Fase di attesa

Fase di attesa I NEGOZIATI PER IL DISARMO Fase di attesa Dopo l'agitato periodo determir nato dall'uscita della Germania dalla Conferenza del disarmo e dalla Società delle Nazioni siamo entrati a mano a mano in una fase calma; si è evitato il peggio; le oscure profezie sono state smentite grazie a una serenità di giudizio di cui fu l'Italia fascista a dare per prima il buon esempio. Si è evitato il peggio, e ciò non è poco; ma evidentemente non si può andare avanti così: siamo, ili un angolo morto da cui bisogna uscire. Nè ci sembra che ci si può abbandonare alla aspettazione di fatti nuovi: gli elementi del giuoco sono e saranno gli stessi. Si parla molto del 12 novembre, giorno in cui avranno luogo i comizi elettorali in Germania; non crediamo che esista alcuna persona di buon senso, sia essa il più spietato nemico del regime hitleriano, che non preveda il più colossale successo plebiscitario per il nazionalsocialismo. H Cancelliere avrà avuto una nuova trionfale manifestazione di solidarietà interna ala sua politica estera. In Francia la crisi ministeriale è avvenuta in una atmosfera di battaglia verbale; fai realtà nulla è mutato se si eccettua una ennesima conferma alla decadenza e alla piena inadeguatezza del regime parlamentare alle necessità dei tempi moderni. Gli spostamenti degli uomini e dei gruppi sono stati minimi per non dire insignificanti; le direttive internazionali non sono state toccate nel dibattito aspro sulle riduzioni di bilancio: Boncour, sebbene soggetto ad attacchi e manovre spietate, è rimasto alla testa del Quai d'Orsay. In Inghilterra la polemica ha assunto toni più sintomatici e proprio sul terreno dei rapporti con l'Europa continentale; qualche voce è arrivata a presagire e consigliare una stretta alleanza anglo-francese; ma, nonostante il suo rumore, è vox eiamentis in deserto. Indubbiamente la Germania hitleriana ha perduto molte simpatie' britanniche che si posavano sulla Germania di Weimar: ma da questo mutamento di sentimenti a una revisione dei canoni fondamentali della" politica estera inglese ci corre un abisso. Non crediamo che a nessun statista inglese responsabile sia venuta in mente la possibilità di recedere dall'indirizzo costantemente rivolto per secoli ad assicu rare il maggiore equilibrio fra le for zé del continente; gli spostamenti sono dettati da calcoli di opportuni sino realistico, non si cambiano ir. deviazioni radicali del principio se non quando sorge all'orizzonte una minaccia comune. La Germania odierna con tutti i suoi fermenti di rinascita potrà talvolta irritare, non può costituire un pericolo serio come quando esisteva la flotta di von Tirpitz; sul Reno non si è affatto prodotta una oscillazione del pendolo verso Oriente. Piuttosto l'oscillazione sembra tesa verso Occidente, verso i più formidabili campi trincerati che la storia abbia conosciuti. Con questi elementi difficilmente soggetti a profonde mutazioni bisogna ritessere le fila di una politica di collaborazione e di pace: nulla è compromesso irrimediabilmente purché si cominci con serietà a contare sui fattori di concordia, non su quelli-di urto e di rivalità nel campo internazionale. Basta rifarsi a una constatazione essenziale: l'attuale crisi ha dimostrato luminosamente la caducità delle clausole della parte quinta del trattato di Versailles; solo alcuni gruppi nazionalisti francesi del tutto irresponsabili e tagliati fuori dalla via del potere hanno indicato una applicazione rigorosa (e a nostro giudizio illegale) del trattato citato: ma sarebbe la guerra. Il problema è nella maniera di sostituire quelle clausole: ebbene la « dichiarazione dell'uguaglianza di diritto» dell'll dicembre 1932 deve costituire la base morale1 del nuovo edificio. Gli aspetti tecnici della questione debbono essere sera pre esaminati sotto la luce della giustizia e dell'equità, tanto più- che spesso questi famosi dissensi tecnici sono superati dal progredire inces Bante della strategia bellica. La discussione è e non può essere che po litica; ecco un canone di procedura da osservare scrupolosamente se si vuol arrivare a un'intesa. L'Italia fascista, che ha sempre compiuto intero il suo dovere verso la pace, che ha precorso i tempi non solo sul terreno rivoluzionario interno ma nelle direttive internazionali sarà anche questa volta al suo posto. La sua politica coerente non si presta ad equivoci e ad ipoteche; è una politica che vive di per sè e di per sè può contribuire vigorosamen te al raggiungimento di soluzioni pacìfiche : nessuno può illudersi di ritenere già scontato a suo uso e czcpmi consumo l'atteggiamento dell'Italia a meno che sia entrato nel nostro ordine di idee, contrario a umiliazioni e nello stesso tempo a una folle corsa agli armamenti. Noi siamo fedeli alla riduzione effettiva delle forze militari; qualsiasi tentativo contro tale principio, da qualsiasi parte provenga, ci troverà nettamente all'opposizione. E' inconcepibile predicare bene agli altri e poi per sè trincerarsi dietro bisogni speciali. E i governanti non dimentichino mai le aspirazioni dei popoli che dirigono. Siamo alla soglia di un altro inverno; è innegabile che si siano notati dei sintomi di miglioramento economico ma è la situazióne politica che sui più diversi settori del mondo ha bisogno di'essere chiarita. E* opinione diffusa, e tale vasta concordanza di vedute ha un suo enorme valore psicologico, che qualora fossero liquidati dei dissensi politici, fra cui quello sul disarmo è il più grave, le forze potenziali di ripresa economica dopo tanti anni di depressione si manifesterebbero rigogliose. Le incognite non pesano soltanto sui cieli d'Europa; appunto perciò il momento è molto opportuno a che gli Stati d'Europa riacquistino definitivamente quel prestigio cui danno loro diritto le civiltà millenarie che rappresentano; nella confusione di spiriti di oltre Atlantico, nell'implacabile maturazione degli eventi nell'Estremo Oriente, un esempio di saggezza e di pace da parte del vecchio mondo si imporrebbe sui fattori di disordine e di distruzione: e se anche così non fosse l'Europa sarebbe meglio preparata a resistere ai pericoli, magari a trarre da ogni avvenimento i maggiori vantaggi. ALFREDO SIGNORETTI