Il grande mercato di Moncalvo

Il grande mercato di Moncalvo PIEMOINTE RURALE Il grande mercato di Moncalvo MONCALVO, maggio- Si può dire con certezza che Napo- leone Buonaparte, comandante in capo dell'Esercito che la megalomania giacobina non ancora tramontata designò preventivamente col nome de! no- atro paese, allorché il 26 maggio 1796, in procinto di iniziare la campagna, prometteva da Nizza ai laceri ed affa- niati soldati della Repubblica dì condurli nelle ?itì fertili pianure del mondo e dì porre alla loro mercè ricche provìncia e grandi città, aveva dinanzi agli occhi la visione di un'Italia, la cui immagine dì immediata aderenza gli era offerta <i?.l Monferrato, concepite come punto di riferimento per la con qulsta di tutta la Valle Padana. Quella distesa di colli digradanti dall'Ap- pennino ligure tra Genova e Savonaegli aveva- potuto fissarla a lungo due anni prima, durante la spedizione del '94 seguita alla presa di Saorgio e di Oneglia, salendo sulle alture di Cairo: dall'Orba r»l!e Langhe, dalla Bormida al Tanaro, al Po, lambente le ultime colline di Casale verso il piano alessandrino, essa si era presentata in tut-V ta la sua sfolgorante bellezza allo sguardo bramoso e inquieto del futuro Imperatore. Una gloriosa Abbazia ' La lontana visione napoleonica, attestata dal De Norvins e da Walter Scott, torna irresistibile osservando dquassù, da questa deliziosa cortina d poggi, sui quali, a poco più di trecento mètri sul mare, sorge Moncalvo, quél medesimo Monferrato cosi attraente (esultante — ricordate? — diceva il Carducci) nel festoso ondulare dei suoi ., vigneti a perdita d'occhio, cosi denso fedì memorie nel pittoresco inseguirsl dei borghi da colle a colle, annunziati ' sulla linea dell'orizzonte anche più remoto da un qualche superstite segno § della loro origine feudale : una chiesa ' gotica, un quadrato campanile a punteI un logoro castello, una torre emergendo dalle rovine; quel Monferrato che. come ognun sa, è stato diviso in due V'-partl — Alto, centro maggiore Acqui| « ■ Basso, capoluogo Casale — dalla millenaria formazione politica del Co?;'.jriune astese, ma che dalla leggendai dalla tradizione e dalla storia ha tratfc.ttó inscindibili vincoli di unità. .Fu infatti proprio in Moncalvo, città della zona casalese, che nel 1278 vent né stipulato l'atto con cui « Acqui — ricorda lo storiografo locale Chiaborelli — lacerata dalle interne discordie, angariata dalle fazioni dei Guelfe dei Ghibellini, straziata dalla guerra fra 11 Re d'Ang-iò e i marchesi de Monferrato, per aver pace rinunciava alla propria indipendenza comunale e passava sotto il dominio di questi ultimi ». Due secoli e mezzo dopo la stessa Acqui, creata capitale dell'Alto Monferrato, seguiva ancora le sorti dell'intera regione, assoggettandosi alla signorìa dei Gonzaga e succesivamente dei Savoja. Risalendo più indietro, troviamo nel 988 il capostipite dei Mar-. chesi del Monferrato, Aleramo, il quale) per intercessione dell'Imperatrice Adelaà^aj^ tovestito dall'ImperatorOttone "L 'di tutte le terre esistenti fra 'il TaqjilìaiBM'Orba, compreso il superbo manierò di Castelletto Molina, tra cui feudatari si annoverano, con i signori del Monferrato, i marchesi dPomaro e di Occimiano, terre della parte bassa. Di dominio aleramico ap, paiono d'altronde, sempre intorno ad/Acqui, fra gli altri castelli, VisoneTerzo, Melazzo, Cremolino, Spigno e Monastero Bormida, nei quali ultimI due feudi spuntano i Del Carretto, d■ diretta discendenza dal marchese Aleramo. Per contro questi, morto nel 991, sepolto nella chiesa dell'Abbazia dSan Salvatore in Grazzano, a cinquchilometri da Moncalvo. Un'epigrafscolpita sulla tomba nel 1581, epocdella traslazione delle ceneri dal peristilio in una cappella interna, recacon la notizia del fatto, questa laconica epigrafe: « Montisferrati Alderamus Marchio Primus — hic jaceet merito nunc super astra viget»epigrafe che non cancella, ma al contrario ribadisce la considerazione carducciana «essere il fato degli aleràmici, salire i luminosi fastigi dellpotenza e della gloria solo per minare nella morte ». L'Abbazia era statfondata e riccamente dotata nel 96dallo atteso Aleramo insieme con lmoglie Gerberga, figliuola di Re Berengario, e con i figli Oddone, dal quale vennero i Marchesi del Monferratpropriamente detti, e Anselmo, capostipite dei Del Carretto e dei Marchesdi Saluzzo, di Savona, di Busca, dCeva, Artisti e mercanti Da Grazzano, irradiato di gentilezza monferrina a cavaliere del collluminoso su cui spiccano le sue casema quasi Ignaro del cumulo di event' e di storia racchiusi nel suo vetust, monastero, lo spirito jiel vecchio Ale|. ramo sembra avere indicato ai suodiscendenti e successori, Moncalvonon solo come la continuazione dellsede che, secondo uno storico locale! il Minoglio, si sarebbe appunto inziata di li, ma anche come luogo de' loro ultimo riposo. Per quanto l'after1 mazione circa la primitiva sede marchionale sia contrastata, non si punegar valore alla circostanza che i• Moncalvo, e più precisamente nell' parrocchiale di San Francesco, ricostruita due secoli or sono sui resti dela chiesa di un convento medioevalsi conservano le ceneri di un altro aleramico. il cardinale Ottone, decedutnel 1251 — ciò che più-importerebbi — fuori di Moncalvo, e quelle del cardinale Teodoro Paleologo. Nell'absde del tempio, appesi in alto alle pareti laterali, cono tuttora visibili ducappelli cardinalizi che si attribuiscono ai due porporati. In San Francesc(11 convento sarebbe stato costruitper diretto incarico del poverello dAssisi dai suoi monaci al tempo dellsua venuta in Monferrato), sono poaltresì le tombe dei paleologi Gugliemo, 'seppellitovi nel 1400, e di Teo doro, nel 1418. La parrocchiale con serva inoltre anche i resti mortali dGuglielmo Caccia, il celebre pittorche, nato a Montabone, riempi il Monferrato dei suoi quadri, tutti di soggetto religioso, ma dedicò soprattutta Moncalvo la sua prodigiosa fecondità di artista, tanto da derivargli sopranome che lo rese cosi ' largamente ammirato. La chiesa di SaFrancesco, si è detto da qualcuno, stata trasformata per opera sua iuna vera pinacoteca; ed è esatto. Lopere del « Moncalvo », tra le sue migliori, vi sovrabbondano, accanto a belle tele delle figlie di lui, monachorsoline, esse pure valenti pittrici, yi sono in più diversi lavori di buon pen , -| o - , e l i a e - o o r i i o l e l i o i i o a , , e , a , à — i a l a e a a e - e e! a i di a - d , e i i e è i e e a ea, oeet »; nràa aa 1 a eao osi di ze e, ti o eol o, a e, iel rrò n a ole, eto be riaue oco to di a oi ! o n di re ngo nil an è n! e a e e, -i nello dovuti ai moncalvesi Ferdinando Pozzo, Carlo Gorzio e Beccar!. Questa gloria artistica che il suo grande figlio adottivo ha riverberato su Moncalvo, se è stata ed è tuttora motivo di legittimo orgoglio per gli abitanti, ha, per cosi esprimersi, contribuito a ribadire le loro intrinseche qualità tramandate di secolo in secolo come un segno insopprimibile di razza. Attinga o no la città le sue prime origini a coloni romani di Asti o di Alba (vi ha persino chi vuole che Annibale, seguendo il corso della Dora Baltea fino a Crescentino, abbia passato il Po alla vicina Pontestura, senza che però si aggiunga per quale via il cartaginese sia stato in grado di proseguire il cammino verso l'Urbe), e quali possano essere state le sue vicende nel Medioevo e dopo, quando, cinta di potenti fortificazioni, essa, costituiva nelle mani dei suoi marchesi un inviolabile baluardo di difesa nel cuore del Basso Monferrato, una cosa é certa: che la sua gente, temprata ai malanni delle invasioni, delle incursioni e delle guerre, ma animata dal più intraprendente e infaticato spirito mercantile, conservò sin dai primordi questa prerogativa che fa ancor oggi della città, con meno di cinquemila abitanti, uno degli empori commerciali di maggior interesse della Provincia. All'ombra del -Caccia, i mercanti di Moncalvo, piantati in mezzo a quel Piemonte che subì sino all'inizio dell'Ottocento l'immeritata ingiuria di agnosticismo in tema di arte e di lettere, si sentirono un po' congiunti di quelli fiorentini per i quali l'arte era la naturale atmosfera alla trattazione degli affari. La « Banderuola » La loro attività si esplicò essenzialmente sul mercato. « Fino dall'antichità, narrano le cronache, non solo vi accorrevano gli abitanti dai paesi circonvicini, ma eziandio ci si veniva a comperare il bestiame dal Piemonte, dal Genovesato e dal Milanese. Erane così ricercata la carne, che il Duca Vincenzo Gonzaga ordinava che non si comprassero vitelli fino a tanto che i macellai di Casale non sì fossero sprovvisti. Questo privilegio, che, esteso ad altre merci, durò a lungo, era chiamato la Bandenwltt, perchè, al principiare del mercato, sopra il Corpo di guardia sventolava una bandiera, e fintantoché questa non fosse calata solo i privilegiati potevano comprare le merci ». Ma l'attività commerciale dei moncalvesi non si limitava al mercato settimanale, svolgentesi il giovedì; essa trovava sfogo anche nelle fiere annuali, in numero di cinque, e coincidenti tutte con solennità chiesastiche: l'Annunciazione, l'Assunzione, il Corpus Domini, la Natività della Vergine e Ognissanti. Ridotte ad una sola, quella di Sant'Antonino, patrono della città, la cui ricorrenza cade alla metà di maggio (quest'anno essa ha luogo oggi, 19), le fiere, dal moncalvese on. Vincenzo Buronzo, che prima di divenire primo magistrato cittadino ad Asti, era Podestà della città nativa, furono portate a due, con la creazione della seconda in dicembre, denominata del « Bue grasso ». E l'on. Burfenzo, il quale da queir innamorato dell' arte, del folklore e di tutte le nostre più belle tradizioni che egli è, sa applicare pennellate di vivo colore anche alle cose più pratiche e in apparenza più prosaiche, era ben conscio dell'importanza del suo gesto in relazione alle mutate contingenze economiche. « Perchè oggi nella nostra zona — mi dichiarava il medico veterinario consorziale dottor Giuseppe Vellano, preposto alla sorveglianza del mercato e delle fiere — pur non trascurandosi l'allevamento dei giovani vitelli, ci si dedica sempre più all' ingrassamento dei manzi e dei buoi ». E qui risiede la caratteristica dei « giovedì » moncalvesi. Esclusivamente alimentato da produzione locale, il mercato, a cui gli animali sono condotti a mano dalle campagne dei dintorni, attira oggi, come in antico, i frequentatori da tutte le regioni dell'Alta Italia. Pregiatissimi sono, con i manzi grassi, anche i superbi buoi da lavoro che vanno a popolare le pianure piemontesi, lombarde, emiliane e venete. Il numero dei capi di bestiame di tutte le specie accennate che ogni settimana vengono venduti, è in media di quattrocento, e si triplica nei giorni di fiera. Ogni giovedì partono non meno di otto carri ferroviari con un complesso da quaranta a cinquanta capi « grossi », mentre alle fiere i carri salgono a venticinque e i capi di bestiame grosso a duecento. Le contrattazioni settimanali variano dai trecento ai quattrocento capi: e se sì considera che nell'ultima fiera del « bue grasso » si sono incassati due milioni di lire, si avrà un'idea della crescente consistenza della attività mercantile moncalvese, che il Regime, attraverso i suoi organi più diretti e i suol uomini più rappresentativi, tende a potenziare al massimo sviluppo. Data la sua entità demografica, Moncalvo possiede una quantità di negozi bene impiantati e non pochi aggraziati secondo il gusto moderno, che mentre le danno un carattere di ariosa eleganza più da stazione di villeggiatura che da operoso centro rurale, potrebbero sembrare eccessivi. Ma anche il numero dei negozi è in relazione alle necescità della zona. Oltre ad alimentare il mercato del bestiame, questa produce annualmente più di ventimila ettolitri di vino delle migliori qualità, con prevalenza del barbera, ancora testé premiato al concorso della Mostra vinicola torinese; d'altra parte i contadini monferrini, non secondi ad alcuno nella instancabilità e nel progresso agricololavorano la terra, che dedicano per metà alle vigne e per metà alle granaglieai legumi e ai foraggi, senza lasciarne un solo palmo incolto; di qui, nei periodi esenti da crisi, un benessere che si traduce in largo e assiduo incremento al commercio. Spettacolo imponente Il mercato sì svolge sulle piazze Carlo Alberto e Garibaldi, e al suo buon andamento coopera attivamente, dapunto di vista commerciale e sindacale; il signor Eugenio Lanfrancone, fiduciario della Federazione provinciale fascista del commercio ed uno dei principali esponenti del Fascio di combattimento, sorto tra i primi nel marzo de1921. Contigue, le due piazze formano una vasta ed imponente spianata contornata di caffè e alberghi e sorretta nel fondo, verso la strada di discesa alla stazione ferroviaria, dai resti debaluardi e dei torrioni del massiccio castello aleramico, abbattuto il secolo scorso da un sindaco, il quale mostrò di apprezzare di più qualche centinaio o o a i e o o e a a i , , i l é i i di metri quadrati di spazio, del resto facilmente ricavabile in altro modo, che la gloria di un monumento.archeologico come quello. Se un tale atto gli può essere perdonato, ciò è solo in grazia del pittoresco, meraviglioso spettacolo che sulla spianata si rinnova ogni settimana, con aspetti tuttavia diversi per le due piazze. Piazza Garibaldi accoglie i banchi dei generi alimentari, delle frutta, della verdura, dei tessuti, delle calzature, degli oggetti casalinghi e di tutta la merce minuta che i bazar metropolitani riversano senza posa nelle campagne: tende, colori vivaci, babelico strillare di voci femminili. I frequentatori, giunti con tutti i mezzi di trasporto dal Monferrato e dai paesi al di là del Tanaro e del Po, con i loro tipi e le prosperose figliuole esuberanti di salute, costituiscono essi stessi un altro non trascurabile elemento del quadro, la cui tonalità cromatica sotto il sole riscintilla in un movimento incessante, in una fluttuazione di uomini e di cosa che ha del maro in tempesta. In un angolo della piazza si svolge un altro genere di mercato: conigli e polli occhieggiano timidi e spauriti dalle gabbie allineate a terra accanto a casse e ceste colme di uova. Il mercato, non ancora giunto alla sua piena attrezzatura, ha però già dato risultati assai apprezzabili: millecinquecento fra pol¬ lzvgtntErabqdcppsreslmpspdtlgvsm i e conigli venduti con altrettante dozzine di uova ogni settimana. Piazza Carlo Alberto è invece riservata al'mercato bovino. Qui le voci degli uomini sono soverchiate dai lamenosi muggiti delle bestie, che sembrano rimpiangere la stalla e presagire la triste sorte che attende molte di.esse. E' una gigantesca orchestra che prorompe in note dì fragore e che a lungo andare spossa il non iniziato e lo turba fin dal profondo dell'essere. Eppure quali magnifici esemplari questi manzi dai fianchi tondi e solidi, dal manto 4ucldo! E questi buoi giganti, aggiogati per coppie, che si direbbero cresciuti per una stirpe di ciclopi, più che per semplici componenti della nostra povera umanità.. Il frastuono sulla spianata, nell'ansia e nel fervore degli affari, tra le richieste e le offerte, le grida di richiamo e e accalorate discussioni, dura l'intera mattinata. A mezzogiorno decresce per poi cessare completamente. La spianata si vuota; e prima di sera, ripulite le due piazze, l'industre cittadina riprende la sua fisionomia di centro placido e grazioso, che ha tutta 'aria di sonnecchiare argutamente sci giorni della settimana, per tornare a vivere con tutta l'intensità possibile il settimo giorno. Che è quello che veramente conta. FRANCESCO ODDONE.