La terra e gli uomini della puszta

La terra e gli uomini della puszta Sulle soglie della landa ungherese La terra e gli uomini della puszta g(I>£»1 nostro inviato speciale ) HORTOBAGY, ottobre. Davanti alla chiesa nella quale Ludovico Kossuth proclamò decaduti gli Absburgo, non s'immagina, sulla piazza dì Debrecen, che la puszta sia lontana quaranta soli chilometri. A Debrecen, albergo di lusso, ristoranti, caffè e agenti che regolano la circolazione, sulla puszta nè case, nè strade. Piana, uguale, nuda, la puszta sembra senza principio e senza fine. La csarda e il suo custode La strada che parie da Debrecen muor.e poco dopo di Hortobagy, ultimo centro abitato ai margini della landa, tappa tradizionale dei turisti a cui spiace staccarsi per troppe ore dalla civiltà costituita dalla luce elettrica e dall'acqua calda e fredda. Non troveremo nessuno, questa sera, nella csarda di Hortobagy: vi sono andati da Debrecen, nel pomeriggio, degl'inglesi, ma torneranno a dormire in città. Notte ed alba sulla puszta non li attirano, bensì l'acqua corrente calda e fredda. A fianco alla strada dritta dritta da noi battuta, corre una larga pista rossastra per i carri e gli armenti: ì cavalli vi sollevano, trottando e galoppando, nugoli di polvere che i raggi del morente sóle rendono simili a fumo e fiamme. Più che terra, si leva sabbia: una sabbia rossiccia, fina, quasi cipria, che vuoi ficcarsi nelle narici, nelle gole e negli abiti dei viaggiatori e negli angoli di quella piccola mirabile officina che è il motore di un'automobile. Un tempo, questo era il letto di un oceano : dieci o trecento milioni di anni fa — sull'epoca i geologi non riescono a mettersi d'accordo — qui era tutto mare. Il fondo dell'Atlantico sarà pure così liscio? così piano"! Nel crepuscolo, la strada stretta e dritta veramente ha qualche cosa di una diga, e la pianura intorno è un mare calmo e sornione. Sulla porta della csarda di Hortobagy viene a ricevere ì forestieri Tisza, un cane bianco, della razza dei comondor, la cui patria è la puszta. Dove non c'è possibilità di contatti umani, i comondor, i kuvass ed i pully sowo i soli amici dei guardiani e conoscono le bestie una per una, le docili e le cattive, le sceme e le mattacchione. Non hanno cani i butteri di buoi, perchè i buoi non ne tollerano. Tisza, il tutore della csarda, è un agnellino finché ardono luci: a notte fatta, nel buio completo, è feroce. — C'è una rimessa"! — chiediamo al padrone, che ha tessuto l'elogio di Tisza. Il galantuomo sorride: sulla puszta non ci sono rimesse, nè pompe di benzina (occhio dunque al contatore), nè officine. La macchina po tra stare nel cortile, all'aperto, con garanzia che polli e oche si guarderanno dall''arricchirla di nuovi portafortuna: non siamo superstiziosi, noi. E la macchina si ferma sotto un pergolato, vicino al pozzo sulla cui sbarra Petofi sorprese l'avvoltoio che sulla puszta non aveva trovato più alto piedistallo. Giurerei che lo spirito dell'uccellacelo si è nascosto nell'altoparlante appeso ad un chiodo nella taverna. Perchè non taci, stridula eco di un progresso che qui non è arrivato"! Il telefono con Debrecen, più discreto, funziona so lamente in certe ore. Dopo il tramonto mai. Stasera dormiremo den tro stanze nelle quali le lampade a petrolio offendono l'olfatto dei cittadini. Il pericolo del progresso La padrona si è ritirata per avimannire una cena da pastori : siamo o non siamo per il colore locale? La puszta è puszta. Sceso è la notte, e s'avvicina l'ora in cui Tisza avrà il diritto di sbranare. Attraverso la porta della csarda non si vede o#e una grande macchia nera, e « si sente » il silenzio della landa. Se arrivano carri o uomini, percepite rumori e voci quando sono a pochi passi, come se la terra fosse già coperta di neve, come se nomini e carri sbucassero di botto dalla terra. A furia di star sola, la gente della puszta perde la voglia di parlare: l'uomo che entra raggiunge il banco strisciando lungo il muro, beve la birra o l'acquavite d'albicocche, paga e sparisce. L'oste attinge il vino in due recipienti — per il bianco e per il rosso — nascosti nel bancone in maniera che ne spuntano i soli coperchi. Per un quarto d'ora la taverna s'affolla, grazie all'ingresso dell'ingegnere e dei due operai che, qui vicino, forano per vedere di quanto gas sia ricco il sottosuolo: il gas si è rivelato l'anno scorso} proprio nel cortile detta csarda,, e scceprgalaDratrsesinoprasol'pdngrtaptambneinaIgrudpdueztcpdaalmcnndntpddLvllfdncnntvddcgrpmhdg , o a i è d n e n a o ? , à a e i . a : a o e e i o , i : } e Daricgòpaadgrmechta c'èfunonagoune alrispetacetrg Bfarenescl'egllogmilpmddrmteva lui in città* o la. moglie, va da lui. pdtntcfrrdvmiltimcltrssdvtacrqtfscavi successivi ne hanno fatto accertare la presenza a 150 metri di profoììdità. Adesso è da vedere se il gas abbonda al punto di consigliare la costruzione di tubolature fino a Debrecen, o se almeno basta a garantire il funzionamento di una centrale elettrica, con motori a gas. E se il risultato è positivo, addio poesia della csarda solitaria: sorgeranno officine, alloggi per impiegati e operai, e attraverso la landa correranno, scheletri di metallo, le torri sostegno dei fili per il trasporto dell'energia. La csarda, ingrandita e provvista di camere con acqua calda e fredda e luce elettrica, figurerà nette guide come albergo della categoria A: sconto ai soci del touring. La padrona c'informa di tutto durante la cena, facendo la spola fra tavola e fornelli. Allorché affetta il pane abbracciando la grossa pagnotta da otto chili da lei sfornata al mattino, sembra un'allegoria dell'abbondanza. Cantava una canzone del nostro tempo giovanile: Quel pane fa peccare, vi mette l'appetito... e 7ioi, senza peccare, semplicemente in omaggio alla provvida natura e all'appetito} ne mangiamo a sazietà Il comondor, accovacciato in un angolo, non manifesta scandalo o meraviglia. In verità Tisza è piuttosto un orso bianco e difende il suo candore anche alieno e da bagni e da sapcne. Il comondor considero il liquido elemento, che nella puszta è roro, una cosa di cui si può fare a meno e forse disprezza gli uccelli che guazzano fra le canne degli stagni aspettando la fucilata del cacciatore o la calata di un'aquila vorace. Dice la padrona che volpi, lepri ed aironi s-i dividono, assieme alle aquile ed alle anitre selvatiche, l'onore di campare allo stato selvaggio sui cinquantamila jugeri delia puszta sui quali Tuo mo manda a pascolare diecine e diecine di migliaia di bestie, destinate a nutrirlo ed a servirlo. La filosofia del vaccaro Nella taverna, grande dibattito sul nostro itinerario di domani: la strada maestra non ci attira, ed a tornare presto fra la gente civile non teniamo, sicché attraverseremo la puszta da un capo all'altro. — Ma non c'è strada — fa il padrone; — senza una guida vi perderete. Niente guida: vogliamo emozioni. La terra secca è soda: se non piove, vi potremo camminare. — Non pioverà — sentenzia gulyas Mariassy Emerico — perchè la luna ha la gobba a levante. Mariassy Emerico ha 64 anni e fa il gulyas, o guardiano di vacche, da 45. Grazie alla sua abilità ed onestà, è della schiera dei ventuno capi-guardiani, o contabili, détta zona, e oggi che il bestiame è già tornato in grandissima parte ai proprietari risponde del benessere di 31 cavalli e 411 bovini. Vi sono, nel mondo dei butteri, gerarchie non scevre di rivalità e gelosie: in testa viene il csikos, guardiano di cavalli, segue il gulyas, o vaccaro, terzo è il Pecoraro, detto juhasz, quarto ed ultimo il porcaro, detto kanasz o kondasz. // mio amico Mariassy Emerico (lui mi ha scritto l'indirizzo nel taccuìno ed io gli ho dato il biglietto da visita) è, dicevamo, un gulyas. Oltre ai 31 cavalli e ai 411 boui«i, ha quattro figli e tre figlie. Uno dei figli è csikos e ritorna stanotte a giumente e puledri. Siede con noi silenzioso, di rado permettendo al sorriso di scomporre la linea dei baffettini neri: il cappello su cui troneggia la penna dei csikos gli dà un'aria di moschettiere, il manto di pelle di pecora gli dà un'aria di re rusticano. Sorseggia con dignità, ascoltando calmissimo i discorsi del padre, vecchietto loquace e gioviale non imbarazzato dalla vicinanza d'una grande attrice Leopoldine Konstantin, che è detta partita — e d'un paio di giornalisti. — Un bicchiere di vino bianco? — Volentieri. — E lo spumante l'ha mai bevuto? Mariassy Emerico non lo ricorda, ma ci sta : tanto, domani, fra le bestie, tornerà astemio. Allo spumante s'accende la pipa e ci parla della sua vita sulla puszta: al sorgere del sole caccia il bestiame dall'addiaccio e mangia una minestra; rimane sul pascolo fino al tramonto e a mezzo giorno mangia lardo e pane; la sera, quando la mandria è di nuovo al sicuro, riscalda il lebbencs, la classica zuppa di patate e pasta. Per riforni-Ire la dispensa, ad ogni quindicina o\Idnppdlts1dc mDai possidenti di cui e ti fiduciario\Driceve, per tutta la stagione, 3 pen-1 rigò per cavallo e 2,50 per bovino, ma 1 pnliumlocnloinotàdsl''vorznnepaga 170 pengo ad ogni csikos e 100 ad ogni gulyas. A conti fatti, un magro affare. Lui, filosofo, non si lamenta. Quando son-poveri i signori che prima spopolavano con cinquanta e sessanta jugeri di terreno, non c'è scopo a lagnarsi. « / tempi che furono — sentenzia — non ritornano, o per lo meno hanno ancora da nascere i ragazzi che torneranno a goderli». '— Basta la salute. — Sicuro, basta la salute. Mariassy Emerico è stato violato una volta sola. E' questa la Fata morgana ? D'inverno la puszta è freddissima e le tempeste di neve son tremende; allora lui vive nell'abitato e cerca di riscuotere dai signori proprietarii i pengo pattuiti per la custodia. Tuttavia la città non è il suo debole. Fece il soldato a Vienna quarantaquattro anni addietro e non lia nostalg ; recentemente l'hanno invitato a Budapest, per la festa di Santo Stefano, assieme al più giovane pastore, e non ha voluto andarvi.'Le viennesi gli sono indifferenti, delle tedesclie ha una cattiva opinione, perchè l'estate scorsa otto di esse, pittrici, gli sono state addosso costringendolo a posare da modello, e finora non gli hanno spedito il ritratto promesso. « Queste tedesche — dichiara il gulyas — non si sono ben comportate ». E si aocomiata: domani ha da rimandare a casa una vitella che non dà latte. Al padrone che gli aveva detto di ucciderla e mangiarla, ftalPrisposto che una cosa simile non l'ha mai fatta: si riprendesse pure la vitella. Il gulyas Mariassy Emerico ora penserà anche di noi, come delle tedesche, che ci siamo mal comportati: gli avevamo promesso una visita nella capanna e non abbiamo tenuto la parola. Ma è un po' colpa sua: ci aveva assicurato che la deviazione fosse di due chilometri, ed è invece risultata di diciotto (da raddoppiare, a motivo del ritorno), ci aveva detto che la luna con la gobba a levante garantisse il bel tempo e promettesse la fata morgana, e invece il cielo è nascosto da nuvole. Chi ci tira dalla sabbia, se la pioggia la impasta? Un cane randagio ha abbaiato nel cortile della csarda la notte intera, le oche hanno dato un gran concerto: sarà stata la ninna nanna pei forestieri. Alla partenza per la landa senza vie la gente ci saluta come se stessimo per azzardarci nel deserto di Gobi. Subito dopo, un'aquila si leva, offesa, credo, dal rombo del motore. Un occhio alle buche, un altro al paesaggio: le mandre lontane, a chiazze bianche e gialle, sembrano rovine di città abbandonate. Che sia questa la fata morgana? Incontriamo il primo veicolo a motore dopo cento chilometri dì strada, fatti su strade non ancora fatte. ITALO Z1NGARLLLI. a e , o e l l l ormficdgtpcEtsr-sovrgszgf

Persone citate: Ludovico Kossuth, Pecoraro, Petofi

Luoghi citati: Budapest, Debrecen, Vienna