Il Real Convitto delle Vedove e Nubili

Il Real Convitto delle Vedove e Nubili Il Real Convitto delle Vedove e Nubili Piccolo mondo antico e pìccolo mondo moderno - Un angolo dì pace deliziosa - Come vive l'Istituto e come vivono le convittrìci ? 3 ,„^,«?=a 3t.m* 8trada„cIle ^ltSn7 dM^ COUlfa' o apre^U rS3E vÌ?Àlf s\^./P^Convittova ° NUblU d' C1\Ue- condi-'u^?h,t,™ P™»""8™, m estate o in ; 1fl^X™.^"1^ l TCCM aXb?n„'*% c?,g SOno ncchi ^ Rt^LT',11 ^!a7v3m,° è m flor?' e tutfin- storno la collina è ammantata di verde, l'antica villa sembra un gioiello incastonato in una cornice di smeraldo. Quasi un secolo e mezzo Noi la visitiamo ora che la neve disegna sui rami degli alberi scheletriti, rabeschi di candido ermellino, steDde un immacolato tappeto dovunque ricopre il giardino e disegna sui cornicioni dello stabile strani motivi ornamentali. Ma anche d'inverno essa ha un suo fascino particolare, avvolta com'è in un'atmosfera di tranquillità e di pace di cui beneficiano le 150 convittrìci. L'edificio che fu già villa dei conti Ripa Buschetti di Meana, venne acquistato nel 1786, da Padre Canaveri — che fu poi Vescovo di Biella e quindi Cardinale — per incarico della Principessa Maria Felicita di Savoia: la fondatrice del Convitto. Lo stesso Padre Canaveri fu il primo direttore e presidente dell'Istituto, carica che è ora tenuta dal gr. uff. generale Egilberto Chiapirone. La Villa Meana risultò subito un po' troppo angusta per lo scopo a cui era stata destinata, e perciò, su disegno dell'architetto Mosca, lo stesso che diede il nome all'ardito ponte .da lui costruito sulla Dora, venne ampliata con opere che importarono 250 mila lire. Somma ingente se riferita all'epoca in cui vennero eseguiti i lavori: 1840. Nè ciò fu sufficiente, e nel 1885 tutto il corpo del fabbricato dovette esser sopraelevato di un piano perchè potesse ospitare convenientemente 150 signore. Negli anni successivi, e si può dire fino ai giorni nostri, furono apportate continue migliorìe di diverso genere. Ad esempio: il primo impianto di riscaldamento a vaporo importato dal Belgio fu per questo Istituto. Trascorso il critico periodo della guerra, e restaurate le finanze dell'Ente per opera dell'attuale presidente gen. Chiapirone, questi affidò ad un illustre ingegnere architetto, il Chevalley, l'incarico di rimodernare lo stabile senza che ne venisse snaturata la bella linea architettonica. Fu in quell'occasione che vennero costruiti impianti di acqua fredda e calda in tutti i piani dello stabile come pure docce e bagni; ampliati gli impianti di luce elettrica, ecc. Signorilità e libertà Era necessario parlare di queste opere per comprendere in quali condizioni e in quale ambiente si svolga la vita delle convittrìci. E' un mondo a sè e perciò è assai poco conosciuto. L'Istituto accoglie signore che portano titoli nobiliari, vedove di alti ufficiali o professionisti, e signorine di civile condizione, che per particolari e molte volte disgraziati casi famigliari, si sono trovate nella necessità di chiedere l'ammissione al Convitto. Tutte queste signore e signorine vi hanno creato un ambiente consono alla loro cultura e alle loro abitudini. Ogni convittrice dispone di un locale suddiviso armonicamente in entrata, salotto e camera da letto: tre stanzette insomma ammobiliate secondo il gusto di chi le occupa, rallegrate da tendaggi e drappi, da ninnoli, pizzi, quadri, fotografie, sopramobili, ecc. Piccoli nidi dove le signore possono trattenersi a loro piacere durante il giorno, nel quale ricevono altre convittrìci; perchè molte di esse, conservando le abitudini della società nella quale sono vissute, hanno ancora il giorno fissato per le visite e nel quale offrono il « the ». Tutte queste stanze, o, per meglio dire, que-ti piccoli alloggi, si aprono su delle gallerie ognuna delle quali porta un nome augusto: Regina Elena, Regina Margherita, Maria Adelaide, ecc., e su ogni porta una targa d'ottone porta inciso il nome della signora che vi abita e il suo titolo. Esiste un regolamento per le con vittrici, ma è cosi blando, cosi appropriato alle condizioni delle signore che esse non ne risentono alcun disagio. Esse sono infatti liberissime di uscire ed entrare a qualsiasi ora e di trattenersi fuori anche per qualche giorno. Molte, che hanno parenti, trascorrono ad esempio i mesi d'estate, lontano dall'Istituto. Se indisposte o comunque non si sentono di recarsi nella sala da pranzo, vengono loro serviti i pasti in camera- E sono le suore, 19 religiose del Cottolengo, la cui superiora è Suor Giuseppina, che si occupano di tutti i la vori che esige la casa, perchè alle convittrici non è chiesta nessuna collaborazione. Appunto perchè vien tenuto conto della loro condizione sociale, esse sono lasciate completamente libere. Ognuna ha il suo tavolino da lavoro presso la finestra dove a piacimento può, so lo desidera, per svagarsi, far qualche pizzo o ricamo, leggere, far della musica o curare l'uccellino che cinguetta nella gabbietta. Ambiente che favorisce il culto dei ricordi. La reità massima: sette lire al giorno La sala da pranzo è vastissima. Divisa in tre corsie da due file di colonne, con le tavole rotonde ad ognuna delle quali siedono otto convittrìci, essa sembra una grande sala di un albergo nel quale tengono luogo dei camerieri le suore, tutte vestite di bianco. E vi è pure una non meno vasta sala di convegno: col pianoforte, per chi desidera far musica, con divani, poltrone, seggiole e tavolini ingombri di riviste, Le pareti sono trasformate in una galleria di quadri. Fra questi troviamo il ritratto della munifica Principessa Maria Felicita di Savoia, la fondatrice. E' una bella tela che ricorda a tutte le ospiti i dolci tratti della nobile Dama, ritratta in guardinfante col manto d'ermellino, e nello sfondo il pittore ha raffigurato, fra il verde degli alberi, il Convitto. Nella parete di fronte si vede il Re Vittorio Amedeo TU, fratello della fondatrice, che con Regie patenti diede legale esistenza all'Istituto creato allora per le «Vedovo nobili»-: poi il Re Carlo Felice che ne approvò il regolamento, poi Re Carlo Alberto il quale, consta¬ cVeglmspppedemehlclfoadlasdddfgliètqzlmoptlgenc ltat0 che 'e condizioni patrimoniali del rEnte eran° fluide, stabili che 15 convittrici, fra le più bisognose, avessero 'un Posto gratuito. Questi posti nel ; 1856 diventarono 30, ma semigratuiti, cioè a meta re"a, per l'intervento di Re Vittorio Emanuele II, il quale so sutui anche l'antica denominalo™ a e . l a , e i e e a o . e a a . o i e e e e n e e a , e o e i , e , n a e a e . e . o o e a n o e. o o r r e e e, e a o ri vi di eoin ona ilno il a o e, ile eo, a¬ con l'attuale: «Regio Convitto delle Vedove e Nubili di civile condizione» estendendo così i benefici ad un maggior numero di signore e signorine. A questo punto è bene ricordare che la retta per vitto e alloggio fino al termine della nostra guerra era di una sola lira al giorno! Adesso essa è stata portata a 5 e a 7 lire, a seconda delle possibilità delle convittrici. Sono sempre cifre irrisorie se si calcola che in esse sono compresi l'alloggio, il riscaldamento, i bagni, il pranzo e la cena, e che ognuna delle.refezioni comporta minestra, un piatto di carne guarnita e frutta. E a tutto questo va aggiunta l'assistenza medica gratuita. L'Istituto ha il suo ambulatorio particolare per le visite delle inferme, la sua farmacia, e al bisogno, le suore del Cottolengo si trasformano in amorevoli infermiere. Lo sa il Presidente che in occasione di una grave infermità ebbe al suo capezzale suor Raimonda. A ciascuna il suo giardino E soprattutto bisogna tener calcolo della proprietà, non osiamo dire del lusso, in cui esse vivono. Oltre il loro alloggetto esse possono disporre di sale da ricevimento, del grande salone dì convegno di cui abbiamo parlato, e del giardino. Un vasto appezzamento di terreno, compreso fra le due ali del fabbricato, al cui centro troneggia una gran palma, è suddiviso in 150 piccoli lotti. Ogni signora o signorina ha cosi il suo piccolo giardino da curare, e vi è fra loro una gara a chi riesce ad ottenere i fiori più belli. In maggio, quando i rosai sono in fiore, lo spiazzo che sta davanti allo stabile, sembra la vivace tavolozza di un pittore. I primi fiori vengono sempre inviati in omaggio ai Principi, perchè in questo ambiente si ha un culto particolare per la Casa Savoia. Perciò nel salone tu convegno si trovano i ritratti di tutti i Principi Sabaudi, da Emanuele Filiberto a Vittorio Amedeo II, alla Regina Margherita, e alla Regina Elena; e ritratti dei Principi non mancano nell'alloggio di ciascuna, signora. La vista che si gode dal salone di convegno è magnifica: nei giorni in cui l'atmosfera è tersa si vede tutta la catena delle Alpi, dal Monviso al Monte Rosa, e sotto, come vista a volo di uccello, le case di Torino che degradano verso la campagna. Ma ognuna delle finestre della Villa e gli ampi terrazzi offrono alle convittrici non meno belli, pittoreschi panorami del la collina o della pianura. Le più anziane n presidente, insieme al segretario economo teol. cav. Pettigiani, il quale ai suoi diversi uffici unisce quello di assistente spirituale delle convittrici e di celebrante nella bella chiesa an nessa al Convitto, che ha funzioni di parrocchia, ci accompagnano nella visita all'Istituto. Ci viene presentata la decana: la signora Giustina Sìgno rile nata Civalleri. La decana viene nominata ogni due anni e serve da « trait d'union » fra le signore e la Direzione e amministrazione per la presentazione di eventuali osservazioni ed ha l'incarico di accogliere le nuove venute, di ambientarle, di dare il segnale della preghiera prima e dopo il pranzo, e di un'infinità di piccole altre cose che in questo mondo assumono non poca importanza. Dalla signora Signorile apprendiamo che la più anziana convittrice è la contessa Uboldi e quella che da maggior numero di anni si trova nell'Istituto è la signora di Saint-Nazar. Non ci è possibile vederla, perchè è caduta, si è ferita lievemente ed ora tiene il letto; parliamo invece con la marchesa Asturelli, la quale da ben 37 anni è ospite del Convitto. E' una signora coi capelli bianchi, piccola di statura, vispa e prosperosa nonostante i suoi 88 anni. Essa ci riceve con un mondo di cerimonie ed è orgogliosa di poterci dire che è la seconda, in ordine di anzianità, nell'Istituto. — La seconda metà della mia vita è trascorsa felice — dice la buona signora. Felice in rapporto alla tranquillità e alla pace che vi ha trovato dopo essere stata acerbamente percossa da disavventure e da dolori: essa entrò nel Convitto poco tempo dopo di essere rimasta vedova. La marchesa è un'autorità fra le altre signore, benché non abbia alcun grado. Essa è affabile con tutte, ma si 6 fatto il suo crocchio d'amiche e trotta sempre da un capo all'altro della villa, perchè, pur non avendo nulla da fare, si è creata un mondo di occupazioni volontarie. Cosi tutte sono riuscite qui dentro ad ordinare la loro vita, che non è estranea a quella del mondo di fuori, col quale si mantengono in contatto, incursioni, ma Esse vi fanno brevipoi ritornano lesteleste, perchè la pace e la tranquillità non sta di casa che nell'Istituto di via Gioanetti. Ricordi degli agi del passato In un alto corridoio troviamo una in¬teressante pagina di storia: ad unalesena sta attaccata una corda che passa in una carrucola e serve a far scendere dalla volta un grosso fanale a petrolio; più avanti troneggia un vecchio becco a gas, e poiché entrambi questi mezzi di illuminazione sono stati soppressi dal progresso, viene per ultima una grossa lampada elettrica. Anche al pianterreno si conserva un ricordo del passato: cioè il pozzo, col suo argano, la corda e la carrucola. Nel locale vicino si vede un motorino che servì, in un certo periodo, a far salire l'acqua a tutti i piani, ma anche questo sistema è stato abolito: ora nel Convitto si adopera l'acqua potabile, e poiché essa non arriva fino in cima, ad un certo punto della salila è stata costruita una cabina nella quale apposito macchinario imprime all'acqua la pressione e la forza necessaria per raggiungere fin l'ultimooiano dello stabile. Dovunque, in questo Istituto, si tro- tano tracce della benevolenza che i Principi dimostrano alla Istituzione che una Savoia ha creato: nella dispensa vediamo un artistico servizio da tavola ornato coi nodi di Savoia dono della compianta Regina Margherita, nella sala da pranzo vi è un modernissimo apparecchio radio, regalato dalla Regina Elena, il quale rallegra le convittrici durante il pranzo o la cena, e perfino nelle cucine; nei periodi di caccia, si avverte l'interessamento di Casa Savola, perchè daini e cacciagione danno un gran daffare alle suore cuciniere che in quelle occasioni preparano piatti prelibati. La spesa per il fabbisogno giornaliero di questo Istituto è tenue, sia per la saggia amministrazione dell'Ente, sia perchè il Presidente gen. Chiappirone, nella sua qualità di Presidente degli Ospedali Psichiatrici, invia a prezzo di costo le derrate provenienti dal Manicomio di Collegno. H « Convitto delle Vedove e Nubili », questa opera di grande importanza ed elevatezza morale e sociale, trova così la possibilità dì fornire a numerose signore, che nella società sì sarebbero trovate sperdute, 11 modo di vivere in un ambiente consono alle loro abitudini di un tempo e di conservare quella visione della vita e quelle apparenze che non sono poi cosa cosi trascurabile. prU. P.

Luoghi citati: Belgio, Biella, Cardinale, Cile, Collegno, Meana, Mosca, Torino