Bartolomeo Pinelli

Bartolomeo Pinelli Bartolomeo Pinelli Bisogna vedere come, intorno ai primi dell'Ottocento, egli si è raffigurato : seduto sul frammento di una base marmorea, in una mano la mazza nodosa, nell'altra un libro aperto, ài piedi due cani meditabondi come il loro padrone. Il luogo è adatto alle contemplazioni melanconiche : tra due frondosi alberi appaiono rovine di sarcofaghi e di colonne e la base funerea della piramide di Cestio. Si direbbe un pellegrino appassionato, uno Chateaubriand avantilettcra se il nome non fosse inciso e visibile: Bartolomeo Pinelli. L'attuaje Mostra dell'Ottocento romano di via Nazionale cerca di rimetterlo in onore : ma a' suoi tempi ebbe una fama che rasentava la popolarità. E non si può immaginarlo staccato dal mondo ch'egli raccontò in tutte le lastre delle sue incisioni famose: assalti briganteschi, processioni di pellegrini, questue di monaci, fuochi d'artificio, corse di carrozzelle e di barberi, altalene e risse. Scorri acqua di Trevi per la gioia degli occhi, sprizza vino dei Castelli per l'ebbrezza dell'animo! Bartolomeo Pinelli, nato nel 1781 nulla ha di comune col Piranesi, il magico « Rembrandt delle rovine» ma gli può essere avvicinato per lo stesso amore di Roma. L'opera dell'uno aggiunge qualche macchietta alla vasta scenografia dell'altro : ai grandi ritmi sinfonici delle evocazioni piranesianc Pinelli aggiunge i rapidi battiti danzanti del saltarello. La sua ricerca del cuore di Roma e la conoscenza di esso, l'affinità dello spirito con l'anima de' suoi personaggi furon favorite e come predestinate dalla nascita e dallo svolgersi della sua infanzia in Trastevere. Nacque in una famiglia rustica e disagiata che vivacchiava col mescliinissimo guadagno del padre, abile artigiano "agli stipendii di un vasaio, che modellava statuette di santi, figurine popolaresche di cenciosi di calcanti di mendichi di pastori, stilizzate sul tipo delle terracotte policrome che furono delizia e ambizione degli oratorii e dei conventi per ornare le chiese barocche e le cappelle zuccherine e per popolare le vallette di borracina e i minuscoli laureti e aranceti dei presepii natalizii. Anche Bartolomeo cominciò alla scuola del padre a modellar argutamente la creta appassionandosi alla scultura minuscola e tornandovi nelle pause tra i più ampi lavori dell'incisione all'acquaforte. E negli ultimi tempi della vita attendeva a una serie di scolturette che doveva constare di centocinquanta pezzi e rimase interrotta al trentesimo. Il padre del Pinelli costretto a lasciar* Roma prese con sè il fantastico ragazzo e migrò a Bologna. Era una città di buon umore, di grassa cucina e di amorose fanciulle. Il Pinelli protetto dal'principe Lambertini e sotto la guida del Frulli potè dirozzare l'ingegno dedicarsi alle arti acquistar una cultura letteraria e artistica che fu suo vanto. E si recava con compagnie di improvvisati istrioni a deliziare i pubblici villerecci : pare che egli inclinasse, portato dall'indole violenta e dalle ambizioni classicheggianti, a impersonare le figure dei più truci tiranni. Parente ideale del Mitelli, del Delia-Bella, biografi grafici degli straccioni^ e dei comici, si ricollega al Bernini e a Salvator Rosa per la passione dilettantesca della com media. Il suo modo di vivere, appena egli ritorna a Roma, s'inquadra nel brulichìo caotico del principio di secolo. I^a irritabilità morbosa e cavalleresca, la mania del litigio in casa e della baruffa in strada lo segnalano e lo inseguono ad ogni angolo. La sua giovinezza, avventurosa tanto che non è chiaramente precisata nei fatti e nelle date nemmeno dai più fedeli biografi, lasciava largo campo alle dicerie e gli aveva attribuito nomea di stravagante. Se ne parlava tra i contemporanei guardinghi. Tutta spie delazioni, la Roma « restaurata » dopo l'uccisione d'Ugo Basville messaggero degli « immortali principii », narrava certe ammonizioni che il Pinelli aveva avuto dalla polizia per disegni tratti da poco edificanti affreschi di Giulio Romano. Taluno rammentava la sua diserzione dall'esercito all'epoca dell'assedio di Civitavecchia nel 1799 e la nomade esistenza tra i pastori dell'Agro, i butteri, fors'anche i briganti, disegnando luoghi e costumi. Si rammentavano le sue pazzie studentesche, gli amori illeciti con una domatrice, le irriverenti burle perpetrate allorché abitava presso l'abate Lavezzari e, dall'alto d'un balcone, con l'aiuto di una cordicella e di un amo, pescava le più illustri parrucche romane. Tutto veniva perdonato al Pinelli sapendosi e amandosi in lui principalmente due cose : ch'era nato da povera gente trasteverina e l'ingegno e la fama non lo avevano allontanato da Roma né dal popolo. Cosi chi lo vedeva passar nelle piazze, sostare ai mercati, entrare nelle botteghe degli acquafrescai e dei caffettieri, sedere alle tavole delle osterie suburbane immancabilmenle accompagnato dalla muta guardia di due mastini e d'un terribile bastone nodoso lo considerava con orgoglio e lo additava agli amici come un gran bevitore e un gran talento. Chi aveva potuto varcare l'interdetta soglia del suo studio in strada Felice (oggi ricostruito nelle sale di via Nazionale-) riferiva ch'esso consisteva in una camera disadorna, pressoché squallida: da una parte, sopra una mensola era un teschio coronato dall'epigrafe che ricorre frequente ne' suoi c.v-libris : « tutto finisce ». Il modesto e popolaresco vivacchiare pareva tanto più lode vole a chi lo paragonava allo scialare da gran signore, al frequentar cardinali e principi, al raccoglier pre¬ ml'caplaM1 dluBregzirimcoMvbcnlatozrlevcspmoGzcptlvqgrunivoalamsvvaptvqecpesardizrdnlvtssdficatdgddztlrcPsspma i e , a r i . e o a o i ù o a i . o i. a e , n e a o e e e a e o. a di a, e, o e o o e r e¬ bende cariche onorificenze che distoglievano in Roma il divino Canova e il celebrato Camuccini. U Pinelli incarnava davanti alla mente e alla fantasia degli umili l'ideale del romano « romanesco » capoccia del rione, odiatore dei sopraffattori c dei vili, eroe di sassaiolate, vincitore di ruzziche come quel Meo Patacca di cui glorificava al1 acquaforte gesta epiche avventure d'amore e di taverna incidendo le illustrazioni per il vecchio poema del Berneri. Nell'intreccio degli aneddoti relativi alla vita del Pinelli la leggenda popolare metteva con predilezione figure irreali d'inglesi boriosi, ricchi e saccenti, di cui fioriva a Ro-_ ma il tipo in quell'epoca. E i motti coi quali, stando tra una corte di Montigiani, di Ciociari e di Trasteverini,' Pinelli aveva rintuzzato l'albagìa e rifiutato l'oro degli stranieri correvano sulle labbra di tutti. Era nota la sua incuranza del guadagno, la nessuna parsimonia, l'attaccamento a Roma piuttosto che alla ricchezza. Si sapeva che questa non gli sarebbe mancata ove avesse accettato le offerte che gli avevano fatto di vivere a Londra presso ricchi mercanti ai quali il Pinelli aveva risposto con semplicità quirite che oltrepassato il Ponte Molle si sentiva ammalare di malinconia. Quando mandò un suo disegno in omaggio al Canova, lo scultore delle Grazie, con un gesto più di degnazione che di colleganza, donò vènticinque scudi al messo perche li riportasse in cambio del disegno all'autore. Stava il Pinelli. com'era uso, all'osteria del Gabbione in via del Lavatore presso Fontana di Trevi, quando si vide tornar il garzoncello giubilante per la risonante ambasceria die recava al padrone. La quale udita il Pinelli scattò urlando che non voleva esser pagato e riportasse immediatamente gli scudi al Canova; né mai più gli avrebbe mandato omaggi o disegni. Le parole degli amici non valsero a fargli accettare la somma ; alterato e furibondo chiama l'oste, gli consegna i venticinque scudi, ordina che si porti altrettanto vino e che tutti amici e ignoti ne bevano a ufo; placato e beato si pone a cavalcioni di una tavola, contempla l'accorrere di persone d'ogni fatta da tutte le strade al richiamo favoloso, trasecolanti che un artista il quale viveva senza lusso di cocchio e di livree rinnovasse una generosità che i Papi cominciavano a non aver più. Nel calendario romano il Pinelli era protagonista e storico d'ogni fe sta: le rivedete una ad una ne' suoi album : la Madonna del Divino Amore con gare di barrocci, strimpellate di chitarre e di mandolini sui cavalli inghirlandati e i somarelli in fron zoli ; la festa dell'Annunziatella fuori porta San Sebastiano; l'Infiorata di Genzano con la processione incanalata nella strada coperta di fiori; la festa € dei boccaletti » a Trastevere con l'immancabile «ammazza to»; le ottobrate • fuori mura; le scampagnate ài Testacelo con vuotar senza fine di boccali e «saltarelli» danzati sotto le pèrgole e le «canofiere » riboccanti appese ad ogni architrave ! In questo mondo, spettatore ed attore, Bartolomeo Pinelli raccolse i tipi de' suoi popolani e gli sfondi delle baruffe e degli idilii che li raggruppano. Fin dai primi anni, quando al Caffè presso l'arco di Piazza di Sciarra lavorava a certi fregi di zucchero per i dolci, aveva cominciato a osservare le civetterie e le servilità della gente minuta e mezzana, i retroscena delle sacrestie delle anticamere delle alcove. Poi dal Caffè a Piazza di Sciarra era passato al Caffè Giuliani e liberato dal mestiere servile sedeva a tavolino con altri spiriti bizzarri : il Wicar, pittore ; il Briccolani, traduttore di Camoens; il Pistrucci, improvvisatore di versi romaneschi e incisore a sua volta. Così tra il via-vai del pubblico uno proponeva un soggetto, l'altro lo cantava in versi, il terzo lo interpretava col disegno. Il Pinelli vittorioso sempre : giù a contorni e chiaroscuri gesti di persone, sfondi di luoghi, motivi d'ambiente. Iniziò così la serie dei « costumi » che pubblicati la prima volta intorno al 1810 giustificano la sua celebrità. Perchè a quella pri ma serie, alle successive, alle illustra zioni del « Meo Patacca », alle scene di brigantaggio, di carnevale, di vendemmia egli deve la romanesca immortalità. La stravagante Roma di Goethe, del Belli, di Stendhal, di Rossini ebbe nel Pinelli lo storico figurativo. Tentò altri soggetti, si abbandonò ad altre ispirazioni : ma le fredde rievocazioni della storia romana sono stilizzate e insignificanti. Raccontava d'aver cominciato a istoriare i fatti dell'antica Roma perchè l'eroica Dea gli era apparsa una notte nelle solitudini del deserto Foro e glielo aveva imperiosamente ordinato. In realtà quei soggetti corrispondevano alla moda del tempo. Fretta e mancanza d'ispirazione caratterizzano la sua opera anche nelle illustrazioni delYBneide, della Divina Commedia, della Gerusalemme Liberata e del Y Orlando furioso. Terminato d'illu strare le avventure di un suo maggior fratello. Don Chisciotte, rieccoìo a interpretare il « Maggio romanesco », un poema fiorito di gesti e di motti popolari. Stava incidendone il diciannovesimo rame allorché i sintomi del male lo assalirono. Gli abusi alcoolici lo traevano senza speranza verso la fine. Mori stoico altezzoso e bizzarro come aveva vissuto. Al viaggio nel l'al-di-là aveva pensato illustrando la Commedia, ed effigiandosi tra le anime imbarcate a furia da Caronte, e, più oltre, nel girone dei pn> dighi. Il giorno uno aprile del 1835 m°rì, e prima aveva scritto nel taccuino un'epigrafe rimbombante : « Pinelli è morto e la sua tomba è il mondo ». Certo gli spiriti del Berneri, del Peresio, del Berni, le informi anime divintrdfslalaadcdaaOrifvpmctvfbsspgEvnsmanpn(crncordsahndlcmcdqd di Pasquino e di Marforio, tutte le divinità di Roma romanesca salutarono nel morto un fratello. E la piazza Barberini, o Grimana, tra il Tritone scrosciante, la fontana delle Api c la salita dei Cappuccini, fu presto gremita di una folla che si dispose in corteo. I confratelli della morte, dinanzi, con i vessilli, i lampioni lugubri, poi la bara portata a spalla, gli scolari dell'Accademia di San Luca vestiti a lutto, alcuni con in mano ceri accesi o fronde verdi strappate al cipresso che il Pinelli aveva piantato anni prima davanti) alla casa. Sua Eccellenza il Principe Odescalchi, artisti romani e stranieri spinti in su per la strada dalla folla. Sarà stata là in mezzo anche 1: vecchina che si era lamentata col parroco perchè il Pinelli non andava mai in chiesa, e l'artista saputa l'accusa bussava tutte le mattine per tempo alla porta della vecchina avvertendola che si recava alla prima e a a i i) e a l a r a messa? Con lei doveva essere al completo la coorte dei cenciosi con i quali il Pinelli in vita era stato più generoso di un principe. La salma è portata alla chiesa di San Vincenzo e alla Fontana di Trevi e ivi lasciata Nello specchio dell'acqua si riflette il tramonto, nello scroscio il suono delle campane. Cupa e purpurea Ro ma papale s'addormenta : la vita del le strade si raccoglie come nella strofe del « Meo Patacca » : Già la sera è venuta e i bottegari inserrano le porte et i mercanti A,,.,eioc-;,, ^-...^fjAnastasio davanti già levano le mostre, e i calzolari appicciano la lume a i lavoranti: se ne vanno a dormi già li fornati per esse a messa notte vigilanti: ti i cicoriari ormai pur ohe gli tocch annà //ridanno « cicoria e mazzocchi ».Bel bello d'ombre pallide s'ammanta , .. „ .,„ f„~fn ,„,•„„„„:„,,„ la, notte con un fasto minaccioso, se gira qualchedun clic sona o cantaa piglia vada riposo. gli ordina che RAFFAELE CALZINI.