Sullo schermo: L'angelo della vita, di J. Flord e E. Nugent

Sullo schermo: L'angelo della vita, di J. Flord e E. Nugent Sullo schermo: L'angelo della vita, di J. Flord e E. Nugent ugFra i vagiti che salutano la vita, fra gioie e affanni, fra trèpide attese e improvvisi sconforti, sempre con la speranza d'un nuovo sorriso, e sempre con 11 fantasma della morte presentita, il film s'apre, si svolge e si conchiude in una clinica, dove le partorienti trovano asilo, cure e conforto. Una di queste vi è stata accompagnata dal carcere, dove deve scontare una grave condanna. Ha ucciso l'uomo che ha tentato di farle violenza; ma i veri moventi del suo gesto disperato non sono venuti in luce, è stata condannata a vent'anni. E' giovane, fragile, delicata: esce dal carcere per dare la vita al suo bimbo; e poi se ne tornerà fra quelle tetre mura, a sfiorire, a finire, a espiare ciò che per lei forse non è stato un delitto. E' nel vestibolo della clinica che avviene l'Incontro col marito, un povero operaio. E la dolorosa vicenda s'inizia. Vicenda lineare, che si giova sovente di episodi collaterali e di sfondo, espressi soprattutto dal singolare ambiente; vicenda che tutta consiste nell'aggravarsi delle condizioni della paziente, nell'ineluttabilità d'un intervento chirurgico, nel desiderio espresso dalla poveretta che venga salvata la bimba. La sua vita, ormai inutile, intesterebbe in un carcere; la bimba potrà rischiarare il cammino del padre, potrà esserne il vero angelo che placa e che consola. Hi film è un nobile tentativo di dare a una pagina cinematografica una sua rigorosa unità. Si oscilla talvolta fra il dramma e il documentario, tutto è racchiuso fra quei primi piani di pazienti, nel silenzioso andirivieni delle infermerie, nell'infaticabile prodigarsi dei medici. Partorienti e puerpere scelte nei più diversi ambienti, e tutte accomunate dalla loro gioia e dal loro dolore. Non manca la mentecatta, che vaneggia in un suo sommesso delirio; non manca la prostituta, che svuota la bottiglia dell'acqua calda per empirsela d'alcool, che ubriaca impreca alle tenerezze delle compagne, e che già stabilisce di voler disfarsi del bimbo prima ancora d'averlo avuto; e che poi, dinanzi a quei vagiti, è ripresa an ch'essa dalla dolcezza infinita della maternità. Tema ampio e contenuto, tentativo di film corale, nel quale sono evidenti le più esteriori influenze del film russo; eppure, c'è quasi in ogni istante come un gelo che mantiene il film in termini modesti, e che talvolta lo riduce all'episodio per l'episodio, al accento per l'accento. Se l'unità del film è apparentemente rigorosa, gli manca quella potenza drammatica, quell'intima forza che avrebbero potuto farne un film d'eccezione. Lodevollssimi l'assunto e le premesse, accu rata, diligente l'atmosfera, diligentisslma la fatica del Fiord e del Nagent ; ma bisognava giungere al vero dramma, che qui è statico, alla vera arte, che qui è assente. Con gli stessi assunti, con la stessa.rigorosa unità, si ricordi ciò che la Sagan ha saputo raggiungere in Ragazze in uniforme. Tut tavia, per le sue Intenzioni, e per parecchi istanti felici, Vanrjelo della vita si stacca dal cinema medio e dev'essere perciò segnalato. Loretta Young, una delle nuove attrici americane, non ancora cimentatasi in una interpretazione importante, appare qui semplice e delicata, sobria ed efficace. Le fa contrappunto Aline MacMahon, talvolta un po' convenzionale. Il breve film viene presentato in quattro atti, come nei cinema di provincia. m. g.

Persone citate: Loretta Young, Nugent, Sagan