Tre cose da vedere

Tre cose da vedere IN GIRO PER LA PIANA LOMBARDA Tre cose da vedere CORBETTA, ottobre. Corbetta è un paesotto di nemmeno diecimila abitanti, e ci si va col celebre (s'intende, per i milanesi) gamba de legn. Per i non milanesi diremo che si tratta d'un trenino, la macchina e tre vagoni, che sarebbe lecito aspettarsi di vedere solo in un museo della locomotiva o fotografato in una pagina dell'Italiano di Longanesi, oppure ditt d Sl B descritto da Samuel Butler in un capitolo di Erewhon. Di vivace ora al gamba de legn non gli è rimasto che il fischio, e il fumo, quando parte. Parte parecchie volte al giorno da una specie di rimessa o stallazzo in fondo a corso Vercelli. Quando abitavo in quei paraggi vedevo ogni tanto una grossa nuvola bianca alzarsi tra le quinte delle case, nascondere il cavalcavia di una ferrovia che passa sopra, e perdersi nel piombo del cielo lombardo, com' è in certe mattine d' autunno. Tra quella nuvola sorgeva il fischio, che svegliava la gente e richiamava alla prudenza i ciclisti azzardosi. Così il gamba de legn s' avviava sul binario del tram, attraversava il quartiere popolare tra il Sempione e San Siro, raggiungeva la campagna ancora impigrita dalle nebbie dell'alba, sempre arditamente fischiando, al passaggio di ogni cascinale. Ed entrando in.un paese (in uno, la strada principale si chiama ancora Corsia, come cent'anni fa a Milano la Corsìa de' Servi, ch'è ora corso Vittorio, come a Torino via Roma, e a Roma corso Umberto), il gamba de legn rafforzava, s'è possibile, ancora di più il su fihi fihé f il suo fischio, finché, fermo, caricava e scaricava gente. Talvolta aspettava anche qualche abbonato ritardatario. I maligni dicevano che a farlo uscir dalle rotaie bastasse una buccia d'arancio. Tanto poco forse no; ma una volata un po' più ardita, specie di una svolta, lo mandava, dicono, a brucar facilmente l'erba del prato o le foglie dei gelsi. Il museo di Carlo Dossi Fino ad alcuni anni fa il gamba de legn era il dominatore incontrastato di questi posti. Era lui che portava da Milano le mode por le ragazze e la rettorica democratica e socialista per i fratelli e i fidanzati di queste ragazze, e a Milano introduceva per gli umoristi del Guerino la figura del buon villico. Semmai, da questo lato, un po' di concorrenza gliela faceva il « barchett de Buffalora ». Adesso, da un altro lato, gliela fa una corriera, e fra qualche anno gliela farà nientemeno che la metro guoiu xaiti meuLeuieiiu ciie la metro- politana. Allora sarà il caso di seri- fcvere per il gamba de legn un epi cedio coi fiocchi, cosa che potrà fare soltanto un discendente di Carlo Porta, o almeno di Carlo Linati. I corbettesi, e quelli dei paesi ora attraversati dal gamba de legn fino a Magenta, già sanno quanto tempo impiegheranno per andare a Milano con la metropolitana, che arriverà appunto fino a Magenta. Dicono po chi minuti, 13 da Corbetta; mentre adesso impiegano più d'un'ora. Non si misurano i benefici di tanta raggiunta celerità: uscire dalla Scala a mezzanotte, e dopo 13 minuti essere a Corbetta, dopo 18 a Magenta, dev'essere una di quelle felicità che sarà difficile descrivere. Per ora, se si deve salire sul gamba de legn è bene tenere il cappello ra testa e in-filarsi lo spolverino, e scendendo a Cornetta £nqr7nlflT4i%nnWi!in " p^llo spa"zolarsl sP°lverino ecappello. Corbetta ha almeno tre cose dafar vedere: un museo, un santuario, e una fabbrica di fiori artificiali. Rmuseo è quello messo insieme e or-dinato da Carlo Dossi, lo scrittore lombardo più eminente, e più mo-derno, della Scapigliatura, e il piùisohtano degli scrittori, anche non lombardi. E' un museo, per dirla con dossiana franchezza, dove ci sono quintali di cocci; ma tutti cocci importanti. La,passione di raccoglito-re non solo di cocci il Dossi l'ebbe sin da ragazzo; ma gli andò crescendo cogli anni, e nell'ultimo periodo della sua vita finì con l'assor¬ birlo interamente. Forse non moltisanno che Carlo Dossi fu diploma-tico; entrò alla Consulta poco più che trentenne, fu segretario partico-lare di Crispi, e ministro plenipoten ziario a Bogotà e ad Atene. Quando era ad Atene, le cure diplomatiche non gl'impedivano di salire quasi tutti i giorni all'Acropoli non tanto per recitarvi la famosa preghiera di Renan quanto per andar frugando qua e la in cerca di frammenti di antichi marmi, di vasi, di vetri, di medaglie, d'ogni cosa che portasse un segno anche minimo dell'arte eidelia vita dei tempi di Pericle. IRientrava tardi la sera in città, | spesso tutto inzaccherato e avvoltoi in un ferraiolo, il cappello a sghhn-ibescio e un involtino sotto il brac-'ciò. I gabellieri avevano ordine di farlo passare senza troppo ficcar gli occhi in quello che portava: tanto, si trattava di cocci. E ora questi [ cocci greci li vediamo qui catalogati ■ uno a uno nelle grandi teche del suo palazzo, molti riuniti sotto un unico cartellino scritto con una grafia mi nuta che il tempo va lievemente sbiadendo. Certi vetri hanno iridescenze bellissime, certi frammenti di vasi, taluni amorosamente ricostruiti pezzo per pezzo, recano il prezioso segno di quegli antichi figulinai e vasai: una testa di leone o di drago,Ìuna scena vendemmiale o f™-!funeraria, una danza, un frammento di peplo, il volto d'una donna. C'è anche una bambola, non molto diversa dalle bambole d'oggi, nè . più grande; e pensare, che so, che l'ab bia comprata Socrate per un suo fi o-K,,nin Vi™ c^*n ; Vimv,^«ft: 1 fefe^OTra^SS? fà!Sre un%erto effetto Sffl' mu >S aUnchCeelun SS& %£ffi uno romano: anche qui per lo phVvasi, lucerne, frammenti incisi, o dipinti. I greci, si sa, dipingevano sui vasi sopra uno strato di lacca; „u „,._,,„„i,j •_„:j»,,„«.^ ■»«■—t. . ' fcSS^SRH^^^ in rilievo, quel disegno è d'un'estrema eleganza, d'una finezza che si vede benissimo anche in'queste umili cose, in questi oggetti della loro cucina e della loro mensa. E poi c'è un reparto precolom- ì2?an(? 0 m°dern°. mes,90 insieme dal MUS? fci^HÈSrtS* ra Columbia: statuette d?idoli e univero panama, una sella da far la de- lizia di Tom Mix e un paio di san- dali sdruciti. E cè la;piùbricca rac- colta di bolli, o marche dr-fabbrica, ldi vasai aretini:.oltre 20 mila pezzi. E infine tutto ciò che egli riuscì a riunire dagli scavi fatti nella Casci:lna Faustina di Albairate, da lui|ribattezzata Verdesiacum, su cuijscrisse anche una memoria archeo-|logica; da quelli fatti nella Cascina ;Mischia, nel sepolcreto arcaico della q-nmn^inn a noi rinnsHirUn /h pip. bcamozzina. e nei uposugiio ai fUMisio: località del pavese, o di luoghi. [meno lontani. Olle, urne cinerarie, i graffiti, frammenti di fibule, piccoli, bronzi, falcetti liturgici, vasi laci'i-jimali, uno specchio d'argento, vetri,'! daghe romane; i contadini, arando il ! ! terreno, scavavano, e Dossi racco-|!glieva e catalogava. Qualche tom- iba figura qui ricostruita per intero. coi tegoli a spiovente e la testa di , i' , li bolli aretini. Dovette farselo toù gliere, e lo mise in un vasetto con -] un'epigrafe in cui scrisse che non pietra. Ne fa contrasto a queste an- tichissime testimonianze un.armatu- ;ra di cavaliere, sella, cinghie, lance, :scudo, regalatagli da Menehk. . ,, , .. n, . ìLe glliande Ol DiSlliafGK . . . . . .Ci si rovino un occhio,, povero e jcaro Dossi, specialmente indagando.o e i o i o i i e gli dispiaceva d'averlo perduto se il sacrificio gli aveva consentito di indagare tanto e così ostinatamente i segni delle antiche civiltà. E il vasetto con l'occhio è lì, nel museo. A questa rapida visita m accompagna- va l'altro giorno il figlio di lui, un simpatico giovine che serba del padre un culto non superstizioso. Egli mi diceva che il babbo da principio non aveva una gran voglia di ritirarsi nella casa di Corbetta, la casa che gli veniva da parte della moglie, Ma scrostando un frammento del portichetto e poi l'arco d'una finestra, vennero in luce dei disegni e degli ornati della fine del quattro cento; e s'innamorò della casa. Era stata di proprietà di Ambrogio da Rosate, archiatra e astrologo di Lu- di l gdovico il Moro; ma di quell'epoca era rimasto ben poco. Dossi, in pochi anni, ne fece, con opportuni ripristini, una bella casa, con l'ampio cortile, il portico dell'ingresso, gli ornati di cotto restaurati alle finestre. « Raccoglieva tutto — mi dice il figlio —; quando accompagnò Crispi a far visita all'Imperatore di Germania, durante un rinfresco prese un pasticcino dal vassoio dell' Imperatore, l'avvolse in un cartoccetto, e ci scrisse su : « Pasticcino dell'Imperatore » ; e quando andarono in un castello di Bismarck, mio padre raccolse nel parco alcune ghiande cadute da una quercia, e conservò anche queste: le ghiande di Bismark ». E il giovine Pi sani Dossi sorride pelle pelle, con lombarda arguzia. La seconda cosa da vedere a Corbetta è il Santuario, una specie dì piccolo Lourdes. Per gli studiosi dell'arte, a parte la facciata barocca della chiesa, dedicata alla Madonna dei Miracoli, c'è un bell'affresco quattrocentesco, raffigurante una Madonna col Bambino, la Madonna miracolosa del Santuario; la quale iniziò la serie dei miracoli ridonando la voce e l'udito a un ragazzo che giocava con due compagni l t Il ftt davanti al sagrato. Il fatto avvenne un giovedì dopo Pasqua, e la scena fu P1" tardi consacrata in un quadro ove si vede il Bambino che, staccatosi dalla Madre, scende sulla piazzetta, e s'avvicina al ragazzo miracolato. I tre ragazzi han sospeso il gioco, e guardano con vago stupore l'ignudo Bambino e la Madre che si stacca dai muro ove è effigiata, l'azzurra veste gonfiata dal vento, con barocca amplificazione. Dice il racconto ^S a."ii»"il:ai"u".c- » laccouto c-he 1 tre.ragazzi.corsero in paese a dar notizia del miracolo ; e fu un ac correre di gente per più giorni dai paesi vicini, finché San Carlo Borromeo, dopo aver visitato il Santuario, concesse che venisse ampliato e abbellito. Dapprima si pensò di spo- stare la facciata della chiesetta, ma Poi Prevalse 1>idea di non muoverla, e dietro vi crebbe una chiesa di bel" j* fSvffu tàSSS&Sfà ^ a nanco vl tu eaincata Ia casa ue del parroco e la foresteria. Un tempo il Santuario fu ricco, ma le guerre e i saccheggi, specie sotto il dominio spagnolo, lo impoverirono, per quanto non mancasse mai, per secoli, un gran concorso di fedeli. L'attuale rettore del Santuario — un giovine parroco dal viso intelligente — mi ha rifatta in breve la storia della sua chiesa e mi ha mostrato i lavori in corso che renderanno, se non più ampi0, meno incomodo il cortile, ora ridotto a portico, ove la folla s'as- à"epa"per la visita al Santuario. Le fes£e <fella Madonna déi Miracoli du rano quattro giorni, dal giovedì alla domenica dopo Pasqua; e alle feste è naturalmente annessa una fiera che si svolge davanti alla chiesa e neue Vje circostanti La fabbrica dei fióri artificiali ha fatto arrivare il nome di Corbetta per3ino jn America. Fiori artificiali per j salotti e per le tombe, e per ogni aitro US0) sacro e profano: è °frita forae i>unica DÌCcola iMn queata iorse i unica piccola inau Mgtm che ancora resiste bene qui, dove pure una volta le filande di se. ta come in tutta la Lombardia, era- no fiorenti Oggi la tendenza è di spiantare il "elso ya a Cornetta c'è da vedere dei l'altro ' e tra l'altro il palazzo Fvisjanj }n mezzo a un' parco-frutteto, fra ja campagna e l'alto campanile delja chiesa principale, la Collegia ta Antica nobiltà i Frisiani risa- lendo ai crociati. Nelle vaste sale, aicune Con affreschi e soffitti ouattrocenteschi, non è raro trovar buo nì quadri di pittori minori del sei- ìcento. E l'arguto conte che ci guida nella visita, vestito di velluto, con .un pizzo e un bel paio di baffi nel jviso tondo e gioViale> a volte fa pen 3are che sia sce30 da una di quelle tele, da dove lo guardano i suoi an tenati, addobbati alla spagnola, o da uomini d'arme del quattrocento. Racconta di Corrado il Salico e di Rovani, ripete barzellette ardite e ride allegramente il grasso conte, accompagnandoci fino al cancello^ i donde sulla vasta piazza scorgiamo al gole ottobrino seccare il grano turco bianco e giallo, guardato dal- le vecchie e insidiato dalle galline. 0. TITTA ROSA. d n e a Santuario della B. Vergine del Miracoli