Dal marchio di fabbrica alla moda straniera

Dal marchio di fabbrica alla moda straniera AIUTO PER TUTTI Dal marchio di fabbrica alla moda straniera e a i e i o e o ri . i o o r o e a i e i a ^ — o a e l o o ua di a a la a eà ete f sngo nne ril e o i di le i ei nta no uava al rà on il e. to le ro eii ali a, o o er Il un rie to r e ne ro a aalo he ooli nela aio oiù er i la collaborazione del pubblico Sul tema del marchio di fabbrica, •per le stoffe italiane da vendere in Italia, uno dei più noti lanifici del Piemonte ci manda una lettera documentata. Il lanificio ci prega di non pubblicare il suo nome per il timore di « difficoltà » con il gruppo dei grossisti tessili. Dalla lettera stralciamo alcuni brani: Seguo con vivo interesse la nobile campagna che Ella sta intraprendendo sul pregiato Suo giornale sotto la rubrica « Aiuto per tutti », e polche nell'articolo pubblicato sul numero di ieri, Ella invita gli industriali ad esprimere il proprio pensiero cosi come lo fece 11 Presidente del Gruppo grossisti, mi faccio dovere aderire per mio conto all'Invito stesso. Disordine commerciala Dalle esperienze pratiche fatte, debbo dedurre che è un dovere civico per tutu di riconoscere 11 valore e l'importanza morale (e materiale per 11 consumatore) della Ubera applicazione dei marchi di fabbrica sui tessuti fabbricati in Italia, come è oramai "nella normale consuetudine per tutti gli altri articoli di commercio (cappelli, cravatte, calze, maglie,'acarpe, automobili, macchine da scrivere, macchinari In genere, solo per citarne alcuni). E' chiaro che 11 marchio di fabbrica Impegna il nome del produttore ed è di incentivo a migliorare la fabbricazione, essendo il prodotto soggetto all'apprezzamento diretto del pubblico che, se soddisfatto dell'acquisto, continuerà a cercare nei negozi le stoffa della «tessa marca. Io penso che solo gli industriali che al sentiranno sicurissimi del fatto loro, lauderebbero sul mercato i tessuti con impresso il marchio originarlo, mentre gli altri al guarderebbero dal farlo per evitare il rischio di compromettere gli af^artimjtìi £i ao^ ojtr.sji,.. . ». i Con la Ubera marcatura, ritengo che. 1! commercio prenderebbe subito una piega più sana nel senso che tanti sere-' zi che presentemente si verificano andrebbero eliminati. Sotto il favore dell'anonimo Infatti si verificano sovente certi casi di vendite di stoffa scadente di una Ditta sotto U nome di altra Ditta migliore. Viene cosi sfruttato 11 buon nome goduto da quest'ultima, allo scopo di avere più facilità di vendita e di ricavarne un utile maggiore; il che reca- un danno morale, per la Ditta, di grande importanza, e non poche difficoltà al grossista serio che si viene a trovare neUa quasi impossibilità di collocare la stoffa più pregiata, causa lo sleale atteggiamento del concorrente. Di ciò posso parlarne per cognizione di causa trattandosi di fatti che si sono verificati ripetutamente in danno deUa mia Ditta Giacché sono sull'argomento, mi permetto fare anche un accenno sul commercio, perché chi viaggia ed è sovente a contatto con la clientela — come succede al sottoscritto — osserva che in genere 1 negozi che non vendono al dettaglio a prezzo fisso, segnano delle quotazioni elevatissime, anche 11 doppio del prezzi applicati dai fabbricanti al grossisti Eafvo poi concedere delle riduzioni di lire 10,15, 20 al metro se trovano un acquirente che ha il coraggio di offrire poco, mentre il consumatore che non osa chiedere ribassi, finisce per pagare 11 vestito magari 40 o 50 Ure in più del dovuto. Siccome tutto b1 aggrava sulle spalle del consumatore, mi pare che quest'ultimo abbia il diritto di usufruire di un trattamento* equo, poiché essendo incompetente del ramo, il medesimo sta sulla fiducia e non è giusto abbia ad essere gabbato. Sempre sul tema del marchi, la mia Ditta ha partecipato di buon grado elle due prime Mostre della Moda di Torino, perchè ci tiene aUa sicura affermazione del lancio della Moda, ma creda che gU industriali in genere non hanno un interesse diretto, perchè è inutile esporre stoffe con tanto di marca, quando poi ii visitatore non ha la certezza di poter trovare in negozio l'articolo visto alla Mostra, che porta la marca di fabbrica che l'Interessa. Non parlo poi dell'ostracismo dei sarti di prima categoria verso i.prodotti italiani, e certo ci vorrebbe per costoro un' energica campagna giornalistica al Une di stimolarli ad un po' di senso patriottico, perchè essi tengono solo le stoffe inglesi e se si va ad offrire il tessuto italiano non vogliono sentirne neppur parlare. Non dico che questi sarti debbano dare la preferenza assoluta ai prodotti nazionali, ma dovrebbero almeno tenerne qualcuno In campionario, cosi da dare la possibilità di soddisfare la richiesta di qualcuno del loro dienti, se delle richieste del genere fossero fatte. Quanto Le ho esposto più sopra è tutto basato su una vasta esperienza. vsbppzptnlaitmtpmqazinmnlgmmtimdgatitdatrptzsgdtiecdcbgslustlfleedgrdssmffpddscdqmrm« Sarà l'aria, sarà l'acqua,,. » A proposito della nota de « La Stampa » : Torino città della moda, straniera? il dott. Vittorio Vernazza ci manda questa lettera che è una fotografia delia piccola realtà quotidiana. Una piccola realtà che, moltiplicata per migliaia e migliaia di casi a Torino e nelle altre città delia Penisola, contribuisce ad aggravare il grave fenomeno della disoccupa' eione. Eg. Slg. Direttore, » La campagna per il consumo dei prodotti nazionali che Ella ha cosi opportunamsnte iniziata, merita U più vivo plauso e dovrebbe servire di incitamento agli lrrlduclblU, purtroppo ancora moltissimi, 1 quaU non vogliono convincersi come questo sia un dovere che, tornando a beneficio di tutti, non dovrebbe essere dimenticato mai, n»ppure per il più piccolo acquisto. lo snobismo che a molti questo do- e n a d a e a o e a o a i o vere fa trasgredire è inspiegabile e, specie, in questi momenti, .imperdonabile; ma ho potuto constatare che troppi cammarotanti fanno ancora di tutto per assecondare questa cattiva tendenza presentando sotto la miglior luce 1 prodotti esteri e, solo se richiesti, sottoponendo ai clienti 1 prodotti nazionali, quasi sempre però insistendo sulla peggior qualità di questi. Che dire poi di quelli che di prodotti italiani non vogUono sentir parlare, come mi è occorso di notare di vari sarti In merito alle stoffe, o di negozianti per altri articoli, come guanti, impermeabili, maglierie, generi di sport, liquori, profumarle, vernici, ecc., ecc.? Già si è scritto sui giornali su questi argomenti, sperandosi ohe la Federazione Fascista del Commercio sarebbe intervenuta, specie quando questi commercianti, per giustificarsi di non avere nel loro magazzini 11 prodotto nazionale richiesto, credono di poterlo denigrare, qualificandolo come assolutamante deficiente. La cosa è purtroppo molto frequente e non si può combattere, da parte dei consumatori, che con il boicottaggio di tali commercianti di mentalità disfattista; è, ad ogni modo, doloroso dd dover constatare quanta ingiustificata sfiducia, quanto pessimismo ancora esistano suUe nostre possibilità di produrre bene, mentre tanto di ilù al potrebbe fare se vi fosse la colaborazlone di tutti: produttori, venditori e consumatori. n Fascismo, cii'ò disciplina, fede, fiducia • volontà non ammette che oggi al ragioni come al poteva ragionare nel tempo passato e sorpassato; e la lettera che oggi il Suo pregiato giornale pubblica molto efficacemente dice quanto progresso si sia fatto'neUa produzione di ottime stoffe di lana Voglio sperare che quanto scrive l'egregio signor Giaj sarà letto anche dal sarto del quale ho dovuto violentemente controbattere le affermazioni; avendogli io «meato, eenaa discutere di prezzo, di eonfui ooarmi abiti con stoffe italiane, chiedendo appunto a lui, competente, di darmi del tessuti buoni, mi risposi che In Italiation 6i potranno niaì fabbricare tessuti paragonabili a quelli inglesi perchè... ■ tome ragioni tecniche si limitava a dire: sarà l'aria, sarà l'acqua! EgU infatti, tenendo In altri locali un negozio di vendita al dettaglio di stoffe inglesi, In un avviso pubblicitario nei giornali afferma di essere l'unico che tenga nel suo negozio staffe c di marca >: evidentemente, per lui, le sole stoffe inglesi possono essere e di marca »! In un negozio di articoli per abblellamtnto maschile (di via Accademia delle Scienze) dove avevo cercato dei guanti fatti in Italia 11 proprietario mi rispose che ne aveva solo di inglesi e di francesi... perchè quelli Italiani si scuriscono subito! E nel campo della moda femminile si avrebbero certamente dei miglioramenti notevoli di risultati se le signore facessero 11 contrarlo di quanto hanno fatto finora, cioè non dimostrassero di preferire quanto viene da Parigi, anzi dessero la preferenza alle sarte e modiste che a Parigi non vanno... E queste, che si lagnano delle spese che incontrano per partecipare alle Mostre di Torino, potrebbero provare, per qualche anno a realizzare deUe economie, eliminando 1 viaggi a Parigi con relativo acquisto di modelli carissimi, ma imponendosi di fare da sè, di creare e non solo di copiare e di variare... Cosi facendo tutti, si manterrebbe a Torino il primato In questa Industria, che darebbe presto notevoU frutti, e non si arriscalerebbe di sprecare una ricchezza che a Torino deve rimanere. Boprattutto nel campo della moda nazionale sarà bene guardare la situazione come essa è, per cercare di porvi rimedio e non come ognuno di noi vorrebbe che essa fosse. Come è possibile una moda nazionale quando per delle discutibili ragioni commerciali, nell'interesse di pochi privati, si vuol perfino impedire ai mi qliori lanifici italiani dì porre sulle loro stoffe il marchio di origine? Quando i migliori lanifici sono costretti a stampare sulla merce desti nata al pubblico italiano English cloth e Tissu superieur? afdeCmpbequtelebBl'(tiNdnstcpndbdteve dSrotu7trstcedchmtugzimmapsefiqssaplapddaaCbvI sNdlperautnhGLts

Persone citate: Giaj, Vittorio Vernazza