Fasti nella nefasti di un Casinò reggia degli Osmanli

Fasti nella nefasti di un Casinò reggia degli Osmanli Fasti nella nefasti di un Casinò reggia degli Osmanli w. , apezia,noe.„J» cominciato stamane, dinanzi al nostro Tribunale, il processo a caricofini -a ir l_ T71 L. . t _ - -r—. . dei fratelli Mario, Fortunato ed Ettore Serra e di Angiolo Palladino Eccettua to l'Ettore Serra, latitante, tutti gli imputati sono presenti. Il Serra Fortunato è a piede libero. Il processo si inizia con l'inerrogatorlo di Mario Serra, il maggiore imputato. Egli veste elegantemente e parla con facilità e colorito. « Dopo gli errori del 1914 — narra Mario berrà — quando cioè avevo non molti anni e poca esperienza; errori che molto amareggiarono il mio povero padre, ho sempre condotto una vita di intenso lavoro, solo preoccupato della mia famiglia e della mia riabilitazione. « Nel 1922 mi recai a Pola e a Trief,™ Per 11 ricuPero e la demolizione di cS??1ÌS navi affondate, per conto della società Anonima Serra, di cui facevo parte. Nell'ottobre del 1925, ritornai alla Spezia. Trovai la Società in sfaceii ?er lmProvviso ribasso del prezzo del «erro. La Società aveva grossi lavori di ricuperi anche in Albania; occorrevano somme fantastiche; misi a disposizione tutto il mio naviglio, per oltre 1 milione e 600 mila lire, col patto che sarei stato pagato quando si sarebbero realizzati degli utili. «Nel 1923 scadevano presso il Credito Marittimo di Milano effetti per circa 5 milioni di lire; se avessi ceduto tutti gli immobili, di un valore di circa J milioni, alla Società Anonima, trasformandosi questa in immobiliare avrei evitato 1 protesti. Acconsentii. Frattanto l'Anonima Serra si assicurava l'impresa del ricupero di oltre 100 navi alle bocche dei Dardanelli. Per il relativo finanziamento mi si richiedeva il premio di un milione, oltre i tassi. Allora mi rivolsi ad Ugo Camerano, che accettò di finanziare l'impresa, rilasciando due milioni e mezlzo di effetti a sua firma ed all'ordine della Anonima Serra, con un premio, per lui, di 400 mila lire. « Al Camerano, per generosità e per garanzia personale, consegnai uno <■• cheque » di due milioni sulla Banca Commerciale Italiana, « chèque » in bianco, che gli veniva rilasciato nel 1926, e non nel 1928, quando poi egli 10 girò per l'incasso. Nel giugno del 1926 partii per Costantinopoli ». L'imputato continua col ciire che, a Costantinopoli, tentò subito l'impresa, che gli procurò la trasformazione della ex-Reggia del Sultano in un « casinò » con un lucro giornaliero di ben 30 mila lire. « Gli affari — prosegue l'imputato '— andavano benissimo, e con il ricavato pagavo gli effetti della Sooietà e finanziavo anche l'impresa dei Dardanelli. « Nell'aprile del 1927, Ugo Camerano e Cotta Ramusino chiesero il mio intervento, affinchè disponessi di un altro finanziamento, prevedendo altrimenti il fallimento dell'Anonima. Giunsi a Spezia per fronteggiare la situazione; quindi mi recai a Milano, dove mi fu chiesto un finanziamento di 4 milioni. Firmai per altrettanti effetti, obbligandomi a pagare 100 mila lire al mese. A Spezia fui accreditato presso la Banca Commerciale per lire 600 mila, con le quali acquistai gl'immobili che poi, in capo a tre mesi, dovetti vendere al Palladini. « Gli eventi precipitano — prosegue l'imputato. — Il 12 settembre del 1927 11 Governo Ottomano ordinò la chiusura del casinò, che mi fruttava un milione al mese. Pres.: — Ciononostante, avevate in Turchia otto milioni di debito... i Imp. : — E' una prova del credito che colà godevo. Il grande hotel Cost'aiittoiopoli, che avevo deciso di costruire, e per il quale avevo già ottenuto 11 finanziamento, comportava un preventivo di ben 60 milioni. , Avv. Bellincioni: — Se il Governo turco non faceva quella turcata, certo le cose sarebbero andate in maniera diversa. Pres.: — Ma con tutti quei danari non aveva però di che pagare le automobili. Imp.: — Mi rovinarono. Mi presentai alla Banca del Kedivè, ma trovai gli sportelli chiusi. Mi fu detto che oc- correva la definizione della vertenza, che intanto avevo aperta contro il Governo ottomano. Avevo, fra impiegati e dipendenti in genere, oltre duecento persone, numerosi fornitori e forti impegni. Ero senza un soldo poiché tutto il mio danaro liquido era stato sequestrato. Mi presentai ad- Angiolo Palladini, amico d'infanzia; lo supplicai di acquistare i miei beni immobili della Spezia per 450 mila lire. Mi rispose che la sera mi avrebbe dato una risposta. Acconsenti alfine, insieme ad altre persone che non conosco. Con il denaro cosi ricavato, pagai anche alcuni effetti del Camerano. «Ma sfumarono anche le 450 mila lire. Già il signor Mario Da Pozzo, l'avv. Mosconi ed il signor Natale Toracca mi avevano telegrafato di spedire 280 mila lire dovute al Toracca, altrimenti questi avrebbe proceduto al sequestro degli immobili. Non era possibile una dilazione: inviai 280 mila lire all'avv. Mosconi pregandolo di addive- aire ad una transazione. Infatti, l'avvocato mi comunicava più tardi d'essere riuscito a fare accettare intanto 50 mila lire. Teneva perciò a mia disposizione le rimanenti 230 mila. Gli telegrafai di depositarle alla Banca Pegazzano, dove mia moglie aveva già un conto corrente di 40-miia lire. Così avrei potuto prelevare tutto con una sola operazione ». gfsccmcrqnttancvrLe vioende del Casino «Intanto, il Tribunale Penale d'Istambul dichiarava arbitraria ed illegale la chiusura del casinò, ordinandone l'immediata riapertura. Ma la mia gioia fu di poche ore: Da Pozzo mi comunicava che, se non pagavo subito il Camerano, lo cheque in suo possesso sarebbe stato passato alla cetMtsdacvedKciccrdazMdrbpsslivvncinarel'mggMScCcl'ammstsilaEclechsuufitecoliluleersetrmloAco55tadonoBanca Commerciale Italiana. Implo ini inutilmente: dopo sette giorni, approfittando di un documento rilasciatogli spontaneamente un anno e mez- tirisube dllAdi Pii zo prima, al morale, i Camerano Dassò l'aàseeH6o.alla Banca ^'imera'no Passo 1 assegno i _■"-»"• ik. per un impegno del tuttoe i a a n i o i a . i a o i o e o i «Oggi, senza questo atto inconsulto, sarei entrato in possesso di 5 mii?- Àl indennità, stabilita dall'Autorità Giudiziaria turca quale compenso dei danni derivatimi dalla chiusura dellYediz Kiosk. Zero di attivo zero di passivo E' la volta del secondo Imputatorortunalo Serra, che deve rispondere di bancarotta semplice. — Non potevo tenere alcun libro — egli dice — con mio fratello Marioebbi con mi rapporti per un solo anno. Non sono stato mai iscritto a Camere di Commercio; della Anonima Serra non ero cho un azionista. Purtroppo, i finanziatori delle imprese dquesta Società esigevano dai FratellSerra, personalmente, avalli cambiariDirigevo i lavori dei Dardanelli quando mi colpi il fallimento. Corsi in Italia, credendo trattarsi di ini erroreed il Curatore mi spiegò invece che si era proceduto regolarmente. « I! mio attivo è zero, c zero 6 il mio passivo. Ecco la mia posizione. « Tuttavia, mi sono prestato per il concordato di Milano, di "• milioni, al 25 per conto, alla transazione da parte del Palladini per lire 236 mila, do po cento lettere negative da questi scritte al Curatore del fallimento, rag. Maltese. Ieri sera il Giudice Delegato ha approvato il concordato di Spezia per un milione al 10 per cento. Avv. Bellincioni: — Quale libro dunque, avrebbe dovuto tenere Fortunato Serra? — Imp.: — Avrei dovuto tenere la nota delle firme di favore, concesse per l'Anonima Serra. Viene interrogato poi l'Angiolo Palladini. Un movimento di attenzione si avverte nel pubblico. L'mputato parla con accento di sincerità. « Da due anni ero a Costantinopoli, quando venne Mario Serra. Voleva sfruttare l'ex-reggià degli Osmanli, trasformandola in fantastico casino. Non ci eravamo vi sti da parecchi anni; subito riallacciammo l'antica stretta amicizia. Facemmo insieme operazioni di cambio: mi servivano lire italiane e perciò le compravo con lire turche. Anche Serra me ne offri ed io le acquistai. Su queste basi, i nostri rapporti durarono a lungo. Serra acquistò da me automobili ed accessori, sempre con patto di riservato dominio. T pagamenti a rate erano as3ai in voga a Costantinopoli, per le ottime condizioni praticate sul mercato: su 400 automobili vendute in un anno, 377 lo furono a rate. certa! fra mobili d'arredamento un'at- II tracollo «Vero è che pagai complessivamente per circa un milione di assegni al Mario Serra, ma questo feci perchè, oltre ad avvantaggiare il Serra, che cosi veniva subito in possesso del suo denaro, avvantaggiavo notevolmente anche la mia ditta. A Costantinopoli, Serra aveva un credito immenso: il casinò furoreggiava, tutti ne erano entusiasti: banche e creditori facevano a gara, a cacciare dentro denaro. r. L'improvvisa chiusura dell'Yediz Kiosk fu la rovina del mio amico. Egli corse da me, preoccupatissimo: tutti i suoi affari rimanevano incagliati; i croupiers dovevano essere pagati, alcuni a 300 lire al giorno. La banda pure, in ragione di lire 1000 giornaliere; di più, doveva pagare il collegio degli avvocati che lo difendevano nell'opposizione fatta alla chiusura del casinò. Mi prospettò la vendita degli immobili della Spezia. Non avevo mezzi per fare da solo l'operazione che mi avrebbe certo fruttato un guadagno. Ne parlai all'Ambasciata d'Italia, e7mi dissero che la cosa era legalmente possibile. Imp.: — Avevo solo 90.000 lire italiane in cassa, potevo fare dei prelevamenti a conto del mio avere. Mi rivolsi al padrone del garage Costantinopoli, il signor Del Piano, al quale chiesi, e dal quale ottenni 250.000 lire, in prestito. Con tutto questo danaro acquietai gl'immobili. Pres. : — Quando restituiste il denaro al Del Piano? Imp.: — In parte alcuni mesi dopo; e in parte debbo restituirlo ancora. « Alcuni giorni dopo — prosegue l'Angiolo Palladini — Serra tornò da me, pregandomi di pagargli un assegno di 210.000 lire della Banca Pegazzano ». Viene introdotto poi il rag. Raffaele Maltese, curatore del fallimento della Spezia. «Il 28 novembre 1927 — egli dichiara — ad istanza del signor Ugo Camerano, il Tribunale di Spezia dichiarò il fallimento di Mario Serra, e l'imputazione di emissione di cheque a vuoto. Poco dopo, ebbi un telegramma dal Serra, che mi invitava a recarmi laggiù, a Costantinopoli. Per lo stesso tramite del telegrafo gli risposi che mi mandasse almeno un bilancio, cosa che il Serra non fece. Esperii indagini per conto mio, ed accertai, con l'aiuto di qualche creditore, le esistenze del Serra in alcune Banche locali. Alla Commerciale erano in suo nome due cassette di sicurezza: una vuota ed un'altra contenente una fila di perle giapponesi di insignificante valore. Esisteva, inoltre, un conto corrente intestato a Mario Serra per lire 4448, e un altro, intestato alla di lui moglie Santina, di lire 508. Prelevamenti di 210.000 e 100.000 lire erano stati fatti, rispettivamente il 21 settembre ed il 10 ottobre. « Alla Banca Genovese di Credito trovammo 300 azioni del valore nominale di lire 45.000, del valore, allora, di 4000 lire, ridotte poi a zero. Alla Banca Furter e C. esisteva un conto corrente di 1210 lire, più lire 55.600 in Consolidato. Feci gli inventari della casa sita sotto i portici Chiodo 7, e della villa di Marina di Pisa, nonché in via Milano, alla Spezia, Ac- tività di 210.000 lire. Intanto, il pasrivo saliva a tre milioni. Il Serra risultava dissestato sin dal 1924. Si ebbe una prima riunione di creditori, con bsCmocppms H6 no to ulmioso ra o, re — o: nama rdi lli ri. nae, he il il al ro ti g. to a o ra e lsi a ne gn i ca: e ru outti iili a al o e n e e z i i i ; i ò. i be e , o ; e a e a o e e una proposta di concordato al 25 per cento, senza alcuna garanzia. « Mario Serra aveva rapporti con li Società An. Fratelli Serra, di Milano Esaminati i registri di questa Società, notai che un deposito-garanzia in azioni per tre milioni e 483.000 lire erano della Immobiliare Lunigianese; accertai pure che i due milioni di Camerano erano stati apportati alia stessa Società Anonima ». Aw. Bellincioni: — Quando fu emesso l'assegno a favore Camerano? Curatore: — Il ì.o giugno 1926 Chiesi che il fallimento venisse esteso anche alla Serra, ciò che avvenne il 15 febbraio 1929. « Vi è stato un notevole danno per i creditori: 16 milioni di crediti sono stati liquidati al 25 per cento, a Milano. Ora, alla Spezia, gli stessi liquidano un 10 per cento, come i creditori del luogo ». Mario Serra : — I finanziatori di Milano vollero che apportassi i miei immobili al Credito Immobiliare Lunigianese, minacciando il fallimento della Società Anonima. Io non esitai, e mi spogliai cosi di tutti i miei averi. Ciò avveniva nel 1926, tre anni prima del fallimento. Pre.: — I denari di Camerano andarono ai fratelli Serra od all'Anonima? Curatore: — All'Anonima, certamente.. Pres.: — L'Anonima aveva intanto setto milioni di debiti. Avv. Bellincioni: — Era un'azienda grandiosa, e c'era la prospettiva del ricupero di 100 navi nell'Egeo, con i relativi tesori. Curatore: — Mi pare che quella fosse una mezza gonfiatura: le navi non partivano per la guerra, con i tesori. Una formidabile impresa A questo punto, l'imputato Fortunato Serra chiarisce che si trattava di un lavoro veramente formidabile: ben 50 navi lavoravano ner il ricupero di quelle affondate durante la guerra. In occasione del fallimento del Credito Italiano Marittimo, venne nei Dardanelli il Curatore e rimase entusiasta dei lavori; e che fosse quella un'impresa veramente fruttifera lo dimostra 11 fatto che ancora continua e che ha già reso milioni e milioni. Pres.: — Curatore, quando ella contestò al Palladini l'illegalità dell'acquisto dei beni del Mario Serra? Curatore: — Sette o otto mesi dopo il fallimento. Aw. Guerrieri — Qual'era la posizione finanziaria del Palladini? Curatore: — Ebbi modo di constatare che era veramente ottima. Avv. Buttlni: — Infatti, guadagnava 350 lire turche al mese ed aveva una cointeressenza di 100 mila lire all'anno. Pres. : — Che scopo ha avuto la transazione di 236 mila lire fatta In questi giorni? Curatore: — Non saprei. Certo l'ho giudicata gravosa al fallimento. Avv. Euttini: — La transazione ha avuto il parere favorevole dell'avvocato del fallimento, della Commissione di vigilanza, del Giudice delegato e del Presidente del Tribunale. Pres.: — Che cosa può dire della mancata presentazione dei libri contabili? Curatore: — So che non li ha presentati e che non senti mai il bisogno di scrivermi... Imp. Mario Serra: — Lo invitai anche a venire a Costantinopoli a spese mie! prea.: — voi, però, non vi siete cu- te, sono stati trascritti e registrati regolarmente, a cura del compianto aw. Ferrarini. Difatti risulta che la registrazione è avvenuta. Pres.: — Quant'è il passivo reale del fallimento? Curatore: — 19 milioni e 764 milp lire, cosi ripartiti: Società Anonima. 16 milioni; Mario Serra, 3 milioni 1 400 mila lire; Ettore Serra, 34 mila lire; Antonio Serra, 330 mila lire; Fortunato Serra, zero. Il fallimento di Mario Serra presenta un attivo .i due milioni e 100 mila lire. Avv. Bellincioni: — Sa il curatore se quella del « casinò » dl Yediz Kiosk era una novella da « Mille ed una notte » ? Curatore: — Da fonte attendibile ho appreso che. se non awenìva la chiusura del « Casino ». Mario Serra avrebbe potuto pagare tutti i suoi debiti e realizzare una fortuna favolosa. L'orologio di Musiate Pascià L'udienza pomeridiana ha inizio con l'esame testimoniale. Viene introdotto Bertolotti Osvaldo di Celle Ligure, già direttore del Casino di Costantinopoli, il quale dichiara che l'impresa Serra era talmente redditizia, da poter calcolare sull'incasso netto dì più di un milione al mese. Natale Toracca, impresario della Spezia, ebbe una combinazione commerciale col Serra, dalla quale si ritirò ben presto. Conobbe il Palladini e ne riportò una impressione ottima. Al Serra anticipò centinaia dì migliaia di lire, e fu sempre regolarmente soddisfatto. Imputato Mario Serra: — Dica il teste se '>nche dopo la chiusura del Casino io continuai a-corrispondergli 20 mila lire mensili per l'estinzione del debito di 230 mila lire. Teste: — Sì. Continuò a pagare fino all'epoca del fallimento. Gervasoni Emilio di Cerbusco conobbe Mario Serra in occasione di una visita fatta a Valdellora, per conto del Credito Bergamasco. Appose delle firme a favore della Anonima Serra, per oltre tre milioni di lire su cambiali recanti firme di persone altolocate, che però non pagavano mai. — Non ho mai avuto nulla in compenso, — dichiara il teste — all'infuori di un vecchio orologio che il Serra mi disse essere stato posseduto da Mustafà Pascià. Non valeva 200 lire. Dopo l'escussione di alcuni altri testimoni, l'udienza è stata rinviata alle 9 di dttirqanl^CcmcrgntiqcdcdptSn?SdPDinvintdedmvdsUmaCsdl'