Il drammatico interrogatorio di Miror&e e Zuccarello

Il drammatico interrogatorio di Miror&e e Zuccarello IL BIMBO ARSO NELLA CULLA Il drammatico interrogatorio di Miror&e e Zuccarello a a - e , o 5 e o a a _, „ Firenze, 12 nott3. L'udienza si apre alle 9,15. Stamane e presente anche la parte civile signora Clementina Amato che siede accanto al marito, cav. Antonino. Data l'irrequietezza dimostrata ieri sera, durante gli incidenti avvenuti nel corso dell'interrogatorio dell'imputata Majorana-Amato, il Presidente ha dato ordine che nell'aula sia ammessa soltanto una piccola parte di pubblico. II giudice Faelli continua, su invito del Presidente, la lettura dei verbali delI interrogatorio della imputata Sara Amato. Nascono alcuno contestazioni poi l'avv. Paoli legge una lettera in atti inviata il 19 marzo 1925 dalla signora Sara al marito prof. Dante. In questa lettera l'imputata dice che l'Amato è affiliato alla malavita; aggiunge che il fratello li ha fatti barbaramente calunniare dal Messina. Si meraviglia poi perchè la polizia aveva trascurato di approfondire le indagini sull'Antonietta Cosentino, perchè se il delitto c'è, lei sola l'ha commesso. Prega il marito di interessare la questura affinchè ordini subito le ricerche del caso. Terminata la lettura, il prof. Paoli fa rilevare alla Corte che questa lettera non è stata esibita dalla difesa, ma bensì sequestrata insieme alle altre dalla polizia. L'avv. Farinacci chiede che si richiami la pratica che riguarda Antonietta Cosentino e l'avv. Cocchia invita il Presidente a domandare alla Questura di Roma se è vero che la Cosentino è donna violenta e malvagia, frequentati-Ice della malavita e che a Roma ha il bando dalla polizia. Si dà poi lettura di altre lettere dell'imputata, fra le auali due indirizzate a mons. Beccaria dalla signora Sara. In queste lettere essa protesta e maniresta la sua disperazione per sapersi calunniata dal fratello. SI leggono altre lettere dirette dalla signora Sara al fratello Antonino. In esse l'imputata ammonisce il cav. Amato che la giustizia di Dio è la più terribile e che sarà punito per tutte le sofferenze e per lo strazio che dilania lei e il marito. Definisce poi il fratello « belva umana che guazza nel sangue delle sue vittime ». 1 precedenti del Mirane Terminata la lettura si passa all'interrogatorio di Paolo Mirone. L'avvocato Farinacci richiama l'attenzione del Presidente sul contatti che starebbero avvenendo fra parte civile e testimoni. L'avv. Farinacci dice di aver sorpreso il signor Amato in un Intermezzo dell'udienza mentre parlava con i testimoni Messina e Anione. « Desidererei — dice l'avvocato — che si vegliasse perchè questi contatti siano evitati ». Antonino Amato spiega che egli non si è soffermato con i testimoni ma ha semplicemente risposto al loro saluto. Il comm. Carnaroll dà lettura del certificato penale del Mirone, dal quale si apprende che ha subito la prima condanna nel 1S97, quando aveva dodici anni, per furto con destrezza. Da allora al 1910, anno in cui è stato riabilitato, le condanne sono salite a sette e ve ne sono per lesioni con arma e ribellione alla forza pubblica. Il Tribunale militare, nel 1917, lo condannò a sette anni per lesioni, insubordinazione e diserzione; ha subito altri processi nel 1925. Dal complesso si nota che il Mirone hu un carattere violento. Il Presidente raccomanda all'imputato la massima calma. Il Mirone si siede e inizia con questa premessa: « Questo processo è una infamia: io sono innocente e le mie sofferenze, durante questo tempo di detenzione, sono veramente inenarrabili ». Dichiara poi che egli non era, come si è detto e ripetuto, intimo di casa Majorana; andava soltanto allo studio del professore e pon lui effettivamente si intratteneva spesso. Non appena arrestato, l'istruttore lo informò che anche lo Zuccarello era stato arrestato, ma la sua qualifica non era di imputato ma bensì di testimone. Afferma che lo si volle costringere un po' con lo buone un po' con le cattive ad accusare il Majorana. L'imputato passa a narrare come avvenne la sua nomina a sindaco di Tremestieri Etneo e su Questo tema si diffonde tanto che il Presidente gli dice di abbreviare e lo invita a parlare del delitto. Imputato: — Parlerò anche del de-, litto; debbo pur dir tutto perchè ht. atteso tanto tempo questo giorno per poter gridare in faccia al mio accusatore: « Caino, Caino! Getta finalmente la tua maschera ». Su questa esplosione dell'imputato il Presidente sospende l'udienza e la rinvia al pomeriggio. L'udienza pomeridiana L'udienza pomeridiana è ripresa alle 16. SI passa a contestare numerose circostanze all'imputato Mirone. Un episodio dell'istruttoria si riferisce a una macchina ressa che nel 1925 sarebbe stata veduta dinanzi alla villa Majorana. iCra del Mirone questa macchina? L'imputato possedeva effettivamente una automobile verniciata in rosso, ma la acquistò nel 1927; quella di cui si parla dunque non era la sua ma, stando alle dichiarazioni del prof. Dante che interviene nel!?, discussione, di un nipote, il barone Majorana. Lo Sciotti ha detto e ripetuto di aver veduto il Mirone due o tre volte insieme a Vincenza Chiara, ma l'imputato nega recisamente di conoscere la donna. D'altra parte la Chiara, che sta in orecchi, non appena sente fare il suo nome si alza di scatto, fa due o tre passi verso il pretorio e dice, con quella velocità di scilinguagnolo che le è propria, che lo Sciotti è un calunniatore e che lei non ha mai conosciuto il Mirone. Questa negazione dell'uno e dell'altro imputato vale anche per tutte le altre circostanze che riguardano gli asseriti contatti fra i due. La Chiara disse che l'imputato gli aveva conse¬ gnacardenroncente il ftatadopronosla, moSni eglpicl'amA parpuchitanOg10 sidcoaltda Alsigcamvoveaulantolpa11 fercotechco|faAnsuveEraavtarestlotraldocole archrecoaldeSoMreavqucodineresequgal'ecobaDtenienCcol'esope seremgcgmgcaceECNdamSptrridpstinVufr2gcsrlupsntol'cinnszpgj liI gi te1 s'gJs a a e a e r n i o n a a a e e a a a e . e a o e , a n a a u l o -, . r e l e n a a n a a . e, o e . e i e e i a ¬ gnato 3000 lire in presenza dello Zuccarello, e su questo episodio il Presidente insiste particolarmente, ma il Mirone spiega l'accusa della donna dicendo che essa la formulò probabilmente quando si minacciò di portarle via il figlio: tanto è vero che poi ha ritrattato tutto. Il Mirone nega di essersi adoperato per trovare testimoni al prof. Majorana, cosi come nega di conoscere le donne Bassotto e Maria Stella, che appunto figurano come testimoni nelle varie istruttorie. Si leggono i verbali deUe deposizioni del Mirone e si constata che anche egli elevò, in ordine alla uccisione del piccolo Francesco, gravi sospetti sull'amante dell'Amato, Nina Cosentino. A questo proposito l'avv. Niccolal di parte civile, vorrebbe sapere dall'imputato se è vero che questi abbia dichiarato di aver veduto la Nina a Catania pochi giorni prima del delitto di Ognina. Ma il Mirone risponde che non 10 ricorda. L'avv. Paoli prega il Presidente di far noto alla Corte che i, confronti fra Mirone e Sciotti con gli altri accusatori non furono preceduti da ricognizioni, come vuole la legge. Altre contestazioni, altre risposte insignificanti e infine lo Zuccarello dà il cambio al Mirone. Il racconto di Zuccarello E' un uomo alto, ben portante, col volto allungato e un paio di baffi spioventi che gli conferiscono una certa austerità. Esce dalla gabbia gesticolando, declina le sue generalità, sottolinea volgendosi verso il pubblico la parola « incensurato » che pronunzia 11 Presidente. Si siede ma non può star fermo: alza le braccia, batte le mani con forza, si punta gli indici alla fronte, si volta un po' da tutte le parti e chiude le sue risposte al Presidente con un continuo «mi spiego?» che |fa tornare in mente l'intercalare di Angelo Musco. E' agitato; denota la sua preoccupazione di dimostrare la verità di tutto quello che egli dice. Era amico dell'Amato e non di Majorana, col quale afferma di non avere avuto alcun contatto. Incomincia intatti narrando che non appena fu arrestato il giudice gli disse- «Finalmente vi ho nelle'mani: ora stringo la morsa e l'ergastolo non ve lo leva nessuno •>, Seppe che gli Amato tramavano contro di lui da un amico, certo Alonzo, e allora interessò il suo avvocato. Quando fu tratto in arresto, si trovò alle costole il brigadiere Guiccione, il quale gli disse di essere stato lui a farlo arrestare perdio il detenuto Messina che si trovava in quelle prigioni (carcere mandamentale di Noto), gli aveva consegnato una lettera per recapitarla allo Zuccarello. In questa lettera era detto che si guardasse bene perchè lo Soiotti l'aveva accusato esplicitamente. Ma il brigadiere Guiccione, invece di recapitare la lettera allo Zuccarello, la aveva data al giudice istruttore. Di qui l'arresto. Per quanto riguarda il confronto con lo Sclobti, lo Zuccarello dice di essere stato vittima di un tranello. SI recò all'infermeria del Carcere per farsi visitare e soltanto dopo seppe che fra gli altri detenuti era in quel luogo lo Edotti, che l'aveva lungamente osservato. Ecco perchè poi l'ergastolano avrebbe potuto dare 1 suoi connotati precisi, dicendo che aveva i baffi e un neo sulla mascella destra. Durante il confronto lo Sciotti gli contestò di essersi recato in casa Pellegrini a portargli denaro e di averlo visto entrare nell'abitazione di via Angelo Custode. Questo particolare è falso, secondo lo Zuccarello, perchè egli a quell'epoca abitava in via Messina. Mentre l'imputato narra questi episodi, si nota che lo Sciotti, che è stato per tutta la giornata attentissimo, si e ora assopito nella Bua piccola gabbia. Como è noto, lo Zuccarello produsse a suo tempo un alibi per dimostrare che non avrebbe potuto in alcun modo essere prosente a Catania nel giorni prossimi al delitto: affermò cioè di aver lasciato Catania il 7 jriugno 1924 per compiere, insieme alla moglie o ai coniugi Tirso, una lunga gita nel continente. Anzi In quell'epoca, e sino al 3 luglio, egli visitò successivamente Roma, Firenze, Re°;£rio Emilia (dove l'Urso aveva un nipote), Cremona, Genova, Milano, Venezia, Napoli. Di quest'alibi si producono i documenti, e cioè le schedine degli alberghi nei quali lo Zuccarello, sua moglie e i coniugi Urso pernottarono. Siccome mancava la traccia del suo passaggio da Genova, questa è stata trovata con un documento curioso: la ricevuta di contravvenzione subita dallo Zuccarelio per essere stato sorpreso a soddisfare un bisogno nella strada. L'alibi i: esatto, ma rimaneva incerto un particolare Importante. A Venezia lo Zuccarello aveva riscosso un vaglia te!c-?,raifico inviatogli da! fratello il giorno del delitto, e' cioè il 29 giugno. Dalle indagini finora eseguite su questa circostanza risultava che il vaglia in parola era stato riscosso il 4 Instici: dunque lo Zuccarello non era tornato a Catania il 3 luglio, ne poteva però esservi stato prima, perchè altrimenti avrebbe ri scosso il vaglia telegrafico non appe na ricevutolo. La data di un vaglia A questo punto si alza il Procuratoro Generale, il quale estraendo dall'incartamcnto una pratica, annunzia che egli ha fatto fare una speciale indagine presso l'Ufficio postale di Venezia, e da questa Indagine risulta che si cadde in un. errore di contabilizzazione. Effettivamente il vaglia venne presentato per la riscossione il 30 giugno, ma fu considerato nella contabij lità dell'ufficio soltanto in data 4 luI glio. Il Procuratore Generale non ha i terminato la spiegazioni) della circo1 stanza, che lo Zuccarello è già in 'ginocchio sul pretorio, col viso oroteJso ver3o il Cro:ifiS30 e le mani con¬ refochPcifidlamnnpcTsuvmuupnczvecmatndvldghndlcpfnLmdcpvalptvplfpPmtiji a i l giunte. Piange, ride convulso, dà in esclamazioni, ma 11 per lì non si capisce bene se sia di gioia o di dolore. Benedice Dio, tenta di abbracciare il Procuratore Generale, Infine si lancinelle braccia di un fratello che si trova nell'aula e che gli si è avvicinato. La scena si protrae per vari minuti, mentre la Corte si ritira per un breve riposo. Quando si riprendo l'udienza, Zuccarello deve rispondere a una serie di contestazioni. Fra l'altro l'Imputato spiega i rapporti avuti con taluni individui, e per quanto riguarda il pregiudicato Messina afferma di non conoscerlo. Ad istanza della difesa si legge il certificato penale del Messina stesso, dal quale risulta che costui ha in attivo molti anni di galera, attraverso 25 o 26 condanne che forse non sono neppure tutte quelle da lui riportate. Ultimo episodio della giornata: la parte avuta dallo Zuccarello nel matrimonio fra Clementina Papaleo e Antonino Amato. Di fronte alla domanda del Procuratore Generale lo Zuccarello, con molta cortesia, si volge verso la Parte Civile Amato, dicendo che risponderà a questa domanda soltanto se il cav. Antonino glielo consentirà, data la delicatezza dell'argomento. L'Amato dice: «La verità anzitutto ». E lo Zuccarello racconta che, dietro preghiera del cav. Francesco, egli si interessò di combinare il « pateracchio ». A proposito di questo suo interessamento lo Zuccarello rileva che la stampa lo ha qualificato « paraninfo », ma non se ne adonta. Effettivamente fu un affare ed egli doveva avere una percentuale sulla dote portata dalla sposa, come vuole l'usanza del paese. H Presidente domanda: — Secondo la consuetudine — non so se sia sancita dalla Camera di Commercio di Catania — quanto si deve ai percentuale ? Lo Zuccarello risponde che gli sarebbe spettata una cifra abbastanza forte, ma egli non riuscì ad ottenere che 2500 lire dal padre della signora Papaleo, perchè il cav. Amato, dopo cinque mesi di tergiversazioni, approfittò del delitto per cominciare a guardarlo con sospetto e non gli diede nulla. Su questo episodio l'udienza termina ed è rinviata a domattina.