Nostra Signora dei "Garimpeiros,,

Nostra Signora dei "Garimpeiros,, NELLA FORESTA VERGINE COI CERCATORI DI DIAMANTI Nostra Signora dei "Garimpeiros,, .(DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE )- ni. Villa Bella do Matto Grosso, aprile. Tom mi. parla dei miracoli della madonna di Villa Bella, la protettrice dei garimpeiros: improvvise scoperte di diamanti dopo mesi di ricerche vane, uomini scappati, all'ultimo momento, alle zampe delle tigri, alle fauci dei coccodrilli, alle spire dei boa. — Miracoli del genero — osservo scettico — sono vecchie storie! Il moreno mi guarda scandalizzato. — L'ultimo, quello di Chico Bombilo, non ha ancora un anno. E, rivolgendosi a B hit eh: — Chico Bombito lo conosci? Quello spagnolo un po' esaltato, che canta inni religiosi mentre lavora dì bateja? — Lo conosco — risponde l'americano — e conosco la storia del miracolo: per ispirazione della Madonna, riuscì, lanciando un altissimo fischio, a sfuggire ad un attacco dì indii selvaggi. Un sobbalzo dell'autocarro gli tronca la parola. Da due giorni, siamo in viaggio per Villa Bella. Villa Bella? E i garimpos? Cria, il giorno della partenza per i garimpos di rio_ das Gargas non si era poi partiti. Come mai? Statemi a sentire e poi ditemi se i garimpeiros non sono teste balzane. Verso gli indù cannibali La corvée o condugao, come dicono qui, era pronta. Ma, invece di saltare in sella, Tom decretò: — Non parto. — Come? — Non parto per i garimpos se prima non aiutiamo a Villa Bella. — A far che cosa? — A pregare la Madonna. Lì per lì, credetti ad uno scherzo e guardai Bintch. — Ha rari ione! — approvò Bintch. — Dobbiamo andare a Villa Bella. E non ci fu verso di far cambiare loro opinione. Il camion, che ci porta verso questa città, corre come può, sussultando e sbuffando, lungo una rudimentale strada a fondo di torrente, tagliata nei contrafforti della Serra dos Parecys e solcata da fiumi, fiumiciattoli, che bisogna passare a guado. — Bintch, raccontami la storia del miracolo di Chico Bombito. Il tempo passerà più in fretta. — Questo Spagnolo era un famelico cercatore di diamanti di rio das Gargas — incomincia l'americano. — Un giorno, nell'estate del '31, con uno scozzese, un tedesco e due mulatti decise dì tentare la fortuna. Costruito un canotto, i cinque amici passarono dal Gargas aZZ'Araguaya per imboccare, all'altezza dell'isola fluviale di Bananal, il rio das Mortes, che nessun bianco ha mai esplorato. — Perchè? — Perchè la navigazione è difficile e il paese abitato da indii feroci. Li chiamano Chavantes questi indii e dicono che siano antropofagi; ma nulla si sa di preciso sul conto loro. Certo nessuno ha mai percorso questo fiume: tutti coloro che vi si sono avventurati o non sono tornati piti o hanno dovuto scappare in fretta e furia. Comunque, % nostri cinque amici riuscirono a risalirlo per un centinaio dì chilometri. Di tanto in tanto, si fermavano, mettevano il campo e lavoravano di bateja. — E trovarono qualcosa? — In un primo tempo, nulla. Dopo un mese, stanchi e delusi, volevano tornare. Solo Chico Bombito insisteva per rimanere. Aveva visitato, prima di partire, la Madonna di Villa Bella e portava uno scapolare benedetto. Ogni sera, ripeteva: € — Siamo i primi garimpeiros venuti qui. Il terreno è ancora vergine. Domani, troveremo diamanti. State sicuri: la Madonna farà il miracolo ». — E il miracolo avvenne? — Sì, diamanti ne trovarono sul serio per oltre 1500 carati. Ma il vero miracolo non è questo. Bintch si interrompe. L'autocarro ha un nuovo sobbalzo, sta per un attimo sospeso sulle ruote di destra, poi ripiomba pesantemente in equilibrio: è un allenamento intensivo di looping the loop. — Dopo due mesi — riprende l'americano — all'inizio della stagione delle pioggie, i cinque divi sero, senza disciissioni e senza sangue, i diamanti. Ognuno, anche il tedesco protestante, fece voto di portare la decima alla Madonna. E ritornarono. La corrente era favorevole: senza disgrazie, in un paio di giorni, sarebbero arrivati all'iso la di Bananal. Ma la disgrazia avvenne la sera stessa. Aveva piovuto tutta la giornata e il fiume era ingrossato. « — E' bene — consiglio il tedesco — tirare il canotto a terra » Lo legarono con una liana ad un albero e andarono a dormire un po' più in su, sotto una grotta naturale. Il mattino non tro varano che la liana strappata. La corrente aveva spazzato via iZ_ canotto con gli utensili di lavoro, i fucili, le munizioni e lo piquas, i tubetti contenenti i diamanti dì Chico Bombito, del tedesco e dei due mulatti. Lo scozzese, avaro e diffidente, se le teneva giorno e notte in uacooccia. Lo scozzese avaro Raccolte le coperte, i fagoes, senza armi, senza fuoco, vestiti di calzoni sdrusciti, si inoltrarono in una pesta, che non tardò a sprofondarsi negli spessori della foresta, in direzione sud. Il primo giorno avanzarono veloci nel fango e fra gli sterpi. Non segnavano la strada. A quale scopo? Indietro non sarebbero tornati. Così, camminavano senza perdere tempo, di buon passo malgrado i bambù spinosiche straziavano le carni. Il quarto giorno, ecco un largo corso d'acqua ». — Z/Araguaya ? — domando. — No. Dall'acqua chiarissima dedussero che fosse il rio Cristallinoe—7[parallelo a rio das Mortes. Lo pas-earono a nuoto, e ripresero la mar- o a s . l l l r n e l i E o o d e a o n s, di n oere a n an i, o eo, eia. Il giorno successivo, incontrarono un altro fiume. « — Siamo sulla buona strada! — osservò Chico Bombito. — Questo è il rio Alogado il terzo fiume parallelo a rio das Mortes. Fra due giorni saremo a Sdo José. « Lo scozzese, che la paura di es[sere ucciso e depredato dai compagni rendeva generoso, trasse di tasca le piquas. « — Servitevi, amici miei! « Il tedesco prese un bel diamante bianco-azzurro di quaranta carati, i due mulatti, una diecina di piccolini, badando più al numero che alla qualità. Chico Bombito, invece, rifiutò l'offerta, osservando severo : • f- — Faresti meglio offrirli in voto alla Madonna, perchè ci salvi. « — E' vero! — esclamarono ì due mulatti, restituendo subito i diamanti. « Il tedesco, protestante, li imitò. 23 tutti e cinque allora, mentalmente, si mìsero a pregare. Se la Madonna avesse voluto farli arrivare all'Araguaya! Sarebbe stata la salvezza! Lì, i battelli e le piroghe, passavano di continuo... Il mattino seguente, fra gli alberi, videro luccicare lontano la striscia argentea di un fiume. «— JVAraguàya! L'Araguaya! — gridarono in coro. — lo iera davvero ? .— Noi Un centinaio dì metri lungo la riva, vicino ad una grotta naturale, una liana strappata pendeva da un albero... Erano tornati al punto di partenza su rio das Mortes. I mulatti bestemmiarono, il tcdxsco si morse a sangue le mani, lo scozzese ridacchiò: « — Se avessi saputo che sareste tornati, vi. avrei aspettati! « Solo Chico Bombito pregò la Madonna ». ■— E la Madonna l'ha salvato! — interviene, a questo punto, Tom. Bintch gli dà una manata energica sulla spalla alla maniera yankee. — Lasciami raccontare!... Ma- egli non continua il racconto. Con il dorso della mano si asciuga la fronte, dove brillano gocce di sudore, poi accende lentamente una sigaretta e fuma. — Come è finita, Bintch? — Male per lo scozzese e il tedesco. I cinque amici, stavolta, decisero di seguire la riva del fiume, in direzione nord-est verso l'isola del Bananal. Più in gamba, lo scozzese e il tedesco camminavano avanti. Ad un tratto, in una radura che squarciava la foresta, Chico Bombito, che li seguiva con i due mulatti ad, un chilòmetro circa, vide un uccello nero staccarsi da un albero, volare verso il suolo, poi un altro, poi un terzo e un quarto. Erano urubù, gli avvoltoi della foresta. Quale carogna o quale cadavere li attirava? Lo spagnolo avanzò con precauzione e, mentre l'aria, risuonava di sordi battiti d'ala, trovò distesi il tedesco e lo scozzese: due frecce poco più grosse di uno spillone erano puntate nel fianco sinistro, in mezzo al cuore. Chico Bombito guardò i compagni morti e guardò attorno: dietro gli alberi stavano appostati selvaggi completamente nudi: i Chavantes. esogumzuaravcsvNsvsatLa paura del fischio « La sic.azione era disperata. Già gli indii avevano elevato le loro rauche e gutturali grida di guerra tanto simili all'ululo degli sciacalli che piombano sulla preda e le corde degli archi si distendevano sotto le frecce acute e sottili. Fuggire? Come fuggire? Lo spagnolo non lo tentò neppure, ma, piamente, toccò 10 scapolare e pregò la Madonna. E allora, con la violenza viva e lucida della disperazione, un pensiero gli scattò nel cranio. Non li-anno gli indii una paura maledetta del fischio? Non lo credono il sibilo della frusta del Dio dei bianchi che protegge così i suoi fedeli? Si mise le dita in bocca e, all'urlo di guerra, rispose con un fischio più acuto e lacerante dello strìdere di una sega che intacchi l'acciaio ». Bintch si interrompe di nuovo e guarda lontano. Attorno, il paesaggio non cambia: l'occhio non incontra che l'orizzonte uguale e sempre fuggente. La selva brasiliana, nella sua impassibile monotonìa, sembra 11 deserto, uno strano deserto, dove nulla si muove a ricordare la vita, dove le colline verdi si succedono ondulate e basse come le gialle dune di sabbia. « — Quel fischio — riprende — fu davvero il sibilo di una frusta, che si abbattè sull'orda selvaggia, che, abbandonati gli archi, scomparve d'incanto nella profondità della foresta. Un mese dopo, un'imbarcazione portava Chico Bombito a Sào José. Era massacrato dalla fatica, dalle sofferenze, dalla febbre. Ma non volle riposarsi. A piedi, continuò la strada e venne a Villa Bella a ringraziaTe la Madonna ». — E' una bella Madonna? — domando curioso. — Una Madonna bambina, povera e semplice, in mezzo a favolose ricchezze. Vedrai! Da lontano. Villa Bella è un mucchìetto grigiastro di case meste della mestizia delle cose moribonde, condannate dagli uomini e da Dio. Da vicino, la sua rovina si presenta, come un colpo di scena, tragica e disperata. Le liane della foresta la invadono a poco a poco, si insinuano nelle sue strade, rodono le fondamenta delle sue case, la disgregano con un'opera lenta, paziente, metodica. Lungo le vie, invece del selciato, si vedono strisele di verdura, ma, se alzate la testa a mirare ì fabbricati, una sorpresa vi attende. I muri e i tetti appaiono ben conservati, mentre le finestre vuote guardano lo spazio con lo stesso sguardo dei ciechi. Villa Bella de Santissima Trinidad do Matto Grosso! Io, per me, l'ho chiamata Villa Triste. fissa è stala abbandonata in mas sa nel 1825. Aveva, allora, 20 mila abitanti, Il nemico, che l'aggredì, si chiama: la febbre gialla e, in qualche settimana, essa, dalla capitale LgpvnledsgludpalindbdndnlgnnjaaiplllEidqsecnplvpnvomnctvctatmuutdopttrstlvmclmCrvMtsrpmfvche era a partire dal 1735, divenne un luogo perso, una città morta. Chis-\l'ha vista ricorderà tutta la vita il r- suo squallore e le sue cupe stranezze. l'ha vista ricorderà tutta la vita il Nel palazzo del governatore, ad esempio, la realtà dì ieri e quella di oggi si mescolano in un imprevisto grottesco. Pipistrelli, sterpi, f uligini, uccelli di malaugurio appaiono insieme ad affreschi magnifici e decorazioni sontuose. Mentre si guarda in una parete un amorino che piange alla vista di un saldo guerriero che rapisce una fanciulla, un fruscio favoltare la testa e una rottola £<XQ-Ztacon l'ali fiere la penombra, starnazza, sbatte contro i muri, si infila nel vano aperto d'una finestra; va via. Nella galleria d'onore, lunga e bassa come un corridoio, simili scene diventano paurose ed è forse per questo che un grande pannello, in mezzo alla rovina generale, assurge alla latenza di un simbolo. o a a o n . i , i . d o a i e La bella lusitana La scena rappresenta il porto di Lisbona, quel porto dal quale i leggendari LusiadÀ, che inspirarono l'epica canzone dì Camoens, partivano verso la ventura. Una lunga gradinata scende nel Tago, dove una galera salpa. Sugli scalini,- una bella donna dalla tunica fiammeggiante saluta e piange. Il tempo dèi navigatori portoghesi è passato, l'astro lusitano è scomparso dall'orizzonte delle conquiste d'oltremare e quel pianto sembra che sia ora dedicato a Villa Bella morente, già morta, della quale, fra qualche diecina di armi, invano si cercheranno le tracce. La foresta avrà ripreso il posto dal quale venne scacciata dai 300 bandeirantes di San Paolo, che, con due preti e sei aristocratiche lusitane innamorate dell'avventura, fondarono la città. Il palazzo del governatore si trova nella piazza principale. Varcandone la soglia, credetti dì sognare. Nelle garitte a fianco del portone, d,ue strane sentinelle vegliavano. Mi avvicinai e presero il volo. Erano due tiujuu, uccelli dalle gambe smilze, dalle ali bianco-nere, dal becco lungo e aguzzo e che stanno ore intere fermi, immobili c^me le gru. Villa Bella deve essere veramente, per questi lugubri e indolenti uccelli, la città dei sogìfi. Il loro volo non fu lungo. Si posarono sui pinnacoli della cattedrale vicina, ove mi inoltrai. Essa ha navate immense, nelle quali il vento dei temporali passa ululando. E' la sola musica che si sente in questa casa di Dio senza fedeli. Risuona, mugghia furente come se esprimesse ìa collera del cielo per così tragico abbandono. Guardate: i muri pendono, crollano, stanchi di sostenere tanto inutile peso. Le liane si attoreigliano ai pilastri. L'erba copre le tombe dei governatori e dei vescovi. Muovendo il passo, si vedono poi nicchie cavernose e buie, che contengono — nuova sorpresa — statue di santi con occhi di smeraldi e con tuniche ricamate d'oro. Il metallo ha, nella penombra, sprazzi insolenti, che si accentuano fino a quando non si incontrano intere pareti animate dal suo vivido spletidore giallo. Nessuna chiesa del mondo è mai stata, difatti, così ricca come lo è la cattedrale abbandonata di Villa Bella. Dappertutto si vede dell'oro: nell'altare maggiore, la cui tavola dal peso di una tonnellata è di oro massiccio, iti un enorme San Pietro che tiene contro il petto chiavi d'oro, nei quadri dalle cornici intarsiate anch'esse in oro. Oro, oro, oro, che, nella decomposizione generale, si mantiene intatto come le cose pure. E questo non è che miseria rispetto al tesoro della chiesa. Lo troverete raccolto in una camera buia, sporca, in disordine più del retrobottega di un mercante del ghetto. Calici, ostensori, incemori, pastorali, vasi tutti in oro e costellati di diamanti, zaffiri, smeraldi, rubini, giacciono insieme in un disordine, su cui la polvere stende uno spesso e buio mantello. Da dove proviene questo tesoro? Chi ha portato qui queste gioie meravigliose? I cercatori d'oro, gli avventurieri, i garimpeiros, grati alla Madonna di Villa Bella di averli aiutati e protetti, di averli fatti ricchisenza escludere il caso però che parecchie di tali offerte siano state deposte, per quietare il rimorso, da mani assassiìie. I drammi della cupidigia, dell'odio hanno abbondato e abbondano nella foresta, dove si crede che nessuno vegga. Voi penserete, a questo punto, che chissà quali forze guardino il tesoro della cattedrale abbandonata. Vi ingannate. Nessuno veglia. Mai, da cento anni si è visto l'ombra di un gendarme nè quella di un prete o duno scaccino nelle navate. C'è qualcosa di più terribile e pauroso che protegge il tesoro: la leggenda. Chlo tocca anche per isbaglìo muore. Il calice della morte . E, a difendere la leggenda, rivoltella in pugno, ci sono, ultimi Don Chisciotte, i garimpeiros, depositare continuatori di una tradizione, che non accenna a morire. La voce popolare racconta mille favole in proposito. Un anno fa, un levantino, giunto dalla Bolivia, vollriempirsi le tasche di tali gioie. Dopo una settimana, un garimpeiros le riportava a Cujabà. « — E' un mercante ambulantecerto Aristide Apìgnotis — diss— che me le ha affidate prima dmorire... « — Morire di che? — gli domandarono. II garimpeiros alzò le spalle con indifferetiza : « — Non so! ». E se ne partì senza aggiungeraltro e senza domandare ricompensa alcuna. La favola più recente ha per protagonista il celebre colonnello inglese Fawcett. Era arrivato a Cujabà, ^cinque o sei anni fa, accompagnato dal figlio e da un amico. Volevano esplorare la regione norde i',Si sa soltanto che prima di ino! l trarsi nella foresta il colonnelk e. F_awcett. volle visitare Villa Bejlascomparvero neua joresia. tenorgialla? Freccie di indiani? Tignest del Matto Grosso, ma tutti e trscomparvero nella foresta. FebbrOppure vivono ancora presso qualche tribù selvaggia? Non si sal trarsi nella foresta il colonnèll vrotezione della Madonna, una Ma rf?l!KK bambina con U pupo ili brac Ed ora non c'è popolano del Matto Grosso che non affermi come la sua morte sia stata voluta dal cielo per avere raccolto da terra e rimirato un calice d'oro, su cui era incastonato un diamante di oltre cento carati. Eppure, a fianco di tante ricchezze, che potrebbero pagare gran parte dei debiti del Brasile, di tante gioie che, gettate sui mercati di Londra, Anversa, Amsterdam, provocherebbero chissà quali perturbazioni, vi è un luogo che ho cercato invano lungo le pareli fosforescenti, perchè lì non brillano pietre preziose nè oro. E' una piccola cappella e sui suoi gradini sgretolati i garimpeiros, prima di marciare all'avventura, si inginocchiano, si prosternano per chiedere laciò, una corona di legno in capo, un povero mantello blu sulle spalle e i piedi nudi. Chi va incontro all'ignoto, sperando di incontrare fortuna, non può non essere credente. Uomini come tutti, dinanzi alla, foresta dal viso multiforme indecifrabile, i garimpeiros hanno bisogno di sapersi protetti e guidati. La loro credenza non è che il modo con il quale la paura della natura vuol vincere se stessa, chiedendo protezione al cielo. Lungi dal sentirsi lontani da Dio, come lo sono generalmente quelli che trasgrediscono le sue leggi, essi gli conservano un posto in fondo al cuore. Peccare, per essi, non significa romperla con la divinità e perdere la fede: è semplicemente ubbidire alle forze istintive, seguire una inclinazione irresistibile, in breve, essere uomini. La loro fede, perciò, c semplice e ingenua come quella della gente primitiva. Essa ha le sue tradizioni, le sue usanze, i suoi riti: il garimpeiro deve baciare i piedi della Madonna, senza togliere la, polvere, che lì ricopre e talvolta li nasconde. Eccomi, nella piccola, umile cappella. Un dolce viso dì Madonna, simile a quelli che dipinse frate Angelico, mi fissa con occhi, calmi e beati. Curvo, un uomo la bacia ai piedi. Dopo qualche minuto di preghiera, si raddrizza, toglie con gesto pio la polvere, mentre un altro uomo accende il lumicino, che pende in mezzo al vano. La fiammella sparge un debole chiarore all'intorno e illumina per un attimo il viso di Bintch e Tom. Essi restano ancora un po', si segna/no, escono. Ormai, la notte è vicina, i voli dei pipistrelli si fanno più rapidi. Le •prime stelle si accendono in cielo, dove non sale nessun rintocco di Ave Maria. PAOLO ZAPPA.

Luoghi citati: Amsterdam, Anversa, Bolivia, Brasile, Lisbona, Londra, San Paolo