La XVIII Biennale che i Sovrani inaugurano oggi a Venezia

La XVIII Biennale che i Sovrani inaugurano oggi a VeneziaI^a nuova disciplina dell'arte italiana La XVIII Biennale che i Sovrani inaugurano oggi a Venezia Ancora una voff^M^adlabbonare rapidamente «n panorama sintetico dello tendenze dominanti nelle arti figurative italiane ed europee,nei momento attuale, quali almeno ri- sultano da questa XVIII Biennale re- nolana che domattina s'inaugura, ci sembrerebbe d mancare ad un pre- ciso dovere protessionalc se non ncor- hdassimo ai lettori lontani il significato e lo sforzo che di biennio in biennio, n misura crescente, le grandi mostre,internazionali di Venezia rapprese»- tano. U significato della mostra Non sempre la cronaca e interprete fedele della realtà dei fatti; c tuttavia:LU"? ^^L^LflanÌl°Sa™Cntu, PHte-|riore può conferire dignità e decoro augusto ad una cerimonia, coincide stavolta con una verità profonda. All'inaugurazione di domani, com'è noto, assisteranno il Re c la Regina, circondati da uno stuolo di Jfrlncipt: il Duca di Genova, il Principe JUrcoitano ai Danimarca e tì'tslanda in rappresentanza di Re cristiano, il Duca ai Braunschwcig-L,uneburg, la Duchessa di Manchester. Il Governo sarà presente col Ministro dell'iSducazione Nazionale, col Ministro delle finanze, coi Presidente del Senato. Gli Ambasciatori d'Inghilterra, degli Stati Uniti, di Francia, del Belgio, della foionia, il Ministro d'Austria, recheranno il saluto delle loro Nazioni. Tutto ciò per la funzione inaugurale d'una esposizione d'arte. La cosa non stupisca. SS' giusto che cosi avvenga. Noi abbiamo qui tra italiani e stranieri, circa novecento artisti cne espongono quasi tremila saggi. E' gente che lavora, nella gran maggioranza, pei una pura Idealità. Valenti o mediocri, giovani o vecchi, propugnatori o seguaci delle scuole più vane, essi non soltanto inseguono con maggiore o minore fortuna la bellezza attraverso forme che possono durare un giorno come possono Ipotecare il futuro: sono anche individui che credono nella necessità della loro funzione sociale, cuori che sperano, persone cne comunque vivono per una fede, so cosi non fosse non affronterebbero con lieto coraggio, iin dall'adolescenza, una vita terribile di incertezze, di travagli, di ansie, spesso anche di miseria. Ottantenni come Leonardo Jtsazzaro o non ancora trentenni come Gregorio Calvi di Bergolo, illustri cerne tiiacomo Grosso, Deratn, De Cninco o Arturo Tosi oppure oscuri ancora al pari al questi quasi anonimi a identificare ì quali la pratica dell'occhio poco vale ed e necessario ricorrere al catalogo, dalla Spagna alla svizzera, dall'Olanda alla Bolonla, dalla Kussia alla Danimarca, dall'Italia all'Ungheria, daii'fcluropa all'America, costoro riconfermano con l'opera quotidiana 1 valori del sentimenti di fronte ai pesi morti delle grettezze, delle rapacità, delle brutali concupiscenze umane. Nella crisi di cui il mondo ancora soffre, nel subitaneo oscurarsi — talvolta — delie sorti dei popoli, nell'avida lotta per 11 potere e per il denaro, essi — infinitesima minoranza — proclamano a gran voce cne qualcosa di più alto, di più puro e nobile ci incoraggia a guardare sereni il domani. Finche questa fiamma splende, tinche questa tede d! vittoria perdura, tutto ó. salvabile e perfettibile. Non e la dovizia degli averi che fa ricchi gli uomini, bensì quella delle idee, fcid e ancne per ribadire questa verità che domani Venezia inaugura con tanta solennità la sua esposizione internazionale d'arte. Nulla di strano, allora, che i suoi organizzatori — primo tra tutti Antonio Maraini — si sian dati anima e corpo alla loro impresa por riuscire a questo perfetto allestimento cne oggi meraviglia, e inorgoglisce noi italiani.. Conviene senz'altro dichiararlo; lo sforzo è stato enorme, il risultato — almeno come presentazione di artisti — è stupendo. Ciascuno sente che una volontà unica e dominante guida e sorregge, anche di lontano, questa fatica grandiosa e complessa, una volontà che, in ogni momento presente, tende a portare l'Italia in tutti ì campi in primo piano fra le nazioni civili. Da questo sforzo e da questo risultato si misura agevolmente l'entità dell'impresa del Maraini. Impresa irta di difficoltà e di insidie, che richiedeva il completo impegno delle riconosciute doti di abilità, di tenacia, di cultura e di gusto dello scultore romano, cui era stata affidata dal Comitato della Biennale una autorità quasi dittatoriale. Da tempo egli sosteneva che la Biennale di Venezia — massima esposizione italiana — doveva farsi esclusivamente ad inviti; e la sua tesi ha quest'anno trionfato. Per mesi e mesi ha dovuto perciò visitare gli studi cli tutti quegli artisti italiani che la sua competenza gli suggeriva, che i bilanci delle varie mostre regionali e della Quadriennale nazionale di Roma gli avevan segnalato, anche attraverso i giudizi dei singoli segretari dei Sindacati regionali degli artisti. Ratificati da una « Commissione consultiva straordinaria per gli inviti » composta dal conte Volpi di Misurata, presidente della Biennale, dal Podestà di Venezia, da Nino Barbantini, Felice Casorati, Beppe Ciardi, Gino Damerini, Riccardo Nobili, segretario del Sindacato degli artisti veneti, Ugo OjettiCipriano Ensio Oppo, segretario del Sindacato Nazionale Fascista delle Belle Arti, Marcello Piacentini, Romano Romanelli, dalla signora Margherita G. Sarfatti, da Ettore Tito e Arturo Tosi, codesti inviLi furono rivolti ora all'artista, ora alle opere. Gli esclusi Tutto ciò (so anche è noioso scriverlo e più noioso leggerlo) va detto — oggi, vigilia dell'inaugurazione, e dopo uu accurato esame delle cinquanta sale del padiglione italiano — non soltanto por dar misura della eccezionale fatica del Maraini, ma soprattutto per fornire ai lontani, con la maggior serenità possibile, una fisionomia di questa esposizione. La quale, nelle sue sommarie generali linee, più che uno specchifedelissimo della produzione pittorice scultorea italiana 1032. si presentcome una grande e riuscitissima rassegna di alcune forzo artistiche («picàalmente giovani) oggi predominantin Italia. Non vogliamo entrare in discussioni critiche, e rinunziamo anchad un giudizio personale: constatiamsemplicemenle un fatto innegabile. nomi di Leonardo Bazzaro, EmmCiardi Paolo Ferretti, Giuseppe Graziosi Giorgio Belloni, Onorato CarlundGiuseppe Casciaro, Giacomo Grosso XSCg TÌ° ^"'"i' tjml&lS b^'SpSS Cesare laureiti À?«?«^^«nf£r Vincenzo^e ieLfèSo^Ba^' Ettore Tito. vSe 'g5S ?^5rS guardie della pittura c0"ila sei1Jra noatre, non incannino U la loro presenza. N,m ò *UC8Uonu cli e& tra h ~iovani » ertovaniasiml - espongono Carlo Carrà che ha ci'nauantadùe^nni. Felice Carena che T ha cinquantatre, Arturo Tolti (andare a vedere, in proposito, il - Giverny - del- Giverny la «retrospettiva» di Claude Jlonet, nel padiglione francese), che ne ha sessantadue. Non si tratta dunque di persone; si (.ratta di tendenze e di gusti. Ma tena>nze e gusti sono impennati pur sempre da individui, i quali, col loro lavo- a o a — o e o à e o a a io, soddisfano i gusti d'infinite altre persone. Il lavoro di un Vittorio Cavalieri, di un Giovanni Giani, di un Cesare Maggi (che fu uno dei successi della VII Biennale), di un Cesare Ferro, presidente dell'Accademia Albertina di Torino, di un Gaetano Orsolini; i moltissimi che amano e seguono questi artisti, contano dunque assolutamente zero nella produzione e nell'apprezzamento dell' arte d' oggi ? Nè il Maraini nè chi della « Commissione consultiva » eventualmente abbia escluso costoro, possono crederlo. Ecco perchè — limitando l'esempio a soli cinque nomi ed a una sola città: Torino — diciamo che 'a XVUI Biennale veneziana si presenta (almeno nelle intenzioni) come una grandiosa mostra di tendenza, e, sotto un altro aspetto, schiettamente polemica. Interesse polemico rrobabiimente anche da ciò deriva il suo interesse intenso. Un interesse attualistico, tolte quello retroguardie ricordate, che compensa d'una cotale unilateralità, per non dire monotonia, ìnevitabile ad una esposizione nella quaie — mancando ali artista la pos-^sibilità di accedervi ancor quasi deltutto sconosciuto assumendosi una sua personale responsabilità con l'inviare l'opera al giudizio di una giuria — mancano quello sorprese, quelle, rivelazioni improvvise che furono la parte più viva ed estrosa dello Biennali passate. Nitida, splendida, supremamente elegante, espressione raffinatissima di un gusto critico acuto e vigilante, la mostra tradisce infatti 1 origines il meccanismo lievemente burocratico della sua formazione: la selezione.cioc, graduale degli artisti attraverso mostre preparatorie. Ci si ritrova le mostre preparatorie. Ci si ritrovaun poco come in famiglia; le conoscen- ze impensate son rese difficili, quasi impossibili; l'etichetta del convegno e osservata con cordiale scrupolosità: ci si incontra, si notano i progressi, si osservano le reciproche influenze, i tentativi, le resipiscenze. Manca lo scatto, manca lo « scandalo »;. e le discussioni (coi pennelli e con lo scalpello) sono oltremodo cortesi. « Strano diceva ieri un noto critico romano strano come questa pittura parla a bassa voce. Nei padiglioni stranieri si canta più forte i>. Aveva ragione : ma gli si sarebbe potuto rispondere che se la voce è bassa le sillabe son chiare: che è quel che conta per farsi intender di lontano. « Le paro che la Biennale riveli davvero un grandissimo artista? », — ci domandava a sua volta un giovane pittore torinese. — No: la Biennale non rivela forse nessun artista grande: ma rivela la disciplina d'una massa compatta di eccellenti artisti. E' — non paia paradosso il suo difetto; è altresì il suo vanto, il riconoscimento della necessità della sua attuale funzione. E' — infine • il suo significato polemico. Perchè questa XVUI Biennale, in apparenza infinitamente meno battagliera e avanguardista delle due precedenti, è una presa di posizione cosi netta, chiara e definita, come nemme-no il più tradizionalista (per non dir i: pompiere ») dei critici poteva vagheggiare neppure tra i sogni delle sue speranze più audaci. Se si avesse intenzione di far dell'umorismo, se si volesse dal vestitoiudicare i moti intimi del cuore. ' critica dell'Esposizione si potrebbe riassumere in una frase semplicissima: «La facciata nuda e liscia da opificio del padiglione italiano degli anni scorsi, è scomparsa. Alla pittura e alla scultura italiana 1932 si accede attraverso un pronao di solenni colonne: quelle decrepite colonne cui l'architettura razionalista aveva dato il bando ». Ma c'è qualcosa che parla più chiaro ancora di questo colonnato aulico che (ironia della sorte) dà l'immediato ingresso, piegando a sinistra, alla sala dell'«eropitf!ira futurista. E bisogna andarlo a cercare, con un sorriso un po' sardonico da Monsieur Bergeret, oltre il canale di Sant'Elena, nel nuovo gruppo dei fabbricati sorgenti sul nuovo terreno della Biennale. Qui, chiuso con nitida eleganza di linee architettoniche da Brenno del Giudice fra i padiglioni della Svizzera e della Poloniasta quello delle Arti Decorative « Venezia ». In vetrine a muro od isolate, esso contiene, come dice il catalogo, « con bella varietà di luci, vetri di Muranod'Italia, di Francia, d'Austria, di Svezia e d'altri Paesi, e musaici e merletti, tutto uno sfavillare di trasparenzetutto uno spumeggiar di delicatezze »Richiami gozzaniani Delicatezze, infatti, che son vere o proprie ghiottonerie da buongustaioMa ci perdonino gli stranieri so diciamo che in questo memento lo « spumeggiar di delicatezze » che ci interessa di più è quello italiano, anzi, muranese. Ci interessa perchè in queste vetrine lucenti di intelaiature cromate, cpai' di scorgere attraverso una nebbia confusa, attraverso un ricordo soave dpallida vita infantile, il comò della nonna il caminetto un po' tetro, le scatole senza confetti, i frutti di marmo protetti dalie campane di vetro, gli scrigni fatti di valve, gli oggetti col monito salve... Eco cli voce dell'Amica dNonna Speranza, o inganno degli occhche ancora non credono : « / /'ori inconiice (le buone rose di pessimo giisto)»? No, non c'è Loreto impagliated il busto d'Alfieri, di Napoleone. Ma il fiore c'è : una onesta rosa cli vetrorossa come debbono essere tulle le ru-jsè"gozzanÌane, col suo bravo gambi I ver,ie ròn le sue due fogiioline non mei- L0 vc'rdi. Ma c'è una scodella celestee fatta, coi suoi casti rabeschi, per ano Lare In dono a una comunicanda genIItile Ma c'è un piccolo gufo di vetroa 0h, adorabile, che la mia prozia avrebo- bc spolverato con religiosa cura ogni, ' mattina, togliendolo dalla console co, lrA due candelabri Luigi Filippo c la pelote degli spilli ricamata a punto-1—croce. cNon ingannatevi. Non sono le soli- sle ironizzazioni del gusto, non è la pie- |iicola perversità decadente d'una caricatura di sentimenti defunti. E' buona fede schietta, e lavoro attuale, è sapore vsdì oggi: fede, gusto, sapore che si pon- Ngono all'avanguardia facendo un balzo.nindietro— nel gorgo nero della borghc- j bsia preumberlina — di sessanta o set-1 etantali innanzi. E bisognava sentire p--si, bisognava, perche lo spasso era ; sineffabile—i pittori simpatizzanti con|f'gtutti i pariginismi più « belluini », i cri liei degli avamposti più temerari, an-1 tdare in visibilio per quel bicchiere fica- smalo in cilestrino, per quella ro:<a dajvcomò della nonna. Parlavano facendo • lcon le parole quel giochi da funambO; Isli, per cui il pubblico ammutolisce pre-|sjoza. Era questa, ad udirli, la quintessen- uza della modernità. Noi guardavamo il ]erdbso dal terrore di non capire abbaslan- bicchierino, guardavamo la rosellina di gusto e di fattura davvero deliziosi, e pensavamo a Carrà, a Tozzi, a Paresce, a Do Chirico, a Mcnzio ed a De Piris, a Severini o a Campigli, alla Scucia di Parigi, che ha mondato qui Kisling nella sala dove due anni fa furoreggiava Modigliani... Indietro non si torna E tuttavia, attenzione ad evitar gli equivoci. A parte il fatto che l'arte decorativa anche la più raffinata può compiacersi di ribellioni improvvise a tendenze chiaramente indicate dalla pittura e dalla scultura (non vedemmo l'orse fiorire il neoclassicismo di un Gio. Ponti o di un Lancia mentre l'impressionismo d'un Carena e d'un Soffici trionfavano su questo pareti?), non si lìa da credere che — passando dal padiglione dei vetri e dei merletti veneziani a quello dei pittori e degli scultori di tutta Italia — si possano abo azcdeidivtdss j lire con un frego di pennello le espe- rienze ed i sudati travagli dall'imme-1 ^iar.o dopoguerra ad oggi. _ (l Nei tre saloni successivi alla « Ro tonda :>, stanno Boldini, Gemito, Mi- ! Rembrand chetti, il fantastico Romano Romani, tutto ritmi L'imbolici e allegorie interiori (fu ordinata, la mostra dell'infelice, solitario artista morto giovanissimo, da Margherita Sarfatti, ed il suo è stato anche un atto di gentile pietà). Bugatti che continuava a Parigi il suo stanco impressionismo | alla Grandi quando già Francois Pom- pon stilizzava insuperabilmente nel |,bronzo le forme animalesche, i venetij dell'ultimo trentennio ottocentesco, da ! ! Bezzi a Cabianca, da Favretto a Gu-1 i Bezzi a CabL.. guèlmo Ciardi, da Marius Pictor a Na-i [poleone Nani, da Luigi Nono a Pietro | a e a a — o à e n i -i r e o e a i a e l o e a a n o o , n , e, . o o. ci a di nooriodi Fragiacomo, da Lino Selvatico a Silvio e Antonio Rotta, da Federico Zandomeneghi ad Alessandro Zézzos. Stanno — questi artisti che confidarono alle opere il loro tempo — ad ammonirci che indietro non si torna. Alcuni ormai entrati nel novero dei sommi, altri da i collocarsi per sempre — prima che la Biennale si chiuda — fra le semplici documentazioni artistiche di un'epoca. Comunque, fra loro ed il presente non esiste comunanza nè di intenti, nè di tecniche, nè d'ideali. Basti guardare un ritratto di Boldini ed uno di Salietti; un paesaggio di Nono ed uno di Emilio Sobrero. Quando si parla di tradizione, spesso si ciancia a vuoto. Cos'è dunque che dà a questa Biennale, in apparenza cosi poco battagliera, un valore di schietta polemica '! O la nostra è illusione, oppure è precisamente la manifesta volontà di tornare alla disciplina italiana. Quando si dice disciplina italiana, si dice equilibrio, saggezza latina nell'opporsi a tutti gli estremi, anche — se è necessario — deridendoli; si dice aderenza alla vita ed alla realtà, culto della forma, misura nei sentimenti, negazione recisa d'ogni deformazione spirituale che trovi il suo riscontro nella deformazione degli aspetti esteriori. Sono passati due anni soli dalla grande mostra di Modigliani; e già di sala, in sala occorre ricercare pazientemente qualche pallida sopravvivenza di <: modiglianismo ». E' passato un lustro appena dalla prima mostra del « Novecento », e già la bellissima .'personale» di Alberto Salietti è la sconfessione delle ideologie che condussero tanti eiovani assai impazienti a raggruppar- ?; intnrn., al Ti vinfruardi*» milanese. Che nn$ Essere ^avanguardia in Più. n-ssere aii av»"5"«" "™ . questa Biennale dove lo scultore Dazzi, esponendo come pittore, confessa le suenette preferenze per Armando Spadini, sembra nemmeno di buon gusto: dico avanguardia nel senso comune del la parola. Perchè mai, sùbito dopo il primo giro per le cinquanta sale, Giorgio De Chirico ci è apparso infinitamente meno intelligente, meno espressivo degli odierni bisogni spirituali, meno « necessari o» alla pittura contemporanea, di quanto ci apparisse treo quattro anni fa? Perchè Carlo Carrà non conduce più i reparti d'assalto, ma — nel quadro generale — già pare fermo fra chi procede verso mète diverse ? Perchè i futuristi non impensieriscono più i formalisti, sebbene proclamino di andar creando nuovi miti destinati — essi pensano — a farli evadere sull'ali della « aeropittura » dal cerchio chiuso nel quale son costretti ad agitarsi ? Perchè Francesco Menzio si mostra ormai come un giovane che dilapida le sue eccellenti doti dipingendo quadri straniati da ogni realtà di vita, mentre sarebbe stato perfettamente intonato al clima di quest'esposizione so- vi fosse tornato con quelle sue rinnegate <: Signorine » cli cinque o sei anni fa? Perchè persino Nicola Galante ha rinsaldato i suoi toni e precisato i suoi contorni, e da Carlo Levi e da Enrico Paolucci si richiederebbe di sostare un tantino nel caleidoscopio del loro decorativismo (simpatico certo, ma troppo facile), e da Gigi Chessa si vorrebbe un ritorno alle belle carni luminose di donne e di fanciulli ch'egli usava dipingere quando non aveva ancora disperso la sua pittura in un soffio evanescente di rabeschi, come oggi? Perchè in Emilio Sobrero si ammira la Giovine donna » e la •. Donna alla ter-hi specialmente per certe solidit n ; rifiuti ad ogni trucco illu-i-[$"^^9 to a o, u- | Ricostruzione dei valori Semplicemente perchè oggi l'avan-o guardia non è nella deformazione, ina e- nella ricostruzione; non nello spezzare e, lì legami con la realtà, mane] farsene n-|la guida più sicura. Tra \ incenzo Gen-; mito c Ossip Zadkrae di cui I r.ul Fieo, rens presenta sul catalogo le quindicb- j opere come quelle (ohimè, che linguagniiglo frusto...) di inventore di «misurecu idi cadenze, ili rapporti, di piani, da Iequilibri di masso, < 1 uomo doggi — lo dice questa Biennale — non e, aro signor Fierens, lo Zadkinc con le ue reminiscenze di Arkipenko, bensì i Gemito. Non si chiede più a nessuno di inentar nulla: si chicle a tutti di ricotruire la frantumata realtà della vita. mCnszNon si chiede di essere intettirjenti'Ai chiede cli essere dei lavoratori prò- i, degli operai dì questo magnìfico;dificio che" rinasce sii] suolo italiano per ospitarvi quella pittura e quella cultura che dicono delle cose, c non anno gli esercizi mi trapezio. Da-gran tempo, infine, si chiedeva ai pit-jori delle "teste a pera, delle cosce ma-jtodontiche, dei dorsi elefanteschi, dei | olli ebeti, delle caratteristiche pato-| ogiche, agli scultori dei ::cni mostruo-ii c ributtanti, dello mani s chc. del colli a bottiglia, di aprire glÌ!oicln sua armonia della costruzione]umana. Si chiedeva loro cioè, di essoreispressivi fin che volevano, ma di appresentarci anche per il riposo dei nostri occhi — la donna, il bam4bino, l'uomo non soltanto sotto gli: aspetti della brutalit zione, dell'idiotismo. Eravamo in pochi a chieder ciò, perchè è sempre sgradevole far la parte della persona che non capisco nulla, ed attirarsi i sorrisi di compatimento, frizzi, e qualche volta — condiscendenza suprema — le ironie del superntelligenti, degli intellettualisslmi, dei veri intenditori, degli inventori dell'arte di domani. Com'è che oggi la XVIU Biennale risponde con tanta cordialità ai dissidenti di ieri? Si tratta l'orse del ritorno del Figliuol prodigo? Forse la durezza dei tempi non 6 stata senza influenza. Allo stesso modo che negli anni della reazione al dissolvimento di valori spirituali che si chiamano nitria nazione stato fami- emani ano patria, nazione, jiaio, lami già, l'arte della forma Z! "";M'np; Jl!uo' Idm.'"reagì al polverizzamento , ali illusione ottica dellarappresentazione fulminea, fuggevole, cangiante del colore e decretò il tra-monto dell'impressionismo e l'intangi- bilità dei volumi e della plastica, ih un secondo momento ci si accorse chela deformazione per partito preso e nido l'orrido eletto a nuovo canone di bel-lezza, stavano diventando patrimonio morale doi popoli sul declino, e so- prattutto di quei cenacoli di snaziona- lizzati e di meticci che si proclama-vano innovatori a Parigi e che sono viceversa (lo dimostrai! padiglione francese da piandrin a Derain, da T.note =i eiovane Charlemaene da Ber-n^rd Lamette a Lcha<=oue e a'De Wa- gg^3£oito del ^^^,,-[,„" francèse p^,;„ml„ ,,' Comunque la lezione è stata saluta-re. Era anche quella, probabilmente,un'esperienza da attraversare: occor-reva soffrire nel vivo della carne, pri ma di pensare a curar la ferite; c quanto abbiano sofferto la pittura e la scultura italiane, sta nei ricordi delle mostro del Novecento, delle due Biennali passate. la riconciliazioni col pabblico La reazione, che non è — badiamo bene — un ritorno all'Ottocento, ma una riconquista del clima storico italiano, s'iniziò con la Qadrlennale romana, si accentua oggi con questa esposizione. II quadro che vi dominac non soltanto come ampiezza, è io « Sposalizio » del genovese Pietro Gaudenzi. Potrà essere variamente discusso: è indubbiamente una delle pitture più attuali. Eso Peluzzi con le sue umili rappresentazioni provinciali o Francesco Trombadori con le sue co-struzioni robuste e rilevate; Domeni-co De Bernardi coi suoi paesi luminoso Lorenzo Viani che lascia il bozzettoironico per affrontare il quadro; Giù-senno Montanari ,-he cerca di chiuder*seppe Montanari che cerca cu chiuderele rappresentazioni più varie nel suostile massiccio, nei suoi colori un posoffocati; Mauro Reggiani ampio csolatio o Nino Springolo semplice eaggraziato; Guido Farina realista sereno o Luigi Eracchi limpidamente cìecorativo; Memo Vagaggini che ha unaMaremma di nitidezza impressionant„ , „ . ,.„,:„„„, _i_fli _ „ _o Domenico v alinoti! plastico, succoso, tutto nerbo sotto il colore; Agostij no Bosia che cerea solitudini bistol| frane di nubi e di aeque o Antoni Doaghi che incide i volti con il colore• con l'impegno di un miniaturista; LeoInardo Dudreville che potrebbe star| _„„: on Faichetti -oadre tipIIt mi! a la pari con^^ir""^^..^-1 * p ' d fe natu re mori e Mie hele Ca =^-"f< -«'senno ì^ucci, uppi, cesar Monti che torna ad affermare un : a - a e e i , i » personalità interessantissima, EsodPratelli che ha ancora progredito dasuo quadro agreste di due anni faMario To2zl de! quale bisogna guardar la pittura solida dimenticando ifunambolismo delle immagini, FiiippDe Pisis che è tutto un incanto coloristico, tutta una delicatezza di grigdi rosa, di cilestrini; Gino Severini chfa brillare le penne delle sue anitre le scaglie dei suoi pesci con un preziosismo di sopraffina eleganza, Massimo Campigli che nel ritratto del pittore Funi esce dal sonno del suo arcaismo per tentare una vivacità insolita, Barbieri romantico e Canegradal tradizionale sfumato lombardescoPompeo Borra indeciso tra Salietti Funi, Primo Conti d'una « perversità alla Fleurs dn mal, Mario Sironi cornai solito allucinato da un irrazionalsmo tenace ma P^J^V^ "w^1*??^nella robustezza tonale, Achille Funclie dal puro platonismo sale ad un'ampiezza solenne di rappresentazione, Achille Lega, Guido Peyron, Baccio Maria Eacci, Gucrrlnl, Bernasconi, Giùseppe Manzoni che rinnova su una parete i suoi doki incanti della prima vera e dell'autunno astigiani una fragilità Dante Montanari, Vellani Marchi, Ado Carpi dagli arguti monologhi colorati (son parole di Calzini che lpresenta nel dialogo), Raffaele DGrada Antoni,. Barrerà Emilin nVIIuracia, Amon.u Barrerà, Millo recitCormalista accurato — tutti costoro fvario modo s'intonano al quadro dGaudenzi. Che nel coni-orto di colori non vseFueoi dscricchiolante e candidai stonature strid°nti ohe la bpetà lo s'u '' réna v n ,illieta, o stucuo, ..'serena \ ìsionc delcose siano le caratteristiche di questpittura italiana che rinasce dopo lunglie doglie, è quanto la Biennale intcndeva dimostrare. Se 11 suo valorpoleraico è questo ritorno ad ideali bellezza clic fino a ieri temevamo pesempre tramontati, dobbiamo essgrati a Maraini e ai suoi collaboratri d'aver impegnato — sia pure cogli accennati esclusivismi — una baUsti, il ritorno dell'arte alla vita. MARZIANO BERNARDI, taglia che condurrà alla vittoria: riconciliazione del pubblico con gli a