Un nuovo improvviso attacco dei giapponesi contro Ta Zang respinto dai cinesi dopo quattro ore di battaglia

Un nuovo improvviso attacco dei giapponesi contro Ta Zang respinto dai cinesi dopo quattro ore di battaglia Un nuovo improvviso attacco dei giapponesi contro Ta Zang respinto dai cinesi dopo quattro ore di battaglia (Dal nostro inviato speciale) Sciangai, 24, notte. La battaglia che, a sentire le difflt chiarazioni del Comando nipponico, M avrebbe dovuto essere sospesa fino all'arrivo dei rinforzi da Tokio, ha ripreso oggi coti tutta violenza anche se in estensione essa si è limitata a un solo punto, Kiang Wan, e, in tempo, soltanto a quattro ore. Si potrebbe credere che l'iniziativa della ripresa delle operazioni I sia stata da parte cinese; non crediamo che le cose stiano così, ma piuttosto che il Comando delle truppe nipponiche abbia pensato di trarre vantaggio dalla sorpresa che l'attacco di oggi poteva produrre, e in parte Iva prodotto, sulle truppe cinesi intente a rafforzare la linea e sul Comando avversario occupato a riorganizzare i propri reparti. Comunque, sta di fatto che a mezzogiorno i giapponesi hanno ancora una volta attaccato Kiang Wan, c, dopo aver conquistato con aspra lotI ta questa località, hanno continuato il loro attacco nello sforzo di rag■ giungere Ta Zang; questa seconda parte del loro obbiettivo non è stata | raggiunta, ed i cinesi sono riusciti a mantenere la linea che era stata improvvisata nei due giorni scorsi ira i due villaggi. Un « lasciapassare » sospeso Oggi non abbiamo potuto seguire la battaglia dalle retrovie giapponesi; l'avventura occorsa ieri a chi telegrafa e a due colleglli sul campo di golf ha avuto un piccolo seguito. Il bollettino di informazioni che è diramato ogni giorno dal Consolato giapponese comincia stamane cólVavvertimento che in seguito al pericolo corso ieri dai corrispondenti « neutrali » madame Jeanne Du Pare, mister Herbert Stanley e signor Federico Spinèlli, il Quartier Generale delle forze imperiali ha sospeso la validità del lascia-passare per il fronte di battaglia concesso ai giornalisti allo scopo di evitare ad essi « pericoli e confusioni ». Nell'atrio del « Grand Hotel », divenuto sala stampa, di Sciangai, siamo stati assalili da tutti i cólleghi, i quali dapprima ci hanno congratulati per lo scampato pericolo, ma poi ci hanno accusati di essere i responsabili del divieto che tocca tutti. Abbiamo naturalmente deciso di fare una protesta collettiva: allo scopo di non affrontare di petto le autorità giapponesi, che tengono a mantenere la loro reputazione di irremovibilità, i ire più interessati hanno redatto una nota in cui il tono scherzosamente caricato si informava allo stile diplomatico. La collega francese lamentava che nel bollettino essa era stata qualificata « madame », mentre, assicura, non è stata mai nemmeno fidanzata; io ho protestalo che, essendo sempre stato chiamato Franco, consideravo compromessa la mia reputazione dal fatto che stamane ero stato ribattezzato Federico; l'americano, non avendo di meglio, ha dichiarato — bugiardo! — che ieri non si era nemmeno accorto di essere stato in pericolo; tutti e tre chiedevamo che fossero presi seri provvedimenti nei confronti della macchina da scrivere responsabile. Una ventina di firme chiedevano poi che la validità dei lascia-pàssare fosse ripristinata. Il signor Murai, Console generale nipponico, ha bensì offerto la solita tazza di thè senza zucchero e ha promesso che la macchina da scrivere starà tutta la notte sotto coperchio, ma quanto a ripristinare il permesso per visitare le linee giapponesi ha dichiarato che quello era un ordine venuto dal Quartier Generale e che perciò egli non poteva rimuovere; e del resto potevamo senza scomodarci avere informazioni « esattissime e responsabili » dal Consolato e, prima di assicurarci che si sarebbe interposto presso il generale Vyeda perchè ci sia nuovamente concesso di circolare dove ci pare, non ha mancato dì dirci la solita novità: «Noi non combattiamo la Cina nè i cinesi... E' con l'armata cantonese che vogliamo saldare una volta per sempre i conti... » Al Quartier Generale cinese Rientrati all'albergo, abbiamo trovato tutti ì colleghi che ci attendevano per andare a vedere il fronte., dall'altra parte. Infatti il generale Tsai Ting Kai, venuto a conoscenza del divieto emanato dal suo avversario, e per batterlo anche sul fronte della cortesia, ci ha immediatamente invitati a colazione al suo Quartier Generale. Tsai Ting Kai non ha potuto dedicarci molto tempo, dato che poco dopo l'una pomeridiana la battaglia intorno a Kiang Wan si faceva più che inai intensa Dopo che uno degli ospiti gli Ita fatto un discorsetto per ringraziarlo dell'ospitalità e dell'autorizzazione a seguire la battaglia dalle retrovie cinesi, è cominciata la serie delle dc■ntam.de. •.— La resistenza opposta ai gian ponesi nei giorni scorsi ha compro- 'messo in qualche modo l'efficienza delle vostre truppe? — Per nulla affatto; abbiamo riserve sufficienti per rimpiazzare i vuoti lasciati dai caduti e dai feriti; quanto al morale, i, nostri soldati sono più forti che mai. Volete dirci qualche cosa di definitivamente preciso circa le perdite sùbite dalle vostre truppe nei giorni scorsi? Abbiamo avvio circa duemila morti e un numero di poco superiore di feriti. Fra la popolazione civile le vittime dell'avanzata giapponese sono calcolate a oltre seimila. — E' esatta la notìzia secondo la quale il Governo cinese prepara armi muìiizioni e mezzi materiali necessari per resistere durante un intero anno? Questo è un argomento che interessa piuttosto il Governo che noi. Per conto mio però vi posso assicurare die noi soldati resìsteremo fino all'ultimo uomo e fino all'ultima cartuccia. Tuonava il cannone in direzione di Kiang Wan, le mitragliatrici sparavano nastri su nastri sul fronte di Ciapei, sulla palazzina del comando volteggiavano gli aeroplani giapponesi; il comandante della 19* Armata ci ha lasciati per recarsi a di rìgere le operazioni dei difensori da una posizione più prossima al luogo di battaglia. Stamane gli aviatori nipponici avevano operato lunghi voli di ricognizione sulle linee nemiche. Prima di mezzogiorno il fuoco si è limitato a qualche decina di cannonate scambiate fra le artiglierie appostate intorno alla stazione nord e quelle del parco di Hong Kew. Verso le dicci alcune squadriglie hanno lasciato cadere delle bombe sul villaggio di Kiang Wan. Per tutta risposta i cinesi hanno cominciato a sparare sul campo dì golf a oriente dì tale località. Da allora il cannoneggiamento è andato da una parte e dall'altra aumentando di -intensità c la battaglia si è riaccesa. L'assalto alle linee cinesi Poco dopo le undici il Comando nipponico ha fatto dare l'assalto alle linee nemiche concentrando soprattutto la sua spinta contro il centro di resistenza nemica, cioè il villaggio di Kiang Wan. L'attacco si è svolto anche oggi sotto la protezione di una cortina di fumo; dopo l'intenso bombardamento di oggi e dei giorni precedenti i giapponesi debbono avere constatato con sorpresa che dalle rovine del villaggio sbucavano i difensori decisi a contrastare l'impeto degli assalitori. Ogni volta che la massa dei gas fumogeni si diradava, le mitragliatrici cinesi falciavano le linee degli attaccanti; le fanterìe nipponiche hanno portato successivamente quattro assalti. Le varie ondate non sono state respinte, ma sì sono disfatte e finite sui bordi delle trincee cinesi dove truppe portate fresche in linea hanno completato con le baionette l'opera di morte e di difesa cominciata dalle mitragliatrici. Per due ore l'attacco contro la posizione è stato sospeso. Durante questo tempo i cannoni giapponesi hanno battuto metro per metro le macerie del villaggio; almeno un migliaio di colpi è caduto in due ore sulla località. Poi è venuto un nuovo assalto e i giapponesi che avevano portato in linea un battaglione fresco, sono riusciti a conquistare d'impeto Kiang Wan. I cinesi si sono ritirati sulle posizioni già preparate a occidente di questo villaggio, sul quale sono ora i cannoni di Ciapei che inviano una fitta grandine di proiettili; dopo questo successo i giapponesi hanno lanciato nuovi attacchi contro la linea cinese senza tuttavia riuscire a superarla. Situazione immutata In complesso la situazione oggi non è differente da quella che era ieri sera dopo il contrattacco cinese; questi si sono trincerati saldamente tutto intorno a Kiang Wan, mentre la linea principale è sempre quella stabilita lungo la ferrovia di Wusung. Al calare del sóle la battaglia ha diminuito di tono; dalle 7 alle 8 anzi si è avuta la prima ora di tranquillità da quando la battaglia si è iniziata. Ma poco dopo le 8 i giapponesi hanno ripreso a bombardare Ciapei con un fitto fuoco di artiglieria; il Comando nipponico teme infatti che su questa parte del fronte i cinesi possano da un momento all'altro produrre il loro massimo sforzo puntando su Hong Kew nel tentativo di tagliare le truppe impegnate lungo tutta la linea dalle loro basi di operazione che innegabilmente fanno centro al distretto orientale della Concessione. La giornata, passata quasi inte- rameni e nelle retrovie cinesi, ci Jia consentito di avere un'esatta impressione circa l'attrezzamento difensivo del terreno, l'organiszazione dei servizi, e, per quanto di ciò avessi avuto la prova migliore nei quattro giorni della battaglia, l'altissimo spirito delle truppe. Ho visitato un ospedale militare che ha cominciato a funzionare soltanto domenica mattina; l'attrezzamento sanitario sembra buono e i medici in numero sufficiente. In una delle sale ho notato che quasi tutti ì feriti erano giovanissimi; ne ho interrogati parecchi: la loro età media è di 16 anni.. Mi spiegano che essi fanno parte delle truppe scelte di Ciang Kai Cek e cioè dei tre far mosi reggimenti della Guardia nazionale. Sono quasi tutti feriti da pallottole dì shrapnel o da baionetta; ho provato a chiedere loro cosa pensassero di questa guerra. Non uno che non abbia risposto con occhi brillanti di ardore più ancora che dì febbre, che della guerra erano entusiasti. « E' finalmente venuta la guerra della nostra libertà », dice uno; e un secondo: «Sono della quarta compagnia del « Drago giallo » e quando mi hanno portato via ho promesso ai miei compagni di tornare presto con loro ». Il disgrazia-' to non sapeva ancora che quattro ore prima gli avevano amputato le gambe e che soltanto gli effetti del narcotico gli permettevano di pensare ancora a tornare in trincea. Si potrebbe muovere qualche critica circa la distribuzione dei feriti; in questo ospedale ho visto mólti letti occupati da feriti leggeii, mentre in certi tuguri di Ta Zang soldati in condizioni ben più gravi debbono essere curati con mezzi e in condizioni assolutamente insufficienti. Ma salvo questo rilievo, ho potuto constatare che il valore delle truppe e l'intelligenza del Comando cinese sono appoggiati e operano su un'organizzazione logistica buona; i magazzini di munizioni e dì viveri, le colonne di rifornimento; le trup pe che vanno o tornano dalla linea del fuoco operano, funzionano e si muovono secondo un ordine e una disciplina che, confesso, mi ha sorpreso. L'auto e l'aeroplano Durante la giornata che i corrispondenti della stampa estera o, come ci chiamano loro, « neutrali ìtanno passato alle retrovie cinesi, soltanto una collega inglese corrispondente dell'Agenzia Reuter è stata inseguita per alcuni chilometri da due aviatori giapponesi, che però non hanno nemmeno tentato di colpire la macchina della collega britannica, la quale tuttavia ha corso serio pericolo allorché sul cofano della sua macchina è venuto a cadere U fondello di una granata sparata contro i due velivoli dagli antiaerei cinesi. A Sciangai mólta pioggia e poca cronaca: la smentita che le truppe giapponesi chieste di rinforzo a Tokio siano arrivate; a questo proposito si assicura che esse non giungeranno prima della fine della settimana; un migliaio di sudditi giapponesi che hanno lasciato la città; il Comando giapponese che informa di un nuovo bombardamento eseguito oggi dall'aviazione nipponica sull'aerodromo di Soochow; una Nota presentata dal Console nipponico a quello americano contenente una protesta per il fatto oggi certo che il pilota dell'apparecchio cinese abbattuto avant'ìeri era un cittadino americano e infine l'assicurazione a noi giornalisti che da domani o dopodomani i lascia-passare per le retrovie giapponesi saranno di nuovo validi. FRANCO SPINELLI. pzildbccsdnsmStupore e ammirazione a Londra per la resistenza cinese Londra, 24 notte. Gli eroismi sui campi di battaglia come quelli assai più modesti sui campi della vita quotidiana ammutoliscono i critici di mestiere, ed assottigliano piano pi8-o il rango degli altri e degli esitanti, a. Londra la disperata ed eroica resistenza cinese nel settore di Sciangai non solo desta stupore e ammirazione, ma diffonde crescenti simpatie per la Cina in molti ambienti nei quali i comunicati e le manovre diplomatiche di Tokio erano sinora accolti come oro di zecca. Ma un'attività diplomatica ancne se abile, che non sia basata sulla suprema abilità militare non può essere altro a lungo andare che un fuoco d'artificio. E a rappresentazione terminata ciò che rimane oltre al fumo è la voce degli insoddisfatti e dei delusi. In questa situazione si trova il Giappone di fronte a molti suoi ammiratori inglesi. Si dubita qui per la prima volta, ma abbastanza seriamente, della potenza militare nipponica, e se dubbi di questa natura si diffondono in Inghilterra a migliaia e migliaia di miglia di distanza dal teatro delle operazioni, si può ben immaginare con quale disprez zo il neo-nazionalismo cinese consideri in questi ultimi giorni il gen. Uyeda e le sue truppe che da vari giorni in qua demoliscono con un formidabile bombardamento le mura pericolanti delle case di Ciapei e le muraglie dei Forti di Wusung. Il sangue cola, le perdite cinesi salgono a cifro impressionanti, specialmente quelle che concernono la disgraziata popolazione civile decimata dalle bombe degli aeroplani, dai cannoni e dalle esecuzioni capitali in mas sa, ma il morale delle truppe cinesi ri mane intatto. Una forza morale II Giappone ha dinanzi a sé non una forza militare vera e propria poiché le armi del generale Tsai-Ting-Kai sono grottescamente inadeguato di fronte a quelle del generale Uyeda, ma una massa resa ammirevolmente compatta c solida da una forza morale che nessuno si immaginava potesse essere posseduta da un popolo come quello cinese, demoralizzato da incapacità di governanti, da corruzione di capi militari e dalle inaudite sofferenze patito nella lunga guerra civile. I cannoni nipponici fanno stragi nei ranghi cinesi, ma i vuoti sono colmati da truppe che per giunta sono conscie, per la prima volta, di adempiere ad un dovere comune in luogo di partecipare come in passato a pure e semplici imprese di brigantaggio. Tutti gli osser vatori inglesi a Sciangai rilevano questo fatto interamente nuovo in Cina della ferma, anzi disperata volontà di lotta, e di resistenza contro l'invasore in nome del nuovo sentimento di nazio nalità che infiamma i combattenti; e di questa nuova forza intervenuta nel conflitto in Estremo Oriente si rendono ben conto i giapponesi al punto che da qualche giorno in qua essi si sentono obbligati a fare indirettamente appello all'opinione pubblica mondiale perchè essa'si renda conto dei pericoli ai quali andrebbero incontro in un futuro molto prossimo tutte quante le Nazioni del mondo qualora questo sentimento nazionale cinese non fosse inesorabilmente sradicato da ima vittoria militare giapponese. Tokio impianta ccppdpmpbatdgtmzsL- - - -, ora la sua propaganda attraverso il|mondo sul tema del prestigio militare ldel Giappone che devo essere salva- ji o a o a a guardato a costo di qualsiasi sacrificio, perchè è anche il prestigio di tutte le Potenze civili del mondo. Tokio si fa in tale modo il difensore della civiltà contro .a barbarie cinese, e il difensore degli interessi mondiali. Per quésto la lotta non potrà essere interrotta che sul punto fermo di una completa vittoria militare del Giappone. Quando le forze del generale Uyeda avranno respinto le truppe cinesi a venti chilometri da Sciangai si potranno forse, come lascia apertamente capire Tokio, intavolare trattative. In questo caso, però, dinanzi ai plenipotenziari giapponesi si presenteranno Generali cinesi in veste di sconfitti, demoralizzati, e non di eroi sostenuti dalla simpatia dell'opinione pubblica mondiale, e specialmente americanali nazionalismo cinese — sempre secondo Tokio — deve essere spietatamente schiacciato, perchè soltanto così se ne impedirà la diffusione e la traco tanza. Minacele e promesse di pace a breve scadenza non esercitano influsso di sorta sulla resistenza cinese, e neanche ne esercita una l'enorme carneficina degli ultimi giorni. La parola rimane quindi al cannone, ed è diffìcile ammettere che la Cina possa continuare a resistere come ha fatto ultimamente. Nessuna tregua possibile Nessuno dei corrispondenti inglesi a Sciangai scorge possibilità di tregua, e di soluzione del conflitto; la stampa poi, e specie quella che si astiene dal partecipare per amore di quieto vivere, sostiene pure che la migliore attitudine del Leghismo sia quella di lasciare parlare il cannone e le mitragliatrici, per poi alzare la voce quando la vittoria sarà venuta ad incoronare l'uno o l'altro dei combattenti. Si attenda quindi una soluzione militare decisiva e poi si prenda l'iniziativa dei negoziati di pace. Il fatto che le due parti rispettino la regola del giuoco leghista, ossia si massacrino a fondo senza pronunziare la parola « gTierra » che dà sui nervi a Ginevra, agevolerà intromissioni pacificatrici di terzi, ispirati ai soli nobili sentimenti ginevrini. Così facendo si salverà la faccia del Leghismo, il quale potrà — se non altro — inorgoglirsi di avere ristabilita la pace fra ì vincitori soddisfatti della vittoria ed i vinti incapaci di continuare più oltre a lungo. L'intervento della Lega a conflitto terminato non è previsto dal Covenant, ma ciò non turba i sogni dei propugnatori dei buoni urlici del Leghismo a pericolo svanito. A Londra non si dubita affatto che appena le truppe giapponesi avranno respinto le forze cinesi a 20 chilometri da Sciangai, Tokio metterà in azione le inesauribili risorse della diplomazia per raggiungere un accordo con Nanchino, magari con la collaborazione delle Potenze straniere. Per intanto altri ventimila uomini saranno sbarcati entro i prossimi giorni a Sciangai per prestare man forte al generale Uyeda, e permettergli di riportare quella trionfale vittoria di cui Tokio, proprio in questo momento, ha bisogno quasi disperato. Il Giappone ha bisogno del successo Il pubblico nipponico è pronto infatti a tutti i sacrifici, e disposto ad appoggiare il Governo nella sua politica di guerra a fondo contro la Cina, ma ha bisogno dello stimolante del successo militare. E se gli insuccessi dei giorni scorsi che intensificano la sensazione dell'insuccesso generale di tutta l'impresa di Sciangai, non saranno riparati, il Governo di Tokio dovrà forse lottare anche contro difficoltà interne di non poca gravità. Da Tokio si annunzia stasera-la con¬ quista di Kiang-Wan da parte delle truppe del generale Uyeda, e l'avanzata di queste ultime in direzione di TaZang. Senonchè, da Sciangai la notizia non riceve conferma da alcuna Agenzia; pare anzi che un nuovo tentativo di attacco contro Kiang-Wan si sia risolto in un sanguinoso scacco. D'altra parte da Tokio giunge notizia di importanti spostamenti di truppe in Manciuria, e ciò farebbe pensare che anche in quella regione — cosi pacificamente conquistata dal Giappone — si incomincia a temere una ripresa offensiva da parte di una Cina ringagliardita dalla prova di coraggio e di efficienza data dalle sue truppe nel settore di Sciangai. Il Giappone prende soltanto misure precauzionali, e non a torto, poiché come non parla più ormai di spedizione punitiva a Sciangai contro bande di briganti, così potrebbe essere obbligato ad abbandonare la metafora del brigantaggio se Ciang-Kai-Cek — incapace di risolvere vittoriosamente la battaglia di Sciangai — deciderà di trasportare le sue truppe esaltate da sentimenti di patriottismo e di odio in direzione della Maneiuria. La resistenza cinese, dunque, anche so vinta dal Giappone, non appare a Londra ancora promettere un ritorno della pace in Estremo Oriente. Tokio ha dato fuoco a certe polveriere racchiudenti esplosivi ben più potenti di quelli che alimentano i'cannoni del generale Uyeda. A Washington poi la resistenza cinese suscita pure ammirazione ed allarme. L'opinione pubblica americana è ormai quasi completamente schierata in favore della Cina, ma il Governo — conscio delle proprie responsabilità — si rifiuta più che mai a prendere nettamente posizione, e anche ad assumere veste di volontario pacificatore. Stimson si contenta di insistere sul principio della porta aperta in Cina, ma oggi — ribattendo questo chiodo — ha ! fatto una timida allusione a possibilità di difficoltà future. Poiché da un lato ha affermato che se il Trattato delle nove Potenze fosse stato « lealmente osservato », una situazione come quella presente non si sarebbe sviluppata; e dall'altro ha avvertito che se il Trattato sarà ignorato la intera struttura del Patto navale di Washington — in base al quale gli Stati Uniti hanno consentito ad una limitazione dei loro armamenti navali e delle loro fortificazioni del Pacifico — sarà a sua volta posta in serio pericolo. R. P.