A Perinaldo, il nido degli astronomi

A Perinaldo, il nido degli astronomi Dalla "Cornice,, alla Vìa Aurelia A Perinaldo, il nido degli astronomi (DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE) ■ BORDIGHERA, dicembre. Da quella donnetta che con strizzatine d'occhi maliziose e mezze parolette sospese tra i gesti-affaccendati — erano ormai quasi le cinque e pel mercato del fiori il vocio cresceva con la febbre delle ultime contrattazioni — continuava a mettermi sotto il naso, perchè ne sentissi la fragranza, or l'uno or l'altro dei suoi meravigliosi mazzi di garofani, avevo per la prima volta sentito parlar di Vallecròsia. « Vede questi? » — e mostrava certi garofani cupi, densi, carnosi ch'era una voluttà.guardarti — «sono i merlo. L'anno scorso salirono anche a centoventicinque lire 11 cento qui sui luoghi della produzione; quest'anno, affari magri: trenta, trentacinque lire al massimo. Ma si ricordi, lei che sta a Torino. Quando ne vorrà, non avrà che da scrivermi, Ermelinda, Vallecròsia: li riceverà il giorno dopo, freschi come colti allora. Ne spedisco anche a Parigi, anche a Berlino. Guardi qui le lettere dei miei clienti. Si ricordi: basta Ermellnda. In Vallecròsia tutti mi conoscono ». k Vallecròsia. Gita, anche solo fino a Perinaldo, motto interessante, consigliata ag% amanti dei boschi d'ulivi », dice la Guida del Touring. — Se vuole andare in Vallecròsia, perchè non viene con me a Perinaldo? Le farò vedere il nido degli astronomi, la patria del Cassini e dei Maraidi, glorie francesi che viceversa sono autentiche glorie italiane. Ci si arriva in mezz'ora d'auto. Sorprese di borghi liguri L'invito era dell'avvocato Luigi Manuel Gismondi, a Bordighera e a San Remo 'semplicemente « don Luigi », imparentato al Borea d'Olmo e. discendente appunto dei Maraidi, avi suoi materni. Attraente invito. Questi paesetti liguri che per Io più 11 turista ignora, schivi diresti — a scorgerli dagli svolti della Via Aurelia serpeggiante lungo il litorale, inerpicati lassù sul colli a tre o quattro chilometri nell'interno, affacciati alti sulle valli nella luminosità sfavillante del sole — della seduzione del mare e dei palmeti, riserbano le sorprese più curiose. Come supporre, salendo a Col di Rodi per l'erte giravolte della strada che dall'antica « Cornice », passato appena Ospedalettl si stacca a sinistra proprio dove Capo Nero protende il suo spalto, come supporre di trovare fra quelle casucce una pinacoteca che s'onora, nientemeno, del nomi di Lorenzo di Credi, Paolo Veronese, Jacopo Bassano, Andrea del Sarto, Bartolomeo della Porta, Gherardo delle Notti, Bronzino, ruberà, Guido Reni, Poussin, Salvator Rosa? Nomi: per le opere, tolta forse la Madonna del Di Credi il cui disegno sta agli Uffizi nel Gabinetto del elise gnl e delle stampe, converrà andar guardinghi a dire un si piuttosto che un no. Ma non importa. Sulla pace dolce dei clivi argentati da uliveti profondi, sulla distesa delle serre che nel mattino netto rifrangono l'azzurro del cielo e del mare (tanto, tanto azzurro, e cosi vasto e lieve che dal poggio par d'affidare l'anima ad una chiarità infinita che la raccolga e se la porti lontano), piace quest'orgoglio di borgata che ostenta un vanto di bellezza antica. Piace il suo geloso custodire un lascito d'un flgHo suo: il sacerdote Paolo Stefano Rambaldi, che, nato a Col di Rodi nel 1803, rimosso nel '48 dalla carica che occupava al Seminarlo di Firenze perchè in relazione col Gioberti, col Farmi, col Pellico, collezionista di buoni dipinti e di buoni libri, nel 1854, undici anni prima di morire, donava al suo paese natio quadreria, biblioteca, incunaboli (fra i quali le Vite del Petrarca, del 1476), manoscritti lettere del Manzoni, del Pellico, del Gioberti, del Lamennais, del Botta, del Farmi, di .Garibaldi, di Giovanni Ruffini. E poi, i bei nomi di questi borghi: Col di Rodi, Bajardo, Dolceacqua, Castellaro, Vallebona, Apricale... nomi che parlano di sóle schietto sulle chiare contrade,,di fonti vive, d'orizzonti ventosi, di guerresche imprese, d'insidia saracena. Nomi che ci vorrebbe qui un Dottor Antonio, sempre vispo, cordiale e gaio, ad Illustrarne l'origine come conviene, ed a prenderci quindi sotto il braccio per condurci di valle in valle ad ammirare. Ma anche senz'esser medico condotto di Bordighera, l'avvocato Gismondi è un cicerone egreglo: tarchiato come un gladiatore, bibliofilo impenitente, d'una spregiudicatezza cinquecentesca nei gusti della vita e della cultura, è a modo suo un classico: tiene 11 volante con pugno di ferro, parla con ugual pigilo risoluto di rilegature rare, del turismo rivie¬ rsMgrvrcgcgzpvlsldsgntcAslitsddcccsdidmrnqcqescspsnviscMa1smpvcCdlcgHctmqcpACcgcnGMCqVdzlnmcldFs1dcpGcTfssmrfdnrp rasco, degli astronomi di Vallecròsia. — Quando a Parigi, visitando l'Osservatorio, dissi che discendevo d'ai Maraidi di Perinaldo, il direttore mi guardò di sopra gli occhiali. « Un Maraidi. Mais alors vous ètes lei chez vous, cher monsieur. Cassini et Maraidi sont des gloires de la France. Et ce Perinaldo, où est-il? ». Perinaldo era qui che già si disegnava alto sul colle in fondo a Vallecròsia, con le sue allegre case a scaglioni che ne rivestono tutto il cocuzzolo alla guisa ligure e si distendono poi sulla costiera come una corona di vivaci smalti. E tanto lieto appariva lassù profilato contro il cielo azzurrissimo — e sopra il mantello cenerognolo dei.boschl d'ulivi steso per la conca della valle — che anche la nostra corsa nel freddo mattino era piena di gioia, agile di pensieri e di parole, sonoramente ritmata dal russar del motore e degli strappi dei cambi di marcia su pei zig-zag della ripida strada. A San Biagio, a Soldano, dove le casupole ancora giacevano in un margine largo di ombra, il torrentello inviava i brividi della sua frescura; ma tutt'intorno i monti più elevati stavano nel sole che si beveva man mano la brina della notte. L'avvocato intanto 'mi erudiva. dstdfiso/ Casata e i Maraidi — E' un curioso paese. Io ci ho ancora la cosa antica (i borghigiani la chiamano castello per via delle torricelle) dove nacque Gian Domenico Cassini, li grande Cassini della Meridiana di Bologna, in S. Petronio. « Natus est in oppidulo, quod veteres dixere Podlum Reinaldi, quodque in Nicensi Comitatu positum, feudi jure Dux ab Auria possidebat », ricorda 11 Fabronio nelle Vitae Italorum. A soli venticinque anni succedeva al Cavalieri sitila cattedra d'astronomia di Bologna, quindi costruiva la famosa Meridiana, entrava in relazione con papa Alessandro VII che gli offriva (offerta declinata) d'abbracciare lo stato ecclesiastico, apportava luci nuove alle scoperte di Keplero e di Ticone Brahé, scriveva a Roma la sua Opera Astronomica, finché nel 1669 cedeva all'invito del Colbert che lo voleva a Parigi insieme all'Huygens. Là identificava i satelliti di Saturno, dettava le più che cento opere elencate nella BibHoteco Matematica del Riccardi, prolungava a sud di Parigi la triangolazione per 11 meridiano di Francia che doveva poi servir di base al sistema metrico decimale. Colmo d'onori e di rinomanza, presa cittadinanza francese, con Genoveffa Dalattre iniziava la dinastia — celebre nei fasti astronomici — dei Cassini: Giacomo (1677-1756), che a diciassette anni era già membro dell'Accademia e a diciannove della Società Reale di Londra, amico dei maggiori sapienti del tempo, da Newton ad Halley; Cesare Francesco di Thury (1714-1784), quello della prima grande carta geografica della Francia, in centottanta fogli, che suo figlio doveva mandare a termine dopo quarantacinque anni di lavoro; Giacomo Domenico (1748-1845), creato conte dell'Impero da Napoleone; ed infine Gabriele Alessandro (1784-1832), l'ultimo dei Cassini astronomi, perchè giovine ancora rinunciava alla scienza di famiglia per darsi alla botanica. Capisce che po' po' di roba è uscita da Perinaldo? Ma non basta. — Perchè una sorella del grande Gian Domenico aveva sposato un tal Maraidi, architetto, che veniva da Candeasco, di Val d'Impero, venticinque chilometri in linea d'aria di qui. Valesse la suggestione dell'ambiente,! discorsi che la gente faceva dello scienziato che studiava il cielo dalle specole di Roma e di Parigi, o queste pure notti stellate che quassù sfavillano come se l'aria fosse di diamante, il piccolo che nacque nel 1665, Giacomo Filippo, crebbe anch'egli col bernoccolo dell'astronomia. Suo zio lo chiamò in Francia nel 1687, tenne a battesimo la saliente gloria del nipote, che alternò 1 lavori di geodesia con l'elencazione delle stelle fisse e simili fantastiche cose. E ancora a Perinaldo nasceva più tardi l'altro Maraidi, il più celebre, Gian Domenico pure lui, che collaborò col cugino Cesare Francesco Cassini di Thury a triangolare la Francia per la famosa carta. Nella mia biblioteca conservo Il manoscritto originale di quest'opera immensa. Di tutta la gran famiglia astronomica cassiniana e maraldiana, quest'ultimo Gian Domenico fu forse l'unico che senti la nostalgia del paese nativo: vecchissimo, sul finir del Settecento, se ne veniva a morire nella casa paterna. SI che per un pezzo a Perinaldo si tramandò la tra- tastincvlecqmreèsnsgastdddppstiNl'«Gil1pm1DuT1tsssill'nlidcclscdclmcscnllminsrvtmrgdtpglqdbccpvccnMppmptszInBidmsgvzsc dizione — quasi la leggenda — di que-1 chsto vegliardo cui non bastava la torre | tedel nostro castellacelo per scrutare 11 i pfirmamento, ma in pieno Inverno, a dor- j stso di mulo, seguito dai servi che por- I quo n a ò e e a , ò i a o a n - tavano cannocchiali, goniometri, sestanti ed altre trappolerie, saliva fino in vetta di Monte Bignone, a milletrecento metri d'altezza, per essere più vicino alle sue care stelle e ai suoi diletti pianeti. Ed il curioso si è che ancor oggi la parola -s astronomo » ha qui un senso vago, bizzarro, un poco misterioso e quasi pauroso; e se un ragazzo è svogliato a lavorar la terra e dà segni di voler studiare, insomma è un po' diverso da gli altri, il padre sospira e dice : « Diventerà un astronomo »; e se in "paese capita un forestiero dall'aspetto un po' strambo, la gente se lo accenna: « Sarà magari un astronomo ». Ma eccoci arrivati. Questo è il castello. Una gran casa antica, con sfilate interminabili di stanze, piene di vani d'ombra profondi; muri possenti, anditi ciechi, e quella pace alta, propria delle dimore avite dove gli avi appunto, da esse partiti pel mondo alle più varie conquiste, sembrano aver lasciato tutti quei silenzi di cui nella fatica quotidiana non poterono godere. Nella viuzza, sul piccolo portale dell'ingresso, un mònito a chi passa: « Sappi, o viandante, che qui nacque Gian Domenico Cassini nell'anno 1625 il giorno 8 di giugno, morto a Parigi il 14 di settembre 1712; Giacomo Filippo Maraidi addi 21 aprile del 1665, mancato in Parigi il l.o di dicembre 1729. E' nato pure in questa casa Gian visociPcosesasequrasoripcidMinmtadvmqupn1, miu mie ., lineata i.;aau ui."iu stDomenico Mar^dl i\ ÌT anrtìe^1709 reuomenico Maraim 1 J.I aprile 170». !(JTornato da Parigi vi mori nel giorno 14 di novembre dell'anno 1788. Questi tre nomi esprimono una gloria immensa come il firmamento da loro discorso ». Fra ombre fatali Una gloria immensa. Quai è il mistero per cui dal più umile — se pure il più ridente — dei borghi, cosi, all'improvviso, può accendersi in un giorno qualsiasi, senz'altre faville che brillino negli anni antecedenti, tanta luce di scienza? Cos'era Perinaldo tre secoli fa, .se non un paesucolo ammiccante da un monte verso la distesa limpida del mare? E tuttavia da queste alture un fanciullo cominciava a contemplare gli astri nelle notti placide, forse precorrendo nel suo cuore inconscio la fatale domanda del pastore leopardiano. Forse, quando 11 vespero moriva nel trepido annunzio della pace notturna, e mentre gli agricoltori stanchi d'aver per ore alzato muricciuoli intorno agli ulivi s'apprestavano dopo il magro cibo al riposo con le loro donne, chetamente al buio egli saliva sulla torre, e interrogava l'immenso scintillante firmamento che là in fondo si curvava sopra il mare. Cosa chiedeva il bimbo a quello sfavillare muto? Quali confronti egli già traeva fra gli uomini e codesta eternità? — Guardi che vista di quassù. In tutta la Liguria non c'è belvedere simile a questo. Per ripide scalette e stretti pianerottoli sui quali ancora stanno, arrugginiti, i cannocchiali e gli strumenti dell'ultimo Maraidi, siamo sbucati sul terrazzino della torre. Ci è ai piedi il paese. Vallecròsia, tra le sue pareti, guida diritto lo sguardo al mare che laggiù risplende nell'infinito della sua quiete azzurra. Nel basso, a perdita d'occhio, un labirinto di valli sparse di borgate, che talora invece s'ergono in cima a un colle o s'adagiano sul fianco d'un clivo, come Bajardo, come Apricale, immersi in un grigiore d'uliveti. Una frangia di neve sopra la sua cresta ostenta il Saccarello, candore che stupisce, e intenerisce, nel turchino intenso del cielo. E là a destra, Monte Bignone con la sua corona di pini, dove il canuto astronomo saliva per essere più solo con le stelle. Altro occhio, un giorno, fulmineamente abbracciò quest'orizzonte. Non poneva quesiti all'eterno : tutto era inteso alla mobile vita delle cose terrene, sebbene su di esse cominciasse a inalzarsi l'edificio d'una gloria imperitura. In una stanza della casa degli astronomi una lapide ricorda: «Napoleone Bonaparte qui ristoravasi e pernottava il 2 aprile 1796 meditando le sorprendenti battaglie di Montenotte, Millesimo è Dego, vinte il 12, 14, 16 dello stesso mese ed anno ». Per singoiar gioco di casi, colui che appunto doveva nominare conte dell'Impero lo scienziato di Perinaldo, nella sua casa sostava stanco, sull'inizio del cammino che lo conduceva a un trono. Ombre, codeste, adesso: null'altro SSl'1sitoSinqglastsucofodsccdtièptapbsfe1innplavtumtqbgai csftAdrddiesllvbssidrtgsaafidpcghss 1 che ombre, in questa struggente quie | te luminosa. Ma io guardo nel basso il i piccolo paese, la terra che d'intorno si j stende, guardo il mio ospite, tocco I questi muri, e penso che realmente la vita fin dalla fanciullezza ha un senso soltanto se essa profonda le sue radici nelle vite che furono, e dileguarono. Penso che troppo greve è la fatica di ;costruire tutto con le nostre braccia, senza l'appoggio del passato, della casa, del podere dei padri. Che vale esser nati in un giorno qualunque, in un qualunque appartamento di città farragginosa? Dove cercare, anche col solo pensiero rifugio contro le ore nere? Come ripararci — se non abbiam memoria di ciò che edificarono gli avi — dall'indifferenza dei nostri slmili? MARZIANO BERNARDI. ^?^on™w™c ""ii noi i senzaterra — il i