La buona terra

La buona terra La buona terra Ecco finalmente € un libro ». 1 Voglio dire, non è solo un certo Inumerò di pagine stampate di fila & p legate insieme, ma un «vero» libro, un organismo aerato, in cui S pulsa la vita. Pare di averlo sempre conosciuto, come accade con gli amici veri, anche se incontrati la prima volta ieri. E lo si ritrova con ,iresco diletto, collaudo decisivo e {terribile, al quale resistono pochi uomini e poche letture. Una quantità-di particolari non avvertiti vi saltano incontro, a rendere più evidenti le vicende, più profonda e sincera la pittura degli uomini e della terra. Mi pare di poter presagire vita durevole a questo romanzo di gente cinese, La buona terra, edito da Mondadori (Roma 1933) nel buono e scorrevole italiano di Andrea Damiano, e narrato dalla scrittrice '• americana Pearl Buck, nata e vissuta in Cina. E' un racconto che 1$ dovrebbe finire per collocarsi spontaneamente sullo scaffale dei libri a portata di mano; dove si tengono / '•promessi sposi e Davide Copperjield. Ancora una volta, come succede dei veri amici, può darsi che si trascurino per mesi o anni. Ma si ha bisogno di sapere che vi sono « che si può domesticamente ricorrere alla loro fedeltà. Non è un bisogno dei soli giorni di festa, come per i signori solenni; forse non si Jiensa a loro, negli attimi sublimi; turno gli amici di tutti i giorni, come 61 pane. m- *** Questo libro narra i fatti degli (uomini e della terra. La terra vi ha Sa parte del contrappunto profqn!dp e costante, sovra cui gli uomini (ricamano la melodia diversa e labiIle degli affetti e degli eventi. Essa, Ja terra, è l'affetto perenne, ovunque presente, e che non ha tramontigli suo richiamo esercita sugli uomini un fascino, li riconduce a sè ton quell'appello muto e possente jche circola come linfa e sangue denitro il sangue e la carne dell'uomo idèi campi. La Cina, la sterminata Cina misteriosa e antica più della Sfinge, è {trasfusa in questo libro per essenza ^spirituale, con senso di schietta e v; (Semplice umanità. Wang Lung e óilOlan sua moglie sono un uomo e ftjina donna cinesi; ma più profondafinente ancora che cinesi, sono conisitadini; parenti di tutti i contadini che furono sono e probabilmente saranno a grattare e raspare la crosta di questo nostro, malgrado tutto, amato e incantevole pianeta così diverso e così simile a se stesso, sótto diversa clemenza e rigore di cieli, d'acque e creature arboree. E più in fondo, più addentro ancora che cinesi e contadini, sono un uomo é una donna: due creature umane, che la' mite, ma pur chiaroveggente bontà dell'autrice penetra addentro, negli eterni caratteri umani, oltre le peculiarità del costume fisico e morale, e di quel color locale che dalle vesti si estende a un certo modo di pensare, di esprimersi e di sentire. Strati di carattere, molto importanti e significativi, senza dubbio. Ma è dubbio, fino a che punto siano decisivi. Chi va in Estremo Oriente di solito assicura che la loro importanza i assoluta. Persone, lungamente vissute laggiù, così mi riassumevano l'impressione di quelle enigmatiche contraddizioni : dopo due anni di soggiorno in Cina, si crede di aver capito i cinesi ; dopo dieci anni, si è convinti e sicuri di non saperne niente. E in appoggio, narrano fatti sbalorditivi di boys — i servi indigeni — devoti ai padroni fino al sacrificio, fedeltà a tutta prova e dedizione di assistenze,.durante lunI ghe infermità, superiori a quelle di una madre. Finita la quale ìnfermi, tà, lo stesso servo per un rivolgimento inesplicabile, avvelenava il padrone da lui salvato. E narravano ancora dell'indifferenza cinese di fronte alla morte, in contrasto con la abituale pusillanimità degli eserciti in guerra; e in contrasto, ancora, con il vero eroismo degli stessi eserciti, se condotti e inquadrati da capi non indigeni, bianchi. Mitezza e civiltà, orrore del sangue e ferocia, giustizia e iniquità, tutto pareva mescolato e rimescolato in un crogiuolo alogico per noi imperscru tabile. La signora Pearl Buck, una bianca e un'occidentale nata e vissuta in Cina, pare invece districare il bandolo della matassa « anima orien tale» con una certa facilità. Ella ha il dono, proprio a molte donne e ad alcuni buoni scrittori, di vedere più quanto unisce e apparenta gli uomini che non quanto li divide. E se leggiamo Confucio o Lao-Tse o qualche frammento di antica poesia cinese sentiamo che ha probabilmente ragione lei; la testimonianza de gli antichi savii e dei poeti, questi indovini taumaturghi delle acque nascoste, dice parole di umanità universale; e deve pur valere più che l'arbitraggio inspirato da un casuale panorama di volti gialli, occhi obliqui e trecce nere. Pascal osserva : «si dice che l'edu cazione è una seconda natura; bisognerebbe soggiungere che la natura e una prima educazione». E questa è tra le più sostanziose e vertiginose scoperte del grande pensato re. La educazione del clima e della zolla diversa, forma in realtà una diversa natura. Ma la zolla obbedisce a leggi ovunque sostanzialmente uguali ; e così pure la prima educazione che essa con le sue necessi tà primordiali impone all'uomo ( che forma la sua prima natura. La essenza dello spirito e dell'animo umano è ovunque simile. Pearl Buck descrive in modo stupendo il matrimonio del ^giovane unglipodosanritosfapemasee terglidapiùvala di ozunpedavavequdealtsedenoanrevesutenodidechtoOrinamnaqumnolesacagitasepocapasetesupaocseil fiannepaelmdenpsoMtoseladcoquucapBppInvenvgfusìchfvpinmprnngdnlusfdOccvvilsnrcvedadeubisdlmnnBivhcontadino con la giovane schiava dUs a a una casa ricca, « la gran casa » degli Hwang, e l'appagamento che porta a lui il possesso di questa donna brutta e sgraziata, ma forte, sana, lavoratrice accanita e al marito devotissima. E' una taciturna, oscura creatura di ostinazione e di fatica. Tutta la vita di lei si compendia in gesti e in azioni : lavoro marito, suocero, figli, e ancora e sempre lavoro e lavoro, nei campi e in casa. Mancano le piogge, la terra isterilisce, e la misera famiglia viene cacciata dalla carestia e dalla fame alla • città, tra la plebe più squalificata. « Gli altri non avevano altra preoccupazione che quella di mangiare domani un pezzetto di pesce, o di restarsene un poco in ozio, o magari di giocare d'azzardo un soldino o due ». Ma Wang Lung pensava invece alla terra, assillato dall'idea di farvi ritorno, e si sentiva estraneo tanto alla feccia che viveva addossata alla casa del ricco, quanto al ricco stesso... in grazia del possesso della sua terra. « Gli altri, eccitati dalla fame e dalla miseria e dalla propaganda comunista dei bolscevichi russi e cinesi, pensano solo ai tesori del riccone, di cui anelano impossessarsi, per smettere di lavorare. Ma Wang Lung. invece aspira solo a lavorare di più, su maggiore estensione di buona terra sua. Gli altri perciò lo stimano indegno di essere ricco. Naturalmente invece, è lui che lo diventa. Il giorno della rivolta e della sommossa comunista,, nel saccheggio della casa del ricco, a lui toccano per caso molte monete. Ma Olan, allevata schiava nella casa dei ricchi, conosce il segreto dei loro nascondigli, vede una pietra che si muove, vi trova un tesoro abbandonato di gemme, oro e gioielli. Tutta questa ricchezza diventa terra in mano di Wang Lung. Fino al giorno ch'egli strappa alla povera Olan le ultime due perle, da lei preziosamente custodite in seno — l'unica gioia della sua vita frusta e grigia, quel segreto possesso di vanita! — per adornare con quelle stesse perle la bellissima concubina che porta a vivere nella sua casa, dalla casa di piacere dove ella gli è apparsa come una dea. La resistenza passiva di Olan, in sensibile alla ricchezza, fedele alla terra, è pagina bellissima. In tutta sua vita, ella parla — veramente parla — due sole volte. Nelle altre occasioni, dice frasi staccate e dense. Una in principio quando aspetta il suo primo bimbo, e quando alla fine, la morte, il segreto della sua anima non fiacca, orgogliosa pur nell'umiltà, si espande in rivoli di parole povere ma prodigiosamente eloquenti. Lo sposo le offre di chiamare una donna della grande casa degli Hwang, i suoi antichi padro niy ad assisterla per la,nasci,ta 4ella prima creaturina, poi che in casa sono soltanto lui e il vecchio padre. Ma lei, che dapprima aveva soltanto scosso il capo, poi che la parola sembra uscirle a stento dalle grosse labbra, a sentirle nominare la grande casa, vibra di opaca ira : « In "quella casa non tornerò che con mio figlio sulle braccia. Per quell'occasione gli farò indossare un giubbettino rosso e un paio di calzoncini a fiori scarlatti. In testa porterà una cuffia con un piccolo Budda dorato cucito sul davanti. Ai piedi gli infilerò scarpette con dipinta sulla punta una testa di tigre. In quanto a me, calzerò scarpe nuove, con una giubba di raso nero, ed entrerò così vestita nella cucina dove trascorsero le mie giornate, nel gran salone dove la vecchia siede a fumare l'oppio. Vorrò mostrare così, a tutti, me e mio figlio ». E Wang Lung, attonito, capisce che quella donna tranquilla e indifferente nella quotidiana fatica, aveva pensato ed elaborato tutto questo piano di rivincita, mentre lavorava in silenzio vicino a lui. Così, difatti, sola, ella mette al mondo il primogenito senza nessuno per aiutarla. E poi lo porta a vedere alla padrona. E molti anni dopo, nel delirio dell'agonia, ancora ritorna il rancore delle sue sofferenze di gioventù, e la gioia dellja sua gran dignità materna. « Se sono brutta, non me n'importa, che ho dato alla luce un figlio. Dicono che sono una schiava, ma in casa mia c'è un figlio ». Ma, intanto, dei figli della casa di Wang Lung l'agricoltore e di Olan, divenuti ricchi, uno fa il ricco funzionario, il secondo commercia, il terzo, paurosa incognita, è rivoluzionario negli eserciti rossi. La vecchia Cina pare che termini con il vecchio Wang Lung. I figli si sono allontanati dalla terra, invano egli ammonisce, piangendo e raccogliendo una manciata di terra, che « fra le dita gli pareva piena di vita» e gli dava felicità a toccarla, e consolazione anche al pensiero della morte, la quale entro terra lo avrebbe accolto: « Cattivi figli, volete dunque vendere la terra?... Quando si comin eia a vendere la terra, è la fine di una famiglia... ». Sopra la sua testa, i figli si scam biano occhiate, e sorridono. Non ottimismo di princisbecco, in questo libro. G'i uomini non vi sono eroi nè angeli, ma nemmeno demonii. Le loro mediocri anime e le loro mediocri vicende sono illuminate dal sorriso della compassione misericorde e della benevola ironia, con serenità. MARGHERITA G. SARI-ATTI ddtrindspncaaacmgtmnftloogcdlaltsssplgzcontSEidUsdSqblvtaSfstdmmgmrlurnlcctdn

Luoghi citati: Cina, Estremo Oriente, Roma