Attorno al Duce a Palazzo Venezia

Attorno al Duce a Palazzo VeneziaiAttorno al Duce a Palazzo Venezia Roma, 10 notte. H primo gran fremito d'orgoglio, che ha spento tutte le voci già spiegate alle canzoni attraverso la città, Goliardi torinesi l'hanno provato sul noi-tone di Palazzo Venezia quando S. E. Starace ha comandato che entrassero soltanto gli studenti di Torino ed ha disposto che a chiunque altro fosse rigorosamente vietato lo accesso. Gli atleti, in camicia nera e berretto goliardico, hanno salito le scale in silenzio, incolonnati a tre per tre, con il cuore in tumulto. Dalla piazza giungevano vasti e reiterati clamori: era il Duce che si affacciava al balcone, scatenando raffiche di acclamazioni dalle migliaia di altri goliardi adunati là sotto. I torinesi il Duce l'avrebbero visto assai più da vicino e questo altissimo coronamento della battaglia guadagnata con tanta fatica, questo premio che nessuno avrebbe osato sperare fino a ieri, dava alla schiera che s'avviava attraverso i saloni dello torico palazzo, quel gioioso stupore simile ad uno sgomento che viene dall'avverarsi d'un sogno troppo bello. Ecco la sala vastissima, occupata da un solo tavolo, là in fondo : l'aula dove il Duce siede alla sua quotidiana, titanica fatica, il luogo dove egli tende l'animo ad ascoltare i battiti del cuore del suo popolo, l'orecchio alle voci di tutto il mondo! 1150 giovani si allineano in triplice fila, attorno ai loro vessilli, trattenendo l'ansioso respiro. H Duce entra! scatta un « A noi! » formidabile; poi si rifa il più raccolto silenzio: egli sorride, avanza tra i goliardi, figge negli occhi di ognuno il suo sguardo magnetico, indimenticabile, carico ad un tempo di fierezza e di dolcezza paterna. Mentre egli parla, e le sue parole avvincono gli animi come una musica fresca e suadente, noi lo guardiamo attentamente, perchè non un tratto della sua figura ci sfugga, perchè ogni suo gesto, ogni sua sillaba, ci si scolpisca indelebilmente nel cuore. Gioia, commozione indicibile, orgoglio ed amore altissimo: il Duce è giovane, il Duce è buono, il Duce è forte. Mentre porge agli atleti le meda glie, un piccolo astuccio cade a ter ra: il goliardo che si è precipitato a [raccoglierlo, non ha fatto in tempo: il Duce lo ha preceduto con un guiz- o elastico e giovanile. Oh, Duce! Che il Dio della Patria ti conservi ternamente giovane e prestante alamore della tua gente e per la salue della Tua terra! Questi i pensieri d i sentimenti di tutti, che tralucoo dagli sguardi lampeggianti delle Camicie Nere irrigidite nell'attenti. Mai, riteniamo, tra un Capo ed i uoi gregari v'è stata tanto intima omunione di spiriti, tanto felice imerio e tante assoluta dedizione. Quando il Duce, leggendo sul gagliardetto torinese il nome di Amos Maramotti, ha parlato dei nostri martiri ed ha quindi portato alle labra un lembo del drappo nero-tricoore, molti occhi si sono velati di larime. Ma, nè allora nè durante tutto l discorso, anche quando egli ha deto parole di lode e di incitamento he hanno tratto fiamme di felicità i volti degli astanti, non è risonato n solo applauso : gli applausi che inerrompono un discorso significane na approvazione che implica un iudizio: il Duce non si giudica, anhe approvando: lo si ama; noi non ravamo un uditorio: eravamo una osa sua. Quando la riunione ha avuto termine, i goliardi sono usciti lentamene, come trasognati; gli ultimi camminavano a ritroso. II Duce era là, n piedi, che rispondeva ancora ai aluti, con il suo luminoso sorriso e on il braccio teso. Nessuno avrebbe oluto lasciarlo, avrebbe voluto uscie senza prima gridargli le parole he certo tumultuavano in ogni peto: « Duce! comanda: il nostro sanue è tuo! ». MARIO CARAFOLI. LltPndqmBpScnMgtcsMivclrctnmtr"codmm

Luoghi citati: Roma, Torino, Venezia