Presente e avvenire della produzione artigiana

Presente e avvenire della produzione artigiana IL PROMETTENTE BILANCIO DI UNA FIERA NAZIONALE Presente e avvenire della produzione artigiana Firenze, .13 notte, La Fiera Nazionale Artigiana offre di certo all'invenzione artistica popola- re la più felice occasione di fiorire inuna visuale ordinata e libera — pano- ramica —, fornendo cosi al gusto este- tico e allo spirito critico, il mezzo più completo e sicuro per verificare i risul- tati decorativi d'anno in anno attinti dal lavoro manuale italiano nello case, Inellc botteghe, nelle aziende familiari. ;Non per questo ne vanno perse di vista :le ragioni, indole e scopi, fondamental- mente economici e precisamente com-;merciali. Quello che è vero in generale lper ogni forma di industria artistica, [diventa infatti condizione elementare di j vita nell'ordine speciale della produ- zione artigiana, la quale è individuale ! nelle origini e caratteri differenziali, eiquindi subordinata e delicata di sua na tura. Qui non soltanto l'esigenza este ica e quella commerciale concorrono come coefficienti di pari dignità; ma il non facile conseguimento e la conser vazione anche più difficile dell'equili- ! brio tra codeste due componenti — equilibrio sempre instabile —, rappresentano, in tale tipo di produttore, la sola e la sola possibile giustificazione del suo diritto all'esistenza. Qualunque;più ingegnoso e glorioso artigianato ! radisce la propria vocazione e decade, | se cedendo alla lusinga artificiale di j condizioni provvisorie, le sacrifica l'uno o l'altro termine del binomio inscindibile; la perdita graduale e progressiva della clientela ne è la sanzione immancabile, cui segue, a scadenza più o meno breve ma certa, la fine. Che il circoare trionfalmente per le vie del mondo pur trovandosi in stato di peccato morale contro le leggi divine e umane dela bellezza, può forse, e purtroppo, esser lecito al prodotto fabbricato a serie; ma se l'oggetto fatto a mano risulta brutto, tutti gli sbocchi gli vengono presto preclusi, e questa e non altra è a sua fortuna. Viceversa, e per sua stessa definizione, l'artigianato non è un Narciso e non lo sarà mai. L'artigiano è anche, sì, un « facitore di cose belle s- wildiano: ma quelle cose belle» tlsfudesdsadimicmsche fa, o spera d'arrivar a fare, biso-lzgna soprattutto che siano utili. Tanto | mpiù che, se risulteranno inutili, non ver- canno giudicate, in fondo, neanche bel-|^e; artigianamente e non soltanto artigianamente parlando. C'è bisogno di oggiungere che un'utilità di specie ornamentale non è per questo meno reale, e che anzi, e spessissimo, quella che ta in giuoco e decide è un'utilità di codesta specie, ed esclusivamente di codesta specie? Il punto centrale della questione non risiede costì. Il punto è qui: che al concetto di bellezza, se applicato all'oggetto artigiano, è inerente, essenziale, il requisito della commerialità. Il manufatto più prezioso, squiito, perfetto, non ha estrinsecamente nè intrinsecamente ragion d'essere se non risponde a una domanda nel senso preciso della scienza economica. Che poi la domanda sia contratta, limitata, ottomessa a condizioni speciali di tempo, luogo, costume: questo è un tutt'alro discorso, e qui non c'entra. L'importante è che essa domanda sia conreta, conteggiabile; altrimenti il prodotto cessa d'essere un « bene » — cioè un arricchimento, una sorgente di vita materiale e morale —, e si trasforma nvece in un numero qualunque d'una qualunque collezione. Ora le collezioni lo spirito collezionistico, tipico del seondo Ottocento, andavano e vanno bene per alimentare i congressi internazionali dei filatelici; noi del Novecento taliano se n'ha abbastanza. E volevamo così concludere che il biancio anche ideale della Seconda Fiera ell'Artigianato — anzi soprattutto il ilancio ideale —, non si poteva metteri a formarlo secondo quegli stessi crieri con cui s'usa tirar le somme d'una manifestazione puramente artistica e ocumentaria. Una mostra pittorica, n'esposizione retrospettiva, sono a vole battaglie vinte anche se i soli ad ineressarsene siano stati dodici critici e ei. studiosi. Levate a una fiera artigiaa gli affari e la possibilità di far afari, e non ne resterà che una perdita i tempo e quattrini. Gli affari futuri, oi, sono forse migliori di quelli preseni é immediati. Non soltanto le nuove onoscenze e redazioni con nuovi intermediari e grossisti, ma anche la curioità, il piacere, la voglia visibile del ubblico, costituiscono gli affari futuri. Gli affari e le sezioni dahtSlnctvdshlmlismppmccstpsPClBGzCCeNtrdEmfRPslzmzbrgnOra, e rotto il ghiaccio e la pigrizia ei primi giorni, in certi padiglioni e a erte ore bisognava far alle gomitate. Che i lucùmi levantini e i datteri tripoitani siano stati sgranocchiati di coninuo, e l'apparato per preparare il cafè turco sia restato sempre in attività, e che moltissimi si siano portati via per, ricordo un gingillo coloniale, una boccettina d'olio di bergamotto, una vedutala lucida e intarsiata catanesi; che altri parecchi, magari, abbiano offerto a se stessi, o regalato ai parenti e agli amici, vista la convenienza dei prezzi, un portamonete o portafoglio di cuoio avorato a Firenze, a Roma, a Trieste: un balocco di Ortisei o di Santa Cristina Gardena: un posacenere di ceramica di Vietri sul Mare, Albisola Capo, Umbertide: una sporta, una bottiglia rivestita di paglia di Cagliari, Orestano, Castelsardo; che altri ancora, perfino, e per cominciare a mettersi in pari col gusto del Novecento, siano arrivati a comprarsi un, reggiibri architettonico-razionale e di radica di frassino degli Scremin di Beluno, un vassoio del Cuccaro di Sorrento, una scatola del Telò di Gavi Ligure: oppure uno di quei deliziosi ninnoli di olivo che escono dalle mani della Lidya Tommasi di Trento, o una cintura di lana ricreata con altrettanta delizia di colori futuristi dall'Anita Pittoni di Trieste, o un aluminio battuto del parmigiano e modernissimo Romeo Azzoni : tutto questo e molto più di tutto questo è vero, ed appare dai registri. Ma dimostrerebbe ancora e -soltanto la realtà di quello che, in gergo teatrale, si chiama un « successo di stima ». Invece 'è avuto anche il successo di cassetta. Lo avevamo subodorato. Nella sezione eramiche avevamo osservato come un solato artigiano-artista, Cesare Paleni Idi Bergamo — le cui maioliche, di prò-1prio disegno e, quanto alla fattura,!Ai tessuti decorati s'era appreso che ; gli iridati e fiammati « pc-ssotti val-'ellinesi * stracci di cotcn: varlopin- ne di marrone naturale: i « tessutij ideila Spinetina» di Maddalena Gagno \ ni Schippisi e quelli di Radicofani di ìMatilde Luchini — arcaici di fattura, 'novecenteschi nei disegni ed effetti cro imatici —: i cuscini e le stoffe « Vira- nio » di Belluno — eseguite colla stessa materia e tecnica rustiche, soddisfacen ti alle stesse esigenze ornamentali con ! temporanee; i visitatori li avevano in I complesso comprati od ordinati a die ; cine e diecine. E dalla viva voce di : ricamatrici e merlettaie fiorentine — Gina Fossati, che prova fogge nuove sul ; vecchio «filo tirato fiorentino»: Maria lBianda Stoffel, i ricami su tela della. [quale interpretano le invenzioni moder-! j nissime di Alfredo Cini - avevamo udì- to espressioni soddisfatte sull'ammonta-] ! re effettivo dei rispettivi incassi, a chiù-1 isura. E s'era riposato di frequente lo sguardo sul cartellino « venduto » per fino nelle sezioni di carattere, questa volta, più evidentemente sperimentalepolemico o documentario, come quelle dei mobili, dei metalli battuti, degli ! alabastri ed altri marmi: dove lo sforzo e l'ingegno degli espositori, da una parte, e l'attenzione del pubblico dal l'altra, si erano concentrate naturai mente sui temi dei concorsi; e molti. ;troppi campioni, non erano venali. A ! conti fatti, il presagio si è rivelato | giusto. Durante questa settimana di j smobilitazione, le sole ad aver la parola sono state la computisteria e la ma< tematica. Ed ecco la prima parte del loro responso: «Il computo complessivo delle operazioni commerciali effettuate alla II Fiera di Firenze dà una cifra di oltre il doppio in confronto di quella delle operazioni commerciali effettuate nella prima Fiera dell'anno scorso ». Insomma, e nonostante codest'indole di assaggio e concorso, assunta in parte dalla Seconda Fiera, di affari se ne sono combinati, a dispetto della crisi, parecchi. Ma ascoltiamone il seguito: « La cifra si eleva ad una misura notevolissima se vi si aggiunge il computo delle operazioni commerciali che verranno concretate direttamente colle Case produttrici, essendo state imbastite attraverso l'organizza- zlone della Fiera stessa». Maggiori e migliori affari, dunque, si stanno per concludere. E sotto tale imprescindi^lej)unto^di vista, quel bUancioJ.deale di cui dicevamo in principio segna un attivo netto. Rinnovamento estetico D'altronde, pubblico e buongustai hanno riconosciuto, quasi all'unanimità, che il livello estetico medio della Seconda Fiera, assai superiore a quello della prima, si è mantenuto in generale elevato, salendo spesso all'eccellenza, e soltanto nel caso d'una sottosezione o due abbassandosi fino alla vera e propria mediocrità. Lo sforzo disciplinato, cosciente, intelligente verso un rinnovamento radicale, intimo, ha improntato felicissimamente di sè la prima ripetizione della massima manifestazione artigiana nazionale. E la mobilia, i legni scolpiti e intagliati, i ferri battuti, gli alluminii sbalzati, sanno ormai obbedire agli spiriti elementari della decorazione matematico-metafisica novecentesca. Senza addentrarci in un laberinto di giudizi! particolari, dal quale non potremmo più uscire se non scrivendo un volume, menzioniamo a volo d'aeroplano quei centri di produzione più caratteristica, cui sembrano per ora affidate' le sorti di simile rivoluzione. Al nuovo tipo di mobile italiano danno oggi soprattutto il tòno gli artigiani di Cascina (Beconcini, Bonciani, Giachetti, Pighini, Tanaglia, Dini e Puccini, Poggianti, Gamba, Panichi, Virgili), di Cantù (Esposizione permanente mobili, Frigerio, Maspero, Novati, Panzerl, Borghi), di Faenza (Casadìo, Golfieri, Ghetti), di Mariano Comense (Esposizione mobili marianesi, Anzani), di Chiavari (Canciani, Costa), di Parma (Minozzi), di Mantova (Ugolini), di Ceresara (Mori), di Trento (Candotti e Peterlongo), di Gorizia (Baucar). Nella scultura in legno, tutto o quasi tutto è dato a sperare da Ortisei (Moroder, Sotriffer), da Selva di Bolzano (Regia Scuola Professionale, Senoner) da Santa Cristina Gardena (Riffeser). E l'Alta Italia detiene anche il primato del gusto contemporaneo nei ferri con Faenza (Matteucci), Poggio Rusco (Chiodarelli), Udine (Brisotto), Piacenza (Leonardi), Parma (Scuola serale" artigiana): ed altresì negli alluminii con Torino (Colombo), Venezia (Zancopè), Forlì (Balestra), Par ma (Azzoni), Cotignola (Utili). Firenze per altro si difende qui benone col bravissimo e misuratissimo fabbroferraio Contri di Settignano, e coi dise gni pregni di senso e i complessi aerei del nostro Thayat, il quale a dir vero non è più un artigiano, ma un artista compiuto e, nell'interpretazione metallica dell'età fascista, irreprensibile. nndSdtrmv«vlSscldSnvdppsiVdtvdtcsltfsRcmzznplcèAFmMlasazvelepmplegGt I pochino pessimista di S. E. Ugo Ojetti 1 sul Corriere della Sera tgslamNessuna rinuncia, tutte le conquiste La frazione meglio dotata' dell'arti gianato italiano ha sposato la causa della presente rivoluzione decorativa, le cui origini si vorrebbero tedesche, scandinave, francesi. Questa dedizione se dedizione è, non finirebbe col sacrificare il genio artigiano nazionale, concreto e tradizionale, a un genio cosmopolita, astratto? E codesto sacrificio, economicamente sterile perchè la clientela estera non domanderà mai alla nostra industria domestica manufatti intonati ad un razionalismo — internazionaleggiante — nel mondo l'idea d'un « Italia barbara», cioè pagana, classica, antica nel bel mezzo della modernità, sarebbe inestirpabile — non implicherà in dannata ipotesi un'abdicazione anche più dolorosa e pericolosa : un'autoespropriazione del nostro patrimonio di tecniche applica cate, segreti professionali, magisteri speciali e delicatissimi?... Sono due pericoli non irreali e due dubbii non irragionevoli, affacciati e prospettati dall'on. Buronzo nel suo ottimo discorso inaugurale, chiaramente presenti nel pensiero del Dott. Pier Filippo Gomez Homen — l'intelligente e meritevolissimo Commissario della Federazione Artigiana Fiorentina, cui tanto deve la Fiera Nazionale —, riecheggiati nell'articolo conclusivo e un ec™ostCRuccugrda! Noialtri, pur riconoscendo la legit-1 ; vocazione perpetua dell'ingegno ita-i'liano, umano ed universale in ogni ! sua forma, i! non essersi nè sottratto uaura nè chiuso mai per orgoglio1 jrarii alla maniera dei gran signori dij razza: mediante il nutrimento, l'assi-milazione, la fruttificazione nuova ericca: e dopo, il dono dei frutti al cen-io per aieci. Ci si suggerisce per esempio chele ceramiche di Vietri sul Mare vadano debitrici della propria perfezione anche ad insegnamenti tedeschi: ma c'è nulla di più mediterraneo, an . ! miglio. E quanto al secondo allarme, la ] smentita è per ora addirittura corale, 1 e c'è da guardarsi, se mai, dalla trop- pa bravura. Quanta ce n'è nei legni intarsiati. del Cuccaro di Sorrento, nei «commessi di pietra dura» del- *i i,»nni»tann? ir iQ mo)„i4„k„ '^„ii„zi napoletano? E le maioliche dellafornace di banta Lucia di Siena sonoaltrettanto bianco-lucenti e morbidequanto quelle di Copenaghen, eppurenon tengono in niente del danese, esi sente l'aria senese lontana unl'Arte del Mosaico di Firenze, negli alabastri del Rossi, del Gremigni, del Righi e degli altri disegnatori ed esecutori di Volterra e Firenze, nei marmi verdi della S. A. I, M. di Prato; nei cuoi di Maria Marino di Roma, nei giocattoli meccanici di Onorato Isacco di Torino e di Giacomo Patrone di Genova Sestri, in quelli regionali del Donatutti Pedone di Palermo, del Cau di Cagliari, del Tavolara di Sassari; nelle argenterie della Rogai e Vitali di Firenze, nelle madreperle del Franceschini e dell'Juvara di Catania, nei coralli del Sorrentino di Torre del Greco! E l'ammirazione per la maestrìa ereditaria si stanca se ci avventuriamo fra i ricami e merletti. «Uncinetto» dell'Ars Vetana di Orvieto, « pizzo a tombolo » della Scuola di Coccolìa, « trapunto toscano » di San Polo, « modano ricamato » di Bosa: e i temi romanici ripresi nei ri¬ carni della « Senensis ars»: e tuttal'esperienza di secoli messa a servizio di temi moderni nelle trine della R. Scuola dì Beneficenza Guglielmo Brenna di Laiatico. E che difesa gelosa dei valori strapaesani nei mobili ciociari di Giuseppe Parenti di Campoli Appennino, che intuizione degli istinti pratici e comodi in quelli elastici' Cismontabili del Luchini di Torino! E il vasellame di grès di Alessandro Del Vita di Arezzo è preistorico e quotidiano, etrusco e domestico. Non il denaro, finalmente, crea o trova il lavoro e l'ingegno; ma il lavoro e l'ingegno creano o trovano il denaro. E del lavoro e dell'ingegno artigiani italiani si può concludere, ricordando le innumerevoli cose qui vi ste, quello che Machiavelli scrisse del-;la stessa Italia: che era per lui <: ma- teria da introdurvi ogni forma». Ognilforma, ogni bellezza, ogni ricchezza. : ' " ° | ALBERTO LUCHINI.