Come vive l'Opera Pia degli Ospedali Psichiatrici

Come vive l'Opera Pia degli Ospedali Psichiatrici Come vive l'Opera Pia degli Ospedali Psichiatrici 4000 ricoverati suddivisi tra via Giulio, CoHegno, Grugliasco e Pianezza - 20 milioni di spesa all'anno - Un miracolo d'economia e di buon trattamento - Visita alle 630 dementi de! Ricovero Provinciale - Tipi e figure Gli Ospedali psichiatrici di Torino, Opera Pia autonoma, eretta in Ente Morale nel 1728, di cui è presidente' il generale gr, uff. aw. Lionello Chiapirone, col quale collaborano sei Amministratori, comprendono il numero rilevante di quattromila ricoverati. Il Manicomio di via Giulio ne conta ottocentoquarantatrè; Collegno ha una popolazione di duemilatrecentodue uomini, e Grugliasco, da ieri, ha aumentato il numero delle ospiti, per un apporto di centonovanta nuove pazze, a quattrocentoquindici. Il bilancio e il personale Nelle precedenti pubblicazioni non abbiamo fatto cenno del Ricovero Provinciale di Pianezza, dove pure sono ricoverati seicentotrentacinque dementi; ce ne occupiamo oggi. Prima però di esaminare quest'ultimo Ospedale, che certamente molti torinesi ignorano, troviamo interessante esaminare alcune cifre che danno un'idea dell'importanza di quest'Opera, il cui bilancio annuo è di lire 19.701.468 in entrata ed altrettanto in uscita. Le due Provincie di Torino e di Aosta, per il mantenimento degli alienati a loro carico, corrispondono all'Ente un contributo globale rispettivamente di lire 10.400.000 e di lire 1.700.000. integrativo dei redditi dell'Opera Pia. Questo contributo è basato sopra una retta accertata in lire 8.56 per ogni ricoverato, la più bassa cifra di tutti i Manicomi d'Italia, e nella quale sono compresi il vitto, il vestiàrio, l'assistenza sanitaria, la vigilanza, ecc. Solamente alla capacità, alla saggezza e alla abi di noane sccol'igpisehae da nira« gtula coapvapiasiaristornanechvestealtrenideblutaspgere prinvdolità della Divisione amministrativa dedei R.R. Ospedali psichiatrici, con a imcapo il Direttore amministrativo com-|pemendatore Paolo Cerutti, e alla compe-jtratenza e alla visione modernamente am- fapia del suo presidente, il generale Chlapirone, è dovuto il miracolo che giornalmente si compie e per il quale, pur di nulla mancando, i singoli ricoverati non impongono una spesa maggiore di quelle modeste lire 8,56. Per giudicare con quale larghezza l'Amministrazione provvede al benessere dei ricoverati esaminiamo alcune cifre: pel solo vitto si spendono annualmente 6.530.000 lire, fra cui: lire 1.200.000 per pane, lire 200.000 per paste, lire 1.400.000 per macellazione bovini e suini, e lire 2.160.000 per derrate varie. Il solo riscaldamento dei locali costa annualmente un milione. Gli stipendi ai funzionari amministrativi sommano a lire 315.000: quelli ai sanitari a 418.000 lire, e i salari ascendono complessivamente a L. 3.300.000. Il personale, complessivamente, dal più alto al più umile, si compone di settecentocinque persone, e precisamente: quattro medici direttori" sanitari,' un direttore amministrativo per tutte le questioni economiche, diciannove impiegati (compresi tre capi-ufficio),-diciotto sanitari, quattro rettori spirituali, quattro suore superiori direttrici, novanta religiose capi dei servizi femminili, duecentoventiquattro infermieri, centonovantotto infermiere, settantadue addetti ai servizi generali e sessantuno capi-operai. Quest'Opera Pia vanta un altro merito che ben" pochi conoscono: quello di rimettere ad altre Opere Pie di Torino i proprii prodotti: carne, pane, paste, ecc., a prezzo di costo, con loro grande vantaggio economico, e di fornire minestre al Ricovero temporaneo del Municipio di Torino. ' Il viaggio di 140 «inquiete» Data cosi una scorsa alle voci più interessanti del bilancio, passiamo ad esaminare la quarta Casa della Pia Opera, e cioè il Ricovero Provinciale di Pianezza, dove ci siamo recati ieri in occasione del trasporto di circa centoquaranta pazze provenienti dal Manicomio di via Giulio. Si trattava di soggetti diventati « inquieti * e pei qua.li occorreva un mutamento di soggiorno. Il triste carico veniva operato nel cortiletto di via Giulio. Le pazze venivano fatte salire, altre deposte di peso su torpedoni, sui quali prendevano pure posto infermieri incaricati della sorveglianza durante il tragitto. Dagli autobus saliva un vociare confuso, ben presto sopraffatto dal rombar dei motori. Le macchine si avviavano l'una dopo l'altra, e, attraversata la città, imboccavano lo stradale di Lucento. I cittadini che vedevano passare i torpedoni mai più immaginavano che in essi si trovassero delle pazze, ma credevano certamente si trattasse di una comitiva turistica in visita alla nostra città. Giungiamo al Ricovero Provinciale: oltre il muro che cinge il vasto appezzamento di terreno (oltre venti giornate), si affacciano verdi pini e una selva di pioppi che l'inverno ha ischeletrito. Due cancelli si aprono nel muro. Il più piccolo dà accesso alla cascina; il principale si apre su di un viale fiancheggiato da aiuole, oltre le tebradtavevedie sptavequsprapeindimdsimidgpptuspboildvtodzilstegtbeszslmttmpfmcrvdintbldmaLvquali si eleva un palazzotto. Altri fato-' bricati si radunano attorno al primo e sono fra loro raccordati con gallerie, alcune ricoperte a vetri, altre con tetti comuni. Nel 1913, su progetti dell'ing. Cesare Corazza, per conto della Provincia di Torino, questi stabili venivano costruiti a scopo di ricoverarvi malate di mente croniche; in seguito il Ricovero ha perduto il suo specifico carattere ed è diventato un vero e proprio Istituto psichiatrico, la cui dire mendatore dottor Pietro Giordano, eoa- diuvato da due sanitari. Col Diretto-1 re troviamo il dottor Raimondo, la!dottoressa Levi, la Superiora delle re ligiose. suor Lucia Lesma. e il Rettore spirituale, teologo cav. Antonio Suppo. L'arrivo dei diversi autocarri porta un lavoro intenso. Non si tratta di allogare a Pianezza le pazze che già erano ricoverate in via Giulio, ma di caricare invece sui * camions » un'al tra cinquantina di dementi, che, es- , sendo diventate «-inquiete », debbono, ; assieme alle altre, essere portate al- l'Ospedale di Grugliasco. I Gl autoveicoli, questa volta al com-.nleto riDartono ip ' H ' ili lina sala di OMVegno 'Approfittiamo della calma che sue- zionc medica è stata affidata al coro-icede a quel momento .di trambusto per visitare i varii reparti dell'Ititituto. Nel palazzo centrale hanno sede gii ufficiI di amministrazione, e quelli sanitari, nonché gli alloggi. Quest'ospedale è anche fornito di una sala di operazione e stanno per funzionarvi gabinetti scientifici. Nel costruirlo è stato tenuto conto di due elementi principali per l'igiene: la vastità dei locali e l'ampiezza delle finestre dalle quali entrano senza limiti l'aria e la luce. La cucina ha un impianto moderno di frigoriferi e di batterie per riscaldamento. Mentre a Grugliasco non si vede luccicare che nichel, qui non si trova che rame. Di rame sono le immense caldaie, che una « grue » aziona, e di rame sono pure tutti gli altri utensili. Su due pareti della cucina si aprono le saracinesche che pacosoil Cnìintùi dedaa soquallircomunicano con due ref ettorii. Per le ! alaperture vengono fatte passare le vi vande. Nel sottosuolo stanno gli impianti di caldaie a vapore che servono sia per la sovrastante cucina che per il riscaldamento dei diversi stabili. Una bella chiesetta, un ampio parlatorio nel quale possono stare un centinaio di persone, ampi e alberati cortili, nei quali sono disseminate verdi panchine, e poi eccoci in una sala di convegno per le ricoverate. Notiamo lo stesso pietoso spettacolo già veduto in altre sale del genere. Le pazze, a differenza degli uomini, vestono tutte un identico grembiule a righe bianche e blu. Alcune stanno sedute ad un lungo tavolone, altre invece si trovano entro speciali seggioloni dai quali non emerge che il busto. Osserviamo con stupore questi congegni che ci è dato per la prima volta di vedere e che sono stati inventati quarantacinque anni fa dal dott. Perotti, del nostro Manicomio. La demente che non può star ferma, viene imprigionata in auesto seggiolone, e per ja forzata immobilità finisce per tranqUi]jiZZarsi. Altre hanno le mani fasciate acciocché non si feriscano bat- o o o ù d a e i i l i i o. a di azti: zra euan e tendo sul tavolo, altre ancora hanno le braccia assicurate con due cinghiette ad una cintura che le allaccia alla vita, ed in tal modo i loro movimenti vengono limitati. Da tutte quelle ricoverate si eleva un vocio assordante. « Chi la fa l'aspetta » Udiamo una disgraziata che ripete di tempo in tempo, con voce monotona e priva di espressione « Chi la fa l'aspetta ». E' una donnetta piccina, tutta raggomitolata su se stessa: un povero essere con un volto rugoso, grosso quanto un pugno, due occhi grigi e spenti che sporgono come quelli di un ranocchio, la faccia cosparsa di una pelurie biondiccia e sul capo, radunati in un piccolo nodo, radi capelli color di rame. Leva il capo, ci guarda fissamente e dice: — Io ho sempre lavorato invece di darmi bel tempo come le altre donne! SoJ.amentfi-.per. un. attimo isuoi. ,pen:. ' sieri hanno preso un diverso indirizzo, ma subito dopo essa ritorna alla sua idea dominante e al par di un disco di grammofono la voce atona torna a ripetere quel proverbio nel quale — apprendiamo poco dopo — è sintetizzato tutto il suo dramma : « Chi la fa l'aspetta ». La frase le è fiorita sulle labbra molti anni or sono in una tragica ora della sua vita. La Mautino, tale è il nome della sventurata, si era divisa dal marito per gelosia. Il suo uomo aveva delle amanti ed essa non poteva tollerarlo. Il giudice aveva chiamato i due coniugi per tentare una conciliazione; ma la sposa tradita, incontrato il marito all'entrata d-ìl Palazzo di Giustizia, lo uccise con due colpi di rivoltella. In quell'ora un proiettile si allbgò anche nel suo cranio e vi si trova tutt'ora. Esso ha certamente contribuito a completare il disordine che già esisteva in quella testa. si sutodirizanoelBlodibesisvost•vigiscvoiovivotetelasalibreunnadoCgitireNlavigleszatosiepggdGriarcplnnriatvm „„j„ipIl fatto desto a suo tempo un grande ,gscalpore, specialmente a Porta Palaz- czo, dove i Mautino erano molto cono-1 padafsezsmsNTsciuti perchè essa era una rivendugliola, poi dopo il suo ricovero al Manicomio in seguito a proscioglimento per totale infermità di mente, fu dimenticata. Chi la ricorda giovane e bella certamente non la riconoscerebbe in questo povero straccio umano. « Mi è capitata un'altra disgrazia » Molti dei protagonisti di clamorosi fatti di cronaca si trovano ora fra le mura del Manicomio. Il comm. Cerutti, ci parla a questo proposito di un muratore, certo Mosca, che ora è definitivamente chiuso nel reparto criminale di Collegno. Il Mosca, un alcoolizzato, in preda ad una crisi violenta, molti anni addietro uccise la moglie. Prosciolto e inviato al Manicomio, egli sembrava avesse giurato eterno odio all'alcool. Guarito, in seguito a responso del Tribunale, il Mosca era stato dimesso dal Manicomio e poiché egli aveva in uggia il viver solo, si risposò. L'anno successivo il comm. Cerutti, vedeva ritornare al Manicomio, legato e ammanettato il vecchio muratore. Anch'esso aveva riconosciuto il direttore e rispondendo alla domanda che non gli era stata rivolta esclamava to-' — E' una fatalità, mi è capitata o en la evi to co oe un'altra disgrazia La disgrazia non era toccata a lui, ma alla seconda moglie, che egli aveva ucciso come la prima in una crisi htsrnMa- liera per raggraneilare deile somme o-1 che invia alle sue ragazzine. Delle dila!sgraziate sue mogli invece non paria Le vincite ai lotto Passiamo a visitare i laboratori, do- ve numerose ricoverate sono occupate >a far la calza, a cucire a mano o a macchina. La presenza _ di estranei e re prdi ià di l s- , o, ; rammendano ;^--"'"':-l- zionano della nuova, e cuciojo esse I stesse tutti gli abiti che occorrono al- m-.la comunità. i Dopo i laboratori visitiamo le ca- merate, in una delle quali stanno de- 'genti numerose epilettiche, poi pas- e- siamo alla lavanderia, non grande ma alcoolica. Mosca, non esce più dal re- parto criminale, ma lavora. Nell'ani- Irne di questo sciagurato, che due vol-jte ha ucciso, un sentimento è rimastolinalcerato: l'amore per le sue due tri;,,,^» T^o-ii =i nriva di intrn- df-i ta glmole. Eg si prua di lutto• ta- bacco da fiuto e da fumo, e di qualun- ro-iaue supplemento alla razione giorna-i.„ ™,.rfr,.r,o^,nnio Aiirr. rio er attrezzata modernamente. Altre de- el monti insaponano e lavano aa una va- ciIsca, altre si occupano di immergere panni nella caldaia del ranno, altre ancora sono addette all'essiccatoio. Uscendo incontriamo un uomo grassoccio: il prof. Giordano lo ferma. E' il materassaio della casa. Giuseppe Carrera, un ricoverato che ha la manìa del risparmio, mania che in altri individui verrebbe chiamata una virtù. Egli per lungo tempo ha nascosto i denari che l'Istituto gli corrisponde per il suo. lavoro. Una volta preso da un accesso e trasportato d'urgenza a Collegno, gli furono trovate addosso 700 lire di biglietti da una, due. cinque e dieci lire, tutti fuori corso. Una altra volta gii vennero sequestrate 500 lire che stava per cacciare in mezzo alle balle di fieno. Ora a Carrera non si dà più denaro, viene pagato con supplementi di viveri. Il provvedimento lo ha colpito al cuore. Richiesto dal direttore come va la sua salute, egli risponde sconfortato: -— Come vuole che vada? Son senza un soldo! Quante e diverse manìe si riscontrano fra questi disgraziati! Vi era un elettricista del Teatro Rossini, certe Bonanno, che aveva la passione del lotto: tutti i sabati (poiché si tratta di un individuo tranquillo e aveva libertà di uscire) egli si recava ad assistere all'estrazione del lotto ed ogni volta ritornando annunciava al custode: Hanno estratto i miei numeri, he •vinto un terno. Quando il giorno dopo consultava il giornale si ripeteva sempre la stessa scusa: — Mi hanno imbrogliato un'altra volta; i numeri erano usciti, li ho visti io. Quando si sono accorti che avevo vinto li hanno imbussolati un'altra volta. Usciamo all'aperto. L'orto e il frutteto sono magnifici. Se si pensa che il terreno sabbioso è stato bonificato dal lavoro dei dementi, i quali hanno passato al crivello interi ettari di terra liberandola da carri e carri di sassi, si resta stupefatti dinanzi alla vastità di una tale opera. Ci avviamo alla cascina dove sta il capo ortolano e dove dorme la squadra di braccianti della Colonia Agricola di Collegno, la quale giunge a Pianezza tutti i lunedì mattina e riparte al sabato sera per essere passata in rassegna dai medici. Nella stalla ammiriamo due buoi da lavoro, di mole gigantesca, e numerosi vitelli; fuori i coloni lavorano a potare gli alberi, dovunque ferve un'attività esemplare. La visita a quest'Istituto di Pianezza, ignorato dalla maggior parte dei torinesi, ci ha fatto la migliore impressione. Constatiamo che effettivamente esso segna una tappa sulla via del progresso, fra il Manicomio di Collegno "è* quello moderfifesuno '"di Grugliasco. U. P.