Il Casanova, ancora?

Il Casanova, ancora? Il Casanova, ancora? , E una bella fissazione, da parte negli Italiani in genere e degli scrittori italiani in particolare, quella di riconoscere nel nominato Giacomo Casanova, falso conte e cattivo scrittore, ma baro e ruffiano e falsario autentico, la dignità d'un eroe della specie. Si cominciò, con le celebrazioni, un vent'anni fa. I rievocatori erano persone di merito. Di Giacomo, con un libro; Ojetti e Simoni, con una commedia — : e, a titolo di curiosità, o di gioco, si potè per una. due, tre, cinque volte, far di cappello anche al cavaliere galeotto. Venne la guerra libica. Adesso, ci dicevamo, il cavaliere torneranno a seppellirlo in fondo ai suoi libri sudicioni. I npoh è nostra; l'Italia diventa forte; il tristo eroe, germe e simbolo d'un secolo decadente, passerà di moda. Si sa che l'incombenza di fornire all'umanità i bei seduttori cialtroni tocca sempre alle Nazioni indebolite, ai Popoli sconfitti. Una volta spettava ai Polacchi. Poi venne, ahi!, la volta nostra e dei Rumeni. Dal 'iq al '25, prima della resurrezione del marco, parve quell'incarico persino assegnato ai Tedeschi, i qua li pure hanno il genio di tutto, eccet to che della seduzione. La disfatta doveva invece, per un settennio, mobilitare nei due emisferi un nugolo di Casanovini berlinesi e viennesi, abili a magnetizzare un. occhio di fanciulla quanto un ago di roulette. Pazienza, ci dicevamo: ecco un privilegio che si può concedere altrui senza invidia. La seduzione, in fondo, è un'arte femminile,-una risorsa di minorati, un compenso alla fragilità; Dopo la guerra libica, ecco l'europea : ed ecco il Fascismo, la disciplina, l'unità morale, l'insegna romana, i confini ampliati, i Codici rinvigoriti, le scuole accresciute, i littoriali aperti. E' dunque finita, pensa il filosofo, con Casanova : che se Dio vuole 1— ed è questa, forse, la più grande conquista del Regime — gli Italiani d'oggi sono invogliati alla considerazione della prodezza autentica, e non della birbanteria che ne fa, più o meno romanticamente, le veci. Ma non si sa come, non si sa perchè, mentre il casanovismo è morto, Casanova è sempre vivo. O almeno, mentre pare che sia rimesso a tacere per sempre, salta su un rammentatore: e fosse soltanto rimembranza ; ma è rimpianto, nostalgia, accompagnata da grandi sospiri. L'altro ieri un poeta ce l'ha addirittura dissepolto per assumerlo in un paradiso di miti, tra Venere ed Eva. Tutte le libertà a tutti i poeti. Ma, perbacco; non è troppo onore per l'evaso dai Piombi ? Io quasi mi domando, innanzi a tante postume immeritate fortune, se il cavaliere di Seingalt, anche dopo morto, non continui a barare al gioco. Possiamo, dobbiamo sorridere .air l'allegoriadell'imbroglione? Si, .dicevamo: ma per una volta,"al massimo due. Poi basta. Riconosciuto quel tanto di grazioso, e di esilarante, che può trovarsi nelle gesta d'una birba, l'insistere nell'ammirazione è segno, se non di cattivo istinto, di cattivo gusto. Non vorrei neppure farne una questione di rettitudine: ma di misura e di giustizia. Tutta l'ingegnosità d'espedienti che il celebratissijno avventuriero può aver escogitato per volgere a suo favore una partita d'alcova o di zecchinetta, non raggiunge, anche se moltiplicata per un'esperienza di settantanni, quella che il capitano Sora — scelgo a caso, fra gli Italiani e fra i vivi — deve aver espresso, per scansare gli orsi e lo scorbuto, durante una sola delle sue giornate di marcia fra i geli. Non faccio una questione di moralità. Ma di proporzioni. Trenta volumi su Casanova sono troppi, dato che non ce n;è ancora uno su Arturo Ferrarin. E mi addolora, mi umilia pensare che trentanove milioni di miei conterranei forse non sanno chi sia stato il navigatore Caboto, o il medico Assalini — Italiani che hanno preceduto di secoli, dico di secoli, altri popoli nella scoperta di vie marinare o di prodigi scientifici — mentre gli stessi trentanove milioni, per non dire tutti e quaranta, certamente conoscono come il nominato Casanova abbia infinocchiato il margravio di Sassonia, 0 sedotto la vergine olandese. E ancora se questa reputa zione non fosse diffusa che dai volu metti in busta chiusa, o dalle dispense illustrate di quegli editori che campano sui tempietti di Venere, sui briganti celebri, sulle cabale del lotto e sulle ricette dell'Artusi! Ma ci si mettono, abbiam visto, anche gli eruditi e i poeti. Oltre il loggione, Casanova ha per sè i palchi e le poltrone d'orchestra. A lui la bellezza, l'intelletto, il fascino, tutte le rarità, tutte le provvidenze. A lui, truffatore internazionale, che d'italiano non ha saputo onorare niente, nemmeno l'idioma. Quando penso che la doglianza d'un suo biografo, e non dei più oscuri, è che per raccontarci co tali imprese da forca egli si sia vai so della lingua francese, anziché del la propria ! In verità lo vorrei vede re, in-una crestomazia del Regno, il raccontino della vergine sedotta, o della fuga dai Piombi, tra l'« Addio ai monti » di Lucia e il poemetto delle Grazie ! Ventanni fa, al tempo delle pri^ic rievocazioni, sentivo dire che la perizia del cavaliere era anche artistica e filosofica ; che insomma questo furfante avea pure conversato con Voltaire e retto la libreria d'un granduca. La novità della scoperta poteva scusare, allora, un'esagerazione che oggi non è più lecita nè seria. Se si badasse al valore di certa gente che avvicina, nel novecento, Shaw o Pirandello, per poi riferirne nei giornali, non stupirebbe della confidenza che quel buontempone d'A rouet, due secoli prima, accordava a quel gabbamondo di Seingalt. Rileggete le Memorie : e rileggetele bene, senza 1 infatuazione che han dato loro tanto credito per troppo tempo. JJa uri concetto puerile a un'ottusa tacezia, lo scrittore non riesce ad avere veramente un tono, un sapore, una specialità che quando dà nel lubPC0> 0 racconta uno di quei fatti. a'!ora> purtroppo, si scrivevano ali italiana anche in testo francese : « imbroglio ». Giacomo Casanova non vive, non riesce a vivere che sotto la specie della malizia. E non direi neppure ch'egli esista, propriamente, sotto la specie somigliante della seduzione. Ho avvicinato, nella mia vita, parecchi tombeurs de femnies. Ho udito i loro discorsi ; ho letto le loro epistole. Non dico che mi abbiano impressionato. Si tratta per lo più, sapete bene, d'uomini mediocri. Hanno, circa le femmine, quel tanto .che basta per intimorirle, mancando di quell'altrettanto che farebbe loro paura. E sono sempre, carne e spirito, degli incompleti, senza di che nè la bellezza nè l'ingegno loro offrirebbero alle donne il facile punto di comunione. Ma da quella loro mediocrità armonica e opportuna si sviluppa, effettivamente, un fluido felice : qualche cosa, non so, che ha ritmo di canzone, lume di sorriso; e che è riconoscibile, d'acchito, agli uomini stessi. Ebbene: io non direi che una tale aura spiri nelle pagine casanoviane. Se leggo, non so, un sonetto d'Andrea Maffei, indovino l'uomo adorato dalle dame del suo tempo. Lo sento in non so che d'aerato, di spensierato, che mi figura la bella persona e i baffi arditi anche se il discorso è lagrimoso o severo; che mi spiega subito il segreto della sua carezzevole fatuità. In tutte le Memorie, questo accento lo cerco invano. Non è « quella » fatuità. Non è «quella baldanza ». E' un'altra cosa. E' un'impertinenza di scroccone. Non di fascinatore. Non c'è gran differenza, lo ammetto. Ma una differenza c'è : e, standoci attenti, la sentite. Il vero seduttore, ad esempio, non si vanta. Non per riguardo. Ma per incoscienza. C'è in lui una sorta di smemorataggine, ch'è un altro aspetto della sua grazia ; e che lo fa, dopo la seduzione, tranquillamente dimentico, così come prima di essa 10 fece tranquillamente temerario. Quel Lenz, per dirne uno, ora citato come ladro gentiluomo, non ricordava neppure il nome delle sue amanti : e s'adombrava che glie ne parlassero. Così il falso monaco Lampugnani. C'è in questi tombeurs, a peccato avvenuto, un misterioso, fastidito pudore. Il loro influsso avviene, si direbbe, oltre la loro volontà. E' un fatto animale, che si confonde coi moti dei nervi e del sangue. Mentre 11 Casanova, narrandoci le sue fortune, non solo ci gode ; ma ci ragiona: e questo è molto, molto sospetto, trattandosi di un irresistibile. In sostanza, che cosa ha autorizzato i posteri a conferirgli una fama dongiovannesca? Il veneziano era un bugiardo. Egli ha mentito tuttala sua vita; 'DicoabTè sonò' incline a créde: ré-, che mentire scrivendo sia più difficile : sì nobile, e quindi contrario ad ogni mistificazione, è l'impulso del confessarsi ad alta voce. Ma non di mentichiamo che il Casanova fu un versipelle integrale, e scrittore di pura occasione: per cui non è da credere che l'uom di lettere abbia avuto troppi più scrupoli del giocatore di zecchinetta. Quante furono, e quali, le vere conquiste dell'ex-galeotto ? Quelle, numero e qualità, di cui egli stesso ci racconta. Ma chi assicura? Chi garantisce? D'un Richelieu, di un Lauzun, d'un Liszt, d'un Bellini, le testimonianze echeggiano traverso i secoli ; e ancora figurano a schie re, con bei volti e certi nomi, le don ne sospiranti e piangenti. Quanto al Casanova, di sicuro, non c'è che un certificato penale. E' già qualche cosa, ma non è tutto, per persuaderci che le signore gli abbiano voluto un bene senza fine. Si noti, ancora, esistere una differenza tra seduttore e predatore. Se anche fossero dimostrate tutte le con quiste casanoviane, non sarebbe prò vato ancora quel suo incanto leggen dario, che oggi come vent'anni fa si vorrebbe esaltare sino all'allegoria. E' uno dei genii di nostra razza, si dice, di piacere naturalmente alle donne : e ci credo ; e ci ho gusto, magari, per la minima parte che mi tocca Ma un tale genio, il cavaliere di Seingalt è ben lontano dal significare, a sua gloria ed a nostra, nelle sue narrazioni scurrili, sgarbate, ostentate e ciarlatane. S'egli ha posseduto molte donne, non le ha certo sedotte a quell'unico modo che vale, ed è rapimento, malìa: occhio, riso, labbro, favella cui non si resiste. Quelle donne, egli le ha prese per la vita; le ha soggiogate, per un'ora e chissà a quali patti, col facile imperio che può sempre esercitare l'uomo fuori legge, di nulla timoroso e a tutto de ciso. Autorità anche questa. Ma volgare, abbietta, e non certo tale che la razza abbia a vantarsene. Altra cosa, ripeto, è la seduzione. Casano va non ha fatto che del bottino. Mentre vi son donne, è noto, che si rifiutano proprio a colui che più le tocca e le turba. E il fascino è questo. Valentino, fascinatore universale, d'una forza vera ed immensa, non ha posseduto più di dieci donne in tutta la sua vita. Le quattrocento di Casa nova vi pare valgano di più, al pa ragone? Ma perchè poi, Valentino o Casanova o falso monaco Lampugnani, gli Italiani in genere, gli scrittori italiani in ispecie, ci dovrebbero tenere tanto all'allegoria dell'uomo che piace alle donne? Sarebbero essi per caso, anche nell'anno 1932, decimo del Regime, più vani che ambiziosi? E ancora essi danno tanta importanza al sì d'una donna, da magnificare e divinizzare chi questo sì è in caso d'ottenere, o di pretendere, con un po'più di facilità? Via: non se la prendano così a cuore. C'è nella vita, pure degli uomini seducenti, qualche cosa d'altro, che può valere anche di più. MARCO RAMPERTI.

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