La pia leggenda di Rita da Cascia

La pia leggenda di Rita da Cascia ORME DI SANTI E SEGNI DI MIRACOLI La pia leggenda di Rita da Cascia (DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE SPOLETO, febbraio. C'è nella leggenda aurea di santa Rita un motivo dominante che va isoUlto da ormi altra causa d'un cullo eccezionale, per rendersi conto della sconfinata devozione che l'intero mondo cattolico ha ver l'umile donna di Cascia. Ma la biografia non basta, la cronaca resta lettera morta se non si sale qui di pieno inverrìo da Spoleto, in questa malinconia di monti brulli, di piccoli borghi isolati in cima ai greppi, di boscaglie timide, di fiumicelli qualunque, entità paesistiche modeste che la retorica ingenua dei panegiristi ha come al solito trasformato in oleografie a tinte rosazzurre; gmMtsrbrmacpgcdctse non si viene, dico, tra queste valli Mdove le attese solitarie fra una tran- svia ed un lento servizio d'automobili pson monotone e tristi, a stupirsi del ocontrasto fra la realtà povera dei Ino- sghi e l'anelito immenso di tante pre- nghiere, di tante speranze d'esaudimen- nti prodigiosi. Allora si comprende c/ic, ii motivo dominante della venerazio- rne per la santa di Cascia è quello del miracolo. 11 prodigio della spina Tutto, dalla nascita innaturale da genitori giunti secondo la tradizione a « decrepitezza » fino alla morte irradiata da una visione divina, ditto in lei — per il credente — è miracoloso. Non basta. Tutto è ancora, nella sua vita, una lotta continua, paziente, contro avversità di eventi, contro osta* colo di cose. Bambina ancora, sogna il convento, come la sola felicità possibile in terra, e suo malgrado è maritata adolescente ad un violento che appena sfogati gli istinti di una passione brutale la trascura e la maltratta. Rassegnata al destino nel quale scorge i voleri della Provvidenza, si sforza mitemente, con persuasione dolce e costante, di piegare la durezza dell'uomo che la sorte le ha dato per compagno: e non per sè, certamente, ma per salvare un'anima; quando si sente vicina a compiere il suo piccolo prodigio, il marito le viene assassinato. Ripone nei due figli quanto avanza alla sua speranza terrena, ed essi le crescono feroci, con propositi biechi di vendetta, tanto ch'ella in un impeto di fede disperata invoca il cielo di prenderseli avanti che siano macchiati da colpe irrimediabili. Morti il padre e la madre, morti i figli, morto il marito, vuota la sua esistena ormai dolorosamente libera, quel desiderio antico del chiostro le rifiorisce in cuore, e bussa al monastero: ne è respinta, Mia, due, tre volte, finché l'ardore delle preghiere vincerà le resistenze. Esaudita alfine, prove biz¬ zarre (dalle quali sgorgherà più pura j bla sua santità) eserciteranno la suaìcpazienza; nella donna monacata non,rpiù vergine i sensi talora urgerannoltpiù torbidamente imperiosi nei ricor-\di, ed immaginazioni e tentazioni 1 cavran da essere fugate anche col tor-\sdccstpagdraabsnsinccsdllblldttaerAcrmlncbmento della carne; durante quindici anni un'infermità per lei divina ma a gli altri repugnante la costringerà alla solitudine nella cella. Verrà finalmente l'ultimo giorno, il gaudio supremo, l'annullamento in Cristo; ma fino a quest'ora, sordi e opachi % pesi della vita non ritarderanno ma angustieranno il libero moto di uno spirito verso una mèta di beatitudine. Questa stessa gravezza di terrestrità, l'umiltà stessa di luoghi, di fatti, di persone, persino l'ingenuità gentile della leggenda — le api intorno alla culla, il 'rapimento dei tre Santi Patroni che introducono la vedova in convento, la rosa fiorita in pieno inverno per dare un po' di gioia alla morente — forniscono dal fondo della loro oscurità lontana il risalto maggiore al raggiare del miracolo. Che se vi sono figure di santi — che so? eia Gregorio Magno a Ignazio di Loyola — per le quali il miracolo (e ciò non paia un paradosso in contrasto con gli attributi della beatificazione) quasi è un di più, è per così dire lo stupendo suggello alle opere ispirate dalla fede tanto esse grandeggiano anche per doti più tipicamente umane, la figura di Rita da Cascia quale ce la tramanda la tradizione, non è accettabile che nella luce del miracolo: allo stesso modo che la virtù taumaturgica della santa verso i suoi fedeli, ed il suo culto che vieppiù s'accresce presso tutti i popoli cattolici in modo sorprendente, non si spiegano che come un riflèsso di codesta luce. Ma v'ù natura e natura di miracolo. Intorno all'anno 1419 (è bene avvertire che tutte le date della biografia di Rita sono quanto mai vaghe ed incerte) era venuto a predicare in Cascia la Quaresima un discepolo di Bernardino da Siena, quel francescano Giacomo di Monte Brandone che sa-\rebbe poi diventato san Giacomo della Marca. Era giovine, ardente, eloquen- rissimo. La sera del giovedì santo ave-'va parlato in S. Maria della Plebe della Passione di Gesù, e al popolo di Cascia assiepato nella collegiata —jquesto vovero popolo provato da tante guerre, ribellioni, pestilenze, terremoti — il martirio fisico e morale del Maestro, l'attimo del suo smarrimento, l'apoteosi del sacrificio, eran rivissuti dinanzi, evocati dalla parola ispirata del Minore. Giù per lo strade buie della cittaduzza montana .s'ero» recaie ad ascoltare Giacomo anche le monache di S. Maria Maddalena, che allora per le agostiniane non v'era ancora clausura. Parlava il frate, sempre più commosso, con la frase, col gesto, con il tono della voce realisticamente rappresentando lo strazio delle spine, dei chiodi, della ferita al costato, la sete del morente; il lamento angoscioso, ai suoi piedi, della dc(anfgrlcDnm Madre. Vacillavano sull'ansante tensione degli ascoltatori le fiamme dei pochi ceri; ogni tanto dagli angoli più oscuri gridi inarticolati si levavano, scoppi di pianto, singhiozzi. Rita tor nò in convento con le compagne a notte ulta. Non si ritirò nella cella, si recò inve rc nell'oratorio, si gittò in ginocchio burbero san Francesco verso i fratelli curiosi delle stimmate, le impose un riserbo inconsueto con le compagne intorno a ciò che per lei era stato prodigio; ma l'avvenimento tosto trapelò ali che fuori del convento, e lungi da Ca\scia; ed accennando alla data del lì/US, davanti a una immagine di Cristo crocifisso dipinta a tresco sulla parete, di cui ancora rimane qualche traccia guasta dal tempo. Spingeva le palmo giunte verso l'immagine fino a toccarla, protendeva la fronte; un gran silenzio avvolgeva il monastero. Più che preghiera la sua era un'estasi, una specie di rapimento di tutto l'essere, uno smarrimento completo dei sensi, quasi un tldncbaqstdlnqldlmcRarresto della'vita carnale. Già'a queste !'sascesi era stata soggetta fin da bini ba, quando i parenti le aveva» concesso, una stanzetta che ella aveva adornato a guisa di piccolo oratorio, e. là so ne stava in raccoglimento perfetto, in infantile colloquio con le sue visioni candide; e più tardi, monacata e pacificata con se stessa, talvolta era occorso alle suore di destarla come da un sonno (taluna già la piangeva morta), dal quale Rita sorgeva, sorridente dopo lunghe ore, narrando d'aver visto il Cielo e Dio e la Vergine con tutti i suoi beati, oppure una sterminata scala — la stessa scala di Giacobbe — che dalla terra saliva su verso l'empìreo avendo angeli su ogni gradino, rappresentazione plastica del salmo commentato da sant'Agostino: « Quanto ergo plus amaveris, tanto plus ascendes ». Forse era già prossima l'alba, e la muta adorazione ancora teneva immobile Rita. A un tratto un dolore folgorante le percosse il capo; mandò uni gemito, cadde riversa, svenuta. Le monache che al mattino la trovarono così, scorsero sulla sua fronte, un poco sopra l'occhio sinistro, una piccola e profonda ferita: come di una spina. ' Certo, quella specie di pudore che subito dopo la Verna aveva reso persino il codice manoscritto di Agostino da Stroncone che si conserva in S. Maria degli Angeli ad Assisi, così parla del fatto: «Circa questo tempo li B. Giacomo della Marca predicando in Cascia con grande fervore della Passione del Signore, udito dalla B. Rita pia donna accesa d'amor divino a pie d'un Crocifisso prega con lagrime gli faccia sentire in testa del dolore ch'egli senti per una delle sue spine. Il Signore gli fa la gratia d'una ferita in fronte che si converte in putrida piaga con indicibile dolore: ne cascano vermi, e la porta per tutta la vita ». Il testo concorda con il più antico compendio della vita di Rita, l'epigrafe del 1457 che si legge sul primitivo sarcofago della santa, opera del falegname Cecco Barbari, miracolosamente risanato per poter compiere il lavoro, e dipinto, pare, da un «Mastro Antonio de Nurcia »: ...che una delle spine de Cristo recepisti, non per prezzo mundano, non per merch'ella credexe aver altro tresoro [cede se non colui che tucta allui se diede, et non te parve ancor esserte munda che XV anni la spina patisti, per andare alla vita più jocunda. La natura del culto La grazia d'una ferita in fronte. Nell'espressione c'è non soltanto la genesi ssfcdmgsMPs-\Scrivc un suo biografo: «Se non pri ma. allora dovette certo confessare che essa aveva tanta venerazione per quei 'vermi, per riguardo alla santità della e spina donatale dal Crocifisso >•. Rita comprende il disgusto delle consorelle —j e, « Ne nauseam sororibus moveret, soe litaria cum Deo versabatur »; si -nn ■ma'anche l'indole del miracolone perlconseguenza la specificazione dì tuttoìuii culto. La piaga s'inasprisce con do-\lori tremendi, e Rita ne ringrazia Dio: a poco a poro rode la carne (si tratta d'una donna di cinquantasette anni), intacca l'osso, diviene cancrenosa e putrida tanto che le monache del convento non possono più- sopportarne nè la vista nò l'odore, e, come dice Agostino da Stroncane, « ne cascano vermi » che la santa chiama « i suoi angioletti danna alla solitudine nella cella, ma anchc di ciò gioisce, si esitila, s'inebria. Qiutudo, per il giubileo di Martino V (0 quello di Nicolò V, per la cronologia antica; e secondo l'ima 0 l'altra versione la morte della santa piene allora fissata al 22 maggio 1434 0 allo stesso giorno del 1457), il convento di S. Maria Maddalena invierà una piccola delegazione di monache a Soma, la già cerchia. Rita chiederà di furile parte. Diniego della badessa, per via. di quella nauseante ferita. Ed erro allora l'altro miracolo: la piaga che teiiiporaneameii ggosripmdi sRuste si salda per tutto il tallito del pel- rlegrinaggio senza però diminuire il suol ddolore cocente, e si riapre poi al ritor- I qno in monastero. Insomma, sempre e comunque, strazio o mortificazione ambedue accolti come grazia, è l'ardore ascetico dell'annientamento di tutto quanto l'essere sensibile in un altro Essere supremo instancabilmente adorato, è la traduzione letterale del « cupio dissolvi et esse cum Christo , è il vero amore » divino, non in fonilo dissimile, nella terminologia e negli slanci, se non negli scopi, da quello terrestre quand'essa più si spiritualizza e si fa lieve e nobile c sale pia in. alto con dedizione pienu per la persona amata. Cosa resta, dunque, nell'affresco della leggenda? I monti di Cascia, le mura medioevali cingenti ì rette rioni della città in declivio, lo scoglio mistico di Roccaporenu, il realistico consueto !<: Pllcse ? della <l>f trecentesca, 'scompaiono. Su min sfondo di luce d'oro —• la luce immollili: della rappresentazione sacra primitiva — in primo piano, sola, resta una donna ih (ginocchio. Tutti i dohi.i l'hanno provata, ed ella ne ringrazia il Cielo. Tutti i rifiuti l'hanno oltraggiata, ed ella come Giobbe canta le ìndi di Dio. La piaga s'incancrenisce con sfitte indicibili, ed ella grida: «Sono beata». La gente fugge il suo lezzo, ed ella vede Cristo che dalla Croce le tende le braccia. Tutto è in lei rifiuto per riuscire monda; di tutto si spogim per essere più ricca. E' l'ascesi prrje'ta, l'annullamento dell'azione. San Francesco restaura nel mondo il regno evangelico della bontà e della poesia e santa Chiara ne suggella l'opera con intuizione femminile, san Benedetto getta le basi di un ordine sociale, san Domenico raccoglie un esercito per ricondurre gli eretici alla verità, l'attivismo iti loro s'accompagna alla fede, anzi, è lu pratica di questa. Ma santa Rita non ha bisogno di agire. Per gli altri la santità è dura conquista, travaglio e lotta, talvolta dubbio: a lei basta l'umile pazienza perchè Dio è i» lei fin dalla prima ora. Quindi e la prescelta, è essa stessa una incarnazione del miracolo, è la prova che Dio raccoglie i suoi rutili dovunque; perciò attraverso a lei più rapidamente si raggiunge la grazia: perciò ella risana, esaudisce, consola, e una sterminata umanità di derelitti a. lei guarda come all'ultima speranza. Così il credente la vuole; così ella gli si mostra. E ciò giustifica e spiega hi popolarità del suo culto. Le api e la rosa Allora la leggenda aurea sgorga gentile e limpida, con tutte le sue ingenuità arcaiche, con le facilità soavi del racconto fiabesco. In un paesello montano che si chiama Roccaporenu vivono due poveri, pii vecchi; hanno varcato i settanta, forse gli ottant'anni, senza aver figli. E' il loro rimpianto; ma ecco che il prodigio ili santa Elisabetta si rinnova, e nasce da. una madre decrepita la pìccola Rita. E' maggio, la bimba dorme nella culla, nel prato, mentre i genitori zuppano l'orto. Lì presso un falciatore si ferisce la mano e corre verso la casa per farsi medicare. Una vista mirabile lo arresta: la pìccola è avvolta in uno sciame di api bianche che le entrano e le escono dalla bocca semi-aperta e vi depongono miele; il falciatole vuol scacciare le api e la ferita improvvisamente guarisce. La bambina cresce bellissima, pura, religiosa; il suo sogno è diventar monaca, ma non ha che dodici anni quando i parenti non sanno negarla a un giovinastro che In vuole. E' sposa e madre, e soffre tutti i dolori; il marito le è ucciso in una imboscata notturna, i figli le muoiono prima di poter compiere il male. Allora discende a Cascia le sì presenta al convento. Agostiniana ? ìNo, non è possibile, la Regola non ac\cetta che vergini; vada, vada ad altri fliNftsbcmnmmdmgggqmonasteri. Rita ritorna a Roccaporenu e preqa sullo scoglio lì presso al paese, dove ha tanto pregato da bimba. Una sera sente bussare alla porta: ■Rita, affrettati, è l'ora». Sono i tre Saufi Patroni, san Giovanni Battista,, sant'Agostino, san Nicola da Tolentino. \Rita chiude gli occhi, le sembra di. tras-\volare nella notte; quando torna in sé,dal celeste rapimento nel coro delle monache di S~. Maria Maddalena, e la badessa che l'aveva respinta, ora comprende il volere di Dìo. Un giorno la badessa le dice: < Pianta quei:'. > legno in terra c annaffialo finché germogli ». Rita obbedente annaffia per mesi e mesi C gno secco: un giorno la corteccia dà gemme e ne cresce la vite che ancor oggi fornisce uva al nonvento. Le suore ammutoliscono. Adesso il miracolo, dopo il dono della spina, dopo il pellegrinaggio del giubileo, non stu-. pisce più in Cascia: il popolo ha oramai la sua Beata, da lei si reca a chiedere le grazie; gli storpi camminano, i ciechi vedono, gli ossessi rinsaviscono. E' l'ultimo inverno di santa Rita e la neve ricopre la valle. Come] un ricordo della fanciullezza lontanissima nella debilità della lunga, agonia "risorge allora nel cuore della povera donna; vorrebbe un fiore, vorrebbe qualche frutto del suo orto di Rocca falegname Cecco Barbari guariranno] le mani paralitiche per poter costruirciil sarcofago dipinto da Antonio rf«,Norcia. La suprema speranza feLa figura sul coperchio del sarco- fugo riproduce i lineamenti della «.#fraaran-a ni„mvi„nn*„ „ ai . 7- "l"»««W0«<wo e di paradiso, sen,a poter dire che sorta di odore]sia»; e nello stesso documento del;1682 si legge: "Similmente facciamo',piena fede come sovra, più volte avere osservato che il suo beato corpo si è \sollevato dal sito ove ordinariamen*r„w,^o ,.;„„ ,.7; "ele sino alla sommità della gratel-Wia... e specialmente cw avviene nell'oc- correnza della sua festa e quando ha ta con fedeltà impressionante: to stesso naso allungato, lo stesso rilievo bulbarc degli occhi sotto le palpebre chiuse, la stessa bocca mansueta e il mento un poco aguzzo. La cassa funebre c nella cella di Rita, trasformata in cappella, nel convento; la salma giace qui nella piccola chiesa letteralmente tappezzata di, offerte votive, nella bara di cristallo e argento dietro l'altare. Come al momento della morte, quando si procedette alla ricognizione del corpo di Rita il 16 maggio 1682 ({a beatificazione risale al 1628 quantunque, sùbito il popolo la gridasse beata e già a metà del Cinquecento ne solennizzasse la festa nel maggio; la canonizzazione fra i santi è invece del 1900), i presenti dichiararono d'aver avvertito «un odore e una opcrato qualche miracolo : La pelle del volto è bruna, tesa e lucente, ma sotto, la carne appuro intatta e soda. Le mani sono quasi consunte; i piedi invece, osso per osso, tendine per tendine, dopo quattro secoli e mezzo conservano la loro struttura. , Nella chiesa fredda, in faccia «2!sarcofago, dice sottovoce don Giu¬ seppe Gentìlucci, il sacerdote che »pZiBollrttino del Santuario rìì ravrh, li fii--lìn ti rnmiin-rtfo t mito. „/o stesso ho sei!-tifo quel profumo, ma non lo saprei definire. Ed io stesso ho notato uno spostamento del corpo d'oltre due centimetri. Le api ci sono ancora. Escono da, certi buchi dei muri del convento durante la settimana di Passione e rientrano il giorno di S. Rita: sono piccole e brune; non. pare si riproducano. La vite invece prospera e dà un'uva buonissima; con. le briciole della sua corteccia le suore dosano le polveri miracolose che da ogni parte del mondo vengono richieste al monastero ». In ogni parte del mondo vi sono dunque dolenti che attendono e spèra-1ò. e a piedi nudi s'avviò pel sentierosassoso che sale a Roccaporenu. MARZIANO BERNARDI