"Il Concilio di Efeso,, di Ettore Tito nella Chiesa dei Carmelitani a Venezia

"Il Concilio di Efeso,, di Ettore Tito nella Chiesa dei Carmelitani a Venezia "Il Concilio di Efeso,, di Ettore Tito nella Chiesa dei Carmelitani a Venezia VENEZIA, febbraio. Come si fa a passare la soglia della casa romita di Ettore Tito senza turbare il grande silenzio dello studio sollevato sull'acqua, la specola gaudiosa e misteriosa nella quale l'illustre artista è ripreso dall'ansietà febbrile di condurre a termine la più difficile e la più temeraria delle sue opere? Di sotto l'acqua del Rio di San Barnaba, fra la casa di Umberto Martina e la casa di Giuseppe Ciardi — la terrazzerà fiorita di Castegnaro è in fianco nella stessa linea di quella bassa di Teodoro Wolf Ferrari — è immobile, quasi stagnante, al di qua e al di là dei due ponti che sembrano chiudere in un liquido specchio il rifugio dei pittori di Venezia. Il « Tiepido » distrutto Ettore Tito lavora attorno all'affresco della Chiesa dei Carmelitani Scalzi da quattro anni con qualche tregua, con qualche raccoglimento. Quando tutti gli dissero che soltanto un'opera sua poteva prender il posto di quella del Tiepolo che era stata devastata, rispose di no, per quel suo sentimento che è scontroso e quasi rissoso, per quella sua selvaggia modestia che è la seconda natura ma il primo stile della sua vita. Poi vennero le pressioni, i consigli, gli avvertimenti, gli ammonimenti. Io non so se abbia accettato di buon animo. Forse no, perchè il nome di quel grande Morto gli pesava a guisa di una minaccia, forse perchè temeva che la fatica lo schiacciasse, o interrompesse il ciclo della sua attività meravigliosa. Il bozzetto che egli presentò alla Giunta superiore delle Belle Arti — presieduta allora, so dico bene, da Corrado Ricci, ebbe un'approvazione unanime. Subito dopo vi fu un tempo « di silenzio » che era preparazione e meditazione. Bisognava allontanare l'ombra del Maestro che riempiva il cielo profondo della Chiesa; il trasporto della Casa di Loreto, sollevata dagli Angeli, la visione celestiale della Madonna, e tuttavia non tralasciare del tutto « lo spirito » mistico e religioso che nello specchio svuotato radunava i segni più labili e ricostruiva l'opera distrutta (Il titolo di Nostra Signora di Loreto ci parla del gran mistero della Divina Incarnazione e della Divina Maternità di Maria. Stando la Beata Vergine dentro alla sua Santa Casa in orazione, come comunemente si crede, ecco che l'Arcangelo Gabriele le compare innanzi mandatovi da Dio e cosi la saluta: « Ave Maria, gratia piena, Dominus tecum, benedicta tu in mulieribus. E colui che nascerà di te sarà il Santo, sarà il figlio di Dio...) La clausura Aspetto Ettore Tito a pie del suo studio teso sotto il cielo più pallido della città. Dall'angolo di una sala armoniosa un suo < gobbo » prodigioso canta la canzone della primavera. Le opere dell'artefice sono sparse in tutto il mondo; egli ha cominciato a lavorare a dodici anni e ne ha settantadue. Prima di San Barnaba aveva uno studio In palazzo Vendramtn ed uno quasi aereo alla Toletta. Adesso egli non conserva per la sua felicità che le reliquie; tutto il resto è lontano dalla sua casa, al Lussemburgo, a Parigi, a Budapest, a Bruxelles, a Barcellona, al Giappone. Scende le scale sveltamente. Non diresti che ha tanti anni. E' giovanilmente signorile. Piuttosto che un pittore cosi insigne giureresti che egli è un filosofo. Oppure un musicista, e non sbaglieresti, perchè adora la musica, Slede al piano. Suona per riposarsi. Che prepara lassù? Se gli chiedo qualche cosa della Chiesa degli Scalzi mi ripete quel che mi ha detto; che, forse, l'armatura immensa che copre tutto ii soffitto agli sguardi dei fedeli sarà tolta in aprile, ma non lo sa esattamente Non può creare un'ipoteca sentimentale su quel che farà perchè non ha un disegno, ma un sogno; quattrocento metri quadrati di soffitto; centoventi metri quadrati al centro per la « figurazione » dominante. Il « soggetto » che Ettore Tito ha trasfuso nella Chiesa — una fra le più ricche e fastose del mondo — non è la Divina Maternità della Vergine proclamata nel Concilio di Efeso? L'artista — dentro di sè, dove nessuno lo vede — forse non ha concluso. Rimette al tempo... Quando io l'a,werto che se non salirò sulla più alta armatura, entrerò nella chiesa per la port<i più angusta del convento, Ettore Tito mi avverte che c'è la clausura,.. La bomba delle ore 10,20 Ricchissima di sculture, di dipinti, di dorature, di altari, di tombe, di scrigni, di porte preziose, la chiesa degli Scalzi fu costrutta dal 1649 al 1689. L'arte miracolosa di G. B. Tiepolo la riempie. La cappella Giovanelli costò diciottomila ducati e la chiesa più che un milione e mezzo. Dietro l'aitar maggiore per la cui erezione il Procuratore Soranzo legò sessantamila ducati, una Madonna col Bambino era creduta di Gianbellini. Lodovico Manin vi ha la sua tomba. n convento dei Carmelitani Scalzi — che ha la sua sede a Santa Teresa a Roma, ma che è provinciale per il Veneto — ha una porta a sè; i frati entrano nell'orto, i cittadini d'ogni paese chiedono, di fuori, una bottiglia di melissa; un Re, molti anni or sono, un principe, un erede dogale, una bella signora, ieri una vampa di Los Angeles, perchè se qualche contraffazione vien tentata fuori d'Italia, dove si conoscono le combinazioni e le essenze, i frati di qui metton fuori un documento del luglio 1734 firmato da Lunardo Dolftn sopra proveditor, da Francesco Morosini, Bernardin- Soranzo, Emo Zuane, i quali dicono cosi: « non essendo tolerabili questi defraudi gli illustrissimi et eccellentissimi signori sopra provveditori e provveditori alla sanità concorrono ad esaudire ì Padri Carmelitani con l'ordinare al pubblico stampadore Pinelli di stampare in fronte alla ricetta lo specifico intitolato spirito aromatizzato di melissa ». Padre Serafino che era il priore di guerra non c'è più. Lo ha sostituito Padre Stefano, ma chi si ricorda bene del 24 ottobre 1915, ore 10,20, è fra Romualdo, un sagrestano che non s'è mosso più. Un rombo, uno schianto, la polvere che entrava negli occhi, la bomba esplosiva buttò giù tutto il soffitto del Tiepolo, meno duo pennacchi conservati all'Accademia, fracassò le tombe, le banche, il pavimento. Pareva il terremoto che lasciava due metri di rovine uguali ad una collina bianca e grigia... E' restato anche quando la chiesa fu chiusa — fino al 15 luglio del 1917 — e fu aperta una « cappella » perigli offici religiosi. Vengono altri frati. Passiamo nell'orto sul quale si allineano le trentacinque celle dei monaci in tre teorie diritte; da una parte il muretto rosso, verso la stazione, dall'altra il cortile, il pozzo, la vera, una pace diffusa fra la terra seminata e il baldacchino azzurro del cielo. Uno di essi mi accompagna nella chiesa di dove si vede l'impalcatura sollevata al soffitto, ma non si ode alcun rumore. Io non so se Tiepolo avesse una maestranza di venti collaboratori. Credo che Ettore Tito abbia con sè soltanto due giovani, un suo figlio diletto, ricchissimo d'ingegno e di personalità, e Maioli che dev'esser, se non mi sbaglio, un suo discepolo eccellente. Ma se mi è stato detto che v'è la clausura — del resto pubblicata sulla porta del convento a caratteri alti — io non ho il diritto di salire le scale, ma d'ascoltare quel che mi racconta uno che ha potuto avvicinarsi al palco, senza fessure, senza pertugi, e ricostruire a modo mio — aderente alla verità — il grande dipinto centrale che è già a suo posto. La fiaccolata n 1931 era un anno propizio. Si celebrava il quindicesimo centenario del Concilio di Efeso nel quale fu proclamata la divina Maternità di Maria contro l'eretico Nestorio. (Egli era nato a Germanica ma aveva abbandonata la patria. Posto di fronte alla vocazione religiosa, si era ritirato nel monastero di Euprepe per studiare e amare la mortificazione; aveva preferita la tranquillità del chiostro al tumulto della vita in contraddizione col suo stesso carattere non portato alla contemplazione. Entrato negli Ordini, cominciò a catechizzare e a tenere omelìe senza maturità di argomenti. La sua opera è conosciuta. La seconda parte della sua vita fu breve, ma terribile. Condannato, confinato, prigioniero di una tribù nomade che aveva assalita la cittadella romana, mandato nell'isola Elefantina cadde da cavallo e morì di cancrena). L'orgoglio indomabile aveva costruita la sua grandezza e la superbia eretica aveva preparata la sua rovina. La « sintesi » del nuovissimo dipinto di Ettore Tito ha una sua luce e una sua potenza che ripeton nella grandiosità dell' imagine la verità contro l'eresia. Ecco il Padre Eterno che invia i quattro Evangelisti ad annunciare il Mistero. San Marco è proteso verso la visione di Maria che è sollevata sul libro della Sapienza retto da angeli meravigliosi di movimento e di luce eterea. La luce del doppio quadro è celestiale, affatto diversa dal rimanente del quadro del Concilio; attorno alla Madonna, angeli; santi, e sante carmelitane. San Cirillo è ritto su una gradinata, in piedi. Fu recitato il simbolo della fede Diceria, lette le opere incriminate di Nestorio, le confutazioni fatte da Cirillo, le lettere scambiate fra i due protagonisti della lotta e col Pontefice Ramano S. Celestino. Si arrecarono la testimonianza della certa Fede raccolta nelle opere del SS. Padri e -la lettera dì Condanna inflitta dal Papa: poi tutti i vescovi dissero la loro sentenza che si legge ancora negli atti del Concìlio. Fi nalmente si venne alla sentenza che fu sottoscrìtta da tutti 1 presenti. Essa dice che « dopo molte lagrime » si era costretti a condannare l'empio Nestorio e la sua bestemmia... La figura del Santo è ieratica, austera, severa; ai suoi lati ecco i vesco vi di occidente e di oriente, ecco, al piedi del Santo, la fiaccolata delle torcle che riempiono l'aria di improvvisi bagliori con una forte suggestione visi va di riflessi e di barbagli. Alla sinistra, un cherubino dall'aspetto « fiammeggiante » è montato su un cavallo bianco che invade metà campo del quadro; l'arcangelo brandisce una lancia con la quale colpisce l'eretico ignoralirugosamente tinto di rosso e avvinghia to da un serpente. Sulla grande opera d'arte si dirà quando, tolta l'armatura, sarà scoperta all'attesa ansiosa dei fedeli. I pochi che l'hanno veduta — forse tre persone — ne hanno riportata una impressione profonda. Il fratello laico che mi accompagna lungo i corridoi del convento senza echi, serrato fra gli orti dove ogni parola pronunciata sembra ca dere per sempre fra muro e muro, è sta to il modello per il grande Cirillo; l'artefice ha illuminato il suo volto sbdan cato ed ostile con la gran luce che esa gitava la sua anima e ravvivava la sua passione. Ehtro'nella Chiesa dei Carmelitani. Qualcuno racconta che un Imperatore, un giorno, piegò le ginocchia di fronte all'altare (Il sole cerca la testa della Vergine) per chiedere una grazia. Più tardi mandò sulla Chiesa uno stormo di aeroplani. Il monaco chiude le porte. Anche la Chiesa perde ogni rumore. Il mistico, invisibile colloquio, riprende più in alto, e non lo sente che il Signore... G. 0. GALLO.