel valore dei capi e nell'ardimento dei gregari. Alla testa dei liattaglioni : Bixio, Sacchi, Marocchetti, Quintini; tra'gli ufficiali, De Cristoforis, Eronzetti, Cairoli, Cadolini, Fanti, Airoldi, Gorini, Alfieri... Con questo superbo elemento umano si sopperivaalla scarsità delle armi e all'affrettato equipaggiamento. Confidenze alla « Elpis Milena » Garibaldi, a Torino, nell'aprile del '59 abitò nella contrada di San Lazzaro, 'attuale via dei Mille. Ricordata conelièVr—"a"ifesaITTorino' contro una lapide è la casa di via Santa Teresa, 13, dov'egli, l'anno dopo, in unappartamento al terzo piano, « preparò a spedizione dei Mille — cimentata al rrido d'Itnlia e Vitrnrin TTimnTiiiPio * / l ?P Emanuele » ome dice 1 epigrafe fatta scolpire il :: giugno dell'83 a cura del Municipio;ed è una casa che le vicende del '5!) a particolarmente rievocare per esseraltresì quella ove abitò e mori Carlo Noè; il quale, si legge su un'altra tavola marmorea, « auspice il genio di Camillo Cavour — allagò il piano ver e, nata in Inghilterra nel 1821, figlia 'un banchiere amburghese, vedova giovanissima del primo marito, divorziata dal secondo: il banchiere Schwartz. Nel 1S61 ella pubblicò un articolo di riordi garibaldini nella Revue des deux moìides; nell'85 licenziò sullo stesso argomento un volume che sollevò fiere discussioni. La schietta passione del nizzardo per Marie Esperance (riecheggiante benisimo nelle pagine che G. E. Curàtulo, invasione straniera ». Affatto dimenicate, invece, è l'edificio ove Garibaldi dimorò mentre preparava i suoi Caciatofi. Ne "abbiamo tuttavia l'indicaione precisa in un biglietto ch'egli indirizzò il 12 aprile a quella Marie Esperance von Schwartz, più conociuta sotto lo pseudonimo letterario di Elpis Melena, amata con sincero tras- orto dal Generale, di cui poco mancò non diventasse la seconda moglie. Convien accennare a questa stranie a, fervida ammiratrice del nostro Pae- ra l'amore ardente e felice per Anita il funesto drammatico nodo contrato con la Raimondi. La colta straniera, nel 1857, si era ecata a Caprera per conoscere l'Eroe, el 1913, dedicò a Garibaldi e le donne) i inserisce come una tenera parentesi e cui gesta di Montevideo e di Roma avevano colpita in modo straordina-rio: voleva pur chiedergli ragguagli er una biografia di lui da stampare n Germania. S'intessè in breve il romanzo e se la von Schwartz non diventò la consorte di Garibaldi fu solo perchè, con delicato sentimento, non volle addolorare l'umile e fedele Bat istina Ravello, dalla quale egli, nel oggiorno isolano, aveva avuto una bimba. Ora, il menzionato biglietto scritto da'.Torino alla'-'Elpis ,. Melena dice: « Speranza mia," in caso siate libera o bramo sommamente vedervi. Abito qui, in via S. Lazzaro, n. 31. Sempre vostro G. Garibaldi ». Lei si trovava allora a Roma: pochi giorni dopo, il 3 Aprile, lo raggiunse. Egli le parlò della lotta che stava per iniziarsi ed sternò giudizi su varie persone. Inte-essante quello sul Re. «Mi ha fattoa migliore impressione » le confida- va, «mi ha ricevuto con la cordialitàdi un vecchio fratello d'armi». « La era », scrive il Curàtulo nel citato ibro oggi non facile a rintracciarsi, «si vedevano da buoni amici all'alber-go, quando Garibaldi vi ritornava sten-co e pieno di polvere». , La sera del 24 Apnle, trascorse a- no ara Ha nhn ivavg riepneen ni TVTi_ Un appuntamento mancato cune ore da che aveva riscosso al Ministero della Guerra mille lire, non rovandosene più in tasca che seiceno, egli ricordò d'aver rilasciato la differenza a commilitoni perchè sovvenissero le loro famiglie rimaste in gravi strettezze. E poi, mutando il sog- getto della conversazione, dettò alla Schwartz questo arguto aforismq che attesta l'evoluzione ormai perfetta- mente compiuta nelle sue idee: «Dateun milione a un repubblicano e potete esser sicuri che egli domani non losarà più ». Si separarono con l'intesa d'incontrarsi l'indomani a pranzo; ma la mattina, uscendo dalla propria stanza, El- Dis vide appuntato sull'uscio un fo-pis viae appuntalo suu uscio^un io gho vergato dal generale: « 1,luu, Aprile 1859. Speranza mia, io partoa un'ora pomeridiana Per Brusasco; ono rattristato di non potervi rive-dere. Scrivetemi colà. Addio. Vostro di cuore G Garibaldi ». , Si reco alla stazione per salutarloe a stento potè avvicinarsi a lui, cir- condato da un'immensa folla che ac-lamava ì Cacciatori delle AZpieilloroCondottiero. Il generale non aveva nè avallo nè sella. Fu Speranza che, in una bottega torinese, andò subito a disporre perchè fosse di premura fabbricata una sella bellissima. Affinchè l sellaio lavorasse presto e bene, non esitò a dirgli che essa doveva servire a Garibaldi per entrare in Milano con Re Vittorio. Figuriamoci se l'artigiano ci si mise di lena! Il dono fu febbrilmente allestito e Speranza medesima, recatasi a Brusasco, lo presentava al'Eroe. IH