Il teatro dei "grandi,, amori

Il teatro dei "grandi,, amori Il teatro dei "grandi,, amori a , o a n , o e a o e l e u e a o, n a , l l a. a di à e re nn ri o rin, a rì a o o er eè pe oa o, toasi oel o Il es la uuo za hi ti il o he a di lr a are no i ed oel r di phe me as GENOVA, febbraio. Si apre per la prima volta 11 Carlo Felice: è la sera del 7 aprile 1828. Da bella sala di Carlo Barabino « illuminata a giorno », è sfolgorante di belle donne. Accolti da applausi, sono entra.ti or ora nella loggia della Corona il Re Carlo Felice, la Regina, il Principe e la Principessa di Carignano. Dietro il telone del Fontana — che oscilla sensibilmente prima di alzarsi maestoso — c'è, in mezzo alla srena, j fra il Maestro Giulio Cesare Granate!-1 li e il •< violino di spalla » Serra, la pri- | ma donna seria Adelaide Tosi, il tenore Giovanni David e il basso Antonio Tamburini. Vincenzo Bellini dà agli interpreti le ultime raccomandazioni. La sua Bianca e Fernando — corretta, ritoccata, ampliata dopo l'esito della Scala — è ora come un'opera nuova. E' quindi-molto turbato, il giovane compositore: troppa nervosa curiosità c'è in teatro, questa sera. All'ultimo momento la Censura ha anche cambiato Fernanda in Gernando « affinchè non sia pronunciato il nome del Re invano »... E questa sostituzione impensierisce un po' la prima donna, la quale, ormai, ci aveva fatto la voce... E mentre s'alza il sipario, Vincenzo Bellini — per meglio ascoltare la sua Bianca — va nel palco n. 4 di second'ortìine del suo amico marchese Lomellini. Ma trova colà, assieme alla marchesa Lomellini-Tolot, una bella signora: la Giuditta Turina-Cantù, che è venuta appositamente da Milano per la grande solennità assieme alla duchessina Camilla Litta, figlia del marchese, e alla-zia marchesa Doria. Nella penombra, fra il largo intreccio dei pertichini del duetto e i picchettati della Tosi, avvengono, sommessamente, le presentazioni. Il giovane compositore si siede in fondo alla loggia e osserva l'ospite bellissima: è alta, ben fatta; ha lunghi e voluminosi capelli e una certa mestizia che lascia trasparire lo sconforto. E' molto elegante ed ha una magnifica ferronièr che, reggendo una ricca perla sulla fronte per mezzo di una sottilissima catena, d'oro, aggiunge molta grazia al bel viso. A sua volta, la Turina, dopo il primo imbarazzo, guarda dietro il ventaglio il vulcanico catanese. E' esile, slanciato, ha movimenti aggraziati e civettuoli ed è azzimato come un perfetto lion. Viso aperto e sereno, capelli biondo-chiari, quasi color d'oro, frisés à boucles légérés, occhi languidi, azzurri e luminosi. Giuditta Turina ha ventotto anni e Vincenzo Bellini ne ha ventisei: due giovinezze sfolgoranti... Intanto la musica si eleva dalla bella sala come il fumo da un incensiere : lenta, solenne e dolcissima. E sotto i dolci suoni, si gonfia il mare dei giovani cuori, come i flutti sotto la luna... Allorchè escono dal « Carlo Felice » è quasi l'alba. Bianca e Gernando ha trionfato sotto lo sguardo benevolo del Re. I due giovani sono ora commossi : sono sommamente felici. Quando entrano in « bussola » i loro cuori si sentono ormai tanto vicini! E nella mite notte d'aprile, la Primavera apre sopra di essi il suo trionfale padiglione di stelle... Il mondo musicale era finora dominato dal genio ardito, immenso e strapotente di Gioachino Rossini; l'Jomelli, il Paisielio e il Cimarosa appartenevano già al Passato: erano nella Storia, ormai. Ma da stasera, Vincenzo Bellini — al quale, secondo Leon Escudier, Dio al posto del cuore ha messo una lira — trova la sua grande strada ed ha, finalmente, la sua « Musa •>. Non è una delle tante figlie di Giove e di Mnemosine; ma è una parente di René e di Corinna. E' la « decima », come Sapho. E Bellini le dedica il rondò della Bianca. La passione nuova dà anima e volo alla Casta diva: crea la Norma. La bella Turina occupa, ben presto tutto il cuore del grande artista : segue il Maestro di teatro in teatro di successo in successo; ne allevia le contrarietà, ne sostiene fervidamente il cammino faticoso. E in questa « relazione » — nata improvvisa in un palchetto del Cario Felice, del teatro che vedrà po' gli scapigliati e languidi amori del celebre Maestro Angelo Mariani — giunge a quel grado di passione che fa dimenticare ogni rispetto: la coscienza, il dovere, la vita. Ma il Tempo è — sempre — il più forte. Gli anni passano a nasce in Giuditta la Gelosia, il male tormentoso che divora la Gioia di vivere. Nel triste duello della passione, gli amanti di eccezione dimenticano che il cuore è « posta » del giuoco : e giuocano, uno per rimaner « pari » e l'altra per raddoppiare la « posta ». Ma solo il Tempo — ripeto — vince la partita... Disse un savio antico che noi facciamo dei nodi per disfarli: far nascere l'amore, è difatti, niente; farlo vivere, è tutto. Respirate lungamente un fiore, finirete per essere insensibili al suo profumo. Così il destino dell'amore dipende spesso da una piccolissima piega del viso: nasce da un sorriso, muore di una ruga... E come nei vecchi orologi a torre che hanno finito di « camminare », le oro si diradano piano piano, si affievoliscono e si spengono lentamente nel silenzio, così questo amore — il « grande e duraturo » Amore! — che era nato in fondo di una loggia del « Carlo Felice », si affonda in una stasi opaca. E in questa triste stasi, è il primo gradino del ritorno... E avviene — inevitabilmente — la «rottura»; ma non la rottura violenta, la rottura che sanguina, ma che. come dopo un nembo improvviso, spesso fa ritornare il sole più vivo e la vita più bella; bensì il crollo implacabile, lento, silenzioso, tragico: quello che segna la fine inesorabile di tutte le cose. E mentre Vincenzo Bellini passa — lontano — di trionfo in trionfo, di avventura in avventura, la bella Giuditta Turina, in t'ondo di una vecchia casa di campagna, si avvolge nel suo manto di tristezza e attende in calma la morte. Ma il dolore che costituisce il fondo dell'amore, non assomiglia ad alcun altro : esso lascia un ricordo più prezioso di molte gioie... La stagione di primavera del 1843 si inizia colle feste di Pasqua. Il teatro si apre quest'anno col Nabucco che, ultimamente, ha avuto festose accoglienze alla « Scala». Il cartellone è completato dalla Muta di Portici, di Auber, dalla Beatrice di Tenda e dalla Norma, tutte e due di Bellini. Del Nabucco si parla molto: nel 1841 a Genova si era data, in Carnevale, l'opera di Oberto di San Bonifacio di un giovane maestro, certo Giuseppe Verdi, che non era piaciuta: s'era sostenuta poco e debolmente. Ora però pel Nabucco, dopo i trionfi della « Scala », v'è grande attesa. Giuseppe Verdi è frequentemente visitato qui da una gran-eaaiCsnbp'Jh*r«tpprdvtmtams| (e cantante, che da poco ha conosciuto1 Milano; ella ha interpretato Abigaille- lla « Scala» e, al «Carlo Felice», hajre mpersonato, nel 1842, la Saffo del Pa-ile. ini. Tutti notano la frequenza di queti incontri e nei « camerini » molto se di broliae mormora: la visitatrice è una donnaimiella, alta, flessuosa. Si dice che sia Ira ure molto colta. Ma di certo si sa che j la figlia di un maestro di musica, che^ena già fatto rappresentare quattro ope-.^n <■,.„ „..j c^„„„„„„„ V,,- Boe, fra cui anche una Francesca da Bi- le e che infine essa è un'artista molto,— applaudita ». Si dice pure che ha avu- j trio una burrascosa avventura con l'im-| Ipresario Merelli della Scala: certo fuiritproprio lei a persuadere il Merelli a;di appresentare 1' Oberto, V opera che.la doveva aprire al giovane maestrino di MventisettePanni -"venuto da un paeset-,^o del Parmigiano tutto imbarazzato co-1 grme un contadino — le porte della no- : lo,orietà. zeLa prima donna, illustre e potente, di aveva avuto compassione del giovane &ma.e in arnese, carico d'una moglie e ; di due bambini ed aveva pregato U,KMerelli di farlo lavorare. , Ma tra l'Oberto e il Nabucco v'era stata la triplice tragedia : la morte del- i spa moglie Margherita Barezzi e poi dei \ codue bambini. Proprio in quelle angustie l vul Verdi aveva dovuto scrivere un'opera \ '"h„ffo. tt„ „„7 «XJIa jj /Vhwai M«5™ i Ji % d\rB,'l°- Che di" insastro, alla Scala! Tanto che il Verdi deaveva lasciata ogni idea di scrivere pel titeatro. Ma il Merelli e la Strepponi lo piconsolarono, lo incitarono... stOra Verdi è a Genova per mettere in toscena il Nabucco, che si rappresenta il i desabato dell'Alleluia Pasquale, per aper-E fetura della stagione. Egli è dimesso nel, Svestito ed ha pochi soldi in tasca. Pen- Asate: il Nabucco fu pagato in tutto 3000 mlire austriache, dal Ricordi! L'autore fèassiste alle prove taciturno, melanconi- ! luco e lascia fare: chi dirige è, più che; diolir; lo ot,.0„„„„! m„h „;C„ bealtri. la Stiepponi.G artisti non sono tililade vcerto delle celebrità : il Miraglia, il Ron coni, il Derivis e la Loewe; il « violino di spalla », che funge anche da direttore d'orchestra, non conta gran che. Dopo le prove, Verdi sguscia in via S Sebastiano in una mnrip-jta nulprix saL™^?,',t" ■ a m,°°es,ta osterla-1 Mle mangia tutti i giorni la tnppa, che me ancora veramente « alla genovese » : : ppoi va a dormire. Alloggia in una pie-; a cola locanda in via Borgo Sacco, dietro, sila chiesa di S. Ambrogio, presso le car-1 n' e ficita! mceri di S. Andrea E' però un bell'uomo. Alto, barba intera e folti baffi neri, capelli portati un po' lunghi alla moda del tempo : la cravatta nera gli gira attorno all'alto colletto: occhi vivissimi, penetranti; vocei pdolce, suadente. Con la tristezza che lo domina si può dire sia il tipo del perfetto romantico: contribuisce a romantizzarlo anche il suo carattere chiuso, taciturno e un po' orsesco. lecimndlaI pnsbMII Nabucco va in scena: successo I sgrandioso. Quel coro eroico che ritrae | 1tutta la tristezza del popolo ebreo in' r 1 nschiavitù e sogna il ritorno alla sua terra promessa, oi;e olezzano tepide e molli l'aure dolci del suolo natal, e che il pubblico italiano interpreta nel suo vero significato di liberazione deUal "Patria dal servaggio straniero; quel co- ; ™ro meraviglioso per limpidezza di me- Slodia che si tramuta in singulti, solleva sl'entusiasmo generale. PE domina sulla scena Abigaille, la cschiava che odia Ismaele, il guerriero I cche la respinge e, fingendosi figlia del fRp Nah.if.™vimn.^ t,0^„ f-l»..fTi 1 =;^^?^T»?sor, trama contro tutti navida di vendetta. Giuseppina Streppo-1 ani, che sostituisce la Loewe, se è grande uin Saffo, è immensa come Abigaille. 'gVerdi ne comprende l'anima grande1 de ne sente tutta la bellezza: si attenua! Din lui i, ricordo della Barezzi: dimen- ; ftica ì aornsi della Appiani — l'amica. sdi Donizzetti — che vorrebbe avvolger- i Io nella sua rete maliziosa. Sente che è. rla Strepponi la sua vera anima gemei- ! sla: e nell'entusiasmo del trionfo gli pa- .sre che se DOtesse colmare la <n£ «ite lare l-lie Se pULe&Se COimare la SUa Sete ■ ridld'amore soddisfacendo alla sete d'amore che Abigaille svela per Ismaele, il I psuo trionfo sarebbe più completo e fui-1 stuclipngente.., Ma come dirlo alla Strepponi, verso cui ha tanta amicizia riconoscente per gli aiuti e i buoni consigli? Alla seconda sera del successo, Verdi chiama il suo librettista Temistocle Solerà, il più geniale venturiero dell'Ot- i ftocento : « Ho bisogno di un pezzo da | Sinserire nella parte di Abigaille; ma sSm^ 2T " T20!* eSP"mere ì «un anima ardente, vibrante, un pezzo _di prima torza, insomma; ma subito, | Ssubito... >:. Solerà — conoscitore prò- j sfondo degli uomini — lo guarda negli! tocchi : vede che le sue palpebre si afri- ] aturbai ™orrit° Po^0 Si W ! turbata, e sorr de. Poi, rapidamente, | dscrive su un foglio: i RAnch'io dischiusa un giorno... -, bNella notte Verdi non dorme: è agi-1 Ttato, inquieto: si alza, va al cembalo e dlavora sino all'alba attorno ai versi so- i ?lenni e dolci e non cessa che quando .1 gha rivestiti di note tenere; non riposa ! cfinché non ha compiuto il grande arioso j ache il Deferrari — il genovese autore j tdel Pipelet — definisce «di una qua-1 cdratura d'ellenica perfezione che si con- ! r„v,i„ri„ „™v,o ir, „V, ov»mi,/* ii Mm.„f„ i schiude come in un gemito di segreta: tambascia, più che ispirato dall' arte,, gsospirato dall'Amore ». i Ne fa la strumentazione, fa allestire dtutte le parti per l'orchestra e porta | ipoi la grande « aria » alla Strepponi, che; dllila sera stesfe la inserisce nell'opera! be la canta, suscitando un entusiasmo enorme. La grande artista ha compreso il significato dell'atto gentile e geniale. E prima di lasciare il « Carlo Felice », un bacio lungo suggella l'amoroso slddscpnattn Da miella sera RiusmnA Vprrl' I patto, ua quella sera Giuseppe Veri , ha una compagna degna di lui: colta,, sardente, serena, affezionata e fedele, | una compagna che lo guiderà in tutte ! le contingenze della vita: amante ap- ' passionata, ispiratrice soave, consiglie-! sino alla più tarda vecchiaia. , Adempiuti i suoi obblighi verso il j « Carlo Felice » pel Nabucco. Verdi e Giuseppina Strepponi scompaiono. Milano, Busseto, Parigi accoglieranno i due felici innamorati, nell'ardore della passione come nel travaglio crea- tore di una serie fortunata di opere che ' scuoteranno le fibre di tutto il mondo: |da / Lombardi alla prima Crociata al IFalstaff, saranno cinquantanni di fati- jche creatrici sorrise dalla fiamma lu- iminosa che Giuseppina Strepponi terrà 'sempre accesa in Giuseppe Verdi. Quando il Maestro aveva già congiunto con la virtù dei suoni « tutti gli spiriti per la santa guerra », allora — a* Colanges, in Savoia — Monsignor, Mermillod sposava Giuseppe Verdi alla 'Giuseppina Strepponi. Era il 25 aprile . 1S59 : lo stesso giorno, Vittorio Emanuele II pubblicava il Proclama ai popoli per la Indipendenza d'Italia. ALFREDO ROTA. mIi! i