Il cliente burlato

Il cliente burlato AIXJOTO PER TUTTI Il cliente burlato i à l a o e a n o e o l a e o l i n i o II sig. Federico Già], tecnico tessile a direttore della Tessitura Giardino di Pinerolo, ci scrive: E egregio Direttore, Ho letto con molto interesse la replica di Gino Bondanini ed 11 suo esemplare commento. Penso che, tenuto conto della conoscenza tecnica e pratica che posseggo di questa industria, nonché della mia buona conoscenza commerciale di questo prodotto, la mia veduta dovrebbe costituire l'esatta realtà della spinosa e dibattuta questione del « Marchio ». Dirò subito che l'Interesse del marchio inglese ha avuto per il passato una capitale e giusta importanza. Gli Inglesi, maestri fino a poco tempo addietro deistoffa di lana, avevano pure a loro merito un non secondo valore: genuinità di prodotto, e la preferenza che l'acquirente nostro dava al tessuto Inglese era giustificata non solo dal fatto di avere un prodetto perfetto ma che aopratutto rispondeva realmente, come materia, alla «vece» datale. Sapeva cioè l'acquirente che sotto tale marchio comperava un prodotto che era un prodetto reale e non un sottoprodotto, ed era questa una conoscenza basata sull'esperienza che sopperiva equamente ala non lieve differenza di costo dal prodotto nazionale. Ricordo in merito di avermi appunto dibattuto nel 1931, sulla «Rivista Tessile Biellese » circa la genuinità e perfezione del prodotto, Intendendo per perfezione esclusivamente il finissaggio che, l'allora, nostra attrezzatura non permetteva ancora di poter competere col finissaggio inglese. Oggi però, in special anodo Biella può affermare di aver colmato questa lacuna: attrezzatura, capacità del dirigenti e della maestranza hanno portato questo nostro importante centro laniero su un primo plano non solo di conquista del mercato interno, ma di valorosa affermazione su importanti mercati esteri. La giustificazione di questo successo la possiamo trovare nel nuovo lnddrizzoiche ha.preao quest'industria nostra, e la prova la. riscontriamo nel fatto che, nonostante l'avanzatissima stagione di tregua che ogni anno colpisce questo genere d'industria, oggi si lavora in pieno ed è un ritmo cosi fecondo di riassetto e di riorganizzazione da potersi affermare che questa non è una apparente e non duratura ripresa, ma -un inequivocabile sicuro risveglio del quale ogni italiano non può òhe esserne orgoglioso. Un mio lungo pellegrinaggio attraverso importanti aziende bteuesl a scopo di lavoro e contemporaneamente di studio, mi permette di affermare, senza tema di smentite, che oggi, se 11 prodotto biellese non è superiore è almeno pari a quello inglese. Una molto eloquente giustificazione la potremmo riscontrare nel fatto che non vi è importante azienda che non abbia un di' screto numero di telai caricati di panni molto fini che tessono sulla elmossa la famosa dicitura: «English Cloth Tissu Souperieur, ecc.». Che queste stoffe si^esportlno realmente in Inghilterra — fatto molto dubbio — o che restino sul nostro mercato con un serrili li eh e timbro di dogana accompagnato da altri espedienti non meno intelligenti, a soddisfare la odierna mortlfl.~ate ed assurda pretesa dei connazionali, questo è un fatto' che non rientra nel mio odierno assunto. Una cosa è certa: l'acquirente Interno deve sapere queste cose e questo compito nessuno meglio del commerciante al dettaglio se lo può assumere. Egli è il consigliere, egli deve essere In grado di far conoscere al cliente profano, pazientemente e gradatamente, come oggi sia assai più conveniente il nostro prodotto; spiegare la necessità che finora ci aveva costretti a comperare 11 prodotto inglese, necessità di Ieri che oggi costituisce un danno e un errore enormi, un danno non solo del cliente ma dell'industria nostra e della Nazione; dimostrare insomma che finalmente, almeno per questa industria, possiamo bastare a noi stessi. Vi possono essere oggi ancora, e anche a Biella, aziende arretrate che hanno di queste vedute, ma il commerciante le deve conoscere, le deve distinguere, deve avere lui stesso l'assoluta garanzia del prodotto, ed allora vedrà che, ottenuta questa garanzia, il «marchio» dell'azienda nazionale avrà un sicuro benefico effetto sul cliente, per che inequivocabilmente il cittadino italiano che sarà sicuro di trovare nel Srodotto italiano una parità di elemeni in confronto al prodotto estero (e possiamo aggiungere una sicura Inferiorità di costo), richiederà egli stesso il prodotto nazionale. Questa è la sintesi, secondo la mia veduta, della spinosa questione. Ieri il tenere nascosta o equivocare sull'origine del prodotto poteva costituire una necessità che io stesso riconosco, ma oggi deve cessare questa mortificante situazione: gli industriali lanieri italiani hanno dato il loro contributo: perchè equivocare, nascondere la nostra conquista? La Italianità e la saggezza dei commercianti devono assolvere a questo mandato. Se si deve porre termine ad uno stato di continuo ripicco sulla volontà od onestà fra categoria e categoria che sa molto di passato e non di Fascismo, in questo compito, che dovrebbe costituire una collaborazione unanime, ognuno deve sapersi dimostrare all'altezza del suo mandato. Con perfetta osservanza Giaj Federico, tecnico tessile. Una nota sartoria di Genova ci manda la seguente lettera e campioni di stoffe italiane a cui i grossisti applicano, prima di venderle a tutti i grandi sarti, una immaginaria dicitura gchdezigplivpchcrtes inbvmdgsiqcgcoptodctemfassilrpnLzrdgcgiaighamldlfnd a i i l o o glese per rassicurare il consumatore che non si tratta di prodotti nazionali: Egregio Diretore, Vedendo intensificarsi la campagna del Suo Giornale a prò del tessuto nazionale, mi permetto ritornare sull'argomento. Occorre una legge che imponga un marchio ai tessuti nazionali. E lo ritengo utile per due motivi: 1) perchè le nostre ottime stoffe vengano finalmente riconosciute ed apprezzate dalla massa del consumatori che nella gran parte ignora o non crede che siano fabbricati la Italia tessuti di lana che possano gareggiare s talvolta superare i migliori tessuti inglesi e tedeschi. 2) perchè il pubblico che compera abbia a risparmiare le dogane che gravano sul tessuti esteri e che naturalmente paga quando, nella confezione di un abito, gli visne gabellata per inglese una stoffa nazionale. Le ho già esposto in altra mia come sia più facile vendere 1 tessuti italiani quando portano un marca inglese,' e come per tali si facciano passare. Se era vero 2000 anni fa che «Vulgo vult decipit» pare impossibile che cosi debba essere ancor oggi. Eppure, pur facendo pagare l'abito confezionato con tessuto nazionale 100 lire meno di quello fatto con stoffa ingv e, io consumo il 90 per cento in Laeno di tessuto nazionale di quello chs consumano altri sarti che lo stesso tessuto fanno passare per inglese. Morale: se il 90% del pubblico viene scientemente truffato, l'industria tea silo nazionale se ne avvantaggia. Allora... proteggeremo l'Industria od il consumatore? Meglio sarebbe riuscire a beneficare entrambi con la campagna sempre più viva che il Suo Giornale ha Intrapreso. A riprova di quanto Le ho scritto, Le accludo un campione di stoffa nazionale, impareggiabile sotto tutti i rapporti, con l'ironica marca estera del grossista che là vende a tutti 1 più grandi sarti italiani. Il nostro commento è nel titolo: il cliente burlato che, con gran vantaggio dei furbi, paga le spese della sua invincibile fede nel prodotto straniero. Lontpr

Persone citate: Federico Già, Giaj Federico, Gino Bondanini

Luoghi citati: Biella, Genova, Inghilterra, Italia, Pinerolo