Figure e ricordi

Figure e ricordi Figure e ricordi Scrìveva il Sainte-Beuve : «Cc«gKere e analizzare tutto l'uomo al € momento in cui, per una combina« zione più o meno lenta e facile, il « suo genio, la sua educazione e le « circostanze si sono armonizzate in « tal modo che egli abbia prodotto il « suo primo capolavoro : se voi riu« scite a comprendere il poeta in que« sto momento critico, allora potrete « ben dire che lo possedete e Io cono« scete a fondo ». Codesta operazione mi sa di stregoneria e d'astrologia, e richiede spesso complicati ingredienti e minuti strumenti ; senza dir, poi, che il critico che l'intraprende — i Sainte-Beuve sono rari ! — fa spesso la fine di Simon Mago. Da codesta critica scientifica e alquanto implacabile ci si volge dunque con sollievo a un genere di critica meno deliberato é assai più umano: quella critica che consiste nel notare fedelmente le impressioni d'un incontro : il clima d'un ambiente, cose viste e parole udite che-li per lì non sembrano trascendere l'occasione, e che invece acquistano peso e durata nel tempo. Molti saggi critici su scrittori inglesi moderni saranno dimenticati, che si ricercheranno ancora i loro profili in M'en and Memories di William Róthenstein. Del primo volume dei'ricordi di questo artista, riguardante figure della fin di secolo, ebbi già occasione di occuparmi su queste colonne (27 marzo 1931). Il secondo volume, ora uscito (Londra, Faber & Faber, aprile 1932), copre il perio do 1900-10,22. I ricordi del Rothen Stein sono doppiamente preziosi : non soltanto egli ci dà in parole le sue impressioni, ma intercala le sue pagine con riproduzioni dei ritratti, disegni punte secche olii, di scrittori e di artisti che posarono per lui. E' una galleria di quadri lumeggiati dal commento sobrio e benevolo del pittore. Poiché l'immagine disegnata è il mezzo espressivo più familiare .1 Róthenstein, è naturale che egli riesca a « possedere e conoscere a fondo » i.caratteri durante la posa piuttòsto che durante la conversazione, II.suo.ritratto di Walter Pater, per esempio, con quell'aspetto misterioso di maschera, quei folti baffi spioventi su carnose labbra, quella fron te a forma di cupola, quella forte mandibola serrata, ce la dice più lun ga diuna. disquisizione psicanalitica. La sanguigna di André Gide, in questo volume, è altrettanto eloquente, assai più eloquente delle parole che commemorano i giorni in cui Gide fu ospite del Róthenstein in Inghilterra : « Venne a stare con noi per un « po' di tempo, e portò seco un giova« rie nipote il cui inglese era miglio« re del suo... Gide aveva un volto « mezzo satanico mezzo fratesco; fa« ceva .pensare a certi ritratti di Bau« delai're. La sua presenza spirava « non so che d'esotico. Soleva pre « sentarsi in un gilè rosso, una giac« cà di velluto nero, pantaloni di la« na del color naturale, e, in luogo' di « colletto e cravatta, una ciarpa ne« ^Udentemente annodata ». Sì, questo ritratto verbale rende forse un aspètto dominante di Gide, quintessenza del satanismo ottocentesco, e quel giovane nipote si tenterebbe commentarlo col testo dei FauxMonttayeurs; ma la sanguigna, con nùella faccia da convento o, meglio, da bagno penale, offre uno studio ben altrimenti profondo. Però il Róthenstein non ha la spietata amarezza, di-un Toulouse-Lautrec ; il suo segno vibra di simpatia pel modello, e ne interpreta premurosamente tutto1 quel che vi trova di umano. Questa satanica testa di Gide ha una sua nqbiltà; sinistra, forse, ma non bieca e torva come, quella che appare in certe fotografìe. La testa di Swinburne — per parlare di un altro temperamento, d'eccezione — che figurava nel primo volume, e che non piacque al Gosse come quella che presentava « un .aspetto molto penoso ». rivela pure una nobiltà che manca alle fotografie del poeta, e manca soprattutto alla punta secca derWhistler; mentre la fissità un po' vacua dello sguardo,può essere soltanto quella di un sordo. L'imponenza di molte figure del secolo scorso ci è spesso offuscata dai goffi abiti allora di moda. Edunque una vera fortuna ritrovarne i tratti essenziali nej disegni del Róthenstein. Egli scrive : « Mi ricordo « di una conversazione che ebbi con cHaroìd Nicolson a proposito della « imponenza dei Vittoriani. Lui pro« pendeva a credere che io fantasti« cassi. Un giorno venne al mio stu« dio, e i suoi occhi caddero su un pa« stello di Leslie Stephen che io ave« vo fatto alcuni anni prima. « Chi è « questo? », mi chiese, e quando glie« l'èbbi detto mi domandò se Stephen aveva davvero una testa così « imponente ; non avevo per caso e« sagerato? « Be', se davvero i Vit« toriani erano così — soggiunse il « Nicolson — comprendo il vostro «atteggiamento». Poiché gji avevo « detto quanta reverenza noi, da gio« vani, sentissimo per Browning« Tennyson, Swinburne, Matthew « Arnold e altri. « Non vi sono anzia« ni. .per cui o^gi voi sentiate come « noi sentivamo allora? » — gli chie*si..«No», disse Nicolson, non lo « credeva ; dopo un po' aggiunse « Be', forse Max Beerbohm ». E' co« me se gli uomini d'oggigiorno atn« mettessero di avere nonni, ma non « padri ». Non so fino a che punto questa conclusione del Róthenstein sia vera per altri Paesi ; ma è certvera.per noi italiani. Conclusione dtenersi a mente da chi scriverà in futuro la storia d'Europa nell'ultimsecolo. Siccome ho conosciuto molti degscrittori di cui il Róthenstein parlin questo volume, leggerlo è stato peme còme scambiare impressioni coun amico. Anch'io, con un certo orgoglio, mi son sentito già « storia » Ecco una domenica in casa di Edmund Gosse. Et ego in Arcadia.« Gosse era nervosamente preoccujK.jato.di mostrar, simpatia pei gioy_a 1 a e n e ' i o n a è ì l o o , w e o : n o n o a o li a er n r» d.. ua,- ni, ma io di rado mi trovavo a mio agio con lui ». Questo accadeva al Róthenstein alla fine del secolo scorso. Nel 1923 un giovane poteva riportarne un'impressione analoga. Il Gosse era uno di quegli abili diplomatici della letteratura come ce ne sono in tutti i paesi. La sua benevolenza era dettata da una linea di condotta, non dirò machiavellica, ma certo non disinteressata : per la maggior gloria di Gosse i giovani, quelli che avrebbero avuto voce in capitolo domani, ricevevano accoglienze oneste e liete. Caro e servizievole Gosse (in una lettera stampata nella sua biografia ho trovato con lieta sorpresa una benevola allusione a me stesso, che egli raccomandava come entusiastico swinburniano — tale almeno era la sua impressione — a un amico letterato), buono e caro, sì, ma come nota il Róthenstein, suscettibilissimo c mordente se tanto tanto s'accorgeva che il giovane, pur reverendolo, non l'accettava a occhi chiusi. Accanto alle curiose sue lettere al Róthenstein potrei citarne una che scrisse a me per aver discusso certa sua opinione sulla fortuna di Byron presso i Prerafaeliti; e in quella lettera il caro vecchio felino mostrava le unghie. Herbert Trench, quale l'ha conosciuto il Róthenstein, non mi è parso figura diversa da quella che conobbi a Firenze nel 1920. « Trench era un « poeta, bello, di modi urbani, ambi« zioso... il bello e dilettantesco Her« bert Trench... ». Ricordo l'imbarazzo mio e di altri letterati italiani pel desiderio di Trench, di veder tradotto e rappresentato in Italia un suo dramma su Napoleone ; ma se la sua ambizione e il suo desiderio di far colpo sui giovani (anche lui, come tanti, come tutti, forse!) davano ombra, la sua prodigiosa ingenuità, il suo sacro zelo, genuino, per l'ingrata Musa, commovevano. Aveva una sua mistica teoria sulle radici dell'umanità, che egli paragonava a una foresta, e a sentirlo svolgerla, a uso e consumo d'un italiano che mal capiva l'inglese, in un gergo misto di tre lingue, mentre fuor di finestra la luna di primavera inargentava gli oliveti di Settignano, e chi sa, forse cantavano i rosignoli, era esperienza piuttosto penosa . e indimenticabile Chi avrebbe creduto che, mentre con gesto non esente da enfasi melodrammatica indicava i magni tifi pini di Villa Viviani come quelli ai cui piedgli sarebbe piaciuto d'esser sepoltochi avrebbe creduto che ombre di tragedia si addensassero realmente susuoi ultimi anni? Anch'io potrei sottoscrivere a queche Róthenstein dice di Robert Bridges: «Sentivo devozione per Brid« ges ; v'era grandezza nei suoi modi : « egli appariva un grand'uomo ; tal« volta aveva una selvatichezza che « celava un calore d'amicizia ». Proprio così. E Galsworthy : « Le sue maniere erano severamente corrette « come il suo vestito, eppure la sua « calma .apparenza patrizia era illuso« ria ; non era affatto un amico degl« aristocratici... ». Il profilo romanole labbra serrate del Galsworthy non son rimasti impressi nella mia mente quanto il nastrino di seta che orlava il bavero della sua giacchetta neraQuel nastrino di seta, e l'altro nastro di seta nera a cui era attaccata la caramella di un altro letterato, non inglese e non così celebre, che viveva allora a Londra, son tra i miej ricordpiù persistenti del 1923. Assai meno familiare il Lytton Strachey giovane presentatoci daRóthenstein. A quel tempo lo" Strachey non aveva la barba : « Lungo« smilzo, col mento sfuggente che da« va un'aria di debolezza al suo volto« con una voce esile e fessa, mi parv« un tipico intellettuale di Cambrid« ge... ». Figura assai pittoresca ; e a voler mettere insieme quadretti pittoreschi ci sarebbe stoffa, in questo libro di ricordi ! Ecco Rodin che, a un pranzo dato in suo onore in piena estate, unico dei convitati seguita imperterrito a mangiare di buon appetito il rosbif fe andato a male. La padrona di casa gli spiega l'increscioso contrattempo. « Non, non, il est excellent, excellent; le vrai rosbif anglais », risponde Rodin. Vien voglia di mettere accanto a questo un episodio analogo relativo al pittore Mancini, raccontato un centinaio di pagine più oltre. « A un pranzo dat« da Madame Marchesi, fu servit« della cacciagione che la signora di« chiaro troppo fresca. « Non impor« ta — disse Mancini, intaccandola « vigorosamente col coltello e la for« chetta — i miei polsi son robusti »Il capitolo sulla visita a Firenze, con l'accenno alle guerre intestine dellcolonia inglese, e l'entusiasmo pepaesaggio toscano goduto nel soggiorno presso i Berenson, meriterebbe di esser riportato per intero ; mpreferisco riportare piuttosto alcundei tanti equilibrati giudizi sulle arti plastiche che si leggono in questo volume : « I giovani artisti d'ogg« reagiscono contro quella che ess« chiamano la tirannia dell'apparen« za... Ma quanta ironia nel fatto ch« proprio quei pittori e quegli scul« tori che essi ci chiedono di ammira« re perchè, avendo abbandonato i«punto di vista sentimentale e illu« strativo, soli ci darebbero l'arte pu« ra, ..producono un'arte così incom« prensibile, che deve esserci spiegat« in libro ed articoli di letterati !.« La porzione fantastica della natu« ra d'un pittore è condannata com« letteratura, e guarda caso ! propri«l'opera del letterato, in forma d«chiarimenti verbali, è necessaria pe« comprendere i disegni e i quadri de«moderni». E anche: «L'eleganz«e la finitezza, sdegnate dai pittor«trovano fortunatamente espressio« ne nelle arti minori ; molto di que« che non è appropriato alla tela e al«la pittura è perfettamente adatt«alle arti industriali, e qui l'influenz« di Picasso — che io ho chiamat« una volta il gigolò della geometri«—ha recato frutti. Chi sa. fors« stiamo cantando il canto del cign« del lusso prima che un nuovo or« dine sociale lo spazzi via ». MARIO PRAZ.

Luoghi citati: Europa, Firenze, Inghilterra, Italia, Londra