Come si svolse la "battaglia,, di Lissa

Come si svolse la "battaglia,, di Lissa STORIA E FANTASIA Come si svolse la "battaglia,, di Lissa Lo scontro navale di Lissa ha già pesato più del necessario sulla nostra storia politica e sul cuore della Marina italiana, sicché non si può considerare con indifferenza il tentativo di rinfocolare livori, amarezze e vergogne di quella infelice giornata. Sarebbe, se mai, il caso di chiarire e precisare la giusta portata dell'episodio, per palesare, finalmente, quanto eccesso vi sia stato nel denominare « battaglia » il breve e modesto duello navale e nell'attribuire a Tegctthoff il merito di una vittoria, quando egli stesso, la sera di Lissa, non sapeva ancora se considerare la giornata favorevole, o sfavorevole alle armi austriache. L'ammiraglio Persano L'indignazione divampata in Italia e le imprecazioni levatesi su ogni gazzetta della Penisola contro Persano, resero agevole all'Austria far assurgere Lissa al rango di battaglia e di grande vittoria imperiale, sicché le dimensioni di quell'episodio navale vennero ad essere commisurate alla impopolarità di cui soffriva in Italia l'ammiraglio Persano; cosa la più irragionevole che potesse verificarsi. Persano pagò ass^ai caramente e, possiamo ben dirlo, oggi, pagò anche colpe non sue. Quindi non è lecito speculare sulla notorietà che circonda il nome dell'infelice ammiraglio e sull'interesse che questo nome ancora suscita, per tentare di risollevare l'accusa di tradimento contro un uomo, che già il Senato costituito in Alta Corte, e più ancora la critica storica successiva, hanno assolto anche dalla accuia di codardia, lasciando solamente sussistere — incerto e non bene provato neppure questo — l'addebito di imperizia. Ora Federico Orsi, in un volumetto intitolato « Le grandi congiure militari », ha creduto bene, per illustrare la storia d'Italia, di annoverare tra i grandi congiurati anche l'ammiraglio Carlo Pellion di Persano, presentando la battaglia di Lissa come il risultato di una cospirazione e di un tradimento in tutta regola. Ma non sembra al signor Orsi, se proprio ci teneva a condire con qualche ingrediente italiano il suo minestrone di congiure francesi, russe, tedesche e turche, che la prima metà dell'ottocento gli avrebbe potuto offrire numerosi — ed onorevoli — esempi di cospirazioni militari in prò' dell'unità d'Italia, senza andare proprio a prendersela col Persano? E' vero che la colpa di Lissa venne, per comodità politica, adunata tutta, ufficialmente, sulle spalle di Persano, ma, in realtà, essa avrebbe dovuto essere ripartita sulle spalle di molti: basterà, per convincersene, esaminare rapidamente come si svolse lo scontro, secondo le ormai sicure risultanze storiche e secondo le stesse emergenze processuali del dibattimento Persano. Notiamo, anzitutto, che la flotta italiana era superiore alla flotta austriaca di 7 navi, 124 cannoni, 10.000 uomini e 4500 cavalli vapore. La squadra austriaca si presentò, come è noto, dinanzi a Lissa, dove era ancorata la flotta italiana, verso le ore 10 del giorno 20 luglio dell'anno 1866 ; subito il Persano ordinò alla flotta italiana di disporsi in linea di fila e di muovere verso il nemico; egli, intanto, lasciò il « Re d'Italia », per imbarcarsi su l'ariete corazzato « Affondatore » ; questo cambiamento di nave, che non aveva nulla di anormale, nè di disdicevole, venne notato da molte navi italiane, le quali, poi, durante il combattimento, trovarono comodo ignorare dove fosse l'ammiraglio onde non doverne eseguire gli ordini. L'attacco Tra le ore 10,45 e le 11, le navi italiane, stimando di essere a tiro delle prime navi nemiche, aprirono il fuoco. L'ammiraglio Tegetthoff, avanzando rapidamente, segnalò di serrare le distanze, di correre a tutta velocità e, alla divisione corazzata, di assalire il nemico e affondarla. La divisione-corazzata austriaca, primo il « Ferdinand Max », nave ammiraglia, venne a tagliare la linea italiana avanzante nrecìsamente nell'intervallo tra I"< Ancona » ed il « Re d'Italia », ma, dovunque il cozzo, avendo subito gli italiani presentate le prore, scivolò negli intervalli. Il controammiraglio Vacca, oltrepassata col suo gruppo (« Principe» di Carignano », « Castelfidardo », « Ancona ») la linea di fronte austriaca, descrisse un grande circolo e piegò a sinistra, con l'intenzione di doppiare la retroguardia nemica. Questo movimento, veduto da Tegetthoff, il quale, temeva per le sue navi di legno, lo indusse a manovrare per soccorrerle e mettere tra due fuochi il gruppo del Vacca, facendo dirigere a sinistra le proprie corazzate; ma già il commodoro von Petz, comandante del vascello « Kaiser » e della divisione di legno austriaca, aveva deviato alquanto a dritta, con le sue navi sempre formate ad angolo ed aveva aperto un fuoco violento sulle corazzate dell'ammiraglio Vacca, il quale commise il grave errore di lasciarsi attrarre e arrestare da tale fuoco. * In questo momento entra nella mischia « l'Affondatore ». La prima nave che incontra è l'avviso « Elisabeth » che, ripetitore di segnali, cercava di raggiungere la nave ammiraglia; gli tira un colpo col suo cannone prodiero da 300, ma lo fallisce ; dirige allora per investirlo, ma quello accosta tutto a sinistra, de scrivendo il più piccolo circolo che egli possa e facendo fuoco; l'ariete accosta pure a sinistra ; ma non riesce a mettersi in linea perpendicolare al fianco dell'«avviso», il quale, piccolo ed agile, ha descritto già un semi-circolo, quando l'ariete non ha ancora compiuto un quarto di circolo. L'« Aff ondatore » allora prosegue e si trova sulla sinistra del « Kaiser ». Gli tira e lo colpisce con un proiettile da 300, gli uccide o ferisce sei uomini, gli smonta un cannone sul ponte, e gii porta via telegrafo e bussola. Risponde il vascello con ripetute vascbiicnatvagolepmlenyinmcedadtemdvcopmgsotovsccrasctol'ddra« de cipgdro« sugVvriMinmtocousuIveslapgrvIle zanvmvricocopdtateripnchcolotrU7sddmtacacetvainmgml'atgpfigcfsplalsocdgcbcglasCgaCevSpmpfiaarSsnfiancate concentriche e passa-tento ^ e vicino all' « Affondatore » che da ambo i bordi si fa fuoco coi moschetti; poi l'ariete, bersagliato dai colpi di altre navi nemiche, vira di bordo ed allarga. Vi era stato ferito ii tenente di vascello Gregoretti comandante della torre prodiera. Duello serrato . E qui sembrò, e parecchi testimoni oculari lo affermarono, che per alcuni istanti l'« Affondatore » si trovasse in rotta quasi parallela al vascello, così da poterlo investire accostando a sinistra, ma l'ammiraglio Persano, che stava nella torre, ordinò « alla dritta ». Di ciò si volle fare grave colpa al Persano, che, pero, al processo giustificò pienamente la sua condotta facendo rilevare come egli, dopo la prima manovra fallita contro il « Kaiser », ayesse eseguito una volta tonda, per investire normalmente il vascello, ma per il lungo tempo occorsogli a compiere l'intera evoluzione, e per essere l'« Affondatore » poco ubbidiente al timone, la manovra fallì. L'ammiraglio Persano comandò allora di dirigere verso la squadra del vice-ammiraglio Albini, che si teneva ostinatamente lontana dalla mischia, nonostante tutti i segnali dell'« Affondatore ». Il «Kaiser» pocc^dopo si impegnava in duello col « Re di Portogallo » comandato dal Riboty, ma aveva la peggio, talché doveva allontanarsi malconcio dalle acque della lotta. In quel mentre l'ammiraglio Tegetthoff, con Ite sue corazzate, presso che tutte unite, rientrava nel fitto della battaglia, la quale era divenuta generale e confusa; i piroscafi, correndo a tutta velocità, s'incrociavano per ogni verso: talora amici tiravano sugli amici. Gli scrosci di pioggia ed il fumo avevano tolto ogni visibilità. E qui avviene l'episodio che costò la vita al « Re d'Italia » ; questa nave, incrociandosi al principio con la Divisione corazzata austriaca, era passata tra il « Ferdinand Max », e il « D. Juan de Austria », facendo fuoco di fila, e ricevendo una fiancata che gli uccise un marinaio. Avrebbe potuto proseguire, ed assalire le navi di legno nemiche; ma il comandante Faà di Bruno, dopo aver tentato di speronare la cannoniera ' austriaca « Dalmat », virò per la contromarcia sulla sinistra, cercando di raggiungere il suo prodiere, l'« Ancona ». Venne così, a incontrare una seconda volta le corazzate di Tegetthoff che ritornavano alla carica. Viluppo ài navi Una di esse (forse, il « Kaiser Max »), f assai veloce, si muove ad investire di poppa il « Re d'Italia », ma questo evita, serpeggiando, l'urto. Essendosi le due navi molto accostate, si accende da ambo i lati un .veemente fuoco di moschetteria ; sul « Re d'Italia » il guardiamarina Ivancich, colpito da una palla, cade estinto. La corazzata austriaca, allargatasi alquanto, lancia sulla poppa dell'italiana una fiancata convergente, che le rompe il timone e lo rende inutile. Il « Re d'Italia » trovasi circondato da navi austriache. Il comandante Faà di Bruno, fermo e tranquillo, va avanti a tutta forza, e risponde con fiancate al fuoco nemico; minacciato d'investimento, vuole accostare a sinistra; ma il timone non opera; in questo istante vede la « Ferdinand Max » che dirige per cozzarlo in pieno sul fianco sinistro; invece di accelerare ancora la marcia comanda, non si sa perchè, macchina indietro, ordinando l'arrembaggio generale in coperta. Gli ordini sono eseguiti, la gente monta sui casseri; ufficiali, marinai, soldati, coi fucili e con le pistole, fanno fuoco vivissimo sul nemico irruente. La nave austriaca arresta la macchina a dieci n '* jall'italiana, e le conficca, quasi )e. pendicolarmente, lo sprone nel fia»ico sinistro, due metri e mezzo innanzi alla macchina. Una breccia di 136 piedi quadrati, 78 dei quali sotto la linea di immersione, è aperta nel fianco del « Re d'Italia », il quale prima si inclina a destra, poi tutto a sinistra, ed immerge l'ampia ferita nelle onde agitate. In due minuti la nave italiana cola a picco. In quel viluppo di navi (che le austriache combatterono tutte, anche i piroscafi a ruote « Elisabeth » e « Andrea Hof er ») si trovava altresì la « Palestro ». Nel primo movimento in avanti, essa, poco veloce, aveva perduta la formazione ed era incappata in mezzo alla squadra nemica. . Parecchie corazzate e navi di legno austriache tentano di investirla ; ma non riescono, per l'abilità con cui l'ufficiale pilota De Agostino, che sta al timone della « Palestro » sa evitare gli urti : la stessa nave ammiraglia, « Ferdinand Max », l'investe, però di sbieco e con poco danno: infine la corazzata « Drache » le scaglia a tiro di pistola una fiancata concentrica nella poppa, che appicca fuoco ad una quantità di carbon fossile che vi era stato messo per appoppare la nave. Incendio sulla « Palestro » Su la « Palestro », nell'ardore della battaglia, non si accorgono dell'incendio se non quando ha già preso forza; il comandante Cappellini ordina di allagare la Santa Barbara, ciò che è subito fatto. Ma l'incendio divampa: le navi austriache si allargano, e, quasi presaghe della sorte che toccherà alla « Palestro », l'abbandonano. Allora Cappellini, cessando di combattere il nemico esterno, si volge contro quello che ha, più terribi le a bordo: l'intero equipaggio < adoperato per spegnere il fuoco. Gli si accosta F« Affondatore », ed il Capo di Stato Maggiore D'Amico gli grida col portavoce: «Salvate 1 eauipaggio: mandiamo le lancie! » Cappellini, tranquillo risponde non esservi pericolo, aver bagnate le polveri. L'« Affondatore » si allontana. Si avvicina il « Governalo » e tenta prendere a rimorchio la « Palestro » ; ma i rimorchi si spezzano. In questo punto, accorre presso la nave in fiamme anche l'« Indipendenza », che ammaina una lancia per aiutare auella del « Governolo » ed attaccare nuovi rimorchi alla « Palestro ». Sono le 2,30 pomeridiane, allorché s'ode lo scoppio successivo di tre granate nel corridoio: due secondi do o ^.m'SBiasm terabue* » sì&ìft-.;I si . stro» e il suo equipaggio son annientati. Accenniamo ora all'episodio della corazzata « Terribile », poiché esso pure vale a mostrare quali fossero le difficoltà di comando incontrate dal Persano. Chiamata ' da Comisa la mattina del 20 questa corazzata partì per l'armata prima della « Varese », quindi, fatto segnale a questa, che erale sottoposta, di continuare la via, si fermò : rimessasi in cammino con molta lentezza, arrivò agli estremi confini del campo di battagli", nel momento in cui il « Kaiser », mezzo sfasciato, usciva dal fumo dirigendosi per Porto S. Giorgio ; la «Terribile » si accontentò di tirargli, a grande distanza, alcuni colpi innocui. Durante tutto questo infuriare di lotta il contrammiraglio Vacca si era limitato, col suo gruppo, a sparare di lontano una quantità di cannonate inutili. Questa larvata inazione del Vacca era tuttavia meno colpevole di quella del vice-ammiraglio Albini, comandante la squadra dei legni. Questi, ordinata la battaglia, si mantenne con le sue navi lontano tre o quattro miglia dal punto in cui si combatteva. « Poi — e qui lasciamo parlare il vice-ammiraglio stesso — tentai d'impegnarmi con i legni misti austriaci, cercando perciò l'opportunità di un intervallo libero da corazzate nemiche, senza imbarazzare mai la manovra delle nostre; avvicinatele molto (sempreperòfuori tiro) —■ trovai l'attacco sviluppato su tutta la linea ; ma tre corazzate austriache, spingendosi a tutta forza negli intervalli delle nostre corazzate di testa, e con direzione verso la nostra colonna, mi costrinsero ad eseguire un movimento di contromarcia, mercè cui tutta la mia squadra doveva presentare la prua al nemico, mettendosi in posizione meno pericolosa: quando vennero le corazzate nostre a far piegare .sulla sinistra le corazzate assalitrici. « Una seconda occasione mi è parsa favorevole alle ore 10,55 quando scorsi la coda dei legni misti quasi isolata, e fu allora che segnalai di serrare la linea per avvicinarmi al nemico. Il cannoneggiamento frattanto continua vivissimo fra le corazzate, ma vengo novellamente deviato da due corazzate nemiche che tentano di abbordare la seconda squadra; però la riserva, e due corazzate di battaglia respingono il nemico. In questa fase del combattimento, mi era parso possibile di tagliare la ritirata dei legni misti, che piegavano a tutta corsa verso il canale di Lissa, col vascello in testa, già considerevolmente danneggiato, con albero di trinchetto abbattuto, avviluppato in denso fumo sulla prua; e veramente sarebbe stato ovvio di cambiare ad un tempo l'ordine di marcia; ma sotto il riflesso del ritardo dei segnali, e, per l'insieme che esigeva siffatto movimento, prescelsi di compierlo per la contromarcia. « In questo momento, ore 11,30, si sommerge la pirofregata « Re d'Italia », mantenendo le sue bandiere inalberate. A questo infausto evento, pensai non doversi disturbare per nulla il corso del combattimento (sic). Cessa il fuoco « Alle 11,35 la seconda squadra non aveva ancor del tutto compita la suindicata manovra, che le corazzate nemiche poggiavano nel canale di Lissa. Alle 11,40 cessa il fuoco da ambe le parti ». Questa è una parte dell'edificante rapporto del vice-ammiraglio Albini; come egli dice, gli Austriaci poggiavano », andavano cioè verso Porto S. Giorgio. Lo scontro era finito; non vi erano, evidentemente, nè vincitori nè vinti; tanto è vero che Tegetthoff non pensò affatto ad inseguire e tanto è vero che la superiorità numerica della nostra flotta, anche con la perdita del « Re d'Italia » e della « Palestro », rimaneva fortissima. La differenza era stata questa: che una flotta aveva combattuto tutta di buona voglia, anche senza attendere ordini; dell'altra flotta avevano combattuto soltanto poche navi, mentre la maggioranza era rimasta spettatrice della lotta, perchè non aveva ricevuto ordini o perchè non sapeva bene dove fosse l'ammiraglio in capo. Ma risulta ben chiaro che 1'«Affondatore», sul quale il Persano si era imbarcato, fu una delle navi italiane che più vivamente parteciparono alla mischia; risulta che le poche navi italiane che combatterono contro l'intera flotta austriaca dimostrarono magnifico valore e sprezzo del pericolo; risulta che l'intera squadra dell'ammii-aglio Albini si tenne volontariamente lontana dal combattimento durante tutta l'azione; risulta che il contro-ammiraglio Vacca commise errori su errori; risulta che alcune navi isolate si sottrassero all'azione. A Lissa, cioè, vi fu eroismo italiano . mancò la volontà collettiva di • zattere e tutti furono ben lieti q ...judo il Governo, col processo Persano, offrì ad ognuno il destro di scaricare le responsabilità proprie sulle spalle del" capo. La dubbiosa e non certo lodevole condotta del Persano trova la prima spiegazione nel suo stato di sfiducia intimo, derivante precisamente dal timore che esistesse questa scarsa volontà collettiva di combattere a causa, soprattutto, degli odii, rivalità, rancori, disaccordi che minavano la compagine degli ufficiali, venuti a trovarsi, per la prima volta, ad operare riuniti dopo la fusione delle marine sarda e napoletana. Al Persano fecero difetto la capacità e l'energia per domare queste difficoltà; quanto, tuttavia, fossero grandi tali difficoltà risulta dagli ostacoli contro cui urtò il Ministro della Marina Depretis allorché volle dare un successore al Persano: gli vennero opposti rifiuti di assumere il comando, minacce di dimissioni, lettere di protesta, intimidazioni, pressioni, ecc., ecc.; tutti i malanni di un ambiente dove la coesione e la disciplina ancora non avevano fatto alcuna presa. Lissa fu un meschino eDisodio scaturito da tutto ciò e da null'altro ; jil volerla presentare come una grave sconfitta e come l'effetto di una congiura e del tradimento di un uo'mo è tentativo iniquo, antistorico e antipatico. GIACOMO CARBONI. tildslsrPluraclsqcamdtaaTtmnVPpuvpqscrccsplncfgpmdmmfvpsafislgngmdparlbaldgtvtHgacq\[jì\1 c| I \