II naufragio dell'"Alpha,,

II naufragio dell'"Alpha,, DRAMMI SULL' ATLANTICO & II naufragio dell'"Alpha,, (DAL NOSTRO INVIATO)- CAP DE LA HAGUE, aprile. Sotto atta Pointe du Baz, là dove la costa brettone s'intaglia nell'Atlantico come una mandibola di leone e U faro di Eckmulhl apre per un raggio di novanta chilometri sul mare la sua pupilla di fuoco accesa in cima a sessanta metri di granito, c'è Kerity, il piccolo « porto delle sardine ». Là ho conosciuto, pochi mesi fa, Giuseppe Jégou, padrone di barche. Ed è con una strajta emozione che ho ripensato ieri, leggendo la notista detta sua morte, alla vita formidabile di questo eroe silenzioso : questo marinaio di Bretagna, occupato da quarant'anni a battagliare colla Morte, che lo Ita fiaccato in terra non potendolo spezzare sul mare. Sul suo camiciotto di lana azzurra, cinque medaglie d'oro e sette medaglie d'argento rappresentavano lo stato di servizio dell'uomo; sarebbe difficile contestare a Giuseppe Jégou, clvil, ti nome e il titolo di soldato. Campo di battaglia: l'Atlantico. Nemico: l'Oceano. Bisogna — per comprendere il valore delle parole e per capire che cosa rappresenti l'opera degli uomini divenuti, come Jégou, i « professionisti » del salvataggio in mare — avere visto il mare all'opera, stille coste di Bretagna. Solo allora, deposti tutti gli attributi della letteratura e detta retorica, la grande tragedia dell'Oceano può apparire agli uomini come la manifestazione di paurose forme ancestrali, che solo pocM privilegiati osano sfidare. Jégou era di questi. Veniva, senza dubbio, da infinite generazioni di marinai e aveva nel sangue questo «itvfl»t lare « bacillo » dell'Ocèano òhe nessuna cura preventiva o terapeutica può e-, stirpare. Abitava in lui lo spirito détte infinite razze che sempre tentò, nei secoli, il mistero del mare: uomini di Normandia e di Cornovaglia, di Norvegia, di Irlanda, di Bretagna, abituati a sfidare il vento e il raz de marèe e a contendergli le prede con forsennato e rassegnato coraggio. . In queste latitudini bisogna, per capire U marinaio, conoscere il pescatore, perchè la pesca è la pHma forma fondamentale della lotta ingaggiata dall'uomo contro gli elementi, della battaglia impegnata cott'Oceano che — per offrirvi un pezzo di pane — vi prende talvolta la vita... Pescatori di Manda Ogni anno, quando il morso dell'inverno s'acqueta, e il soffio della primavera arriva, sulle tiepide ali del Gulf Btrea/m, a carezzare questa superba e malinconica terra di Bretagna, le navi dei « pescatori d'Islanda» partono da Paimpol e da Penmarch, verso l'avventura del Nord: Ogni anno: da secoli. Sembra che la pesca nel Nord Atlantico e nei Mari Artici appartenga a un rito millenario detta gente gallica e celtica. Tre quarti dèlie sardine d'argento convogliate sui mercati d'Europa, o allineate a miliardi nei piccoli « feretri » di latta dette fabbriche di Nantes, tre quarti del pesce disseccato o affumicato che rappresenta il sano e gustoso cibo del povero, esce dotte loro reti. Butta bilancia di questa ricchezza vi sono sempre, da una parte, dette vite umane... Hanno, queste barche, i più strani e mistici nomi. Ite loro vele multicolori si spiegano ai venti del largo sotto la protezione della Vergine, e in ogni tuga, di poppa, fra lo sciacquio dell'acqua salata e l'odore acre del merluzzo, un piccolo lume a olio arde sempre davanti all'immagine del Santo. Qualche volta, i piroscafi postali della Norvegia, della Islanda, delle Faroer, capitano in mezzo alla flottìglia peschereccia, immersa nei banchi di bruma, o costretta « alla cappa » davanti alla furia scatenata del mare... Urli brevi e rochi di sirena; allarmi di grossi clakson: tocchi fragorosi di campana. Poi, lunghi richiami nel portavoce, da bordo a bordo. — Avete bisogno di niente"! Tribolate? Volete un cavo"! — Niente. Niente. Niente... A Dieu, va! E il piroscafo che dura fatica a vincere, collo sforzo delle manchine, l'ondata lunga e minacciosa, possa davanti a tre, sei, dieci ombre die sbucano dalla nebbia e restano sole, sul gran mare, nella notte che scende. Islanda: «separata dal mondo ultima Thule! ». Sembra che il Circolo Artico disegni una irreale cintura di silenzio, intomo all'isola aspra dove fuoco e vapore itrompono rugghiando dalla terra: bizzarro contrasto colla coltre di ghiaccio e di gelo che l'inverno vi distende. Non forse la fantasia di Giulio Verne ha posto qui l'ingresso detta strada avventurosa die conduce al centro detta terrai Peremiemente, intomo all'isola nordica, il mare è percorso in ogni senso da milioni — da miliardi! — di pesci: il patrimonio ittico del mondo ha qui i suoi tesori di Golconda. L'agonia di una nave E i pescatori di Bretagna « cacciano » inesauribilmente in queste riserve, fino al momento in cui la bandiera néra sale all'antenna di un bastimento o di un faro sperduto, ed indica cfte delle vite umane sono in pericolo, in qualche punto del mare. Allora i pescatori non sono più che marinai... Una sera dì Dicembre, la popolazione di Barfleur corre sulla gettata di scogli che difende il piccolo paese dalle collere dell'Atlantico. Lontano, verso la roccia della Jumette, gli uomini si additano l'un l'altro i tre alberi di una nave che sta andando «in bocca alla morte»... Gli alberi sono nudi, spogli di ogni vela. Le raffiche violente hanno portato via tutta la tela; gli ultimi fiocchi sojio partiti net turbine come grandi uccelli bianchi. Il veliero — è i'Alpha di Faversham —■ non governa più, ed il mare lo porta, senza che nessuna forza umana possa impedirlo, contro la corona tagliente detta Jumette, su cui tanti scafi furono sventrati. Un allievo di Jégou, Boizard di Barfleur, raduna intorno a sè pochi volonterosi, e ordina di preparare il canotto di salvataggio. Un coro di voci si leva per dissuaderlo; anche fra questi bretoni che hanno gl'abitudine di morire » un tentativo del genere sembra pazzesco. L'Atlantico scaglia montagne d'acqua contro la costa; non Si distinguono neanche più, gli alberi del veliero in pericolo, e qualunque canotto che tenti superare,la barra sarà rovesciato al primo urto. Ma Boizard pesta i piedi,. bestemmia, ingiuria i compagni. Sono dunque diventati vigliacchi, les gara di Barfleur"! Sferzati dalla sua voce imperiosa, gli uomini corrono al canotto di salvataggio che, come in tutti i paesi detta Bretagna, è tirato a secco, a ri dosso detta Chiesa, a cento metri dal mare. Attaccano un cavallo ai rutti che lo sostengono, lo portano a contatto dell'acqua che irrompe schiumando, lo armano di timone e di remi... Si parte. Da terra, la popolazione vede il canotto girare faticosamente la punta e sparire dietro mostmose creste di onde che incalzano. Noti c'è che da aspettare e pregare Dio. E' quello che fanno i bretoni. Da dieci minuti, il veliero è, « a riva ». Con un crepitìo sordo, lo scafo si è piantato fra le secche, e gli alberi, spezzati alla base, sono caduti.in coperta fra un groviglio di cavi e di sartie. Gli uomini superstiti — due sono stati uccisi dal crollo dell'albero maestro — si sono riuniti a prua, e tacciono, aggrappati disperatamente al carabotìno. Guardano il mare che tuona e si frange in spaventevoli risacche sulla corona di scogli, e guardano la terra, che dista poco più di duecento metri, ma che è irraggiungibile per qualunque essere vivente... Sanno di essere perduti. Forse, se la nave potesse resistere, la salvezza sarebbe possibile: si potrebbe attendere Z'accalmie del mattino, anche a costo di trascorrere la notte sotto la sferza glaciale dette ondate. Ma gli uomini sono pratici. Conoscono tutti i toni e tutte le gamme in quella forsentiata musica di scricchiolii che è la vita del bastimento in legno; sanno che, fra poche ore, il fasciame martoriato dal « martello » dell'Oceano, cederà e VAlpha non sarà più che un mucchio di tavole disgregate, e gli uomini non saranno più che fantocci di carne abbatidonati al gioco crudele dei flutti... Ma ad un tratto il più giovane, il mozzo, getta un grido e itidica cótta tnano qualchecosa che è apparso fra le onde, sulla sinistra... Un cavo In mare n battello di Boizard ha superato la barra. Per un miracolo, non si è rovesciato, ed ora, quasi pieno d'acqua, sta arrancando verso il veliero incagliato. I naufraghi distinguono nettamente due uomini in piedi che, con un movimento ritmico, vuotano con una grossa pala il canotto dell'acqua che il mare vi * imbarca» continuamente. E scorgono gli altri, curvi sui remi, occupati a vincere la violenza delle onde. II capitano dell' Alpha è riuscito a trascitutrsi a poppa, ginocchioni, per essere più 'vicino : dal casotto di poppa è sbucato un cane, il suo cane, dal grosso pelo irto che latra lamentosamente verso la terra. Ecco : Boizard si è alzato e 'agita le mani. In un momento di tregua del mare si ode la sua voce potente: — Olle! della baroa! Filate un cavo in mare! Gli uomini, rianimati daMa speranza, strisciano sulla coperta inclinata e sommersa dalle otidate, riescono, aggrappandosi ai tronconi degli alberi, a mollare in acqua un grosso cavo che il risucchio porta veloce verso il canotto, i Per venti minuti dura la lotta disperata degli uomini, per impadronirsi del serpente oscillante, cui — forse — è attaccata la VitaPoi, con un ruggito di gioia, i naufraghi vedono gli uomini del battello approfittare dell'ondata per accostare la « testa » del cavo e alarlo a bordo. Ma dove si dirige, ora, l'imbarcazione? iSoizard sa perfettamente che non si può tornare verso il porto. Un'idea gli ha attraversato U cervello. Tenterà l'impossibile. A trenta, a cinquanta metri di distanza, spuntano le roccle di Al Sès : tre scogli alti, aguzzi, che l'ondata non arriva a incoronare. Hanno in cima una specie di piattaforma coperta di alghe, su cui, bene o male, i naufraghi potrebbero attendere il giorno e la calma. Bisogna « trasferirli» là... Freddamente, Boizard ha calcolato tutto. Bisogna rassegnarsi a sacrificare il canotto, a «sfasciare» tutto e a dividere — se il colpo riesce — la sorte dei naufraghi. Scambia poche parole coi suoi, afferra il timone, lascia che il canotto sia sollevato sull'immensa onda gonfia ohe arriva e che lo scaglia contro gli scogli. Un attimo... La barca scompare nel gorgo; gli uomini, rivestiti della cintura di salvataggio, si aggrappano alle asperità della pietra, e, feriti, contusi, sanguinanti, salgono su, senza abbandonare U cavo... Ora, calmissimo, Boizard, improvvisa una teleferica. Il cavo si tende si tende, stillante d'acqua fra la parte più alta della scogliera — dove viene annodato con un triplice giro — e il bastimento incagliato. E ad uno ad uno i naufraghi, sospesi sull'abisso ruggente, si affidano alla corda, giungono sullo scoglio: l'ultimo di essi reoa, aggrappato atte spalle, il cane... Tutta la notte passa così. L'indomani, a mezzogiorno, una barca di salvataggio esce da Barfleur e viene a raccogliere gli uomini, intingiti. Sulla scogliera non si vede più niente. Presi nel gioco delle correnti, danzano sull'Atlantico tornato calmo gli ultimi rottami dell'Alpha. ITALO SULLIOTTI.

Persone citate: Giulio Verne, Giuseppe Jégou

Luoghi citati: Dieu, Europa, Irlanda, Islanda, Normandia, Norvegia