I costruttori di cattedrali

I costruttori di cattedrali I costruttori di cattedrali COMO, gennaio. Pochi luoghi al mondo furono tanto fecondi di costruttori meravigliosi quanto le rive e le valli del lago di Lugano, quanto quel lembo ridente di Canton Ticino che incorporato un tempo con la provincia comasca fu patria a quel Maestri detti appunto comacini, 1 quali effusero per tutto il mondo la fiorente bellezza dell'arte romanico-lombarda. Son cose note, ma io, comasco di nascita, l'altriéri mi richiamavo con la mente a questo prodigioso nascimento d'artefici paesani e alla loro stupenda vigoria produttrice che si protrasse per quasi quattro secoli, allorchè da Lugano, su gentile proposta del mio amico Vittorio Frigerio, direttore del Corriere del Ticino sbarcavamo Insieme dall'autobus sulla piazzetta dell'umile paesello di Carona In vetta al monte omonimo che sovrasta dalla parte occidentale 11 mezzo del lago. Carona! Ricordavo questo monte per É averlo letto da ragazzo nel Piccolo f • Mondo Antico e più tardi quando ospite di un mio amico a Bissone spalancando la finestra della mia camera che dava sul lago me lo vedevo sorgere di faccia, umile, potente e solitario tra la stretta di Morcote e lo squillante Paradiso. Ma soltanto quel giorno m'è piaciuto considerarlo come la culla d'una delle più celebri dinastie di artisti che mai fiorisse in Italia: la dinastia dei Solari, detti i Lombardo. Una cinquantina di casette attnippate ai piedi di una bella chiesa e di un Municipio tutto a porticato e affrescato fra finestra e finestra, formano il paese. Senza volerlo, stando a Carona, ci trovavamo proprio nel cuore di questo secolare vivaio d'ingegni lombardi: giravano Intorno a noi, come intorno ad una matrice formidabile tutte le umili sedi da cui era balzata la nostra arte lapidaria nella sua espressione più vigorosa e più pura. Laggiù, per esempio, in quel paesello in oapo al ponte che sorride mesto dietro due grandi olmi, Bissone, nacquero 1 dodici scultori Gagglni che dal 1448 in poi si aparsero per l'Italia, per la Spagna e per la Francia a costruir chiese e palazzi e adornarli con l'arte felice dei loro bassorilievi : là nacque pure il Borromini, l'emulo e il rivale del grande Bernini, « il più sbrigliato e audace architetto che abbia mai avuto Roma». A destra poi risalendo la sponda del lago verso l'Italia troviamo Maroggia da cui trassero origine 1 Rodarl, mirabili scultori ed architetti del Duo; mo di Como, e più in giù a Capolago 1 ' Maderna, quattro artisti di cui Carlo Maderna, il capostipite, diresse i lavo,' ri della Basilica Vaticana. Poi pasjj sando suHa sinistra del lago troviamo i Bregno a Osteno e a Porlezza i Sanmichell, e dalla terricciola, oggi tutta italiana, di Campione l'infinita discenipenza del Maestri Camp'ionesi che porJtarono lo splendore della loro arte fin I sulle rive della Neva, e furono 1 primi M ad ideare le agili strutture del Duomo di Milano e la ricca compagine della Certosa di Pavia. A tacere poi di tan,;,tl e tanti altri che nacquero lungo quejggte sponde, allorchè queste terre eramito, ancora parte d'Italia* v Quassù in questo silenzio, di cime, pensando a queste stirpi di.costruttori Mitaltani vien da chiedersi molte cose, fra l'altro come abbia potuta tanta Sforza d'idealità operosa concentrarsi unicamente su queste terre, e come $nai si sia poi disclolta e dispersa col Vtempo. Enimmi storici, misteri del gelalo della razza. Quantunque ancor iggì buoni costruttori si ritrovino fra 'ticinesi e comaschi e lo attestano, non jfosa'altro, le emigrazioni che awen' ono annualmente di muratori e cailmastri, in Francia dove per molti anni quelle nostre maestranze attesero a riedificare 1 villaggi distrutti dalla guerra. Anche quassù, mentre passeggiamo per le stradette tortuose ed anguste di questo paesello ci accorgiamo che la parte giovane e maschia 'fdella popolazione è assente, è emigrata. Tutte le case son chiuse, non si ode nè muglio di bue, nè scarpiccio di passi: uniche abitatrici del paese son .quelle vecchie e ragazze che se ne |attuino là sedute sul muricciolo del sagrato, ciarlando al sole, con un fazBjetto spiegato sopra 11 capo. Ma qua e là pel paese qualche se< gno di bellezza vive ancora nella linea garbata di un balconcino o di un loggiato, in uno stipite scolpito con grartia arguta, in una bifora, o in un af■ftesco sbiadito. Dopo esser stato at%Mjfno pel mondo a portare un po' dappertutto il sentimento della bellezza Ica italiana l'umile artefice comari tornava poi sempre alla sua campestre non foss'altro che per pasU'nverno, e adorava qua e là 11 elio nativo con la sua arte fiorita. Solari pare fossero otto, tutti di a, tutti figli di questi poggi, di o sole. C'era Andrea, pittore, e ^.jOforo e Giovanni e Guiniforte, I «cultori; c'era Marco da Carona, PieAtro Lombardo e Pietro Antonio e Tulfójjió, architetti e scultori. Qui additano ancora la loro casetta all'uscir del paese: poverissima, invero, con mura contadinesche tirate su in qualche modo a ciottoli e a mattoni. Soltanto che lassù In un canto è rimasta viva sotto 11 tetto una piccola bifora, e in quella grazia d'archetti, in quella squisita armonia delle collonnette di marmo mi piace di sentir vivere e parlare tutto un secolo di gentilezza e di fervore. ! DI là usci quel Guiniforte'Soìari che (formulò pel primo l'organismo architettonico della Certosa di Pavia e tracpio il piano originale del Castello Sforzesco e dell'Ospedale Maggiore di Miano... Del resto poco si sa dell'eslstendl questi artisti. Vissero chiusi, siall'lnizio del decimoquarto secolo, file loro gelose corporazioni, trasmetndosi l'arte e 11 mestiere di padre in filo, da parente a parente. Francesco Chiesa il quale, oltre che poeta e g, rappresentatore efficace di questi luoJ| ghi, è anche uno studioso attento della K:loro 3torla artistica ci assicura € che ^il secolo XIII è più generoso di notli zie anche perchè i vincoli della cor' porazlone cominciavano a non essere più cosi ferreamente chiusi e permettevano a qualche maestro di incidere il proprio nome sulla pietra lavorata ». Certo è però che In confronto alle bellissime opere ch'essi lasciarono qua e là per il mondo quelle che effigiarono nella loro patria codesti rudi e geniali lapicidi son poca cosa. Di alcuni di essi poi ignoriamo fin l'esistenza, tanto essi erano umili e modesti e dovettero considerare l'arte loro come un semplice mestiere, poco più di quello di un buon mastre di muro. Per tornar ai Solari da Carona, un pilstlavlatupriglMVGnfipgciilnsovlelil'ilgmcgctrrmauildfostchtiLnMmdmdtoqdscstcoimtacesczizfisctiriè caqtrilagfalaisrcl'vclesèlardrpRaptsdd«loltsrrt•4tpPlp1phcmdgesPi1RtfieqmclithlctpPdqgtaìgI ìmIlljs e è e l r o a o o a i o d Marco da Carona figura fra 1 primi architetti del Duomo di Milano e suo figlio Pietro Antonio iniziò a Mosca la fabbrica del Kremlino. Sappiamo inoltre, come dice il Chiesa, che avendo nel 1486 la Repubblica di Venezia sciolti gli scultori lombardi dai vlncoU imposti dagli statuti veneziani per tutto il tempo che sarebbe durata la ricostruzione del Palazzo Ducale, molti Solari affluirono in quella città e vi lavorarono prodigiosamente, abbellendola di palazzi e di sculture. Meglio di tutti vi operò quel Pietro Solari detto per eccellenza 11 Lombardo, il quale riempi Venezia di costruzioni meravigliose che vanno dalla Scuola di San Marco al Palazzo Ducale, dal Palazzo Vendramin-Calergl alla Chiesa di San Giobbe, ed a mille altre. Con lui vennero a Venezia più tardi i suol due figli Antonio e Tullio, ed eressero altri palazzi. Essi insomma portarono la gentilezza del gotico lombardo sulla città della laguna, e vi fecero fiorire il severo sorriso della trifora Ma Guinlforte fu il costruttore di gran polso che In Milano, città già fin d'allora votata al traffico e alle lieta vita civile, costituì come punti franchi tre solide architetture che formeranno poi l'ossatura immortale della città, e cioè il Duomo, il Castello e l'Ospedale Maggiore. Trascorso l'Intero pomeriggio con le memorie e coi fantasmi di questi lapicidi avventurosi, con questi scultori di gran genio, con questi fabbricatori di cattedrali e di tombe, verso sera, mentre attendiamo la partenza della corriera che ci riporti a Lugano, entriamo in un'osteria a scaldarci davanti ad una buona fiammata, centellinando un punch di paese. Ma ecco che sopra il nostro capo una Radio ci trasmette da Torino le vicende della partita di football Italia-Ungheria. Nulla di più anacronistico, ma nello stesso tempo di più esaltante per me che udire la voce reboante del trasmettitore torinese in quel silenzio mon¬ trllleutenfdgHspnsSnunstDmtdmpptsnnst tano pieno di memorie e quasi ancor risonante di echi medioevali. La partita alla fine segna tre per l'Italia e due per l'Ungheria. Anche l'oste pare contento, e lo chauffeiir della corriera entrato allora, In montura e berretto, accende meticolosamente uno atumpen. Rldiscesi In Lugano troviamo la città ravvolta in un brillante crepuscolo e il lago pieno di gabbiani che sd d'in- j no alla pazza gioia. Ma 1 grandi Hotel falansteri schierati sul quai son mezzi deserti e i pochi forestieri vi passeggiano scontenti e preoccupati. Anche 1 Huguenin è mezzo deserto, in questa1 sede deliziosa dello snobismo cosmopolita l'orchestrina suona a malinconici tavoli. La crisi! Ma ierlsera il signor Raimondo Rossi) il Direttore della Banca Nazionale Svizzera, ha voluto farmi vedere la nuova sede della sua Banca situata in una bella palazzina In stile classico, nel centro della città. Là, dietro alla sua tavola di Direttore, mi ha mostrato una dolcissima « Crocef iasione » del Duini, da lui scoperta di recente, un magnifico affresco che tiene quasi tutta la parete e che ha tinte e figure di una soavità mirabile. — Ma che stupenda scoperta! Mi narra come sia pervenuto a quel miracolo Da uomo di buon gusto e di proposito, mentre stava riattando la palazzina, seguendo l'Indicazioni di critici e di artisti illuminati fece scrostare quella parete, e a poco a poco ne saltò fuori tutta quella bellezza lulnesoa. Egli è orgoglioso adesso di lavorare sotto l'egida di un simile capolavoro. — Perchè lavorare tra cose belle è sempre stata la mia passione — soggiunge. A pochi tratti dall'affresco la pesante porta metallica di una poderosa cassaforte custodisce solidamente il ricco tesoro cantonale, saggiamente governato, e che la crisi non disfiora. CARLO LINATI. ICml'pmnsnpprdisdKTqvbqlruCbaztgcicicdrombscnnutct