I PROCESSI

I PROCESSI I PROCESSI li banchiere Gialdini in Cassazione Roma, 31 notte. E' pervenuto oggi alla Cancellerìa della Corte di Cassazione il ricorso proposto dal banchiere Giovanni Gialdini avverso la sentenza pronunziata nei suoi riguardi dalla Corte d'Appello di Milano il 18 dicembre che, a parziale riforma di quella dei primi giudici, lo condannava a 3 anni 2 mesi e 26 giorni di reclusione e a lire 9933 di multa. Come è noto, il Gialdini fu coinvolto nello scandalo finanziario del banchiere inglese Clarence Hatry terminato con un clamoroso processo dinanzi alla Corte criminale di Londra. Il gruppo Hatry era costituito di varie Società strettamente collegate tra loro. Il Gialdini capeggiava la « Dundee Trust » e faceva parte anche del Consiglio di amministrazione delle altre Società a catena. Avvenuto il crollo colossale i principali componenti del gruppo e precisamente Hatry, Daniels, Tabor e Dixon denunziarono un passivo di 20 milioni di sterline cioè di quasi 2 miliardi di lire italiane confessando nel tempo stesso la truffa alla quale avevano dovuto fare ricorso nella speranza di sanare l'ingente falla, e che consistette nella creazione e messa in circolazione di certificati provvisori falsi di sottoscrizione ai prestiti pubblici autorizzati in favore dei Municipi di Wakefield. Svindor e Glnucester. per un valore nominale di 900 mila sterline. Tratti in arresto, essi comparvero il 14 gennaio 1930 dinanzi alla Corte criminale di Londra e l'Hatry fu condannato a 14 anni di lavori forzati, il Daniels a 7 anni, il Dixon a 5 anni, il Tabor a 3 anni della stessa pena. II Gialdini qualche mese prima del giudizio era partito da Londra, e pertanto non fu sottoposto a procedimento penale, ma, a richiesta del Governo inglese, egli venne arrestato il 14 marzo 1930 a Milano e contro di lui si procedette in via formale. Nel processo svoltosi in Inghilterra l'Hatry e il Daniels avevano accusato il Gialdini di essere stato egli l'ideatore della ingentissima truffa. Dinanzi al Tribunale di Milano il Gialdini negò qualsiasi responsabilità dichiarandosi anzi una vittima di quel dissesto che aveva ingoiato anche i setto milioni di sua proprietà. Il Tribunale, dopo un movimentato dibattimento, condannava il Gialdini a 5 anni e 10 mesi di reclusione, pena che su appello del Tribunale venne ridotta dalla Corte di Milano nella misura che si è detta. Avverso questa sentenza il Gialdini ha ora, a mezzo dei suoi difensori avvocati Gonzales e Gianturco, ricorso in Cassazione. Si denunzia nel ricorso che l'azione penale per il delitto di truffai— unico ritenuto dalla Corte d'Appello !di Milano — non era procedibile per|mancanza di querela di parte e periverno^lvse^^ m™tP™ 'verno inglese, in quanto non può n- tenersi richiesta, formale il semplice ,pro-memoria inviato dall'Ambasciata bntannica al Ministero degli Esteri ita-liano dal momento che in esso prq-me-1moria il Governo britannico si limitava ^T»^"1?!0" f° ^«oi'L?'??"^^^1" mento nel caso che altri volesse pro-cedere. Si.contesta .inoltre dai difensori del Gialdini la validità.della chiamata di correo che la Coree di merito ha de- mels, rogatone, che, per la ■'«"«'i''»- pugnata per deficiente contraddittoria motivazione. . Hj • • • _ ± • matrimonio «in extremis »Aquila, 31 notte. Davanti alla nostra Corte d'Appello, si discuterà, prossimamente, la causa per l'annullamento di un matrimonio Il 3 giugno dello scorso armo, il mi-lionario Tito De Thomasis fu colto da ■ ti attacco di «angina pectoris ». La donna di servizio, Meloni Flora, ac corsa subito al capezzale del padrone, si recava, poi, sollecitamente ad avvisare il parroco e il medico. Il medico si adoperò per salvare il De Thomasis; ma quando comprese che ogni sforzo era vano, si ritirò, cedendo il posto al sacerdote. Poco dopo, il Dr Thomasis spirò, pronunciando queste parole: e Povera Flora! ». Il De Thomasis era stato in relazioni intime con la cameriera Meloni, dalla quale aveva avuto anche un figlio. Dopo i funerali, ebbe luogo l'apertura del testamento. Il De Thomasis aveva lasciato crede universale il fratello Saverio, mentre legava un lascito di seimila lire annue alla Meloni, concedendole il diritto di abitare, vita naturai durante, nella palazzina. Senonchè, venti giorni dopo, il parroco Delle Penne presentava al comune un atto di matrimonio fra il De Thomasis e la Meloni, matrimonio del quale nessuno aveva avuto mai sentore. Secondo tale atto, il matrimonio sarebbe stato celebrato in « extremis », nella stanza del moribondo. Era avvenuto, invece, che il parroco, intendendo regolare la posizione tra i due, aveva ritenuto che il modo migliòre fosse appunto quello del matrimonio. L'atto relativo, presentato all'ufficiale di stato civile, recava le firme del dottor D'Alessandro, del sagrestano Celadonato e del cognato del parroco Domenico De Vincentis, firme apposte in buona fede. A questo punto, è entrata in scena l'Autorità giudiziaria, cui era stato inviato, dal Comune, l'atto di matrimonio. E' venuto alla luce, cosi, che non erano state fatte le pubblicazioni, che mancavano i documenti di rito, e che l'atto era stato inviato con enorme ritardo. E poiché si è potuto appurare che il De Thomasis non aveva mai voluto sentir parlare di matrimonio con la Meloni, è risultato chiaro che si trattava di un trucco. Dinanzi ai giudici, il parroco Dello Penne si è giustificato dicendo di avere agito in buona fede. Nonostante j ernesto, il Tribunale ha condannato il | parroco e la cameriera, ritenuti colpe1 voli di falsità in atti, a tre anni di reclusione, e all'interdizione dai pub: biìci uffici per cinoue anni: inoltre ha : biici 'dichiarato la falsità dell'atto di matri|monio. La causa, come si è detto, si discuterà nuovamente; davanti alla nostra Corte d'Appello. La bancarotta di uno squilibrato (Tribtuialo Penale di Torino) Per un commerciante è ammissibile e frequente la deficienza di risorse eco-nomiche, di circolante, come si dicenell'ambiente commerciale, ma nondi raziocinio, di intelletto. Eraldo Pri-notti fu Costantino, trentenne, già titolare di un negozio di tessuti in via Garibaldi 57, univa invece alla scarsezza dei mezzi economici la più desolante povertà di facoltà intellettive. Sentite come lo definiscono i periti psichiatri, proff. Raimondo e Goria, che lo hanno lungamente esaminato: « Un limitato nella capacità intellettiva, soprattutto in quanto si riferisce ai poteri superiori ai raziocinio c di critica ». In tali condizioni di dissesto psichico il Pri notti si ora dato al commercio. Quale il successo incontrato è presto detto: dopo essersi invano dibattuto fra i gorghi della passività e la rete degli atti esecutivi, venne dichiarato fallito. E le indagini conseguite alla procedura fallimentare portarono poi ad uno sbocco penale: il Prinotti fu incolpato di avere sottratto le attività e mandato a giudizio per bancarotta fraudolenta. La sua attività commerciale si svolse durante un ciclo brevissimo ma burrascoso, in corso Palestro 2 aveva aperto un negozio di mobili, che chiuse assai prima della dichiarazione di fallimento e cioè nel novembre 1920 ila sentenza dichiarativa di fallimento è del 4 ottobre 1930) e quasi contemporaneamente rilevò un negozio di tessuti in via Garibaldi 57. Fu sull'istanza di un creditore, il Cotonificio Felice Tabasso di. Chieri, che aveva rifornito di merci questo secondo negozio, che il Tribunale dichiarò il fallimento del Prinotti. Ma alla data della dichiarazione di fallimento il Prinotti aveva già liquidato ogni cosa: gran parte delle attività erano state aggiudicate ai creditori che avevano preso l'iniziativa di atti esecutivi, e le poche restanti erano state alienate per tacitare ed ammansire gli altri. Quando il curatore, avv. Cesare Bianco, si presentò per apporre al negozio i suggelli e per avere dal fallito i dati necessari per ricostruire la situazione della massa, si trovò in una situazione curiosa: irrintracciabile il fallito, impossibile l'effettuazione dell'inventario perchè non si avevano tracce di... attività. Il negozio era privo anche dei mobili che l'arredavano. Contro un attivo nullo, il passivo risultò di 4000 lire circa. Ma durante questi accertamenti, emerse che nell'imminenza della dichiarazione ciò determina l'imputazione di banca rotta fraudolenta, Detenuto dal 23 ottobre scorso, il di fallimento il Prinotti aveva alienatoi mobili arredanti il locale, cedendoli ad una ditta di via San Dalmazzo. E p^hetti' è comparso Veri" dinanzi ' ai Giu(lid' W ha detto como av^sse C1> dut0 pochi mobi,i una scansia, una sedia FUIla scrivania) ottenendo poco piu di trecento lire, nella persuasione gj nor, comniere alcunché Si illecito e di delittuoso ed ha soggiunto, per gpieg.are i'nzjone dci dissesto, che un s^vidH°. da Iu? associato nella ge-sti0ne del negozio, aveva portato nel-,a azienda tali sistemi che la rovina fu inevitabile. In effetto, le ragioni del dissesto apparvero meglio lumeggiate ' - — • tali m natura alcoolistica, favoriti an cne verosimilmente dall'infezione luetica; il reato di cui il Prinotti e incol- pato è affatto evidente dalla sua de licenza mentale». Il Tribunale (Pres. conte Pinelli P. M. cav. Prassone, Cane. dott. Gabrielli) ha accordato al Prinotti la diminuente del parziale vizio di mente, S?njS5,^r2 ^ UK„a-n?° ? ^re misf SJsSSSx e,<? au interdizione dal »™ %RZ L?i^°T1L1=e uaa- Egli era difeso dall avv. Libois. Il commercio dei suini Casale, 31 notte. All'odierna udienza del nostro Tribunale, si è svolto il processo a carico di tali Torello Ceccarelli, Arturo Vecchio e Pietro Vecchio di Mortara, imputati il Ceccarelli di bancarotta fraudolenta per avere nell'esercizio del commercio di suini in Mortara, fino alla dichiarazione del fallimento, avvenuto nel febbraio 1930, distrutto le attività risultanti dai prezzi di vendita dei maiali, per un ammontare di 300 mila lire, e per avere omesso di tenere i proscritti libri commerciali. Pure imputato di truffa, per avere in diverse epoche, con artifici e raggi- ri, effettuate compra-vendite di inaia-li, pur conoscendo il proprio stato di insolvenza, inducendo cosi in errore i venditori facendosi consegnare un quantitativo di suini per l'ammontare di 300 mila lire, che poi non pagò, sottraendosi con la fuga all'estero, procurandosi un ingiusto profitto a danno di Clemente Papetti, Olindo Ferrari, Umberto Leali, Erminio Tre spi. Pietro Lunghi, Giuseppe Demar- tini, Eugenio Baini, Mario Cremonesi,Enrico Malinverni. Angelo Muzzi, Maurilio Arrigoni. Ercole Crotti, Maria Gorini, Vito Baialuna, Luigi Montanari. Giovanni Gazzoni e Rino Spizzi. I fratelli Vecchi imputati di complicità in bancarotta fraudolenta e truffa per avere facilitato la esecuzione prestando assistenza ed aiuto al Ceccarelli durante i fatti suesposti. Essendo però latitante il Ceccarelli. il processo si è svolto a carico dei soli fratelli Vecchio. Il Tribunale, sentiti gli imputati ed i loro difensori, e le conclusioni del P. M., ha condannato il Ceccarelli a 4 anni di reclusione, e 7 anni di inabilita al libero commercio, al pagamento dei danni verso la parte lesa, liauidat.i in 50 mila lire, a quelle di costituzione e rappresentanza di parte civile, liquidate in 500 lire e al pa- gamento ' delle spese processuali. Haassolto Arturo Vecchio dalVimputazio-ne di bancarotta.fraudolenta, per in-sufficienza di prove, e Io ha assortodall'imputazione di truffa, per non a-vere commesso il fatto. Hr>. assolto ilPietro Vecchio dalle due imputazioni per non aver commesso il fatto. Un'elegante questione di procedura Perchè è sialo respinto un ricorso dei P. 6. In un albergo di piazza Statuto, nei e -'pressi di via Cibrario, un gruppo di e distinti professionisti, reduci da una n ; precedente adunata avevano indugiato -'sino a tarda ora assorti nelle loro conversazioni, in attesa di rincasare. Avvenne cosi che il loro colloquio si prolungasse oltre l'orario stabilito per la chiusura dell'esercizio. In quel momento una pattuglia di agenti e carabinieri al comando di un brigadiere entrò nell'albergo per elevare contravvenzione. I presenti si intromisero dicendo che stavano per uscire e che d'altra parte la loro riunione, come potevano dimostrare, aveva il carattere più che altro di un convegno professionale e non di una tavolata di avventori nottambuli. Ciascuno dei presenti presentò i propri documenti personali dimostrando la rispettiva identità, in modo che non sorgesse nessun equivoco sulla sincerità delle dichiarazioni fatte. A proposito dell'ora tarda avvenne tuttavia un diverbio tra il brigadiere della pattuglia ed uno degli avventori. Ne segni uno scambio di parole piuttosto vìvaci ed ad un certo punto il brigadiere, secondo le sue affermazioni, avrebbe ricevuto uno schiaffo dal suo interlocutore. Venne redatto un verbale per oltraggio e violenza contro la forza pubblica, e per rispondere di questo reato, l'avventore denunziato all'Autorità, giudiziaria, comparve dinnanzi al Pretore avv. Guglielmi che, dopo avere cscusso numerosi testi, lo mandò assolto per non avere commesso il fatto. Contro questa sentenza non fu presentato appello dal Procuratore del Re, a . i , i è o suo dipendente La causa di appello sì è svolta ieri al Tribunale (Sezione IX, Pres. Barone Accusani. P. M. cav. Quinto, Giudice relatore Bellini). Difendeva l'imputato l'avv. Dal Fiume, il quale dopo avere ribadito gli argomenti che avevano indotto il Pretore ad assolvere il suo difeso, ha sostenuto che, se pure il Procuratore Generale ha il diritto di sostituirsi al Procuratore del Re per appellarsi contro la sentenza del Pretore, egli tuttavia deve ritenersi vincolato dai limiti che determinano l'azione del Procuratore del Re nello stesso caso. E cioè, essendo il limite fissato al Procuratore del Re per il ricorso in appello di giorni venti, il Procuratore . Generale doveva presentare il ricorso ' ma, entro quaranta giorni dal giudizio, si appellava invece il Procuratore Ge- jnerale, usando cosi del suo diritto di|avocare a se le funzioni del magistrato entro questo temiine e non, come © avvenuto, nel termine superiore di quaranta giorni, che gli competono per le cause di sua giurisdizione. Il Tribunale, accogliendo la tesi del I l'avv. Dal Fiume, ha respinto l'appel-1 ;°del Procuratore Generale per decor- renza di termini, confermando pertan-l to la sentenza di assolutoria emanata 1 dal Pretore. La sentenza ha suscitato i i vivo interessamento negli ambienti for ;rensi, poiché si afferma esser questa la prima volta che viene respirito un ! ; appello _del Procuratore Generale, con |-questa motivazione. ! | , . . , I SUgJieri del SOCCO L'origine? dell'odierno procedimento I naie si deve ad una serie di furti,'per-.... di cui è stato fatto segno il droghie- j re Giuseppe Scotta, di Saviglianò. Lr, ;Scotta aveva un giorno dovuto con statare come sistematicamente scomparissero da certi sacchi, notevoli quantità dì sugheri; mentre poi, di |?àu àromanchT "non' riusciva a "farsi :una ragione. Un giorno però, più for tùnato del solito, coglieva in flagran tu " ladr0' che - veniva identificato Enel Cavalleris, 11 quale aveva per complice il Barale Contro i due denunciati all'Autorità giudiziaria, sotto l'imputazione di fur-,to qualificato, si istruiva procedimen-lto penale; dai detenuti si riusciva a sapere che la refurtiva era stata venduta al Mana, ul Pignatta ed al Santero. Perciò anche costoro venivano coinvolti nella vicenda, e rinviati a giudizio del Tribunale, nonostante che il Mana ed il Pignatta protestassero la propria buona fede. All'udienza, mentre il Cavalleris ed il Barale si sono confessati autori del furto, gli altri due hanno continuato a protestare la propria innocenza; ma solo il terzo acquirente, il Santero, ha potuto luminosamente provare che nessuna responsabilità gli poteva venire addossata. Dopo le ar 1 ringhe del P. M. e dei difensori, il j Tribunale ha pronunciato sentenza di condanna nei riguardi del Cavalleris e del Barale, a due mesi e dieci gior ni di reclusione, e 300 lire di multa. a Il Mana e il Pignatta venivano rite nuti responsabili di incauto acquisto, anziché di ricettazione, e come tali condannati a 100 lire di ammenda, n->:>-nmm con i benefizi di legge. Il che il fatto da lui commesso non costituiva reato. .Santero è stato invece assolto per '* l d e I gelati che avvelenano Vercelli, 31 notte. Nel maggio dello scorso anno, in un bar di cui è proprietario il signor Alfredo Gaja, si ebbero a lamentare parecchi casi di avvelenamento per effetto di gelati che si ritennero confezionati in recipienti non sufficientemente stagnati. Fra gli avventori che subirono gli effetti nocivi di tali gelati, oltre a concittadini vi furono anche forestieri di passaggio in quel giorno di festa per la nostra città, provenienti in massima parte da Torino dove si svolgevano le manifestazioni della Santa Sindone. Fortunatamente non si ebbero a deplorare casi letali. ai Quest'oggi si è svolta, in Pretura, -lla causa nei confronti del Gaia che è -'stato condannato a 1500 lire di multalole ad una. provvisionale di 1200 lire al1favore degli infortunati costituitisi i parte civile, danni c spese, da liqul- darsi-in separata sede. Numerosissi- 'mo pubblico ha assistito al dibattito,