Il romantico "schiumatore di mari"

Il romantico "schiumatore di mari"I^E> GRANDI PIR ATERIB Il romantico "schiumatore di mari" Cinquanta galee crociate e dieci turchesche entrano a vele spiegate nel golfo di Genova. Avvistate subito dal Lanternino, le trombe ne danno l'annuncio alla città. Le vie del Molo, di P-e, di San Tommaso, si popolano di gente di ogni arte, clamorosamente : sono corniti, prodieri, paggi, carpentieri, vogatori, calafati, balestrieri. Da Prione — che si compendia nella « Compagna » del Castello — parte il grande annuncio. Il Cìntraco, salito sul classico vetrone, annuncia che la flotta corsara, che flagellava le coste mediterranee, è stata interamente catturata e che l'audace suo capo — il terribile Dragut — è ora prigione ed in catene sulla Capitana di Giannettino Doria. E' il pomeriggio del 22 giugno 1540: giornata luminosa, limpida, abbagliante. Dragut viene subito trascinato nei pensili viali che — tra "boschetti ombrosi — salgono alla rotonda del palazzo di Andrea Doria, dove sorgerà il bel Nettuno di Taddeo Cartone. Colà, accesi da ansiosa curiosità, stanno — tra un fitto stuolo di donzelle e di famigli — tutti i grandi artefici che, in gara febbrile, adorneranno di marmi, di pitture, di arazzi e d'oro il grande palazzo di Pas3olo. Più sopra, presso la Loggia, sono ad attendere il prigioniero i Magnifici Governatori, i Procuratori dell'Ufficio di Moneta e il Podestà, chiusi nei loro ricchissimi robonl; sono le Maestranze, sono le Corporazioni. // nemico dei navigatori Ma Dragut — malgrado il peso delle lunghe catene — si avanza fieramente : egli non vede nessuno, tanto il suo sguardo è lontano. Egli è alto, sottile, bellissimo; ha l'occhio nero, penetrante : dolce e terribile insieme. E' in turbante bianco e ha i lunghi giagsin elegantemente legati sotto il ginocchio e l'ampio ferediè di seta gettato con molle grazia sulle spalle. E' un vero jonio all'aspetto e al pronto ingegno. Nato in Anatolia da umili agricoltori di Karabolat, era ancora quasi un ragazzo che già gli ubbidivano venti e più f teste. Ottenuta da un vecchio pirata del suo Paese una nave, con questa andò predando e — aumentando man mano di forze — osò risalire il golfo dì Venezia e assalirvi una divisione comandata da Fasqualigo: affondò due galee e ne catturò tre altre, tra cui la famosa Temperanza, che tenne intrepidamente finora come Capitana. Or da solo ed or col Gran Visir corseggiando, occupò Bastìa, ritolse Tripoli ai Cavalieri e ne fu fatto Governatore. Contro di lui si munirono Ancona, Civitavecchia e Roma. Giunse fino a Rapallo e due volte anche nel golfo di Genova, audacemente terrorizzando. Il vecchio Corsaro Kaireddin Barbarossa — che usa chiamar presso di so uomini giovani e audaci, dicendo: » lioncini diventali leoni — ama teneramente questo astuto e baldanzoso corsaro. Forse perchè, pensando ai natali e alle gesta fulminee e decisive del giovane condottiero, il vecchio formidabile « schiumatore di mare » vede in lui rivivere il proprio passato ardimentoso? Essi non sono forse entrambi chiamati « amici del mare e nemici de' navigatori »? Ma ora Dragut — vinto — è stato preso al laccio come un leprotto... Durante questa dura traversata, mentre stava legato sopra una piccola panca, egli si era rammaricato di essere stato vinto da un «imberbe e ignoto navigatore ». Giannettino Doria, che seppe la cosa — ritenendosi nè oscuro nè fanciullo — gli si avventò furibondo contro e, ponendogli con forza il piede sul viso, glielo fece piegare violentemente sino a terra. Poi, con voce secca, ordinò al còmito di legarlo al remo e di farlo remare alla pari con tutti gli altri galeotti. Dragut — dinanzi al quale poc'anzi tremavano le castella del Tirreno e del mare di Spagna — non fiatò e dignitosamente si mise agli ordini del « pausarlo». Il suo volto grondava sangue, ma il suo sguardo come il suo pensiero rimasero impassibili. E solo quando, vinto dalla fatica e dal dolore delle ferite, stava per lasciarsi cadere, Giovanni Parisot de la Vallette — Grammaestro di Malta e condottiero nobilissimo — lo sollevò dolcemente, dicendogli piano, come per consolarlo: «Senior Dragut, usanza de guerra... ». E il corsaro, alzando gli occhi e scorgendo colui che un giorno non lontano fu suo prigioniero, gli rispose con un mesto sorriso: «Y mudanza de fortuna, seSor Caballero! » : mutamento di fortuna, Cavaliere. Lo sguardo di Madonna Peretta Come giunge nella Loggia, Dragut nota una figura di donna che domina signorilmente tutta la gioiosa irrequietezza della moltitudine. Pensa: non è forse essa la bella Principessa di cui nelle spiaggie di Liguria tanto si parla ? Non è forse Madonna Peretta Usodimare-Cibo, nipote di Innocenzo Vili, moglie di Andrea Doria? Dotata di sottile prudenza e di virile energia - fu già moglie di Alfonso Dei Carretto Marchese del Finaro - ella è degna dell'altissw mo nome che porta. Nell'assenza dello r spvmDfeslegntoMilunsVfitetercPpnstfli am«ssdgcnerbssrcrlcvNoaalcitltpdmrbgpsgddppeevslvCtmablrriNpnprnrhvrfssdDmLFfgdnsbclcd—di sposo e del nipote Giannettino, ella governa la Casa, dirige i Capitani, comanda al Popolo. Secondo l'antica usanza di guerra, Dragut è condotto a Fassolo quale trofeo di vittoria, cosi come i Deli della sua terra recano sul dorso dei ginetti le pelli dei leoni da loro uccisi. Madonna Peretta va incontro al prigioniero con decisa e fiera padronanza: non cosi forse andrebbe incontro al vinto lo stesso Andrea, se fosse presente? Ma come Io vede dappresso, gli lancia il suo sguardo acuto e diritto come una spada. E' una sfida? Una dedizione? Il giovane corsaro sente quello sguardo e tenta rialzare il suo ferediè. Vorrebbe anche gridare forte la sua fierezza, ma ripete solo, nel suo ardente cuore, il verso del poeta della sua terra: ce domandate il mio nome al mare e alla mia scimitarra, e vi diranno che io mi chiamo Antar, coraggioso ». Poi anch'egli fissa a lungo la Principessa. Attorno — in quell'indicibile tramenio e in quel tumulto di passioni — non si notano quegli sguardi lunghi, pencr tranti... Solo, lontano, gemo ili cadenza il rifluente mare. // « cinquecento pirata » Erano i tempi delle grandi piraterie : i mari erano aperti e liberi solo agli audaci; erano i tempi in cui Selim chiamava il Visir Piri-bascià e gli gridava : « Se potestà raaza di scorpioni di Cristiani copre i mari con i loro vascelli; se la bandiera di Genova, di Venezia, del Papa, dei Re di Francia e di Spagna padroneggia le ncque d'Europa, è colpa della mia indulgenza e della tua negligenza. Voglio una flotta numerosa e formidabile! ». E soggiungeva: «Per regnare con piacere — ricordatelo — bisogna regnare senza timore ». Quel popolo audacemente avventuroso credeva ancora fermamente che conservare gli « acquisti » fosse un dovere sacro; onde il Gran Visir Ibraim, ricevendo Laszki, ambasciatore d'Ungheria, gli diceva: «L;t legge nostra vuole che qualunque luogo dove posò il capo il signor nostro o entrò il suo cavallo, sia eternamente in suo dominio. Non la corona dà il regno; non l'oro o lo pietre: ma il ferro. Il ferro solo assicura l'obbedienza: ciò che ia spada acquista, la spada deve conservare »! A questi sanguinari è succeduto Solimano, prode e ardito, ma generoso condottiero. Ed è sotto il suo regno che il giovane Dragut diviene il terribile e temuto <: schiumatore di mare ». Tutto il bacino del Mediterraneo — le sue isole e le sue penisole — sono teatro delle sue gesta favolose. Egli è più astuto di frate Ruggero Fior, « medaduque » di Morea; più veloce di Alemanno Costa, Conte di Candia e di Siracusa; più trafficante di Simon l'Ebreo, « bascià » di Suez : egli è coraggioso come Canali, che fu fatto Principe di Santamaria in nome della sua scimitarra; è cavalleresco come Curtogoli-Rais, Principe di Biserta e di Rodi; è esperto degli uomini, dei mari e dei venti come Corrado Doria. Il suo pensiero è sottile, le sue strategie sono pronte ed acute; la sua volontà tenace e lucidissima. Ha la parola breve, secca e lo sguardo triste, quasi cupo. Ma la voce è morbida, carezzevole, armoniosa. Come quattro secoli dopo Von Muller, Comandante deWEmden — la «nave fantasma » — e come Von Luckner, Comandante del veliero corazzato Ponther, egli correrà i mari senza lasciarsi mai cogliere dai nemici. Lo segnalano aei banchi coralliferi dell'isola di 'labarca, ed è invece nel Mar Adriatico; lo vedono a Candia, ed è a « schiumare » in Corsica: veloce, invisibile, terribile. Egli è il vero Corsale del <: Mare Nostrum». Mette a ruba e a fiamme Rapallo; ruba al vecchio Doria sette galee nelle acque di Ponza; altrettante ce prende in Sicilia, uccidendovi il Generale; ne prenderà anche una dell'Ordine di Malta a Pozzuolo, carica di denari. Col Caracciolo, Vescovo di Catania, ha un colloquio breve, lapidario: «Pel vostro riscatto? — dice a Monsignore — bastano tremila ducati: se sarete fatto Papa, verserete il doppio: mi basta la vostra parola ». Astuzie di pirata Tempi di atroce cavalleria. Ma pensate: allora, tra la vecchiezza torbida dei Borgia e la giovinezza violenta di Don Filippo II, germinavano liberamente al sole d'Italia le gesta di Pier Luigi Farnese, di Cosimo Medici e di Ferrante Gonzaga, Duca di Guastalla... Un giorno, Andrea Doria, con grandi forze, blocca a Gerbi la flotta dì Dragut. Il giovane pirata, che si sente perduto, raccoglie una trentina di tele tanè, le incavalca all'uso marinaresco sulle « gabbie », simulando altrettanti bastimenti a scioverno; poscia, carrucolando le sue galeotte, esce libero di là, passando per un canale che ha fatto costruire con pertinace lavoro, scavando dì e notte tra le sabbie. E mentre — libero — egli sbuca dall'altra parte dell'isola, due chilometri più lontano, il vecchio Andrea Doria sta ancora al¬ l'apilafasarinosacacobeAnemnodispduchprqucolanosce soSprdufrdamtrfliconochquogdeprluguribiseri—DneDdevodrOtumchbespgdeosfi10dsidtidola11 dddl'fastrenantavPmgNd;il'sai ! d|pPcPrSndfvcelslaatinc l'agguato, aspettando il momento propizio, per l'assalto... Dragut sa che l'astuzia vai più che la forza e che l'avvedutezza, in guerra, fa più che la ragione. Dice: « Chi pensa al poi, alimenta la paura. Guerriero, ricorri all'astuzia e sarai vincitore: non pensare al seguito, se non quando sarai volto in fuga ». Ma presto il vento della fortuna cambia di rotta. Carlo V vuole in sua mano il temuto corsaro. Si impiegano ottanta galee ben armate contro le undici di Dragut. Andrea Doria affida l'impresa a Giannettino e a Giorgio: Doria divide l'armata in sei squadre, ripetendo il « piano » di Pompeo Magno contro i pirati di Cilicia. Dopo aver « dato il guasto » alle spiaggie della Corsica, Dragut è veduto passare con undici vele le « bocche » di Bonifacio c dirigersi alla Capraia, isoletta dei Genovesi, ancora quasi disabitata. Si odono le cannonate contro la torre di tramontana. Ma nella deserta cala di Girolata — dove fanno baccano, gavazzano e dividono ciascuno la parte che gli viene dì preda e di schiavi — il Corsaro è finalmente sorpreso dalla fiotta di Giannettino. Sentendosi alle calcagna più e più da presso i nemici, il Corsaro si vede perduto, quando — disperatamente — affronta il pericolo. Eccolo dare alla banda, venire al vento, mainare le vele, e mettersi al remo: eccolo, a suon di tromba, affrontarsi arditamente al conflitto. Ma non gli è dato il tempo di cominciare, che Giannettino, con il cannone di corsia, gli assesta tale un colpo che gli sfonda la prua della nave. In quella confusione, perdendo i corsari ogni speranza e circondati dall'impeto dell'abbrivo, restano tutti, uncinati e presi. Giannettino incatena Dragut clutta la sua ciurma: il Conte dell'Anguillarc procede innanzi, verso la cala; ricupera — intatte — la galea del Bibbiena e quella del Moccnigo, perdute sei anni innanzi alla Prevesa: e il glorioso trofeo umano viene così condotto — « infuneato » — a Genova. Dalla segreta di Fassolo al libero mare Ora — vinto, triste e confuso — nelle segrete del Palazzo di Fassolo, Dragut pensa al suo oscuro destino. Attorno a lui tutti parlano di vendetta: vorrebbero farlo avvelenare, vorrebbero farlo mazzerare, come Andrea Doria farà mazzerare fra poco Ottobuono Fiesco. Più implacabile di tutti è Adamo Centurione, signore di molte terre e largo trafficante di zucchero o di pepe: egli vuole il mare libero alle sue navi onuste d'aromati... Ma in tanto tenebrore, ima tenue speranza batte a! giovane cuore del prigioniero. La speranza è come il cielo della notte: non vi è mai angolo cosi oscuro, in cui l'occhio, che s'ostini, non finisca per scoprirvi una stella. Egli pensa: la Principessa, che tanto 10 fissò al suo arrivo, avrà la dolcezza della vittoria? La dolcezza, dice, consiste nel rinunciare alla vendetta, quando se ne ha il potere. E Madonna Peretta non è vendicativa: ella è donna; eila è una bella donna... E poiché la sua volontà domina quella degli altri, olla riesce a far liberare 11 temuto prigioniero: 6 troppo bello! Ma occorrono tuttavia dei compensi... Andrea Doria chiede per il riscatto del Corsaro tremila ducati; non avendoli con sè, Dragut lì ottiene facilmente dal Marchese Sopranis dando in pegno l'isola corallifera di Tabarca: gli «affari seno affari » — fino da allora... Noi non ci indugeremo oltre su questo strano intervento di Madonna Peretta in favore del giovine corsaro; noi non andremo più .in là dei riservati annalisti di quell'epoca. Diremo soltanto che Dragut — mediante l'intervento cordiale e sollecito di Madonna Peretta Doria — potè lasciare liberamente Genova per riprendere, con maggiore impeto, la padronanza del Mar Nero. Certo però, mentre la sua « fusta » doppiava il promontorio di Portofino. ;il rude marinaio avrà pensato alla sua 'salvatrice con una punta di tenerezza, i Avrà pensato che le donne fanno e ! disfanno i destini; e che esse sono un |poco la tela diurna e notturna di Penelope... ALFREDO ROTA. pddpssgscppasemtcpcccgpdintptcgegidpacuspidrcsnmbc«sbpcofmccddtrddfmslalmpadsvpvdtabgfspdsdsemdsnscnngSdqs