Ventimila dopolavoristi a Redipuglia alla tomba del Condottiero della Terza Armata

Ventimila dopolavoristi a Redipuglia alla tomba del Condottiero della Terza Armata Ventimila dopolavoristi a Redipuglia alla tomba del Condottiero della Terza Armata a o l i è i e o o ; v. i ae r nil y, d l no di anleai n a ; olRedipuglia, 23 mattino. Un debito di riconoscenza del tutto particolare lega l'enorme massa dei lavoratori italiani, lavoratori dei campi e lavoratori delle officine, braccianti e tecnici, all'augusta memoria del Duca d'Aosta Emanuele Filiberto; poiché il Principe Soldato, il grande condottiero della Terza Armata, dopo che depose le armi consacrate dalla vittoria e quando un nuovo giorno di passione nazionale e sociale albeggiò per la nostra Italia, si degnava di accettare la presidenza effettiva dell'istituto del Dopolavoro, una delle prime e più significative tra le provvidenze del Fascismo. Nessuna carica che egli abbia rivestito nella vita laboriosa, fu mai per l'Altezza Reale di Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta, un mero patronato nominale, una tutela altissima, ma scevra di responsabilità dirette; al contrario: sempre presente, sempre pronto e sempre primo a pagare di persona, il Principe, anche in questo senso letterale, di colui che sta realmente a capo degli altri, egli, ogni responsabilità che dovesse, se la assunse intera; e, accettato un comando, una direzione, una presidenza, comandò, diresse, presiedette veramente; e in questo esercizio di poteri, fece sentire efficacissimamente, decisivamente, il predominio della sua suneriore personalità, impresse costantemente e fortemente nell opera che veniva compiendo, il suggello chiaro della propria personalità. Così la Terza Armata,' in guerra, prese consistenza e vita da Lui: Lui la plasmò, la forgiò in quella mirabile guisa, spiritualmente e materialmente, Lui la guidò. Lui la portò trionfalmente a conquistarsi il nome di « invitta ». Fu creatura sua e sua gloria. Il Condottiero della pace E parimenti, ogni altra opera, cui volle attendere. E parimenti- l'istituto del Dopolavoro, quando ne accettò la presidenza^Questa.era - istituto,-wjovisr Simo, allora, cui il genio di Benito Mussolini traeva dal crogiolo incandescente della Rivoluzione fascista, e informava ai mutati sentimenti e alle esigenze diverse, al clima e alle aspirazioni dell'Italia rigenerata. Ed Emanuele Filiberto comprese subito l'essenza e la portata dell'iniziativa, vide nitidamente i mezzi e le mete, si ap- fasslonò, si dedicò fervorosamente alimpresa. E come prima di ogni altro comandante in guerra, e meglio di ogni altro, aveva saputo penetrare l'animo del soldato, del combattente, e saputo quindi, apprezzarne le qualità, e queste esaltare, e sceverarne le debolezze, e queste emendare, e capirne 1 bisogni, e a questi soccorrere, riuscendo a ottenere dai suoi uomini il massimo rendimento con l'elevarli, soprattutto, di fronte a se stessi, col rieducarli e ritemprarli fisicamente e moralmente, e accattivandosene insieme l'affetto più sincero, riscotendone un attaccamento che si poteva ben dire filiale, una devozione senza confronti e senza misura — o la misura si calcolava su quell'infinito impercettibile e senza ora, che sta fra la vita e la morte — cosi egli penetrò l'animo dei lavoratori contadini e operaiMa non era lo stesso? Non erano contadini e operai, i suoi stessi soldati, i combattenti di ieri? Egli non aveva che da guardarli negli occhi, per riconoscerli. Egli non aveva che da pronunciare una parola, perchè quelli riconoscessero la sua voce, la voce del loro condottiero beneamato, che qualunque comando impartisse, sarebbe stato obbedito sull'attimo, per la vita e la morte. E la sua parola fu ancora, come sempre, esatta e suggestiva, umana e solenne, vibrante di contenuta commozione e commovente; e come sempre, andò diretta al cuore di colo ro, cui era rivolti e li convinse subito e li prese subito; ricordiamo: « Dopo la rude fatica guerresca, che ha rigenerato la Patria, oggi ho 1 onore di presiedere quest'opera di pace, che persegue una sublime missione di fratellanza, di amore, di civiltà. « Cambia il campo dellazione, ma non mutano gli uomini che ne formano la sostanza. E' sempre al fante prodigioso d'Italia che dedichiamo oggi le nostre cure, quel fante che, deposte le armi dopo il dovere compiuto a prezzo di infiniti dolori e di sangue purissimo, oggi, nelle sonanti officine e nei campi solinghi, nei cantieri luminosi e nelle tenebre della miniera, combatte la sua quotidiana aspra batta glia per la grandezza della Patria. « Nell'iniziare il nostro compito, che la volontà illuminata del Capo del Governo ci ha tracciato nella sua feconda saggezza, io sento di esprimere il vostro pensiero, salutando in questi militi della Patria, in questi fattori oscuri dei suoi grandi destini, l'anima dell'Italia operosa. tadi msi copociaasrivevezimTrneanl'aalfugldemcealegsoseununmfrmsaladeciqudogudacituchdedeGlicmdedìe censtseneristdiattees<< Noi prepariamo l'Italia. « Affinando lo spirito, temprando il corpo, perfezionando la cultura dei lavoratori, noi prepariamo l'Italia che riprenderà nel mondo le tradizioni gloriose di Roma, l'Italia ritemprata, che sarà a tutti esempio di civiltà e di progresso. « Perchè non di solo pane si vive, ma di spirito; e lo spìrito vince la materia. «- Non da una folla abbrutita, ma da soldati curati nel fisico e moralmente temprati, io trassi gli intrepidi legionari del Carso... « Guidati, curati, sorretti, i lavoratori comprenderanno meglio che la prosperità individuale e collettiva, che si identifica con le maggiori fortune della Patria, trova la sua unica base in una intima collaborazione delle classi, in una cordiale intesa dei fattori di I produzione, in un giusto equilibrio di tutte le attività, senza del quale vano è attendere benessere e pace... ». Parole, cui il tempo trascorso dal giorno ciie J'augusto Principe le det- sidvchtotifailvillaladcpslegdnrgtaaredtmceeaqdgsuibsttqdacvbitcll1ptsdvmgcsuvdcngrd ava, nulla ha tolto, di verità di forza [ calore; ma che, anzi, oggi più che|mai, si rivelano profetiche, oggi che integrano in ciò che è stato fatto on lo Stato corporativo e con l'imonente complesso di provvidenze soali dello Stato fascista, e più ancora ssicurano del futuro. Parole che, a evocarle, si sentono vive e vere e rielative più che mai. Ma tutto, ora, qua, ci ripete con reerente affetto e sconfinata ammiraone al grande Principe, tutto ci fa memori e riconoscenti di lui; questa rieste, verso cui egli si protendeva ello sforzo titanico della battaglia, nelando a liberarla, spasimando nelansia di acquistarla e ricongiungerla lla madre Italia: questo Carso, che u il campo tremendo delle sue battalie, con la formidabile Hermada, done le grosse artiglierie nemiche fulminavano le sue schiere; la fresea e erulea corrente del Timavo, riuscito l sole dai sotterranei abissi e dove gli giunse con lo slancio più animoo delle sue offensive; le quote petroe, disperatamente contese a una a na nrfxse nprrliirp rlr-nnnnUtate im- na, prese, perdute, riconquisiaie, im mollate di sangue 'a sasso a sasso, e rugate a sasso a sasso, e peste dalla mitraglia; le doline, dove si ammasavano i reparti destinati a rattìvare a lotta e dove, affluivano le barelle ei feriti, degli agonizzanti: e questo imi ero.'' SSEnSiTT «uesta collinetta modesta e sublime, ove riposano 30 mila nostri morti di uerra, dove lui-Sriposa fra i suoi solati. Fu con loro nella tempesta miidiale, alla buona e alla avversa foruna, a faccia a faccia della morte, he minacciava; e con loro, nella pace ella morte, per l'eternità. Di là dallo spiazzo alberato, a lato ella strada che da Monfalcone sale a Gorizia; e di là dal ponticello che vaca il canale TSottori, il colle già nominato di Sant'Elia si leva isolato, toneggiante verso il culmine. Per il penìo, tutto intorno, si allineano i tumuli, salgono per successive file, cerchio erchio-alla'pollina, fin verso il culmie. Ogni tumulo ha un suo segno ditintivo e una «sua scritta. Ma non i egni e le scritte del compianto, usati ei comuni cimiteri. Tutti i segni, qua, rievocano la guerra, sono gli strumenti tessi della guerra, armi di offesa e di ifesa, macchine, ordigni, apparecchi, ttrezzi, equipaggiamenti; l'intero maeriale bellico appare riordinato ed sposto a decorare le tombe Come il sepolcro di Nostro Signore i decora, nelle chiese, degli strumenti ella passione; e insieme con la Croce edi i flagelli e la corona di spine e i hiodi e il martello, la spugna dell'aceo e fiele e la lancia; cosi, a questi mariri eroi della trincea e dell'assalto, in accia a questo Carso che fu davvero l Golgota della loro passione, si convengono, sulla tomba di terra e sasso, l fucile e la baionetta, il cannone e a bombarda, la bomba manesca e 11 anciafiamme, e proietti di tutte le armi da tiro, di tutte strutture e foggie e alibri, e sciabole e lancie e daghe e pugnali e il sacchetto a terra e il filo spinato e la lamiera ondulata e 11 paetto a coda di porco e gli elmetti e gli scudetti di trincea, e le maschere dei gas e le pinze tagliatili e il telefono e il telegrafo da campo e gli apparecchi della radio e i riflettori e 11 megafono e tutte le macchine esplodenti, tutte le diavolerie terrifiche, tutti gli apprestati ripari; e-ancora, motori e ali e timoni di aeroplani; e motori e ruote di autocarri, e sci eracchette; e poi ancora, senza che la loro banalità discordi per nulla nell'insieme rievocatore, ma soltanto valga al completamento del quadro, ancora, la cassa di cottura del rancio e il forno da campo e la ghirba e il bidone e il tascapane e la gavetta e le scarpe chiodate. E altro ancora. Si potrebbe raccogliere, qui, l'inventario completo dei residuati di un campo di battaglia della nostra guerra. Gli strumenti della passione ci sono proprio tutti. E sopra ogni tumulo, una epigrafe, un motto, un verso, un pensiero; ma idonei a questi morti e a queste tombe, consoni allo spirito del trincerista senza enfasi, concisi e precisi, crudi, talora anche grotteschi, di quel grottesco che germinava tra l'orrore o di quella strafottenza che prorompeva dallo spasimo. I nomi? « Che t'importa il mio nome? Grida al vento: - Fante dUalia, e dormirò contento ». Alla sommità del colle, si spiana una vasta area circolare; al centro, su un basamento monumentale, si leva un imponente obelisco di granito con quattro croci traforate nell'alto, una su ciascuna delle quattro faccie. e da cula notte si diffonde, rossa, la luce sulle tombe, per il colle. Cosi, questo è 11 faro dei morti; ed insieme, la cappella votiva del cimitero. La cappelletta si apre, infatti, nel basamento stesso dell'obelisco, e sotto, in un loculo del sotterraneo, è sepolto, come eglvolle, il Condottiero della Terza Armata. Il luogo, intorno, tutto il sacro luo go, tra le file dei tumuli, per le rampe che salgono dai piedi del colle alla spianata sul culmine, era invaso da una folla immensa. Ventimila dopolavoristi si erano dati convegno, per rendere onore al già loro presidente, Decelebrarne l'imperitura memoria. Venuti da ogni provincia d'Italia, accogliendo entusiasticamente l'Invito diramato da S E. Starace, Segretario del Partito, e attuale presidente deDopolavoro, rappresentavano tutte lProvincie del Regno, tutte le città principali. I gruppi che si notavano più numerosi, raccolti intorno ai loro eragliardetti, erano quelli di Roma, di Bologna — più di mille bolognesi, condotti dall'on. Biagi — di Torino, di Genova, di Milano, di Brescia, ComoCremona, Venezia, Udine. Padova, Treviso, Trento. Bolzano. Firenze, PisaLa Spezia, Forlì, Napoli, Foggia, Lecce, Palermo, Da Gorizia erano venutcirca tremila; e pltre diecimila, com naturale, da Trieste, e dalle varie località della provincia e dall'Istria. II cimitero pareva tutto quasi infiorato di tricolore, per la moltitudine delle bandiere, dei labari, degli stendardi, dei gagliardetti. La folla, muta e compunta, si spargeva tra le tombe, sostava a contemplare i segni che le decorano, a leggere le epigrafi con commossa reverenza. Moltissimi, visibilmente, si raccoglievano in preghiera. Tutto il cimitero brulicava di popolo. Ma la spianata, al sommo, davanti l'obelisco e all'altare, era tenuta sgombra, per gran parte, da reparti di Fanteria disposti in quadrato. Laggiù... laggiù... Di quassù, l'occhio spazia ampiamente, per i campi delle battaglie famose, dalle rive del golfo di Panzane e dalle foci del Timavo alle alture di Selz, che si ergono quasi di riinpetto e oltre cui si avvalla la conca di Doberdò, col suo lago, al monte Sei Busi, alle alture che circondano Go- rizla e aUe Prealpi friulane, e SU, fino ,. . , . mnnr,,m„ s,,mrh„ alla catena alpina; panorama superbo, gonfio di memorie, che sfuma in lontananza per entro nebbie azzurrine. Il cielo era incerto, tra il sereno e il fosco. Sparse nuvolaglie, a ora a ora, velavano il sole mattutino. E il pano «!f?L^«»± i o e E , i a i , a a , i a a ò a n n u i è o li o e a a aner eoio el le nù aoneo, ea, c-] Castello ti me1 la luce, ora più torbido, quasi cupo, ora vivacemente colorito. Le alture del Carso non si mostravano più cosi brulle e desolate, cosi maligne e selvaggie, come ai giorni combattuti; ma rinverdivano, anche esse lietamente, si vestivano di primavera; e tra i sassi grigi e tra gli aspri solchi perduranti delle trincee, sa allietavano di qualche agreste fiorita. La gente si indicava a vicenda i luoghi, ripeteva a bassa voce i nomi della località, i nomi degli Eroi. :— Laggiù è caduto Randaccio...-Dietro quelle alture, la trincea delle Frasche, dove mori Corridoni... . Alle dleoi e mezzo; squilli:di trom ba eia «Marcia Reale » e l'inno « Giovi nezza». Ariva S. A. R. il .Principe A medi», Duca d'Aosta. Egli veste la nuova divisa di colonnello dell'Avlazio ne. E' accompagnato dai due ufficiali di ordinanza, tenente di artiglieria conte De La Foreste Divonne e tenente di aviazione Mario Guelfi. Si fanno incontro a Sua Altezza Reale ad ossequiarlo, le Autorità, che lo attendevano In gruppo, ai piedi del colle: 11 Prefetto di Trieste Porro, il Prefetto di Gorizia -Tlengo, il sen. Pitacco, Podestà di Trieste, 11 sen. Bombig, Podestà di Gorizia; i deputati Vecchini, Banelli e Biagi, .il dott. Berato che per rappresenta la direzione centrale dell'O.N.D-, il generale Vacca-Maggiolini, il gen. della Milizia Diamanti, i Segretari federali di Trieste'Perusino e di Pola, Relli. il dottor Forni, ispettore superiore del Dopolavoro. : . Sua Altezza Reale seguito dalla Au torità. sale la rampa che porta al piazzale. Le truppe presentano le armi. Kfclle passa in rivita. Poi si ferma di rimpetto all'obelisco e all'altare. Mons. Michelangelo Rubino , già capellano dguerra, decorato al valore e ora cappellano console della Milizia, vestiti i sacri paramenti, sale all'altare a celebrare la Messa. Lo assiste un altro cappellano militare; lo servono due soldati. Alla Elevazione, le trombe suonano l'attentile truppe presentano le armi; poi, una fanfare intona l'inno al Piave. Quando la Messa è finita, il dott. Berato, dai primi gradini del basamento dell'obelisco si rivolge al Principe e dice « Altezza Reale,- il Segretario del Partito Nazionale Fascista e presidente dell'O.N.D. S. E. Starace mi ha affidato l'incarico di porgere a V. A. R., a nome dello Camicie Nere d'Italia, il suo devoto e deferentissimo saluto. Qui tutt'intorno al colle sacro di Redipuglia, il più bello dei monumentsorti per ricordare gli eroi della guerra, sono raccolte le rappresentanze dedopolavoristi, convenute da tutte lterre di questa nostra ardente e rinnovata Italia, per rendere omaggio dsentimento, di fieri propositi, di concorde fraterna disciplina e di aulentfiori, alla memoria del Duca Emanuele Filiberto, l'eroico Comandante dellinvitta Terza Armata, del primo presdente dell'Opera Nazionale Dopolavoro; e alla memoria delle migliaia dfanti che, in uno slancio di incommensurabile fede e di sentita passione ita lica, donarono in umiltà, cosi come fumile la loro esistenza terrena, il fre sco flore della loro vita alla Patria, iguerra... ». — L'oratore prosegue, rievocando imartirio e la gloria della guerra, l'entusiasmo delia Vittoria, la rinascitdella Patria con la rivoluzione fascistae conclude: «Camerati, il Duca Emanuele Filiberto di Savoia, che oggi rcordiamo ed esaltiamo con cuore dsoldati e di fascisti, amò da Principda soldato e da fascista, il Duce e lnostra Fede; e primo presidente deDopolavoro, lanciò ai lavoratori d'Italia la sua alta e vibrante parola. Ascotatela, ascoltatela nel silenzio della ptraia carsica, con l'occhio fisso sul trcolore santo; e traetene, miei camerati, giuramento e propositi per l'imman cabile domani dell'Italia. Camerati, vva il Re, viva l'Italia, vive, il Duce! Amedeo d'Aosta ringrazia calorosamente l'oratore; e si trattiene Qualchmomento a parlare con mons. RubinSosta ancora un minuto davanti alltomba dell'Augusto Genitore, in raccgllraento; poi saluta militarmente. seguito dalle Autorità, scende dal cole sacro, mentre la folla dei dopolavlisti vi si assiepa intorno, e i gagliadetti si piegano al Baluto. Dopo la partenaz di Sua Altezza Rele i ventimila dopolavoristi ordinatmente si incolonnano sulla st'trtn. piedi del celie. Emarciano a Sagradner l'adunata nel parco dello storicMARIO BASSI.