Sera sul lago

Sera sul lago Sera sul lago Verranno, quest'anno, forestieri? Il barcaiolo che mi ha aiutato a scendere dal navatìii — c'era un viluppo di reti nuove, sulla riva, e ci ho dato dentro come un luccio in amore — è del parere che sì. Si sono già visti Americani a Pallanza, a Stresa. E Tedeschi ne sono passati un po' sempre, anche d'inverno : a quanto pare non più trattenuti, come lo scorso anno, dalle strettezze e dalle risse politiche. Gli albergatori sperano, accendendo candele alla Madonna di Campagna e scrutando il mobile cielo. Al tepore dell'Aprile, il Sempiome disgela, la acqua del Golfo fiorisce, le Isole si rimboscano e si aggraziano, le campane tornano a udirsi a distanza, e talvolta da riva a riva : come ho sentito k> il giorno di Pasqua, pranzando in Baveno con due parroci. L'uno, intanto, mesceva del chiaretto; l'altro odorava una rosa gracile : la prima dell'orto. E una gatta divenuta madre m canonica ci guardava con occhi ardenti, primaverili, fra i suoi quattro micini ancora ciechi. Dico anch'io al barcaiolo che i fonestieri verranno. Sento anzi che saranno molti, quest'anno. Ai laghi si deve tornare e si tornerà. Il Verbano può aspettare fiducioso, preparando tra Aprile e Maggio il suo scenario senza pari. Ma non sentite l'odore di erbe buone che già viene dall'Isola Madre, dai Pescatori, dall'Isolino selvaggio? E' una fragranza tra acerba e amara, come quella che diffondono le adolescenti. Ma non sentite, in quest'aria chiara che dice tutto, racchette di tennis già battere a distesa ; e fanciulli gridare, azzuffarsi nei giardini delle ville non più chiuse? Niente è più promettente e vitale della voce d'un bambino. Sono essi che inaugurano la primavera. Noi non siamo che gli invitati alla festa. I piccoli dei pescatori siedono già tutti fuori delle porte. Sono le cinque del pomeriggio. C'è in aria un cervo volante. L'acqua cullante il mio navatìn abbandonato ripete, risucchiando, un singhiozzo. Sento le sonagliere delle reti arrotolate e riportate via. Una campanella che potrebbe essere tanto d'un chiostro che d'un albergo batte e ribatte, con una sua petulanza giuliva. Penso che debbono esserci anche delle campane bambine. Questa fa il chiasso, come i mar mocchi che sono intorno al cervo vo lante. Sopra San Remigio c'è anche H volo d'una colomba. Passa un cac-ciatore e guarda, con l'aria di misurare la distanza. Il cane, distratto, punta invece verso una levrette intravista dal cancello d'un parco. La levrette ha il muso e una zampa alzati, in atto di gran meraviglia. Niente ricorda lo stupore amoroso di Tristano e Isotta, là sulla nave, come il primo incontro di due cani. Decisamente, è l'Aprile. C'è intorno, della primavera ricominciante, quell'uligine rada che fa un poco scivolare i passi ; ed io rifaccio il lungo-lago con la gioia di sentire, qua e là, una mollezza di muschio che mi chiama, mi trascina. I rami degli alberi rinverditi sopra i muretti dei giardini, già s'intricano. Qualche bronco ancora spoglio si snoda e si torce : ma armonioso, come in danza. Vedo bocci in un pometo; vedo un pesco botticelliano. Il sole è scarso, ma lieve è l'umidore del lago: e le macchie delle pioggie recenti stanno già per dissolversi nella luce del Golfo. Riconosco, passo per passo, gli adorabili' luoghi: rumori, odori, stormi, richiami. I ricordi mi vengono incóntro. Scivolo su di essi come sull'uligine d'Aprile. Quella era la .villetta scura dove, bambino, venni un giorno coi nonni, in carrozza a pariglia. Avevamo preso, rammento benissimo, un gelato rosso sotto il bersò : e la nonna aveva un ombrellino di pizzo, dei guanti lunghi ; e parlava della Regina Margherita. Questa era Villa Montebello, dove Umberto Giordano m'ospitò giovinettoe nelle ore di riposo — il maestro componeva, allora, la Siberia — era tanto felice : rideva forte, giocava in sieme al bersaglio, mi parlava della roulette di Montecarlo e^del piegabaffi di Leoncavallo. Qua è l'Educan dato, che ora nel giardino ha posto una vasca, con una Madonnina nemezzo e dèi gigli intorno. Là è Villa Branca, col suo rosaio storico, che anche allora i viandanti si segnavano a dito. Ritrovo le ville, le stradei sentieri; e poi le case, i portici, le altane, i balconcelli. Oh, Pallanza fe1 lice! E la fontana della piazza; la Madre del Fante, inginocchiata a fiorire un tumulo; le magnolie e i castani della riva, il cui odore, a Giugno, non lascia dormire. E il campanile gemmato di sole, nella connes sura delle sue lastre perfette; con quel coronamento festoso che parefra tanti giardini, abbia finito per fiorire anche la pietra, Stanco di luce, mi nascondo in uncaffè dei portici : il più tenebroso. At1-, ^o^;^- mi xr<vU onln e.taccano la radio: mi vedo solo, e chiedo che la sospendano. Mi basta la musica dei ricordi : e questa fragranza acerba, e questo singulto dacque portanti il primo brivido della serenità. L'ombra va scendendo a ondate: versata giù, si direbbe, corintocchi d'un campanone. Appesa amuro, tra un orario dei battelli e un bando podestarile, è la fotografia dun film che daranno stasera, vecchidi vent'anni : e c'è Francesca Bertinche mi guarda, in un pallore ipnotico, sotto la tesa d'un grande cappello. L'aria ha il raffreddamentimprovviso delle rive di lago; e gimi riprende quella tristezza che sulaghi nostri, a certe ore, è immancabile, e di cui pureil cuore, una voltbevutane, non può fare a meno, come di certi vini amati : quel senso dsmarrimento, di accecamento chprende l'anima, dopo gli occhi, tra lazzurrità ossessiva dell'acqua e decielo; di un'acqua chiusa che parsoffrire, a quelle ore, sotto il cielaperto. Dei passi si muovono nel caffè tenebroso. Due Tedeschi, sposi i viaggio di nozze, siedono con la sigaretta alle labbra, e uno di fronte all'altra; si mandano il fumo negli occhi, trasognatamente, senza parlare. La radio è riattaccata, in loro onore, con un remoto Konscrt schubertiano ; ma, di nuovo, è fatta sospendere a un cenno di lui : calvo, muto, con un dolce viso. Siamo in tre silenziosi, e c'intendiamo benissimo. Jl freddo della sera cala su questo concilio di ombre; e su Francesca Bertini, livida, che mi guarda. La sonagliera delle reti portate via passa e ripassa gSwfc?-™ |°" • »Pet«i."d'un ì^j^flffSf1-? domandiamo, in un giro d'occhi, se sbarcheranno altri fantasmi per tenerci compagnia. Ma sì, sì: c'è la luna nuova, questa notte. Me lo assicura la padronetna dell'albergo di cui sono, finora, l'unico ospite: e vien fuori con me a vederla, a riconoscerla, questa luna che dà stasera la sua première. La signorina studia canto : e tutte le vedute del lago natio le appaiono, ormai^ tante scene d'uno spettacolo fuori uso. Nè può capire com'esse incantino me, che sono di città e vado a teatro tutte le sere. A lei pare, ecco, che sulle onde i riflessi della luna vengano avanti dietro un segnale, ordinati e brillanti come un corpo di ballo. Rarissimi, per contro, i lumi qua sulla riva. I forestieri sono pochi, ancora, e rincasano presto. Aprile, dolce dormire. Un'aspettante sonnolenza è sparsa da per tutto: ville e case rustiche : l'Isolino, è tutt'un'ombra. A San Remigio, non c'è che una lampada rossa% La luce più viva viene da un caffè delle vicinanze : da cui però non partono voci, ma solo l'urto di due stecche da biliardo : ed è un rumore triste, come di cosa che si rompa. Un po' aspra è la notte. La signorina canterella per vincerne il rigore. Poi dice che se verranno forestieri, quest'anno, ci sarà un torneo di tennis; e poi anche un concorso ippico, come a Stresa. — La interessano, i cavalli? — Rispondo che m'interessano solo gl'ippodromi ; ma perchè ci sono delle piante, delle rose, come qui. La signorina sospira : non ha in mente lei che i rosai dipinti da Rovescalli. Passa un ciuchino al trotto. Passa un turista ferrato. Passa il vento d'Aprile, profumato e brusco. Laggiù, irradiata fra i gigli, appare la Madonnina dell'Educandato. Intravvedo, nei parchi delle ville, pai i'ori d'archi entro ombre di boschi. j Urlano cani. Il lago è un canto d'acque querule: d'onde piccoline, e pu [o a a o l a e , e 1 a rò insidiose, che qua e là danno brividi e gorghi, senza un perchè. Biancheggiano Villa Melzi nei suoi platani, Villa Bauer nelle sue quercie, Villa Montebello nei suoi bossi ignudi: e il roseto di Villa Branca non ha che spine. Udiamo fontane; scorgiamo statue ; i gemetti ottocenteschi issati sui balaustri, gli amorosi gruppi canoviani, le « Melanconie » d'alabastro relegate in fondo aj viottoli, sotto le gronde. E il lago dà sempre quel suo parlottìo equabile, confidente, rotto da sussulti senza ragione. Uno sciacquìo, tratto tratto, muore lungo sui greti ; come un tappeto disteso per qualcuno che passerà. Rincasiamo. La primavera è malfida, sul lago, e la signorina teme il freddo che potrebbe sciuparle il fa diesis. — Mi parli — dice — della Scala. Alla Scala, quest'anno, c'è anche il jazz-band. Si progredisce E a Pallanza ci sarà il concorso ippico. Di bene in meglio. « Les folies du lac » : come annunciano, ir. francese, i manifesti... Ma crede proprio, signorina, che i richiami del lago debbano essere questi? Non mi capisce. M'invita a ridere, invece, dei due tedeschi di poco fa, che vediamo qui abbracciati sotto una magnolia, in faccia alla luna; ma fermi, e casti, come dal fotografo : lei tenera e gentile ; lui calvo, ossuto, con un dolce viso. Al nostro apparire non si muovono, non fiatano : ed io vedo la bocca di lei, una bocca di bambina più alta che larga, schiusa in un'atonìa mesta, che non so come potrebbe significare, mentre certo significa, l'attesa d'un bacio. La signorina verbanese non capisce ; forse non capirà mai. Ma, ecco, le folies du, lac da propiziare e da esprimere mi sembrano proprio queste: follìe di contemplazione, orgie di estasi, ebbrezze di una melanconia che tanto sembra pesare e poi tanto invece fa bene; e un giorno vedrà pure'fiorire il cuore, fra tutte le sue spine, così come si vede nei rosai. MARCO RAMPERT1. stato

Luoghi citati: Baveno, Montecarlo, Pallanza, San Remigio, Siberia, Stresa