Come è stata occupata Ta-zang

Come è stata occupata Ta-zang Come è stata occupata Ta-zang Sciangai, 1 notte. Questa aera atte venti è giunta notizia che a Ginevra i delegati nipponico e cinese avevano accettato le proposte di pace. A Sciangai invece guerra come ieri, più di ieri, e le notizie ginevrine hanno costituito un colpo di acena che ha acceso poche speranze che sono durate quanto può durare la differenza di orario. I nostri orologi segnano sette ore in anticipo su quelli dell'Europa centrale e sta di fatto che mentre di fronte all'altare societario i delegati dette Potenze ■ in conflitto pronunciavano il loro « si », a Sciangai i capi détte forte in campo facevano il bilancio di una nuova giornata di battaglia tanti metri di terreno guadagnati, tanti morti nostri e tanti loro lasciati sul campo. Formale divergenti Prima di riferirvi la. cronaca dei combattimenti odierni e del tentativo di far saltare due delle più grosse navi giapponesi ancorate sul Wang Pu è necessario precisare come sia stata accolta a Sciangai la notizia di un accordo di principio e come si possa spiegare che mentre dalle rive del lago svizzero si annuncia ufficialmente che sono spuntati i germogli dell'olivo qui il cannone contìnua a lavorare e a decidere. Sta di fatto che i termini dell'accordo raggiunto a Ginevra sono diversi, e in qualche punto sostanzialmente, da quelli formulati ieri a bordo dell'incrociatore Kent ai quali il Giappone non intende accedere. Uno dei termini, da quanto si può sapere qui, di cui non si è parlato a Ginevra è quello che si riferisce al ritiro delle truppe tanto cinesi quanto giapponesi dalla zona di battaglia. Da informazioni che ho potuto avere questa sera da autorevole fonte giapponese, « il punto di vista al quale informano la loro azione il Governo di Tokio e il Comando della spedizione a Sciangai è il seguente: la proposta fatta e accettata a Ginevra costituisce una base per aprire trattative necessarie alla soluzione del conflitto; d'altra parte la riunione svoltasi ieri a bordo del Kent ha per scopo di trovare una formula in base atta quale i Comandi militari diano ordine di cessare il fuoco. Finora questa formula non è stata trovata giacché i giapponesi non possono accettare quella tra le proposte formulate ieri a bordo dell'incrociatore britannico che ai riferisce al simultaneo ritiro dette forze avversarie ». — E' questa una condizione inaccettabile — ha soggiunto il mio interlocutore — per noi perchè, non ostante la noatra buona volontà, non possiamo oggi credere — anche a volere ammettere che il Governo di Nanchino intenda in buona fede dare esecuzione ai patti — che i nantonesi della 19.a Armata siano disposti a ritirarsi a quella distanza da Sciangai ritenuta necesaaria perchè possano iniziarsi e svolgersi in un ambiente di pace le ulteriori trattative. Questo punto di vista — 7io obiettato — non può sollevare il sospetto che mentre a Ginevra si sta tessendo la tela della pace da Sciangai si sfilino l'ordito e la trama? — Tale sospetto c il conseguente pericolo possono essere evitati solo dai cinesi e per far questo essi non hanno che da dare prova del come mettono in esecuzione il ritiro delle loro truppe: per parte nostra abbiamo già fatto la concessione di accettare che le operaizoni di sgombero siano constatate e presiedute da una Commissione militare mista. Di più è anche certo che, appena tale movimento avrà inizio — purché venga volontariamente e non sotto la spin¬ ta delle forze imperiali —, da parte nostra saranno sospese imTnediatamente le ostilità. Ripresa delle trattative? Posta così la questione può sembrare che la situazione sia al punto morto e che non ci sia altra via di uscita che il proseguimento della battaglia o una maggior arrendevolezza cinese di fronte alla condizione assoluta posta dal Giappone. Mi risulta però da fonte assolutamente certa che le trattative a bordo del Kent aaranno con ogni probabilità riprese domani ateaso. E non è trop po sperare che da un nuovo colloquio diretto, guidato ancora da una autorità neutrale e che potrà appog giarei a differenza di quello di ieri a quell'accordo di principio ormai raggiunto a Ginevra, sia possibile trovare una formula che risolva la procedura per giungere a quella sospensione delle ostilità che entrambe le parti dicono di volere. Ormai infatti la divergenza pare essere localizzata alla contemporaneità voluta dai cinesi e negata dai giapponesi del ritiro delle truppe. Se domani l'ammiraglio Kelly riuscirà ad accordare i delegati dei due eserciti nemici su questo punto si potrà attendere a distanza di qualche ora che il cannone cessi di tuonare. Prima di allora si deve ancora parlare della guerra che si combatte con ripresa violenta. L'attacco della linea cinese La battaglia di oggi ha dato ancora un vantaggio ai giapponesi che continuano a premere su Ciapei avvicinandosi sempre più alla roccaforte della resistenza cinese. Il barometro delle speranze che ieri sera era orientato decisamente al- bello ha avuto un violento rovescio fin da stamatie. Contemporaneamente alla notizia che i giapponesi avevano sbarcato un contingente di truppe, praticamente tutta la loro 11.a Divisione, a 5 miglia a nord di Liuko, città situata sulla riva destra dello Yang Tse e distante circa 35 chilometri da Sciangai, sul fronte di Ciapei-Kiang Wan-Ta Zang l'offensiva giapponese riprendeva in modo vigorosissimo. La linea dopo alterne vicende dei combattimenti di ieri era stata notevolmente accorciata: poco più di 10 chilometri di fronte che corrono secondo un semicerchio che è a oriente in corrispondenza di Hongkew e si chiude a Ciapei e dall'al tra parte si avvicina sempre più a questa località. L'assalto è stato preceduto da un violentissimo bombardamento iniziatosi alle ore 8. Il maggior sforzo degli attaccanti nipponici è stato diretto sull'ala sinistra cinese che ancora stamane era trincerata a Ta Zang e che ha ceduto durante la giornata un paio e forse tre chilometri di terreno opponendo una resistenza disperata: per conquistare il breve tratto, i giapponesi hanno impiegato cinque ore e hanno subito perdite ingenti. La resistenza cinese è tanto più notevole in quanto che i difen sori hanno saputo resistere oggi, meglio che i giorni scorsi, all'offensiva portata contro le loro posizioni dagli aeroplani che non hanno cessato di bombardare e mitragliare le loro linee. Le trincee sono state completar mente smantellate prima che la fanteria corresse all'assalto, eppure fra le buche scavate dagli obici, dalle tane di volpe, dalle macerie détte poche case che ancora potevano offrire un certo riparo, i difensori erano pronti a ricevere e sostenere l'urto nemico. Finalmente all'una del pomeriggio i giapponesi, dopo otto assalti, riuscivano ad occupare Ta Zang, caposaldo occidentale di quello che era il triangolo difensivo Kiang Wang-Ta Zang-Ciapei. H Quartiere Generale nipponico ha diramato nel pomeriggio un comunicato nel quale si informa che le truppe imperiali avevano raggiunto alle 13 la linea che correva a circa un chilometro c mezzo a sud dì Ta Zang dove avevano incontrato nuova resistenza da parte dei cinesi. Più tardi il Comando'nipponico faceva annunciare ancora che pattuglie del 35.o reggimento Fanteria erario riuscite ad occupare alcuni elementi di trincea a Patzuago, che fa parte del quartiere di Ciapei. Con questa operazione, prosegue il comunicato del Comando nipponico, si sono interrotti i collegamenti fra Ciapei e le linee difensive che i cinesi sono riuscili a mantenere ancora nétte immediate vicinanze di Kiang Wan. Il comunicato prosegue affermando che nella giornata di oggi i giapponesi sono riusciti a mettere il nemico in fuga e che le operazioni odierne porteranno a una « rapida c completa vittoria ». Le riserve Il fatto che Z'il.a Divisione sia stata sbarcata in una località relativamente distante d-ai luoghi in cui è in corso la battaglia ja pensare che prestissimo si potrà avere uno spostamento del fronte. L'offensiva di oggi, guidata dal generale Scirakaica che ha sostituito nel comando delle truppe il generale Uyeda, presuppone infatti una rapida soluzione della battaglia intorno a Ciapei c lo sgombero di questa località da parte dei cinesi, che si stabiliranno sulla loro seconda linea di difesa. Appunto allo scopo di evitare che al momento critico del cambiamento delia linea i cinesi portino un attacco alle spalle delle truppe che staranno per prendere Ciapei, è stato deciso lo sbarco di 12 mila uomini della 11* Divisione a nord di Liuho. In totale questa sera i giapponesi hanno portato a terra 45 mila uomini ed entro domani, completato lo sbarco della 1* Divisione, potranno conlare su una forza di 60 mila uomini in tre divisioni: la 12\ Z'il" e la 1\ Assumendo il comando delle truppe imperiali, il generale Scirakawa ha diramalo un coìhunicato nel quale è detto che egli desidera collaborare con le autorità straniere di Sciangai allo scopo che siano rispet¬ iìI''| ( i i tata diritti della popolazione internazionale. Egli ha aggiunto inoltre che se i cinesi sono disposti a ritirarsi immediatamente a quella che e la distanza ormai da tempo precisata, cioè a dodici miglia e mezzo, i giapponesi cesseranno immediata,mente il fuoco. Stamane una esplosione formidabile ha determinato il panico nel centro di Sciangai. Fra l'incrociatore Yasho Izdumo, nave ammiraglia detta aquadra nipponica, e l'incrociatore Ohi, ancora a 50 metri di \dtetanza uno dall'altro, sono scoppiente due mine cariche di un potentissimo esplosivo. Le due navi non hanno subito alcun danno, ma la violenza dello scoppio è stata veramente terribile. Tutti i palazzi del Bund hanno tremato e si sono ripetute le scosse durante una decina di secondi. La popolazione, credendo si trattasse di un terremoto, si è gettata nelle strade in preda a vivissimo panico. Si è accertato che il tentativo era diretto a far saltare in aria la nave ammiraglia nipponica, e se le mine sono scoppiate tra questa e l'incrociatore Ohi ciò è dovuto al semplice caso, giacché in quél momento fra le due navi si era prodotta una corrente provocata dal passaggio di un caccia inglese, di guisa che gli ordigni sono stati allontanati proprio nel momento dello scoppio dai* fianchi dell'incrociatore Yasho Izdumo. FRANCO SPINELLI. Londra tra Washington e Tokio Londra, 1 notte. A Ginevra i rappresentanti del Giap pone accettano le condizioni di armistizio enunciate da Boncour; a Tokio se ne accettano alcune e se ne respingono altre, e a Sciangai là battaglia riprende con intensificata violenza. Il fumo dei cannoni e degli Incendi appiccati oggi dalle bombe degli aeroplani giapponesi deve poi servire a tenere nascosta, agli occhi troppo curiosi dei diplomatici americani, l'enorme distesa della pianura mancese. Più sanguinosa si farà in questi giorni la lotta attorno a Sciangai, più angosciosa la situazione della zona internazionale, e maggiore — secondo Tokio — sarà la urgenza di una sistemazione del conflitto in corso. Nessuna delle Potenze del vecchio e del nuovo mondo oserà ostacolare questa sistemazione, inserendo fra le ruote delle trattative di armistizio il bastone della Manciuria. Così Tokio avrà trasformato il più tremendo scacco militare della sua storia recente in un'immensa vittoria diplomatica, grazie alla quale si impossesserà di un territorio di una superficie uguale a quella della Francia e della Inghilterra unite. Tutto ciò presuppone innanzi tutto che Washington chiuda gli occhi e accolga la tesi nipponica secondo la quale la Manciuria è uno Stato autonomo non per volontà del Giappone ma per decisione dello stesso popolo cinese e dei suoi più rispettabili rappresentanti. Per questo i delegati del Giappone a Ginevra sono stati inclini ad accettare le proposte di tregua, e dichiarare ancora una volta che il Giappone non nutre ambizioni territoriali o politiche in Cina, ma Washington, come dimostrava la lettera di Stimson a Borah, non si lascierà agevolmente persuadere da queste dichiarazioni di Tokio. Vorrà veder chiaro, anche se Londra preferirà volgere gii sguardi altrove, e il Governo cinese — nessuno qui ne dubita — non consentirà a riconoscere la cosi detta autonomia della Manciuria, e meno che mai ora, in un momento in cui, grazie all'eroismo delle sue truppe, può far la voce minacciosa e approfittare dello sgombero del settore di Sciangai e della tregua di ostilità per trasportare le truppe di Cen verso la grande muraglia a nord di Pechino. Le prossime trattative per la sistemazione del conflitto a Sciangai sembrano dunque destinate, a giudizio perfino di vari scrittori inglesi, a sottoporre a una dura prova la collaborazione anglo-americana. La diplomazia britannica appare almeno per ora poco o punto favorevole a un'estensione delle trattative future, contentandosi —• come ha fatto fin qui — degli impegni e delle promesse fatte dal Governo di Tokio e dai suoi rappresentanti in seno alla Lega delle Nazioni di rispettare l'integrità territoriale della Cina. Ma la diplomazia di Washington, pur non dubitando della sincerità nipponica, sembra propugnare una disamina completa del problema estremo orientale che non lasci sussistere oscurità c dubbi, e quindi pericoli di ulteriori attriti o esplosioni fra Tokio e Nanchino. «Se la collaborazione anglo-americana sarà limitata a Sciangai — dice per esempio oggi il corrispondente ginevrino del Manchester Guardian — e se l'amicizia cogli Stati Uniti .sarà giudicata meno importante di quella col Giappone, la crisi di Estremo Oriente i risulterà essere stata più disastrosa di 'tutto ciò che è finora accaduto in ì Cina ». A Ginevra o a Sciangai, dunque, la I Inghilterra dovrà prendere una deci' sione d'importanza suprema per il pro'prio avvenire e per quello del mondo: :o far pencolare la sua bilancia verso | Washington, oppure verso Tokio. R. P.