Prodezze di tutti i tempi delle guide di Courmayeur

Prodezze di tutti i tempi delle guide di Courmayeur ADDIO ALLE BELLE MONTAGNE Prodezze di tutti i tempi delle guide di Courmayeur Carducci in memoria di Emilio Rey - Come fu vinto il «Gran Capucin» DalI'Himàlaya alla Terra del Fuoco - I giovani si fanno onore (13 ivosxieQ x IV v I A T oj COURMAYEUR, novembre. Non si potè mai sa/pere in modo preciso come avvenne la disgrazia. L'ascensione al Dente del Gigante era compiuta; la discesa terminata. Erano alla cosidetta « gengiva », un incavo fra le ultime rocce dal quale si scende slegati non essendoci più pericolo. Emilio Rey disciolee la corda, e il « turista » si avviò verso il Rifugio. Fu un momento di disattenzione, un attimo di smarrimento 0 un malore improvviso e imprevedibile come quello, tanfanni dopo, che staccò dalla parete la più brava guida dell'Alpi austriache — Hans Ficchili Oppure un sasso che partì sotto U piede troppo fidente? Non si seppe mai. Il viaggiatore sentì un urlo, cui seguì il rovinìo d'un corpo ohe predpita. Si voltò: il « grande Emilio ». non c'era più. Quando lo raccolsero sul ghiacciaio, era spirato. La valle si ammantò di lutto; la notizia si sparse, e ovunque un cuore aveva conosciuto i palpiti d'amore per l'Alpi, fu pietà e compianto: Spezzato il puirno che Ttbrù l'audace Ficca, (ta ghiaccio e culaccio, il domator De la montagna, nella bara giace... Nella parola del poeta, la figura dell'umile eroe che aveva soggiogato alla sua volontà e al suo ardire le più terribili montagne, domina sovrana la scena, come già quella di Sigfrido nel < Crepuscolo degli Dei ». Le preghiere dei sacerdoti, U pianto delle donne in gramaglie, lo sfondo maestoso dei mpnti sui quali s'innalza erto e feroce, tra la caligine che si discioglie, il Dente del Gigante: tutto concorre ad esaltare la guida famosa, ch'ebbe Vanirne buono e il cuore fedele, e che la pietà dei valligiani accompagna alla dimora eterna, nel piccolo cimitero del suo paese natio. Il libretto restituito dal ghiacciaio — Eravamo ancora ragazzi — mi dice Adolfo — quando capitò la-dir agrazia. Poi diventammo anche noi guide, prima Enrico, poi io. Il libretto di mio padre lo ritrovarono sotto il Dente Covo trenfanni: l'ha visto? Sì, nelle ire stanzette adibite a mu seó alpino, qui presso la chiesa, dove, all'aperto, il marmo e il bronzo ricordano al passante le glorie imperiture dei forti figli di Courmayeur. Allineati alle pareti, disposti nelle vetrine, sono i cimeli e ì ricordi di tante vittoriose battaglie, sostenute sui ghiacci e sulle rupi degli angoli più JnmlQfutidel globo: dall'Himàlaya aWÀtaska, dal Polo alla Terra del Fuoco: e. in una bacheca, il piccolo 'Wro^Wréonale della guida che il ghiacciaio restituì ancora intatto. Ma l'acqua e il gelo hanno rappreso le pagine l'una sull'altra: nessuno potrà più leggere in quei fogli ove è tanta storta. Dei figli, uno, Enrico, ha smesso due anni fa di portar gente sul Bianco, e ora dirige l'ufficio delle guide. E' un pezzo d'uomo alto, grosso, imponente come un macigno. M'immaginavo altrettanto del fratello. Invece, quale sorpresa... M'avevano detto: — Parla con Adolfo. E' il miglior rocciatore che abbiamo noi. Non potemmo vederci quando scesi a Courmayeur dal mio giro lassù. Ma son tornato ieri, e siamo stati tutto U pomeriggio assieme. Mi sono trovato seduto al tavolo con un ometto mingherlino, snello, dall'apparenza niente affatto atletica. Certo che ha . il viso abbronzato, segnato da tante rughe; molto grigio nei capelli; tutto il piglio d'una persona a modo, bene educata, ma Umida e modesta. /Quello Zi U Rey del Grand Capucin e detta cresta des Hìrondellest Ma va, Il discorso era partito dalle grandi ascensioni del padre: • — Di guide del Bianco che facessero il Grépon non c'erano che lui e 1 Simond di Chamoniàs. Fu con essi the sali il Duca degli Abruzzi. PoLmi dice del Petit Dm. A Charlet-Btratton — che fu il primo che 10 sali dalla Charpona —- piaceva bere, e quando era allegro chiacchierava molto, ma se appena qualcuno lo portava a parlare della sua conquista si cuciva la bocca, tanto era diffidente. Indicazioni suda via non le dava a nessuno, e tutti ritenevano che soltanto lui sapesse andare su \queUe rocce nude, nere, a picco sulla Mer de Giace, ti La mia pia difficile ascensione» — Nove anni dopo ci «ali mio patire — prosegue Adolfo. — Era con due inglesi, e al posto dove bivaccarono gli misero il nome di uno di essi. E' il € gite Hartly », ancora adesso preferito dalle cordate -che ci postano la notte. Parla adagio, con voce un po' velata; la frase e corretta e precisa, 11 tratto ha distinto; si vede che è abituato a vivere coi « signori », che ha girato mezzo mondo, e del cervello sa cosa farne. Per un pezzo è stato ad ascoltarmi; infine rispose che avena capito quello che volevo da lui{ e non erano le banalità che tanti gh domandano — o gli fanno poi dire. — La più difficile ascensione che ìo abbia compiuto è quella alle Grandes Jorasses per la cresta delle Rondinelle, — dice Rey. — Ghiaccio e roccia si alternano, e complessivamente la rendono di una difficoltà estrema. Beta venne effettuata nel 0.928 /e da aUora non fu ripetuta — E il Grand Capucin* Ha davvero qualcosa di un profilo fratesco, còl cappuccio abbassato sulta fronte, la barba sporgente — quell'alto, tozzo torrione di fulvo granito dominante alla fine della grandiosa cresta scendente dal Tucul fino al 'ghiacciaio del Gigante. La sua fama d'inaccessi bilità era notoria in tutto il mondo alpinistico. Quanti ci sfera■ita provati, n'erano stati respinti. — Come ascensione di sola roccia icdsdlrdaAscvr1 eertamente la più difficile — ri- wponde A afe tatorJocutpre, — io ero incerto se tentarla oppure no; alfine cedetti alle insistenze di un signore di Biella. Sul libretto poi scrisse questo. Rey mi porge U suo libro da guida. Lo sfoglio. Sotto la data del 24 luglio 1924 e sopra la firma di Enrico Augusto, si legge: i Con Rey Adolfo e altre due guide di Courmayeur ho fatto la prima ascensione del Grand Capucin. Rey Adolfo fu veramente l'anima di que- ntstrcfmd o a a e , . n a i e i e o e o u a » n , e o i{ h . e e l o o a l a o a sta difficile impresa per la quale occorse una somma di ardimenti e di virtuosità tecniche quale forse fu raggiunta in altre celebri ascensioni, superata non certo. Rey diede in questa occasione una prova non superabile — credo — del suo eccezionale valore ». Un'ora sulla punta di una pertica Quello fu un lavoro!... Sopra le rocce nevose dell'attacco, dove il precipizio sfugge da ambo le parti, si batte subito il naso in un camino di quindici metri, nel quale s'erano spuntati tutti i tentativi precedenti. Alla base della cheminée trovammo un mucchio di chiodi ancora avvolti dentro un giornale del 1899 — ricorda Adolfo. Per salire non c'era altro mezzo che ricorrere ad una pertica che avevamo portato da Courmayeur; tanto le pareti erano liscie, senza una fessura, senza un appiglio al quale afferrarsi. Ma la pertica dondolava sotto il mio peso, e bisognava fissarla alla roccia. Più di un'ora rimasi lassù, in bilico, a battere un ferro da mina, mentre mio fratello e Lanier reggevano la pertica dal basso. Non le dico quello che dovemmo fare in seguito per traversare su certe placche... Poi, come io vado trascrivendo tutto quanto mi dice, il mio interlocutore mi supplica di parlare il meno possibile di lui. Non faccia il mio nome sul giornale : metta invece che le « guide di Courmayeur » dicono così e così... Apprezzo il sentimento che lo muove, loderei la sua modestia, ma come e possibile rievocare queste ed altre imprese dell'alpinismo '■ senza precisare le persone alle quali spetta il merito maggiore, preponderante, della riuscita1'. Certo, la tradizione delle guide di Courmayeur è radicata nef tempo e nella realtà, e s'illumina attraverso una collana splendente di esempi di fedeltàt di abnegazione e di valore. Non c'e stata spedizione che abbia tentato le più alte vette della terra, che non sia venuta qui a fornirsi di uomini pronti a ogni ardimento; non c'è impresa alpina che questi rudi ma pacati figli delle Alpi ritengano impossibile. Prendono la piccozza dall'angolo dell'oscura cucina della loro modestissima abitazione; si avvolgono sulle spalle la matassa della « manilla » ; si muovono col passo lento, cadenzato, che sa portare alla vittoria e alla salvezza. Tutto è stato detto delle guide di Courmayeur; che vale ripetersi t Una letteratura opima ne illumina le virtù di uomini e di cittadini; i picchi delle più alte montagne di quattro continenti ne tramandano il raro valore professionale. La delicatezza della più nota fra di esse che non vuole essere tacciata di esibizionismo è veramente commendevole, ma fra i buoni non v'ha invidia, se non nella sua forma più nobile che è l'emulazione. Certo, che l'evoluzione dei tempi si è fatta sentire anche qui, sebbene con minore... virulenza che fra le guide di Chamonix. Le sue più belle imprese il Rey le ha compiute che aveva superato i quaranfanni; pressappoco si è verificato nei riguardi dell'altro bravissimo che è l'Evaristo Craux. Lo spirito intraprendente, sportivo-caratteristico dei cosiddetti « accademici », che nel dopoguerra sospinge le cordate dei dilettanti a conquistare tante belle vittorie anche sul Bianco e sui suoi satelliti, ed a ripetere itinerari difficilissimi sul versante francese, rivela c7ie le possibilità dei giovani non possono più a lungo rimanere compresse e negate. Donde l'emulazione fra gli stessi valligiani, ultimo e sorpren-- dente prodotto dei tempi moderni, o ' Mi avevano, fatto, i nomi di àio alcm- i a e a e e a i ni di questi giovani che recentemente hanno raggiunto risultati impressionanti : — Interroga i fratelli Ottoz, parla con Hurzeler. Sventola il tricolore rjn'inseona verniciata di giallo reca: « Fratelli Hurzeler •- Fabbrica di sci — Cinque minuti ». E una freccia in direzione di Dolonne. Camminai i cinque minuti, poi mi guardai attorno. Non c'era che una casetta a -un piano in costruzione, e sul tettò un giovanotto che lavorava. — Lei è Hurzeler f •— arido dalla strada. — Sì. — Venga giù. — Se è per gli sci parli con mio fratello. — No, è per l'alpinismo. Non si fece ripetere l'invito. Si chiama Eugenio Hurzeler, nato ventiquattro anni fa neU'Argovia svizzera, ma da bambino a Courmayeur. Non è ne guida nè portatore: un dilettante, insomma, uno sportivo. — Se non fosse perchè debbo lavorare, starei tutta la settimana in montagna — mi dice. ■ E siccome ha poco tempo a sua disposizione, le sue ascensioni sono forzatamente velocissime, dei record addirittura. Una volta 'parte col fratello Walter a mezzogiorno del sabato, e bivaccano alla Brèche Nord delle Dames Anglaises. Di là salgono all'Ai gialle Bianche, scendono al colle del Peuterey, toccano la vetta del Monte Bianco di Courmayeur, quella del Monte Bianco francese, la capanna Vallot, la capanna del Dòme: alle 10 della sera della domenica sono a casa! Con l'altro giovanissimo Pennard compie la terza discesa della cresta delle Rondinelle dalle Grandes Jorasses. Poi invita Amato Grivel, figlio del fabbro, a una spedizione... misteriosa. Il vecchio Grivel ha la bottega alle prime case di Dolonne, quasi a piombo sulla schiumeggiante Dora che passa là sotto. Fu da lui che, tanti anni fa, l'inglese Eckenstein fece fabbricare i primi ramponi a otto punte; una rivoluzione nell'alpinismo. Prima, si scannava soltanto, a colpi di piccozza. Quando furono al Colle del Gigante si imbattono in Adolfo Rey che li dissuade dall'impresa. Ma alle due del pomeriggio Hurzeler faceva sventolare dama vetta del Gran Capucin la bandierina tricolore che si era portata fin lassù. — Poi ho fatto un'altra « seconda » : quella al Pére Eternel — proseo'ue Hurzeler. Per la vittoria, non pel guadagno Erano stati i due Ottoz — Osvaldo e Alfredo, con Pennard e Grivel —' a conquistare quell'arditissimo pinnacolo, aguzzo come un punteruolo, che si eleva al termine dell'Anguille della Brenva, a picco sui ghiacciai. Ci erano andati per loro piacere, mica spinti dal desiderio di un guadagno. — Se non sono a caccia, gli Ottoz li trova in quella casa rosa lassù — mi indica il mio nuovo amico. Avrebbe dovuto spettar loro, ancora con Grivel e Pennard, la vittoria sulla contesa cresta Sud della « Noire ». Avevano salito il Pie Gamba, avevano oltrepassato il punto dove Dibona si era fermato, avevano scavalcato la Punta Welzenbach, erano andati all'assalto della quarta torre, e ne erano venuti a capo dopo una lotta tremenda. Non rimaneva che l'ultima torre. Ma il tempo, si guastò, e dopo esser rimasti trentasei ore sulle rocce, affamati ed esausti dovettero scendere. I due tedeschi arrivarono proprio quel giorno; appena tornò il bel tempo si slanciarono essi all'attacco, e percorsero tutta la cresta, fino alla vetta suprema. — Uno scherzo uguale ci capitò un'altra volta — dicono i due giovani. — Fu per la « Vierge » delle Dames Anglaises. Ma si sono rifatti quest'estate, con una arditissima nuova scalata di roccia sull'Aiguille della Brenva. Non sanno che cosa si intenda per sesto grado, ma dicono che arrampicate più difficili di questa non ne possono esistere. — Osvaldo ce l'ha messa tutta; sentivo dal basso il suo respiro neimomenti del massimo sforzo. E' tutta una fessura, nella quale non entra neppure la punta dello scarpone: unicamente lavoro delle mani — spiega U fratello. — Siamo stati così felici di esserci riusciti. — No, ìls ont rien gagné; nessuno li ha pagati — risponde alla mia domanda la vecchia madre che ascolta i nostri discorsi. — Rimango tanto in pensiero quando vanno a fare queste cose, ma appena tornano vincitori, sono contenta anch'io. Ed avvolge i suoi figliuoli con uno sguardo che è una carezza. VITTORIO VARALE ocltlrtgdqlrratbmqillabtqmndfgpspspsnlclrprctibncnntfqsgp Discesa dal Grépon