Imprese e glorie dei pionieri del ciclismo rievocate in un caratteristico convegno

Imprese e glorie dei pionieri del ciclismo rievocate in un caratteristico convegno QUANDO BUN1 CORREVA IN BICICLO Imprese e glorie dei pionieri del ciclismo rievocate in un caratteristico convegno a Domenica mattina sono partite dapiazza Castello per un paese dell'Asti- giano alcune automobili, i cui viaggiatori, pur non essendo più in verde età, avevano un'aria lieta e sbarazzina che incantava. Gente sportiva, cioè gente il cui spirito non invecchia mai. Antichi campioni e dirigenti del ciclismo. C'è — i lettori certamente lo sanno — una Unione Veterani Ciclisti Italia- ni, con sede a Milano, che comprendetutti i campioni italiani del pedale del a l , é e e A l . e e e e e; ì i -' i o i tempo passato, da Buni a Gerbi, da Davidson a Tomaselli. I soci sono circa 450, disseminati in tutte le contrade d'Italia, ma specie nell'Italia settentrionale, che fu la prima ad accogliere lo sport ciclistico. L'Associazione, come facilmente si comprende, ha lo scopo di mantenere vivi i legami di amicizia fra i vecchi campioni, di promuoverne sistematicamente i contatti con liete riunioni, di tenere desta la fiamma del ciclismo, lo sport più popolare e appassionante, di incoraggiare con generose distribuzioni di medaglie d'oro i giovani che si distinguono nelle competizioni, specie quelle internazionali, e che promettono di continuare degnamente la grande tradizione. Presidente dell'Unione è Umberto Dei, che vi dedica le più affettuose cure. E' quasi esclusivamente per merito suo se il singolare sodalizio vive e prospera, e se ogni anno ha luogo un convegno che in nome dello sport affratella sempre più le vecchie glorie del ciclismo. Domenica si è appunto svolto uno di questi convegni. Località prescelta, Masio, fra Asti ed Alessandria. E qui sono convenuti soci da ogni dove: da Torino, da Milano, da Genova, da Alessandria e persino da Roma. Uno dei primi giornalisti sportivi A Masio — e precisamente alla frazione Roncaglie — vive ormai appartato dal gran mondo, in studiosa serenità, uno dei soci, l'avv. Eliso Rivera, atletico e sorridente, che fu corridore e giornalista sportivo sotto lo pseudonimo di « Eliso delle Roncaglie ». Come corridore, ai suoi temDi, era noto per una giubba di sua particolare invenzione, arieggiante ■quella dei cacciatori, ch'egli sempre indossava nelle gare; ma come giornalista ha lasciato orme ben maggiori. Egli, unitamente al Costamagna di Mondovi, ha fondato la « Gazzetta dello Sport », dopo aver dato vita, esattamente 40 anni fa, e pure a Milano, ad una « Illustrazione velocipedistica italiana ». Racconta lo stesso Rivera di avere notato, tanti anni fa, come i giornali quotidiani milanesi al lunedi e al venerdì aumentassero la loro tiratura a cagione di alcuni magri dispacci di contenuto sportivo ch'essi ricevevano dall'Italia e dall'estero. Nacque di qui l'idea di fondare un giornale sportivo, con più ampie informazioni, a somiglianza di quanto già si faceva in Francia con « Le velo ». Il Rivera dirigeva allora « Il ciclista » e il Costamagna « La tripletta ». Le due pubblicazioni vennero riunite in una sola, sotto l'egida dell'editore Sonzogno, e La Gazzetta dello sport » nacque precisamente 38 anni fa. Assicura il Rivera che fu tale il successo da raggiungersi, al secondo numero, le 70 mila copie. L'Unione veterani ciclisti, accettando l'invito del Rivera di scegliere le Roncaglie di Masio come méta del raduno, ha voluto onorare in lui uno dei più attivi pionieri, consegnandogli una ricca pergamena costellata di firme. Alle ore 10 nella bella villa del Rivera sono radunate decine di automobili; e sullo spiazzo alberato che si protende pittorescamente sopra uno sperone della verde collina, formicola una folla piena di vita e di gaiezza. Sono oltre un centinaio di persone, quasi tutte di capelli grigi ma di cuore tenero ed espansivo. Saluti fragorosi, abbracci, baci. E tanti * Ti ricordi? ». — Ti ricordi quando come primo premio vinsi un asinelio di metallo? — Ti ricordi quel cronometro, che non era altro che un orologio delle ferrovie? — Ti ricordi quando si correva con I calzoni di maglia lunghi fino ai piedi, e gli stranieri che vennero a Torino, nel 1884, fecero un mezzo scandalo coi calzoncini corti? — Quarantanni che non ci si vedeva più. Ti ricordi, i miei baffetti neri? Avvengono anche scenette curiose originate da equivoci, spiegabiy appunto con quel benedetto accumularsi degli anni. -— Oh, ciao, Storero ! Lascia che ti ab- "— Ciao, carissimo! Ma io non sono Storero: sono Lanfranchi. Ali è vero, sei Lanfranchi. La-scia allora che ti baci! Buni e il suo antagonista Piccolo e simpatico mondo, in cui uomini già famosi ed altri quasi famosi amano, in questo momento, la loro passata gloria, unicamente come mezzo per stringere ancora di più le amicizie, per volersi più bene e più stimarsi vicendevolmente! Cosi la gloria tramontata non ha nulla di malinconico; anzi, diventa cosa viva e cordiale, perchè la scalda un Intimo calore umano, che forse prima non ha avuto. E' bello, perciò, andare fra questi vecchi campioni, e interrogarli, e sentire, con le loro imprese, il loro spirito fresco e sereno. Ecco Buni, il famosissimo Buni, che >i parigini chiamavano «le petit diable 'noir ». L'abito è ancora nero, ma i capelli sono candidissimi. Asciutto, segaligno, è ancora pieno di vivacità e di brio. — Buni, quante corse ha vinto nei suoi dodici anni di trionfi? — Ah. non glielo so proprio dire. Non me lo ricordo; non ho mai fatto quel conto. Correva, infatti, per correre, con pas ]sione disinteressata, mettendoci tutta |l'anima, senza mai lamentarsi della cat e i o tiva sorte, senza mai un reclamo, sempre ridente e terribile. Ma egli mancò di una sua disciplina, e lo dimostra il fatto che, forte com'era, non ha mai vinto un campionato italiano. Da quegli anni lontani riecheggia ancora il grido <: Molla Buni ! » con cui il pubblico spingeva il suo beniamino (in dialetto milanese quel « molla » vuol dire « corri, scappa»); e risponde il grido «Pasta, molla! », diretto al suo grande, avversario Narciso Pasta.. Per non dar dispiaceri ai genitori Pasta al convegno non c'è, perchè si trova al Messico; c'è suo fratello Emilio, che fu pure eccellente corridore. Una famiglia di corridori, questa. Il loro padre, Giuseppe, ha vinto nel 1870 la prima corsa ciclistica che si sia svolta in Italia, e che consisteva nel giro della Piazza d'Armi di Milano. Si usavano ancora, allora, i bicicli di legno! Due o tre anni dopo lo stesso Giuseppe Pasta ha vinto, con la stessa... macchina, la prima corsa su strade italiane, da Milano a Torino. Da ricordare che qualche tempo dopo entravano in uso i bicicli di ferro, e che finalmente, verso il 1890, cominciava ad affermarsi la bicicletta. Se non c'è Pasta c'è però Parboni, un altro pioniere il cui nome va legato a quello di Buni. Essi, infatti, fecero la loro prima corsa nel 1884 a Monza, ed entrambi caddero. Il Parboni per partecipare al convegno è venuto appositamente da Roma. Egli detiene dun que il « record? della distanza, e forse quello dell'entusiasmo. Robecchi, che fu un grande e corretto campione ed è ora uno dei principi del Foro di Pavia nonché oratore quasi ufficiale dell'Unione, narra dell'avversione di suo padre per la bicicletta. Egli corse dall'86 al '90, cioè durante le scuole universitarie, e in tutti quegli anni suo padre non gli rivolse la parola che per rinfacciargli la sua scapestra;aggine. Quando prese la laurea, l'indignato genitore non gli disse altro che queste parole di complimento: « Spero che adesso finirai di fare il pagliaccio, altrimenti guai ». Ed alla pace famigliare il campione sacrificò la sua ardentissima passione sportiva. A proposito delle idee dei genitori di quel tempo, è pure da ricordare il torinese Guillot — di cui un fratello è fra i convenuti — il quale corse per parecchi anni sotto il nome di « Audax », per non dare un troppo grave dolore alla madre... Robecchi fu uno degli ultimi campioni del biciclo. La bicicletta cominciò da noi a prendere una certa diffusione nell'86-87. ma nelle gare fino al '90 imperò il biciclo, che era stato portato a un notevole grado di perfezione costruttiva. Nel '90, a Piacenza, Robecchi su biciclo battè clamorosamente Cantù montato su bicicletta, prendendogli circa 200 metri sulle due miglia. Ma erano gli ultimi sprazzi. L'anno seguente, ai campionati di Firenze, Giuseppe Berti di Treviso vinceva con la bicicletta. Continuano le conoscenze. Ecco Tomaselli, il grande Tomaselli, con gli occhiali e una tranquilla aria professorale nella atletica persona. « Le fantastique tandem ». dicevano a Parigi dell'imbattibile duo Pasini-Tomaselli. Lui e Momo furono i nostri primi corridori di fama mondiale. Ecco Pizzagalli, con la barbetta a punta e l'occhio altrettanto aguzzo. Nel '93 arrivò quarto nella Milano-Torino, ma fu classificato primo fra quelli giunti <: in buone condizioni », dietro diligente esame medico (anche la medicina cominciava a interessarsi di sport). Con lui c'è il <: Negher », il portabandiera Massa dell'Unione con l'immancabile gagliardetto. Anch'egli fece quella Milano-Torino del '93. Ma non era che garzone di bottega di un meccanico che aveva vendute le macchine a due o tre dei gareggianti; e durante il percorso dovette cedere ora una ruota, ora il manubrio a questo e quello; e cedendo il sano in cambio del guasto arrivò al traguardo con una bicicletta che solo a montarla era già un eroismo... E c'è Loretz, piccolo e occhialuto, vincitore del primo campionato italia--|n° svoltosi a Torino nell'84; e C;è Maz i a e e ù a e o e Goria-Gatti Una corsa torinese del 1884 Anche l'aw. Goria-Gatti è presentee con il conte di Viarigi, primo presidente dell'Unione Velocipedistica Italiana, col conte Carlo Biscaretti ed altri, rappresenta degnamente le vecchie glorie del ciclismo piemonteseEgli, infatti, è stato corridore ciclistae come tale lo presentiamo con le stesse parole della « Rivista velocipedistica » del 1° agosto 1884. anche perchè accanto al suo nome figura quello desen. Agnelli, nella stessa veste di cor.za, vincitore a Genova di quello del l'86, ora ingegnere e sorpassante il quintale, ma allora esile e svelto, cosida gareggiare nei giochi di abilità con ridore. Il che dimostra che la biciclet- tà può condurre molto lontano... «Nella seconda corsa juniores pre-sero parte i signori Mazza Adolfo, Cat-taneo Giovanni, Gatti-Goria Cesare ed Agnelli Giovanni. Poco dopo la par-tenza erano in quest'ordine: Gatti, Cattaneo, Agnelli e Mazza, tutti a breve distanza uno dall'altro. Quindi Agnelli si portò avanti, presso Gatti, e il vederli vicino richiamava alla men-te il proverbio « gli estremi si tocca- no»; il primo altissimo di statura ed il secondo Piccolino, l'uno montato su un biciclo di 1.47 e l'altro di 1.18; e. considerata la differenza grandissima della macchina, per la quale il sig. Gatti ad ogni colpo di pedale perdeva sull'avversario oltre 75 cm. di spazio,egli dimostrò un'ammirevole enerjria e resistenza. « Poco dopo. Mazza con una rapida volata si portò innanzi, seguito a bre- ve distanza da Agnelli, il quale sem- brava lo pedinasse. Gatti al secondo giro scese ed usci dalla pista. Siamo quasi all'ultimo giro: Mazza e Agnellivicinissimi e Cattaneo a qualche di-stanza. Agnelli fa la mossa da tutti prevista, si piega sul manubrio, spinge e si porta primo, sorpassando Mazza, Mazza gli disputa i millimetri: i due bicicli in qualche momento sembranoattaccati; solo al traguardo si può pre-ctsare chi precede, ed è Agnelli, con9 minuti e 20 sec. Mazza non gli eradietro che di 25 centimetri». Da notare che la pista su cui sisvolse questa competizione era suLcorso Dante, ove è poi sorta la «Fiat».Essa è stata in seguito sostituita daquella di corso Umberto, che accolsequindi il gioco del pallone, scomparsoda re persone. ' . , . . <.„■„,„«., Giro del mondo in bicicletta r, '— ~ ' , » pochi anni. Quella prima pista pa-potesse contenere fino a 10-12 milaRicordiamo ancora, fra l presenti ascaglie, Bezzi di Pinerolo, che cor-reva sèmpre elegantissimo, con guanti, bianchi e maglia azzurra e si proda-lceva anche in giochi di agilità sullaRoncaglle. Bezzi diPinerolo", che cor-•oriridori di seconda o terza statura, aiu-tati più dalla passione che dai jrar-retti, il milanese Greco, al quale papàRivera dice sorridendo: «Ti ho vistopartente sempre ma primo mai...». E,passando poi ai turisti, ecco Masetti.Professore di lingua, venute le vacan-ze iniziava delle «passeggiate» in bi-cicletta che non finivano che alla vi-gilia dell'apertura delle scuole. Ha fat-to, si può dire. ìi giro di tutto ii mon-do allora percorribile con la bicicletta.Nel '93 è stato in America per contodi un giornale, ricevuto dal Presiden-te della Repubblica stellata. In ottoanni ha percorso 105 mila chilometri.Se la cavò più volte nei vari Stati, parlando latino coi farmacisti o coi medici. Una volta se la cavò da unapericolosa avventura suonando la suadiletta ocarina. Alla categoria dei turisti appartienepure un pezzo grosso del Parlamento edell'industria: l'on. Benni, presidentedella Confederazione Industriale. Eglici narra la sua simpatia per il ciclismoHa imparato a montare la bicicletta a13 anni, e da allora ne è sempre statoentusiasta. Per venti anni tutte le do-meniche, e qualche volta anche il sa-bato e il lunedi, le ha impiegate a com-piere bellissime passeggiate nei dintorndi Milano, preferibilmente sul LagoMadore, passeggiate che arrivavanosovente ai 200 chilometri. E anche oraIo potesse, ripeterebbe ben volentierise qU£a ancfeYcostruttori sono rappre-sentati fra questi pionieri del ciclismota lieta vacanza. Vediamo infatti MainoMuairff^ASra ^scoprire che nel 1894, quando non eraancora un grande industriale ma unsemplice meccanico ciclista, venne pre-scelto fra tutti i suoi colleghi milanesper insegnare aUa Regina Margheritaad usare la bicicletta. Ma oramai sono le 12 e tutti i con-venuti si radunano a cordialissimo banchetto, in una vasta sala ad una cuparete pende, tutto infiorato, un biciclodi ferro di mezzo secolo fa. Alle fruttavengono comunicate le adesioni fra cuquefle del sen. Agnelli e dell'on. Oli-vetti. Quindi sono pronunciati applau-ditissimi brindisi dall'on. Benni. chr„™„o<rT,o ìn TiPrP-Hmena all'aw. Ri-consegna la pergamena all'aw. Ri-vera, dall'aw.Robecchi, dal conte Viarigi.'dai giornalisti A G. Bianchi, Edirardo Longoni e Gustavo Macchi, dalfavv. Goria-Gatti, dall'aw. Bezzi e dal, l'avv! RÌvera: Ricordi nostalgici, accenti di commozione, il glorioso passatoconsiderato come un incentivo e unapromessa per un più glorioso avvenirepassione sportiva, amore di Patria; tutto questo è passato nelle parole degloratori e nfentee tutu applaudivamoTi^^tn nPi. dal cuore e darli entusiai,- Umberto Dei, dal cuore e dagli entusiasmi di un grande bambino, pensando che tanta forza spirituale si era, in fondo, rivelata per opera sua, andavaasciugandosi gli occhi, incapace di parlare... U. L,