Le appassionanti fasi della drammatica corsa

Le appassionanti fasi della drammatica corsa Le appassionanti fasi della drammatica corsa i a o e o a a e i a n o n a e n a i o a a e l o . , ù - Foggia, 24 notte. Abbiamo atteso, è vero, parecchi giorni in fermento di spiriti, in esacerbazione di critiche, eppure in fiducia nelle virtù atletiche dei nostri campioni, ma finalmente è venuto il giorno della riscossa travolgente, della competizione spasmodica, della vittoria lu-minosa. Questa Lanciano-Foggia rimarrà nel ricordo di chi l'ha vista come una guerra di colossi combattuta con lo spasimo del supremo tentativo, con la volontà di tutto osare, di conquistare e difendere posizioni formidabili. L'incubo che scompare Tutti dicevano ieri sera che la settima tappa avrebbe deciso del Giro. Lo sapeva anche Buse e il suo roseo ottimismo non immaginava neppure quale furore di mischia si sarebbe scatenato attorno a lui. Lo sapevano Guerra e Binda e i loro uomini che si preparavano alla offensiva in grande stile come il combattente si prepara materialmente e spiritualmente ad andare alla baionetta. Lo sapevano gli sportivi di tutta Italia che facevano giungere fino a noi le loro voci invocanti il trionfo di Foggia. E il trionfo è venuto a toglierci da un incubo che cominciava ad ossessionarci: quello di una vittoria straniera nel Giro d'Italia.So che qualcuno si meraviglia che l'orgoglio nazionale sia posto in ballo in una corsa ciclistica. A me pare di sognare a questo stupore di chi evidentemente ha animo e mentalità meno sensibili di quelle delle piti umili folle delle campagne che anche oggi abbiamo attraversato e che, sapendo del ritardo di Buse, si sono lasciate sfuggire di bocca un grido solo: « Viva l'Italia! ». Non erano certo state le cosidette montature dei giornalisticilecche ne pensino molti, a instillaro in questi montanari e pastori l'aspirazione di una vittoria dei nostri colori e tanto meno era un sentimento astioso quello che ci faceva augurare la riscossa dei nostri corridori contro colui, atleta onesto e generoso, che per le nostre strade passava corno un do-minatore dello sport in cui ci sentiva-mo e ci sentiamo i migliori del mon-do. Era un ansioso desiderio di riassestamento di valori in campo internazionale, era il disappunto di vedere apparentemente crollare un primato che da anni costituiva il nostro orgoglio, era la rabbia di vedere supinamente accettala una situazione che cumiliava, e ciò per ragioni che so e capisco solo in quanto ci conciliano con gli interessi dello sport vero e di tutti. Io avevo in questi giorni sostenuto che, se Buse vestiva da Udine la « maglia rosa », era perchè i nostrcorridori non gareggiavano con la sola intenzione di toglierla, perchè le squadre di Binda e di Guerra non avevano trovato ancora il modo onesto e lealeessenzialmente sportivo, di muovere all'attacco della posiziono di Buse e la reciproca diffidenza, gli interessi industriali che essi rappresentavano, facevano sì che del loro contrasto sgiovasse uh uomo che, non perchè tedesco, consideravo inferiore di gran lunga ai nostri migliori esponenti, epersino ad alcuni, come Stoepel, dellasua squadra. Com'è nata l'iniziativa dell'attaccoLa corsa di oggi mi ha dato pienaniente ragione. Seguitemi in questparticolari di cronaca che a mano a mano commenterò. Dopo gli scrosci dpioggia dell'altra notte, stamane l'alba ci ha fatto rivedere il più limpido sole di Abruzzo, ma la temperatura sera mitigata e le strade erano spogliate dèlia polvere. Mi pareva ciosufficiente, come dissi al collega Quadrone, a una bella gara di Demuysèrc a minori titubanze in discesa di Binda. Due elementi che potevano averecome in effetti ebbero, grande influenza sullo sviluppo della corsa. A Lanciano abbiamo lasciato Frascarelli e la sua squadra svizzera. La indisposizione del capo aveva fatto defezionare tutto il quartetto. Rovidache vorrebbe guadagnare un bigliettone da 500 simile a quello che ha premiato la sua fatica nella Teramo-Lanciano, si è messo a volare sulla leggersalita di Casteltrentano, dove sono cominciate le disavventure di Mara, appiedato nella successiva discesa. Una breve sfuriata dei francesi noconcludeva nulla. In un'ora eravama Casoli, a 29 di media. La salita dLama dei Peligni, che faceva supporre un principio di combattività, passsenza che nessuno sentisse la difficol tà di seguire il comando di A. Magne. Non si cominciava troppo bene. Cinquanta chilometri erano passati senza che gli attaccanti uscissero dalle loro posizioni di attesa. Sulla strada che, in facile discesa, tagliava in mezzo il monte, siamo sbucati a Salena. C'erano 500 metri da scalare per raggiungere Pesco Castaldo. Possibile che anche qui nessuno pensasse di rendere dura la vita a Buse'! Ci pensò il ro¬ ettvfccdass mano Cacioni che ha iniziato il giro come isolato e poi ha preso il posto di Belloni nella squadra « bianco-nera ». Il bel ragazzone, mettendo a profitto il suo cambio di velocità, rompeva le esitazioni degli « assi » e, con Gremo, cominciava a prendere vantaggio su Guerra e Moineau che a loro volta prò cedevano il gruppo agli ordini di Pesenti, Binda e Giacobbe. Caciosi si distingue Per il rapporto troppo forte Gremo non riusciva a tenere la ruota di Cacioni e si lasciava prendere da Guerra e Moineau proprio alle sorgenti dell'A ventino dove cominciava la salita più dura. Ma il francese si trovava presto in cattive acque ed era preso da Binda, Giacobbe, Pesenti, che avevano piantato gli altri. Buse già arrancava con difficoltà in mezzo alla fila che .fi andava allungando e frazionando. Il non eccessivo impegno di Guerra e Gremo, contrapposto a quello a fondo di Binda, faceva sì che questi, con Pesenti e Giacobbe, si riportasse sui due sempre preceduti dall'energico Cacioili. I nostri due leaders facevano fare a Gremo e Giacobbe, che non potevano impedirlo, il ricongiungimento di Camusso e Moretti. Eppure essi non potevano non essersi accorti cho Buse era già lontano! Il compito di farlo allontanare sempre più era affidato a Pesenti che partiva di scatto a fare compagnia a Cacioni. Il gruppetto che inseguiva si dividerà a metà per una violenta sgroppata di Camusso che conduceva Gremo e Moretti proprio al culmine della salita dove Binda, Guerra e Giacobbe passavano venti secondi dopo. P. Magne, Barrai c Bertoni, quest'ultimo disturbato da dolori viscerali, a l'IO"; Cipriani, Bergamaschi. Balma-Mion, Giuntela, Demuysère, Thierbach, a l'45". Buse era con Di Paco, Mara, Stoepel, Mammina, Orecchia, Negrini, Rovida, Geyer, Cavallini, a 3'. In questo momento si aveva la sensazione che la corsa prendesse la piega decisiva, nui si trattava di prendersi l'incarico di tener vivo il comando sull'altipiano battuto da un vivace vento contrario. Quando vidi che nè Binda nò Guerra nè i loro uomini volevano fare il primo sacrificio, ebbi la sensazione che si rinnovasse l'eterno gioco fra i due pronti a regalare tre minuti a Buse piuttosto cho smetterla. Non mi sbagliavo. Nessuno voleva tirare come sarebbe stato necessario per impedire il ritorno di Buse, cosicché Barrai c Bertoni in vista di Roccaraso, poi BalmaMion, P. Magne, Demuysère, Giuntela e Thierbach in discesa, riprendono la posizione di testa. A Castel di Sangro il ritardo di Buse c era ridotto di quasi un minuto e in altri quattro chilometri era annullato del tutto! Naturalmente, nel frattempo avevano ripreso tutti quelli che erano fra il tedesco e le vedette. Il fatto era così enorme e impressionante, che mi convinsi ancora di più che finché Binda e Guerra fossero stati une vicino all'altro Buse poteva dormire i suoi sonni tranquilli, e li dormì infatti nella salita di Rionero Sannitico che tutti fecero in grande tranquillità. Buse fora per la prima volta La bomba scoppiava invece in discesa. Veramente era una gomma di Buse che scoppiava e che faceva la parte di una granatanel gruppo che, avvertito, se la dava a gambe a opera di Gremo e di Guerra. Cominciava di qui la débàcle di Buse, che non doveva più rivedere i primi ma.doveva allontanarsene sempre più. Rldiscesi a valle a Ponte S. Leonardo si iniziava la prima parte della salita del Macerane, lunga e durissima. La maglia tricolore riduceva il gruppo a Binda, Gremo, Di Paco, BertónT, Giacobbe, Camusso, Barrai, Giuntela, Cacioni, Demuysère, Piemontesi, Orecchia, Pesenti, BalmaMion ed Erba. Uno strappo violento di Pesenti e di Di Paco era accusato da Piemontesi, Orecchia ed Erba. Gli altri erano tirati fino in cima da Bertoni. Il cronometro segnava qui 5'30" di ritardo a Buse; egli mi passò innanzi col volto segnato dall'immane fatica che il corpo sosteneva con la sola forza di volontà. Negli occhi sma>~riti si leggeva lo svanimento di un sogno che fino a ieri pareva realtà. Eppure Buse non crollò mai; lo sospinse sempre la speranza di un salvataggio. Anche se durante il sito calvario, che durò ISO chilometri, altre tre gomme siano venute a tradirlo. Ma sarebbe stato sufficiente il ritardo di Buse per non continuare nel tentativo di non riaverlo più come compagno"! Non si sarebbe ripetuto il gioco di Castel di Sangro"! A togliere ogni dubbio intervenne... un'altra gomma. Un piccolo chiodo decise la sorte di Buse —■ che fu vittima dell'offensiva di Binda e compagni contro Guerra — di quella del cani pione de', mondo e in sostanza del Giro d'Italia. Ecco come andarono le co so. I « bleu-oro » fecero correre la voce dell'arresto del tricolore; scesero a mettere il rapporto più forte e inizia rono con estrema decisione l'attacco in forza. Al primo scompiglio rima nevano solo Binda, Bertone, Pesenti, Di Paco, Camusso, Demuysère e Barrai; quattro uomini di aita Casa, dunque, e tre di altre, ma con il loro interesse a coadiuvare il primo. Guerra invece non disponeva che di Giacobbe, come più indietro era rimasto Buse col solo Thierbach. La severa offensiva Questo squilibrio di forze, oltre che la diversa fortuna, spiegano il forte distacco all'arrivo. Controllato a un passaggio a livello chiuso, il ritardo di Guerra era di V15" e quello di Buse 5'20", vero segno che la situazione era stazionaria. Ho ripreso i fuggitivi, ognuno dei quali faceva la parte sua al comando. Finalmente vi era l'accordo in un gruppo di testa. Non era mai successo da quando eravamo partiti da Milano! La spiegazione era molto semplice; questa volta una squadra era libera di fare il suo gioco senza la preoccupazione che dì esso sgiovasse la squadra più direttamente avversarla, quella di Guerra, che pei interessi commerciali si sarebbe voluta meno di ogni altra veder vincitrice. La assoluta preponderanza dei «blcu-orodava ad essi libertà e sicurezza di manovra, e sotto questo punto di visto essi furono veramente eccellenti peintelligenza e affiatamento. Un altro fatto capitale avveniva nella discesa di Sant'Angelo in GrottaCamusso, sempre audacissimo, a una svolta andava a finire in un fossato battendo con un gomito su di un sasso e con la coscia a terra. Il piemontese rimaneva a terra stordito e piangenteLe ferite non erano gravi, ma da quella al gomito zampillava sangue vermiglio in nbboìidanza e lo choc nervoso era violento e deprimente. Alcuni corrono in soccorso del disgraziat'isslmo corridore che rifiutava, di alzarsi e, tra l■ lagrime, gridava che voleva andare a .casa. Ma sopraggiunse il suo amico O' vecchia che invocò da lui, in nome dell'e cose e delle persone più care, un attdi estremo coraggio e il buon Ceccebbe la forza di alzarsi, di rimetters a i a o , a , l e e n i e a , a a a a o i e i a a oz ao i la. a o o e e. a o a o rie a Olo co si in marcia e di accodarsi all'amico fedelissimo e affottuosissimo. Ma ormai egli non aveva più speranza in cuore. Si fermò poi al controllo di Jelsi, si sdraiò nel camion della sua Casa invocando che lo lasciassero stare perchè non poteva più proseguire. Ma ancora una volta, fasciato il braccio sanguinante, ripreso la sua via di dolore e riusciva a raggiungere in tempo Foggia. Ma non so se dopo domani egli potrà ripartire. La gara a questo punto precipitava. Guerra, pur perdeiido terreno, non si dava per vinto. I due minuti die aveva di ritardo a Baiano potevano ancora essere colmati, ma la sua posizione si aggravò quando, sulla salita di Vinchiaturo, forò la seconda volta. E' proprio qui che Binda, Pesenti, Bertoni, Di Paco, coadiuvati da Barrai e Demuysère, svolgevano la loro più intensa azione, tanto che, al rifornimento di Jelsi (chil. 187), i passaggi avvenivamo così: Stoepel, Bonino e Tramontini, questi due ultimi a ruota del tedesco ma non perciò meno meritevoli nel loro accanito inseguimento, a 3'30" dai primi; Guerra, Giacobbe, Gremo, Scorticati, Can-azza e Mara a 5'25", Piemontesi a 9'25", Orecchia, che aveva lasciato Camusso ed era caduto a sua volta, a 9'40" insieme a Cipi-tani e a Louviot; Morelli e Zucchini a 10'45", Cacioni a 12'45", Rinaldi, Verwaecke, Negrini, Bellandi, Praderio, Fossati a 14'45", Camusso a 16', Mammina a 16'30", Buse a 18'15". La battaglia contro Guerra Cominciava a diventare difficile seguire lungo il profondissimo fronte l'aspra competizione del gruppo di testa. Sotto Gambatesa avveniva un importante mutamento. Di Paco e Bertoni si urtavano e cadevano. Il primo si rimetteva presto in macchina e riprendeva, l'altro doveva fermarsi per mddrizzare il manubrio. Di ciò volle approfittare per soddisfare a una necessità personale che altre due volte lo aveva fatto fermare. Il suo intestino era in subbuglio. « Per la prima volta nella mia carriera — mi dice — e proprio oggi che tra una corsa decisiva! » Rimanevano così soli Pesenti, Di Paco, Demuysère e Barrai. Ma Gambatesa fu nefasta anche ad altri. A Scorticati si ruppe una ruota, Tramontini e Mara forarono. La discesa vede una scena drammatica quando anche Guerra buca per la terza volta. Avvilito, il campione del mondo scende e lascia la macchina sul bordo della strada salendo poi silenziosamen te sul camion di servizio che si era fermato al suo fianco. Guerra non par lava in quel momento, ma il suo silenzio diceva l'intima sofferenza dello spirito sotto i colpi dell'avversa fortuna. Si voleva ritirare, ma Colombo ebbe parole così tenere c convincenti cho Guerra si scosse, si rianimò, e si decise a continuare. Ma capirete che anche per un atleta come lui era diventata impresa irrealizzabile riafferrare i fuggitivi, tanto più che nell'inseguimento si trovò solo contro il trio Stoepel, Gremo e Bonino, il duetto Binda-Bertoni e il quartetto Pesenti, Demuysère, Di Paco e Barrai che lo precedevano nell'ordine. A questo pv.n to, se l'avanguardia si poteva dire padrona della corsa, ancora non si vedeva chi ne sarebbe stato il vincitore Demuysère appariva pericoloso, Pesenti e Di Paco ogni tanto davano segni di voler far pendere la bilancia a propi'o favore. Pesenti stacca tutti La decisione fu data dalla salita di Volturara. Dopo duecento metri, Pesenti, squassando la bicicletta fra le potenti gambe e le robuste braccia, prese di volo un tiro di fucile di vantaggio; Demuysère cercò di rispondere al colpa, ma vi riusci solo in parte, perchè, se staccò Di Paco, non potè fare altrettanto con Barrai, né riacciuffò Pesenti. Dopo Volturara la salita continuava ancora, anzi si faceva più dura. Allora Dì Paco riveniva su Barrai incalzando Demuysère. Si segnavano questi distacchi: Demuysère a 3'30" da Pesenti, Di Paco a 5'50", Barrai a 6'10", Binda e Bertoni a 8', Stoepel a 8'30". Guerra, Gremo e Bonino a 14'30". Scasi al piano, i corridori trovarono il vento in favore, mentre per tutta lagiornata l'avevano avuto contrario. Stoepel, eh come un amdncdsnmstdncspcpds-7i" in discesa aveva nn««»tn,»s in aisceca aveva passatofulmine Binda e Bertoni, ne-jsce a raggiungere poi anche Barrai c | n i . i è a . à . i a a i , i o i, o ai rea a a ", e, a a e si dso o a o» aera lasciarlo, mentre Di Paco era allei spalle di Demuysère. Pur filando tutti a oltre 40 chilometri all'ora, nessuno potè più migliorare la propria posizione. Pesenti giunse al campo sportivo che nessuno se l'aspettava. L'annunzio della partenza e la media oraria di quasi 30 chilometri all'ora che si credeva non potesse essere raggiunta, non avevano dato tempo che il campo si popolasse come altre volte quando ha salutato gli arrivi del Giro d'Italia. Facile è stata la vittoria di Di Paco su Demuysère. Guerra in quest'ultimo tratto perse quasi quattro minuti. Buse arrivò finalmente trentaduesimo dopo Pesenti. Non credeva che fossero tanti e, tagliato il traguardo, chiesa ansiosamente il suo ritardo. Quando lo seppe si coprì la faccia con le mani e scoppiò in un pianto dirotto. Troppo bello era stato il suo sogno. Troppo gii aveva costato nutrirlo per dieci aiorni per non soffrire al crollo improvviso e totale. Buse non è un routier eccezionale, ma è un simpatico ragazzo, un combattente valoroso. Anche se gli sportivi italiani non lo vedranno più in « maglia rosa », dovranno salutarlo con sincera ammirazione. Demuysère ha forato nella discesa opo Lucerà e allora è stato raggiunto a Di Paco. Ha forato una quarta omma nella discesa Guerra dopo VóU urara. La nuova « maglia rosa » TI suo successore è Pesenti. Ho detto altra volta l'ottima impressione che il mastino di Zogno aveva lasciato fin dalla prima tappa. La sua corsa odierna non deve stupire. Quando ci vuole cuore, forza e resistenza, egU è capace di grandi cose, anche se gli manca lo stile del fuori classe. Nessuna posizione è invulnerabile, lo si è visto oggi, ma quella di Pesenti, che può contare sulla più solida squadra, è ora veramente formidabile. « Mi vengano ora ad attaccare — mi diceva dopo l'arrivo — troveranno pane per i loro denti ». Di Paco ha meravigliato quanti non conoscevano la sua volontà, non me che so che il livornese è uno dei corridori più sensibili all'amor proprio. Partito col proposito di non affrontare le tappe più dure, proprio in questa si è più distinto. Finalmente Demuysère ha fatto la sua grande corsa. Pari atta fama che lo ha preceduto, lo vedremo combatter re ancora per migliorare la sua posizione. Stoepel lui confermato il mio giudizio di essere il migliore della sua squadra. Ammirevole il piccolo Barrai, inesauribile il Bertoni, il modesto'Bonino, primo anche oggi degli isolati all'arrivo e primo ancora di categoria nella classifica generale. Binda, per quanto indisposto, ha rifulso della sua classe e incitava i suoi uomini all'assalto quando egli non era in grado di guidare, dimostrando di non essere un capitano egoista ma pronto al sacrificio per gl'interessi della sua Casa. Detto di quella sfortuna crudele che ha colpito Camusso finendo di annientare ogni sua speranza, occorre dire di quella non meno atroce di Guerra. Egli è stato la vera vittima della riscossa nazionale. La sua prima foratura ha dato il segnale delia grande offensiva che, con Buse, fui travolto anche lui, bersaglio per tre volte della mala sorte. Eppure Guerra non ha piegato; concepìbile era il suo attimo di smarrimento e perciò ancora più ammirevole la sua riprosa. Forse non è neppure questo il Giro che Guerra vincerà, ma esso gli riserva ancora il modo di fare onore alla sua fama e riaccendere con le sue imprese l'anima del popolo che lo ama fino all'idolatria. GIUSEPPE AMBROSINI.