I compagni dell' avventura

I compagni dell' avventura Nella foresta vergine tra i cercatori di diamanti I compagni dell' avventura (Dal nostro inviato speciale; CUJABA' (Matto Grosso), aprile. I Sono arrivato da due giorni a Cujabà, la capitale del Matto Grosso, e non ho perso il mio tempo; vi ho trovato due compagni d'avventura, un americano del nord e un negro, un moreno, come dicono qui. Domani, tutti e tre partiremo per i garimpos di Rio das Gargas. Mi ha portato a Cujabà un grosso e preistorico battello a ruota, che sfoggia un nome pomposo: Eolo, dio dei venti. Variopinti foglietti pubblicitari me lo avevano rappresentato come « o mas rapido e confortavel » fra tutti i vapori che solcano i fiumi dell'America del Sud. In realtà, come conforto, ho creduto spesso di navigare su di uno zatterone alla deriva e, per quel che riguarda la velocità, si facevano, sì e no, due chilometri all'ora. Occorsero, per risalire il Rio Paraguay da Corumbà a Cujabà, poco più di 250 chilometri, la bellezza di 7 giorni. Un battello, dice un proverbio, è un amico. Quest' Eolo, dio dei venti, diventò, in breve, un amico carissimo. Tutti sanno, infatti, che i compagni più cari sono quelli con i quali si ' è sofferto. Siili' Eolo, ho scontato i miei peccati, soffrendo di tutto: la fame, la sete, il caldo, le zanzare, senza contare che mi sono slogato le mascelle sbadigliando dalla noia. Nell'avvenire, tuttavia, lo ricorderò senza dubbio con più nostalgia del Duilio. Mettiamo i punti sugli i: le grandi doti di stabilità, di velocità, di conforto di questa nave dal bel nome romano non sono in discussione. Soltanto, se essa mi ha trasportato in undici giorni da Genova a Rio de Janeiro; una bella e grande città, ma simile a tante altre, Z'Eolo, invece, mi ha portato verso l'avventura. Sui Duilio, ci sono piscine, tennis, sala da ballo e altre distrazioni da gran mondo. Sull'Eolo, ci si diverte in altra maniera. I passeggeri possono fare i comodi propri: starsene sul ponte in pigiama, in maniche di camicia, in ciabatte. E se voglia vien loro di sparare sui coccodrilli che si bevono il sole, sulle scimmie che dagli alberi guardano curiose facendo sberleffi, sui pavnagalli ciarloni e variopinti, non hanno che da imbracciare il fucile c fare fuoco come al tiro a segno. Un fiume bisbetico Lì sopra, tutto è permesso, tranne, s'intende, parlare al pilota. Il Paraguay e un fiume bisbetico. Le sue rive si allargano e si restringono di qualche chilometro ad ogni temporale. Se d'estate, la stagione delle pioggie, esse raggiungono i sei chilometri, d'inverno, toccano appena i 200 metri. Isolotti, abitati da uccelli e da coccodrilli, saltano fuori ad ogni pie' sospinto, si spostano, cambiano forma durante la notte. Non è facile pilotare su questo fiume, schiavo disciplinato dell'acqua fangosa e dei suoi capricci. Guai, dunque a chi osa parlare al pilota! Un giorno, però, mentre passeggiavo sul ponte, la tentazione di conoscere il vecchio lupo di mare, che ci guidava sulle acque infide del Paraguay, mi vinse e ficcai la testa nella porta socchiusa. Allungato in una sedia, le mani sul ventre, i piedi sul sofà, il pilota mi apparve come un bonario scimmione addormentato con la pancia rivolta all'insù. Appena si accorse deUa mia presenza, saltò in piedi di scatto. — Finalmente! sqgspgcisscLgJdsegqdmvinepq— Sì, finalmente, ecco qualcuno che si interessa di me. E, venendomi incontro, mi abbracciò come un amico carissimo che non avesse visto da anni, domandandomi notizie particolareggiate della mia salute, di quella dei miei parenti vicini e lontani, del mio viaggio, dei mìei progetti. — Andate fra i garimpeiros? Bravo, bravissimo! Sì vede che non siete del paese. Persone di qui, lassù non ce ne vanno... — Come mail — Siamo gente che ha la testa sul collo, noi del Matto Grosso. Le ricchezze della nostra terra non ci hanno sconvolto il cervello. Perchè gettarci all'avventurai Perchè soffrire la fame e stenti di ogni genere, quando si può prendere tranquilli il nostro caffesinho? Un marinaio passava, ed egli ordinò due tazze dì quello speciale per farmelo gustare. — Dopo la scoperta dei diamanti, la vita per noi è restata la stessa. Abbiamo fatto soltanto più attenzione alle nostre donne... Io lo guardai un po' curioso, mandandolo, non so perchè, in visibilio. Lo vidi allora chinarsi sulla mia spalla e soffiarmi in un orecchio: — Con tutti questi avventurieri, non si sa mai... Hanno qualcosa che piace alle donne. Ne conosco una che ha piantato in asso il marito ricchis- sCqcMmiftirmagafIfcFsvncdramistDeildlbctmcniesvs i , i ; e a n n l n i e l i e i i e u o i , e a i e a simo per correre dietro ad uno di questi morti di farne. Si mise i pollici nei taschini del gilet, mi guardò con l'occhio fino, sorrise e mi raccontò una storiella procace. Bel tipo, questo pilota del Paraguay. Si interessava di tutto, fuorché di due cose: del timone e degli isolotti di sabbi»: Fori/mutamente, senza scosse nè guai, riuscì a portarci nella capitale del Matto Grosso. Lo rivedo ancora, la sera del settimo giorno, balzando fuori dalla cabina: — Ecco, Villa Real do senhor Bom Jesus de Cujabà! — gridò, indicando una banale agglomerazione di case basse e tristi come un lazzaretto. La città dell'illusione svrBcl'«sbvrpdsqpDtfn„ \,n-,A l,r. fnn^r. /nò,", i!\ 9flfl muli- Je^&&W^f^P^è Sgià decrepito. La sua, torm, e un po', quella di Donogoou Donogoo, ncor- ,cdate, una commedia di Jules Smains, l'autore di II dottor Knock? L'arte ha imitato la vita consape Sn<■ con&apa-\ vólmente cometanti-.volle accade od\sinvece l'intuizioneideilo scrittore si, qe sviluppata ubbidendo soltanto alia wpropria necessita e riuscendo per\Equeste vie autonome a penetrare u\to i l ? n , a e i è r . a , e e - segreto della vita stessu"! Chi lo sa! Cèrto si è che la storia di Cujabà e quella di Donogoo offrono punti di contatto straordinari. Al teatro Pigalle, nel cuore di Monlmartre, dove la fortunata commedia si è replicata centinaia di sere, il sipario si alza sulle rive di un fiume. Un povero disgraziato medita sui casi proprii e guarda l'acqua indifferente. Si ucciderai No, finirà Governatore di Donogoo. Come mail Un chiromante gli consiglia di aggrapparsi ;d primo venuto, che egìi incontrerà in una certa strada, ad una. certa ora, nell'atto di soffiarsi il naso. Quell'uomo lo salverà. Il poveraccio si agarappa così al professore Le Troitri'Jcc, un geografo, che vorrebbe entrare nell'Istituto di Francia e non lo può, perchè, in un suo libro, ha parlato a lungo, descrivendone con minuzia le favolose miniere d'oro, di una città brasiliana, che non esiitc. . — Non esistei Ebbene, noi la fonderemo. Una colossale operazione finanziaria si imbastisce in tal modo attorno alla immaginaria città dell'oro. Uomini d'affari intraprendenti vedono in questo nome un mezzo meraviglioso per spillare denaro ai risparmiatori. Naturalmente non si dice che Donogoo non esiste. Si afferma che esiste, che è bella, che l'oro pullula in ogni parte, che lo si raccoglie per la strada, e che bisogna solo ingrandirla, trasformarla, industrializzarla. La pubblicità è l'anima dell'imbroglio come e quella dell' onesto commercio. In tutti i giornali, in tutte le vie delle principali città del mondo, un nome, inscritto a lettere colossali, Donogoo, invita, giorno e notte, coloro che vogliono investire in affari lucrosi il proprio gruzzolo e coloro che, non avendo gruzzolo, sperano di farsene uno, in terre nuove e in cieli diversi. I soldi affluiscono in questa maniera nelle casse della Società e i disperati di tutto il mondo partono alla ricerca di Donogoo. L'autore ce li mostra questi illusi, dapprima, ricchi di speranze, e poi laceri e sanguinanti nel cuore del Brasile misterioso, dietro l'inesistente paese. Errano per le foreste, traversano i fiumi, incontrano altri compagni di sventura e non trovano nulla. — E se fondassimo noi Donogoo? — propone un giorno un marsigliese pieno dì fantasia e stanco di girare. E la città nasce. Quando il rappresentante della Società arriva a San Paolo per cominciare a dare corpo a quello clic finora era il prodotto della fantasia del professore Le Troùadec, resta sbalordito. Una targa gli si presenta dinanzi agli occhi: tutti i sabati, partenza per Donogoo. Stavolta Donogoo esisteva davvero, senza che egli lo sapesse. La storia di Cujabà, se non è la stessa, poco ci manca. Essa è nata dalla stanchezza di un gruppo di avventurieri, che. partendo da San Paolo, non si proponevano di creare una città nuova, ma di cercarne un'altra che non riuscirono a trovare. Un governatore poeta Si era al principio del '700 e il Governatore del Brasile apprese, un giorno, che Ruy Diaz Cabeza de Vaca era partito da Assunzione con trecento soldati per il Nord, allo scopo di cercare vaghe miniere d'oro nell'alto corso del Paraguay. Noìi occorreva impedire che gli spagnuoli prendessero possesso di quelle lonta- qvvtnnzqdem-cna'ne regioni, assegnate virtualmente al Portogallo nel Trattato di Roma di non so più quale annoi Non occorre-va popolarlel Ma dove trovare uo-mini disposai ad affrontare le fati-che di un viaggio di duemila chilo-metri attraverso la forestal Don Pedro de Almeida Pan de As- sucar era un Governatore poeta. In-rventò una città, le diede un nome drisonante: «Villa Real do senhor; Bom Jesus de Cujabà », e affermò pche era piena di oro. I manifesti del- Isl'epoca dicevano press'a poco cosi « A Villa Real do senhor Bom Jé sus de Cujabà l'oro è talmente abbondante che i cacciatori se ne servono invece del piombo ruée vers l'or. Quando, alcuni anni dopo, un rappresentante del Governatore capitò da quelle parti, fu non poco sorpreso dì trovarvi una città sul serio e, quello che potrebbe sembrare un paradosso, dell'oro. Jules Romain non ci ha detto se Donogoo ha prosperato ed è diventata un grande centro industriale o finanziario. In quanto a Cujabà, lvE fu \a.\pEab™NdJTnlilWHinU, III yillt/ltu U, l/ujuto, » SKoS a^^ qU attacchi degli indù te- tcerQ fu'£re imi avventv.rieri.\dSoltanto da una cinauantina di an-ìcSoltanto da una cinquantina dì anni a questa parte si è un poco ri- resa ^a resta una piccola città silenziosa con QMate;le caserma, un qìardino vubblìco, dove, la dome wica; la guarniqi0ne tiene concerto, E, una specie-di porto di mare in térra ferma, una stazione nella i quale si sosta fra due partenze. cdcfcfs/ cercatori di diamanti che vanno^verso i fiumi preziosi, vi fan prov-\ vista del necessario. Quelli che si\trovano già sul posto si rifornisco- no regolarmente nei suoi magazzini di quanto loro occorre. Magazzini: la parola è esagerata, ma, in questo eccentrico Matto Grosso, si direbbe che gli abitanti, al posto deqli occhi, abbiano delle formidabili lenti di ingrandimento. Un soldato è coronel. Uno che non è del tutto analfabeta diventa immediatamente doctor, una bottega sudi eia, un bazar sgangherato sono\magazzini. uDavanti ad uno di questi magaz-\-ini, ieri, incontrai appunto 1 miei-compagni di avventura: un americano del nord, come ho detto, e un negro. Portavano due di quegli abiti che conservano ancora nelle] giunture le pieghe dei vestiti indos sati da lunga data dai mannequins di cera. L'americano, aito, imberbe, occhi innocenti e capelli color paglia, fumava un sigaro troppo, grande per la sua faccia e parlava}ad alta voce. Il moreno, piccolo,'dalla pelle dura, sorrideva e approvava. Un Don Chisciotte bianco ed un Sanrho Pancha di colore. Alla svolta della strada, buttarono via due pacchetti che tenevano in mano: ne uscirono vecchie scarpe alla Charìot e alcuni cenci sporchi.1 Il padrone del magazzino corse su-\bito a raccattarli e, come per scu-\sarsi del gesto, mi informò: Sono cercatori di diamanti,che hanno fatto fortuna. Era quello che cercavo. Bintch e Tom, americani del nord Corsi subito loro dietro e li trovai seduti alla tavola di un caffè. — Carimpeiros? Co:, lo cguurdo, i due si consultarono. — Sì, Bintch e Tom, americani del nord. Non è diffìcile conquistare la cordialità di questa gente. Temperamenti sognatori e romantici, hanno tutti una loro storia da raccontare. A questa storia, centro della loro esistenza, aggiungono, di voi ta in volta, particolari drammatici o lirici, esaltati o depressivi. La loro diffidenza si esercita solo verso coloro che li sfruttano o li derubano, ma sentono, invece, una specie di riconoscente attaccamento per coloro che ascoltano i loro racconti, offrendo un caritatevole sfogo alla loro anima sentimentale, che ha bisogno di espandersi. Mi è stato facilissimo acquistare la benevolenza di Bintch, il quale, alla mia domanda: « E le donne? » mi rispose : — Ah! Le donne... Ne conobbi una... Si interruppe, tirò una buona boccata di fumo e continuò: — La conobbi a Conay Island, il grande parco di attrazione di New York. Era una bella ragazza magra, dagli occhi candidi. Rideva, sola, masticando dello chewing-gum. Mi rimisi a posto il cappello, la cravatta, infilai la giacca che tenevo sul braccio e le parlai. Essa mi guardò, forse mi trovò simpatico e accettò un'aranciata. Due ore dopo, la tenevo per la vita, mi ero tolto di nuovo la giubba, rimesso il cappello sull'orecchio e, in tasca, non avevo più un cent. Lo dissi alla mia nuova conquista. « — Well ! — ella rispose. — Vi l 'condurrò da amici, che vi offriranno i la cena. -] « Lungo la strada, corretto, dissi -'il mio nome: Bintch. -] « — Io sono Barbara — replicala -'.ragazza, laconicamente, [ <; Si arrivò in una trattoria abba- stanza sporca. Barbara parlò all'o- recchio del padrone, un omaccione13dai baffettini impomatati. ! « — Sembra — mi disse, poco do- \ dpo, costui — che abbiate una furio- hsa voglia di guadagnare cento dol- - elari. !z« Alzai gli occhi stupefatto. |d« — Barbara risponde di voi. Tro- gvalevi domani a mezzogiorno nella ppasticceria della 27.a strada ovest, tE tenete a posto la lingua. js« Mangiai un paio di salcicce, indi naccompagnai Barbara a casa. ! r« — Che lavoro debbo fare? n«— Conoscete Borko, il grande1 gbootleggers? Domani, lavorerete per' ™1- , r« hn breve silenzio si interpose.LNon ero contento. r« Domani sera, avrete centi ! èdollari: potremo cenare assieme in p»"•»•"• ^^^X^ezzogiorno mi ^trovavo con due compagni, al volante |Sdi un autocarro carico dì misteriose ccasse. Bruscamente, s'udì un trillo,^casse. Bruscamente, s'udì un trillo di fischietto: un poliziotto moto-■ qciclista era sórto da un fossato e ci i dsefaceva segno di fermarsi. t « — Accelera! — mi gridarono i compagni, mentre si voltavano per]gfare fuoco sul gendarme. Ci fu un jribreve scambio di colpi. Poi, nella-. strada, ritornò il silenzio: la moto-,bcicletta si era rovesciata nel fossato, jr «La sera, trovai Barbara. Pas-issammo una fólle serata a Coney1 c Island. In una birreria tedesca, si j rballò il valzer. Ritornerete da Barko, domani? — mi domandò. « Il mio volto si oscurò. Sapevo che la risposta mi avrebbe fatto perdere Barbara. Mi chinai, la baciai a lungo sulla bocca, poi, lo sguardo lontano, risposi: — No! ». E, al punto in cui era il giorno prima> 'sen/a „„ centi u CMOre %esan. ue> ,me ne an<iaL Tom, più tardi, mi pari0 dei diamanti del Matto Grosso ed \0 VCnni qui<a cercarne. — A'e hai trovati ? — Alcuni! — rispose per negro fregandosi le mani La notte porta consiglio lui il '— Sì, alcuni. Non molti, non grossi, non belli. Neppure di che pagare i viveri, un paio di scarpe nuo- aBintch gli fece cenno di tacere e'^riprese : ve e le donne di buona compagnia. Mc ne partii disgustato. Risalendo il Rio das Garcas, dinanzi ad un tor- rentello di nessuna importanza, de- ; cisi di fare mezz'ora di batejà perjsgranchirmi le braccia. E sai che co-1sa ho trovato in fondo? Due brillan- ! i ■ ■ 5 r\.. 1 - t,i , n _ 1 ^ grossi così... Duecento dollari. So- ;\no venuto a Cujabà per rifornirmi e;\Per divertirmi La pinga e la sera l'avevano reso imentale. Il breve crepuscolo era e r o i o i a - - finito. Sul fiume, una piroga scivolava senza rumore, in contro luce, come un'ombra cinese. Bintch sospirò profondamente, ■poi alzandosi di scatto, disse al com-j— Basta! Andiamo. (domandai io, inge- 1 jDo 1)6 *? imamente. j)alle donne' Ho rivisto i due compari un »no-|mento fa e vi assicuro che, lì per lì, inon li ho riconosciuti. Portano scar- jpe alla Charlot e abiti a brandelli. \— Beh! — esclama filosofica- mente l'americano — le donne han- no ì denti lunghi, la pinga c forte eil nostro sangue, bollente. Ci siamo risvegliati stamattina sulla riva delfiume, con le membra indolenzite,come se avessimo ricevuto un fracco di legnate. I portafogli erano partiti con i vestiti nuovi. — Ed ora? — domando A Cujabà di fame non si wwo-re. Banane ce ne sono per tutti. Fa- ro economia e, quando avrò di che comperare gli utensili, viveri di ri-serva, vestiti, ritornerò a quel tor-rentello che ha promesso bene... Nel frattempo mi è balenata wtiajj-V ' — Senti, Bintch. Ho un po' di de-naro. Tu conosci un buon garimpo e come si cercano i diamanti. Faccia- mo una spedizione. Tu mi insegnerai il lavoro e divideremo ì benefizi in parti uguali, si capisce. Ti va? Il negro rispose per Bintch: — Well ! Domanì, con sei muletti, viveri,utensili, saliremo la Serra per av-viarci al garimpo di Rio das Garcas. PAOLO ZAPPA. Libri ricevuti GApollnnin. BTr"*ci"eSa Mcdlco» " Ed-M. TROZZI: « il boia ai confessa» - Roma,c %?,r'lcl. Lil'r''0 " h B- * , . „ lK Mi.™ ,mL.Todel »»'"-*°»»\0. BTJLGARELLI: «Campo Vergine» - Ro-ma. Capa dp]_Libro - L. 15. A. FALESOHTNI: « !1 soeno .li Jtia? derni di poesia - Sfilano - Ij. io. Qu;l-J. OASPAR GOETHE: c viacrcin in Italia ^- R. Accademia d Italia. Roma - ti. 50. V>. FOSSA : ^Dal sindacalismo romantico aldiritto corporativo» - Ed. Cappelli • Bologna, - L. 15,