I PROCESSI

I PROCESSI I PROCESSI 1 l e o e e o e i e Il dissesto della Banca Popolare |La discussione a lunedì (Corte d'Appello di Torino) Al processo per il dissesto della Banca Popolare Italiana ò proseguito ieri l'interrogatorio del rag. Vittorio Arietto, l'ex-direttore della sede di Torino. L'accusato ha respinto tutti gli addebiti, protestando di essere statò estraneo al sindacato istituito per il collocamento delle azioni allorchè la Banca elevò il capitale sociale, e di non avere in alcun modo partecipato alle operazioni relative a tale aumento di capitale — operazioni che diedero luogo all'imputazione di truffa in sede di società commerciale — non appartenendo egli al Consiglio di amministrazione cui tali operazioni erano devolute. Scagionandosi dagli altri addebiti, l'Arietto ha dichiarato di non avere tratto alcun personale profitto dalle operazioni svolte dalla Banca Popolare con il c Crédit Franco-Italien » di Nizza, e di avere contenuto sempre la sua opera in seno alla Banca nell'orbita del mandato che igli era stato conferito. Sono stati interrogati poscia gli altri jaccusati, i quali hanno ribadito le di-(chiarazioni fatte già in primo gi»diz:o.. L'ex-presidente del Consiglio di ammi- nistrazione, dott. Adriano Vaccari, con- chiudendo la cronistoria delle vicende j dell'istituto, ha ricordato come, allOjscoppiare del dissesto, impegnò tutto il suo patrimonio per arginare le conseguenze del crollo. E ancora recentemente, per addivenire alla esecuzione del concordato coi creditori, egli si impegnò in proprio per altre 300 mila lire. Chiusa la trafila degli interrogatorii, il Presidente comm. Pennacchietti, aderendo all'istanza formulata dai patroni dell'Arietto, avv.ti Gianotti e Dagasso, ha sospeso il dibattimento, rinviandone a lunedì la'prosecuzione. Lunedì avrà inizio la discussione con la requisitoria del P. G. comm. Dompé, c_ui seguiranno Js^arringhe,. dei .difensori-™ — —*~~ -u-— -"- -; La Bancaria Marchigiana Le indagini dell'ex-amniinistratore della Banca delle Marche e degli Abruzzi Ancona, 17 notte. Il Tribunale, che sta giudicando gli ex-amministratori della Società Bancaria Marchigiana, ha interamente occupato le due udienze di oggi nell'interrogatorio del teste cav. Roberto Pelizzari, già amministratore delegato della Banca delle Marche e degli Abruzzi, il quale per incarico del Commissario giudiziale, eseguì una verifica sul dissesto della Società Bancaria Marchigiana. n teste ha incominciato col riferire sulla questione di Genova, relativa al mezzo milione di Buoni del Tesoro, affermando che, mentre, secondo lui, la dizione « dossier libero s> si presta ad una duplice interpretazione, tuttavia dato il modo con cui l'operazione fuicontabilizzata in Banca, la disponibili-.tà dei titoli doveva rimanere alla Ban- earia Marchigiana, e non all'agente di .cambio Sangiovanni. IEsaurita così la parte riguardante |l'affare di Genova, il Presidente ha in- trattenuto il cav. Pellizzari sulla Ban- caria Marchigiana. Ed il teste ha inco minclato dal periodo, nel quale fu creata la Banca delle Marche e degli Abruzzi, cioè immediatamente dopo la chiusura degli sportelli della Bancaria, in seguito alla concentrazione delle e e e i e a e e e e i e , Banche Cattoliche Marchigiane. Nongli consta, in nessun modo, che di taleconcentrazione dovesse far parte an-tinuameuie, a cauaa tu ui«Buwe niJe-dilazioni borsistiche, che continuarono per vari anni. Richiesta la sua opimo- ne sulla portata dell'I.M.A., il sacco che la Bancaria. Il teste afferma, che. dopo la perdita di 23 milioni della Sede di Roma, le perdite aumentarono continuamente, a causa di disastrose spe nero della Bancaria, il cav. Pellizzari ha affermato in modo preciso, che essa fu costituita unicamente per nascondere le perdite della Bancaria. La perdita di 23.400.000 lire della Sede di Roma venne passata, in un primo momento, alla Società Anonima Mobiliare, della quale la Banca si è sempre ritenuta creditrice, calcolando il suo credito al 100 per cento; poi, nel 1927, all'I.M.A. L'effettiva consistenza dei titoli ceduti all'I.M.A., in data 30 giugno 1927, per un importo complessivo di milioni 21.662.490, non poteva avere un valore effettivo, superiore ai 4 o 5 milioni. Moltissimi altri chiarimenti ha fornito il cav. Pellizzari sul dissesto della Bancaria, e sulla parte che si riferisce alle imputazioni, delle quali debbono rispondere gli attuali accusati. Nell'udienza pomeridiana, dopo aver precisato la somma versata all'imputato rag. De Gennaro, quale anticipo sulla sua eventuale liquidazione con il titolo di direttore amministrativo, (150 mila lire), il cav. Pellizzari si è ampiamente diffuso a parlare dei rapporti e delle operazioni intercorse fra la Società Bancaria Marchigiana e la Banca Cattolica di Macerata, Secondo l'impressione del teste, il quale fece una minuta indagine sull'episodio, il gr. uff. Vice " una parte preminente. Su questa p della deposizione del Pellizzari, hanno interloquito alcuni patroni della difesa, e particolarmente quelli del Vicentini. A richiesta, il teste ha, infine, confermato che il conte Bezzi, condirettore della Banca Cattolica di Macerata, giuocava in Borsa e che aveva subito notevoli perdite; ma che l'imputato, piangendo, rifiutò di fargli conoscere i nomi di coloro per i quali giuocava. Nelle ultime battute dell'udienza è stato interrogato il teste Bruno Sabbatini, ex-impiegato della Società Ban pìsodioTil gr.'uff. Vicentini ebbe"in"ès.sauna parte preminente. Su questa parte eària Marchigiana, il quale ha chiarito alcuni rapporti fra l'Istituto ed il suo maggiore depositante danneggiato: ilconte Cliiilo. Nell'udienza di domani,continuerà l'interrogatorio del cav. Pel- lizzarl. Parricida {.Corte d'Assise di Torino) Il fatto, drammatico e brutale, co ronò una lunga serie di litigi, originati non sempre da chi compì poi il delitto. Domenico Cargnino — un contadino trentasettenne, abitante a Lemie — era giudicato dal padre un fannullone, un buono a nulla. Ma in realtà il giudizio era severo, ingiusto. D'indole buona, sobrio, operoso, Domenico Cargnino aveva un attaccamento vivo alle sostanze avite ed assisteva con il pili profondo sconforto allo sciupio che il padre andava facendo del patrimonio famigliare. <; Consumerò ogni cosa — andava dicendo il vecchio —; alla mia morte non voglio lasciare ai miei tigli neppure un palmo di terra f>. E il disgraziato si era accinto davvero alla realizzazione iti questo proposito. Vendute alcune proprietà, per un importo di sessantamila iire, egli meditava anche di disfarsi dell'esercizio — l'Alber- _1 * ' | go d'Italia, sito a Lemie — che con duceva da temno. In quest'atmosfera i si pervenne al dramma. La sera del l.o aprile scorso, rien- jtrando alle lt) in casa, il vecchio av(Vertì il figlio che per il 9 dello stesso < mese avrebbe dovuto lasciare la casa, avendo egli ceduto in amtto lo stabile e l'esercizio. Domenico cargnino s. meravigliò di quest'annuncio ed os- Servò che la licenza di esercizio era intestata a lui ed alla sorella, come eredi della madre. Ma a quest'obbie- zione il vecchio si indiSDetti. UH animi si accesero; corsero parole concitate e infine Domenico Cargnino, brandita la scure che ancora aveva a portata di mano (egli era rientrato pochi istanti prima, dopo aver lavorato tutta la giornata a spaccare legna) ne vibro un colpo al padre. Nessuno presenziò alla tristissima scena. Alle grida del vecchio accorsero le figliole, Caterina e Teresa. H disgraziato fu soccorso, ma ogni premura fu vana. Il colpo vibratogli con a>ano -ferma aveva- determinato - lo sfondamento del tavolato osseo. Tre ore dopo il vecchio decedeva, mentre il figlio veniva tratto in arresto. X'autopsia stabili che la morte tu cagionata dalla copiosa perdita di sangue conseguita alla lesione ed i medici dichiararono di ritenere che il colpo non potè essere inferto mentre il feritore si trovava di fronte alla vittima in piedi, ma che invece fu vibrato o mentre la vittima stava china verso terra oppure in un momento in cui il feritore si trovava alle spalle. Dichiarandosi pentito del suo gesto sciagurato, Domenico Uargntno ha ne-vocato ieri dinanzi alla, corte la suadolorosa odissea, aggiungendo di essersi armato e di avere viprato il colpo mortale, dopo che il padre l'aveva minacciato e colpito con una sedia. Una teoria di testimoni hanno riferito e lumeggiato i tristissimi casi ai questa famiglia: gli atteggiamenti nella vitti ma, i patimenti dei "agii, il j-. u. comin.Siracusa ha tuttavia sostenuto che il i delitto ebbe per movente la ragione di .interesse. E contestando ogni ipotesi discriminante, il rappresentante della .legge ha unicamente acceduto ad una Itesi di lieve provocazione, richiedenao | per il parricida la pena di 20 anni al j reclusione. IVaw. Dagasso, per la difesa, ricer luccidere: comunque è certo che egli 1 presenta uno squilibrio mentale, il jche, congiunto olia <:n,,t,»;r,„= „ canolo ed analizzando le ragrónì'Teldramma, le ha indicate nella con- dotta della vittima — indegna di essere padre — e nelle infinite tare di chi compì il delitto. Non è certo che Domenico Cargnino abbia voluto alla situazione creatagli dal padre, il quale non nascondeva di volerlo ridurre sul lastrico, aa la spiegazione umana del dramma, a il'avv. Dagasso, na concluso, con una ! "g**J^Jffi^™m*^ alla Corte di restituire 1 infelicissime sorelle, alle il secondo dei difensori, l'avvi Farinelli, e quindi si avrà la sentenza. spio ha_ fatto da padre La radio del Podestà Intra, 17 notte. E' comparso davanti al nostro pretore, tale Ferdinando Casanova, cheaveva ingiuriato e minacciato il po-desta di Avizzano cav. uff. Scalini, Alla domanda del pretore perche aves-se insolentito il podestà, il casanovaha risposto: — Mi sentivo venire in gola unpuzzo di inchiostro e di candela, cnemi soffocava. Anche questa notte hosentito quel puzzo e mi e parso di morire; è un puzzo che mancia il podestàcon la sua radio E' stato, in seguito, udito il podestà, il quale ha narrato che, avendo sentito gridare e battere violentemente all'uscio, aveva chiesto chi fosse e che cosa si volesse. 11 Casanova — si trattava appunto di lui — aveva rispostocheammettendo la semi-infermita, ha ri chiesto quattro mesi di reclusione, n Idifensore ha sostenuto la totale inler mita di mente. Ma il pretore ha dichiarato il Casanova colpevole del reato ascrittogli, e lo ha condannato a un mese di reclusione. in Precipita da un ponte una gola protenda ISO metri Trento, 17 notte. Percorrendo la strada da Carche a Cornano, in bicicletta, tale Giovanni Valentino, di 28 anni, da Ragoli, uscito un po' brillo da un'osteria, è precipitato dal parapetto di un ponte, nel sottostante torrente dall'altezza di 150 metri. Alcuni passanti, scoperta li la bicicletta abbandonata, hanno av; vcrtito i carabinieri, che, stamane, hanno ritrovato il cadavere del Valen i tino sfracellato in l'ondo alla gola. allora, con ingiurie e minacele. Il pre-tore ha dato quindi lettura di due re-ferti medici, dai quali risulta che ilCasanova non e nel pieno possessodelle sue facoltà mentali. 11 P. M., pur