L'ardente manifestazione operaia

L'ardente manifestazione operaia L'ardente manifestazione operaia Affermazione di forza Di tutte le manifestazioni che si sono svolte a Roma in quest'anno di fervide celebrazioni patriottiche, quelle a cui ha dato luogo ieri la visita delle maestranze della Fiat alla Mostra della Rivoluzione, al Duce, alla Capitale nobilitata e rinnovata dal Fascismo nel volto e nell'anima, resteranno tra le più caratteristiche e significative. Sul porfido levigatissimo di via Nazionale, arteria in cui non senza intenzione simbolica, sfociano come i tributari in un gran fiume, le vie intitolate a tutte le città d'Italia; sulla lucidissima lama di Via dell'Impero, lanciata come un segno di rinascita tra le testimonianze più insigni di un passato glorioso; sulla piattaforma rettangolare di Piazza Venezia, - chiusa nella cerchia dei grandi monumenti con l'Altare della Patria da un lato, Palazzo Bonaparte dall'altro e, in mezzo, quel Palazzo Venezia, consacrato alla storia, più che dai ricordi di papà Barbo e dall'arte di Leon Battista Alberti, dalla viva operosa geniale attività di Mussolini; nel cuore di Roma, per i luoghi più celebri e augusti del mondo, dinanzi agli occhi di migliaia di spettatori, Torino operosa ha allineato le ordinate schiere e le insegne fiammanti della sua massima industria, una industria che è non solo vanto del Piemonte intraprendente e volitivo, ma di tutta Italia, di cui riassume e rappresenta alla più alta potenza le qualità organizzatrici e costruttive. Per Mussolini lo spettacolo offerto dalla folta ambasceria di operai, di tecnici, di impiegati e di dirigenti della Fiat, non è stata una novità. Undici mesi or sono, visitando la nostra Torino, Egli si era già reso conto dello spirito che anima le maestranze della grande Casa torinese, aveva accolto il loro veemente saluto, aveva, diremo, quasi respirato l'atmosfera di disciplinata collaborazione che circola nelle officine del Lingotto, misurando quella volontà di fare, di progredire, per il progresso stesso d'Italia, che dal più alto dirigente discende e si moltiplica nel più modesto operaio. Al Duce in quella solenne occasione, una parola che era promessa era già stata detta e si trattava ieri niente altro che di confermarne la vitale presenza in tutti i» cuori, rinsaldando un patto suggellato sulle rive del Po, dalle più impetuose acclamazioni con cui forse maestranze operaie abbiano mai accolto un Capo di Governo. Per Roma, invece, per quella Roma in cui quanto di buono e vivo è nell'Italia di oggi si presenta periodicamente come ad una prova e ad un esame, per Roma, la disciplinata, imponente, varia e armoniosa sfilata di lavoratori della Fiat è stata una grande bella confortante sorpresa ed il resoconto della vibrante giornata non fa che rispecchiare questa sensazione, che ovunque era dato di cogliere e di controllare. Si offriva agli occhi di Roma il quadro, l'immagine viva e potente di una grande industria che ha saputo rinnovarsi totalmente e oggi, adeguata allo spirito e alle esigenze della moderna realtà italiana, marcia coi tempi in ogni sua parte e settore; di una industria pervasa in basso e in alto di spirito fascista e nella quale i lavoratori non si preoccupano soltanto del salario nè i datori soltanto dei profitti; di una industria che affronta con virile coraggio le difficoltà del presente e guarda con ferma fiducia al domani, tendendo con ogni sforzo ad assicurarlo migliore; di una industria intorno alla quale la solidale illuminata previdenza del capitale e del lavoro ha saputo creare un complesso superbo di istituti e di opere sociali, intese a creare il benessere e la tranquillità delle masse; di una in dustria, infine, che non ha lasciato cadere come lettera morta le iniziative del Regime, ma nel quadro delle sue leggi ha fatto sorgere fiorenti e munitissime organizzazioni ricreative nel cui seno, fuori dagli uffici e dalle officine, i protagonisti dell'industre fatica ritemprano le menti e le braccia per le nuove fatiche del domani. Colpita da questa spettacolosa dimostrazione di efficienza, da questa vigorosa affermazione di forza, Ro¬ ma ha tributato ai battaglioni del lavoro torinesi, sfilanti per le sue vie, le accoglienze che riserba a coloro che hanno ben meritato della Nazione; ma nel suo caldo cordiale entusiastico saluto vibrava anche una certezza, che era come un viatico agli ospiti sce^i sulle rive del Tevere dal forte Piemonte: la certezza che anche nell'avvenire, anzi sempre più nell'avv nire, Torino e la Fiat sapranno conservare il ruolo e il rango che hanno saputo conquistare con la loro I uacia operosa nel campo dell'economa nazionale. Il che è e deve essere, più che nei nostri voti, nella nostra volontà, saldamente tesa verso il futuro, sulle vie luminose segnate dal Duce. La grande giornata Roma, 30 notte. La grande famiglia della Fiat ha mandato a Roma una schiera di suoi operai, messaggeri al Capo dei sen\ timenti di devozione -tei ' compagni rimasti alla loro quotidiana fatica. Piccola schiera, a confronto della moltitudine di uomini che, sotto la breve parola, da decenni combattono e vincono nel ritmo sempre rinnovantesi, Za più vasta battaglia industriale che l'Italia moderna ricordi; esiguo manipolo, duemilacinquecento persone, poco più d'una legione, a lato dei ventisettemila lavoratori inquadrati nel possente organi smo, operanti concordi ad una stessa mèta di affermazione e di conquista. Ed i messaggeri in camicia nera sono stati ben degni dei compagni rimasti all'incudine, o sulle piste di tutto il mondo, strenui combattenti nel nome della Patria lontana: hanno saputo con la loro voce schietta manifestare il cuore degli assenti, dire al Capo che fedeltà ed operosità son parole tramutatesi in sicura realtà, nel fervore d'opere della formidabile officina torinese: ancora una volta, infine, hanno portato nella città eterna quel soffio di fede che al mondo s'è rivelato nelle giornate dell'ottobre, ma che il popolo subalpino sapeva di possedere dal giorno in cui un Uomo, nato dal popolo e del popolo esaltatore e difensore, in nome di tutti coloro che lavorano e producono, mosse alla più originale rivoluzione della storia'moderna. Quarta tappa Il nostro cuore di piemontesi ha esultato oggi, mentre l'interminabile colonna dei lavoratori della Fiat sfilava lungo le vie dell'Urbe, fra gli applausi d'una folla incalcolabile: ha esultato così, come nelle giornate dell'ottobre, come all'adunata delle Gerarchie in Piazza Venezia, come all'Apoteosi di Cuneo. Tre tappe poste a conclusione di una lunga marcia silenziosa, a cui si agghtnge oggi la quarta, fervida come le altre e come le altre piena di significato. Con i duemilacinquecento operai della Fiat, erano veramente l'anima ed il cuore della città sabauda, presenti fra queste mura gloriose, al conspetto del Capo che dall'alto dello storico balcone volgeva ■ sulla moltitudine operaia il Suo sguardo pieno d'affetto e di comprensione: e con l'anima e il cuore della nostra terra, prorompenti in un grido così alto e sincero che, al ricordo, ancora risuona possente e indimenticabile, era, assieme alle glorie delle armi e del pensiero, l'ultima gloria, materiata nelle cento bandiere Fiat, quella costrutta dalla paziente fatica di questi artieri rudi e modesti, dalla genialità tenace del senatore Giovanni Agnelli. Oggi forse per la prima volta, nello scenario stupendo di Roma, abbiamo compreso che cosa significhi per l'Italia la Fiat. . Mentre le bandiere e gli uomini trascorrevano per le vie della Capitale, e la folla applaudiva, ed era nello sguardo dei partecipanti all'adunata un senso di orgoglio di appartenere a così formidabile organismo industriale, pensavamo come ben a ragione tanto spésso in contrade straniere il nome d'Italia si abbinò a quello della Fiat. La Patria ha in questi artefici- dei meravigliosi ambasciatori del suo lavoro e della sua nuòva potenza. Ovunque l'uomo è costituito in società civile, e anche là ove la civiltà ancora non è nata ed è padrone il deserto, e la boscaglia apre timidi varchi alla volontà di conquista, prima ancora che sia nota la parola del nostro tempo, in ogni luogo romba un motore nato fra le mitra della forte Torino, alimentato non soltanto d'acciaio e d'essenza, ma del cuore vivo della gente subalpina. Fra le bandiere che stamane garrirono al bel sole dell'Urbe, issate in un prorompere di gioia sulla marea operaia clamante in piazza Venezia, si notavano i vessilli di tutti i paesi del mondo, dalla Svezia al Brasile, dalla Malesia alla Spagna. Erano, questi drappi, la testimonianza delle faticose mète conquistate dalla Fiat sotto i cieli più lontani: ad ognuna di queste bandiere corrisponde una sede, ove si traffica d'automobili e si esalta l'Italia; sotto ognuno di questi drappi, è un pugno d'uomini nati della nostra terra e proiettati pel mondo con una consegna di combattimento e di vittoria. Questo abbiamo compreso noi ed ha compreso il popolo di Roma alla visione superba dei drappelli sfilanti lungo la Via dell'Impero, mentre le fanfare suonavano e dalla folla assiepata sui bordi della via e dalla colonna marciante si elevava, rapido e maschio, il canto di « Giovinezza ». , L'accoglienza dell'Urbe L'Urbe ancora una volta ha accolto i figli di Torino con il suo grande ardente cuore. E' un privilegio che viene a noi, gente di Piemonte, per la nostra fedeltà centenaria all'idea dell'Unità, per la nostra decennale appassionata devozione al Capo? Crediamo sia così. Certo è che non mai accoglienze fu più cordiale, non mai fwon alle finestre più numerosi i tricolori, nè più fervido il saluto del popolo, e palese la simpatia nel sorriso e nell'applauso della moltitudine. E fu così sino dall'arrivo dei due treni speciali nelle prime ore del mattino, trasportanti i duemilacinquecento operai. Pavesata la stazione, e tutta gaia di gente in attesa: amici e parenti dei gitanti, popolo della Capitale accorso a dare il benvenuto alla comitiva torinese. I due convogli giunsero rispettivamente alle sei e alle sette, ognuno portante oltre un migliaio di uomini, divisi in squadre di trentaquattro persone. Sul primo le squadre maschili, sul secondo le femminili; il coro, la banda musicale e le cento bandiere delle varie sedi Fiat e delle Sezioni del Dopolavoro. Erano all'arrivo, a ricevere le maestranze, il prof. Valletta, direttore generale della Fiat, il conte Perotti, direttore della sede romana, l'ing. Bartolomei, direttore della filiale, il dott. Pestelli, capo dell'Ufficio stampa, attorniati da numerosi lavoratori dell'Urbe. L'incolonnamento fu rapido e preciso. E subito, dai primi episodi della mattinata, abbiamo avuto la sensazione della perfetta organizzazione della vita, curata con fervida meticolosità sin nei particolari. Nè all'arrivo nè poi durante il corso della giornata, il minimo incidente, sia pure fra quelli quasi inevitabili in simili manifestazioni, venne a turbare lo svolgimento del programma prefisso, che fu seguito punto per punto in assoluto orario e con inusitata precisione. Disposto lo schieramento sitila Piazza dell'Esedra, la colonna subito mosse verso la Piazza delle Terme, ove, nel grande cortile dell'ex-Collegio era stato predisposto un abbondante servizio di colazione. Breve fu qui la sosta delle maestranze, e prima delle 8 le squadre riprendevano la marcia lungo la Via Nazionale per raggiungere, la Mostra della Rivoluzione, Accompagnati dal prof- Valletta e dagli altri dirigenti e ricevuti dal conte Tagliavia, i lavoratori torinesi visitavano minutamente le varie sale della Mostra, interessandosi in sommo grado alla superba documentazione della Rivoluzione Fascista. Al Colosseo Sulla vicina Piazza dell'Esedra s'erano intanto andati ammassando decine e decine di autobus, che dovranno servire prima per il trasporto della colonna al Colosseo, per l'adunata delle 10, e poi per i vari susseguenti spostamenti della giornata. Col diretto delle 8, erano intanto giunti il senatore Giovanni Agnelli e l'avv. Edoardo Agnelli, il segretario federale Andrea Gastaldi, il podestà dott. Thaon di Revel. Prima delle 10, sul vasto piazzale che fronteggia il Colosseo, l'ammassamento delle squadre è pressoché compiuto. Attorno al vetusto montimemo è un nereggiare di folla, un lieto garrire di bandiere, un sommesso coro di vecchie canzoni patrie. Celermente viene predisposto il corteo. E' in testa la Banda del Dopolavoro, forte di cinquantacinque elementi, ottimo complesso musicale che avrà modo, durante lo svolgersi degli avvenimenti della giornata, di dimostrare il suo sicuro valore. .Subito segue, portata da un vessillifero in speciale divisa attorniato da quattro guardie giurate, la grande bandiera Fiat, rossa e azzurra. Sulla seta è ricamata una data: 1899, quella di fondazione degli stabilimenti del Lingotto; e sull'altro verso, le tre parole che racchiudono in felice sintesi il complesso delle attività dell'azienda torinese: « Terrò, mare, Cielo ». Vengono poi, sorretti da giovani in rossa divisa sportiva, i sessanta gagliardetti delle diverse sedi della Fiat in Italia e nel mondo. Accanto ai tre colori della Patria scorgiamo le insegne di tutti gli stati della terra, poiché ovunque la Fiat è rappresentata, e ogni sede ha il suo drappo di combattimento. Viene quindi il gruppo delle gerarchie, delle autorità e dei dirigenti. Sono oltre cento persone, alla cui testa si pongono il Segretario federale Andrea Gastaldi, il conte Thaon dì Revel, il cav. Cianetti, segretario dell'Unione sindacati dell'industria dì Torino, il grand'ùff. Acutis e l'avv. Soleris dell'Anima. E' nel centro, in prima fila, a lato di Andrea Gastaldi, il senatore Giovanni Agnelli, presidente del possente organismo industriale. Seguono, quindi, l'avv. Edoardo Agnelli; il prof. uff. di gran croce Vittorio Valletta, direttore generale della Fiat; i direttori centrali ingegneri Ram-ì baldo Bruschi, Guido Soria, Ugo] Cauri, Giovanni Chiesa; i direttori, principali comm. Ghiglione, ing. Pe- j nati, ing. Savoia, ing. Diego Soria,\ ing. Zerbi; il direttore della Fiat ai Roma, conte Benedetto Perotti; ili comm. ing. Santoro, amministratore] delegato della «Sita»; il col. Lant-I bert, direttore della sezione Fiat-\ Oci; l'ing. Vandone, presidente deli Dopolavoro Fiat; l'ing. Nardi, direttore dell'Aeronautica d'Italia', Fiat; il comm. Marescalchi, direi-j tore dell'azienda Fiat Costruzioni Meccaniche Aeronautiche a Marina di Pisa; il comm. Luigi Gajal de la Chenay'e, direttore della vendita in Italia con tutti i direttori delle filiali Fiat in Italia; l'avv. Ubaldo Giuglìni, l'ing. Rosatelli, l'ing. Berla direttore delle Officine di VUlar Perosa, il col. ing. Mascarucci, l'ing. Reyneri, l'ing. Monti, il cav. Rey, il cav. Collabionì. E' pure presente, a capo delle maestranze, il comm. Alessandro Genero, direttore degli stabilimenti del Lingotto: è un ex-operaio egli stesso, pervenuto a così importante posto di responsabilità e di comando per le sue personali.virtù d'ingegno e di lavoro; ma-\ gnifico esempio di ciò che questei -r » • virtù possano anche tra i lavoratori dell'officina. Dopo il gruppo dei Gerarchi'sono disposti per squadre gli alfieri portanti gagliardetti delle trentacinque sezioni del Dopolavoro Fiat; poi le squadre corali maschili e femminili, composte di oltre duecento persone." infine, disposte in ordine di tre, le maestranze. Mentre il corteo sta predisponendosi per iniziare la marcia giungono l'onorevole Serena, commissario della Federazione fascista dell'Urbe e membro del Direttorio Nazionale del Partito, l'onorevole Bifani, segretario 'dell'Unione romana dei sindacati dell'industria, i camerati De Ambris per la Federazipne operai metallurgici e Ruino in rappresentanza dell'onorevole Clavenzani. L'onorevole Serena, fattosi incontro al senatore Agnelli e al segretario federale Gastaldi, porge U fervido saluto delle Camicie Nere di Roma. Alle 10 l'interminabile corteo si pone in marcia, e si inizia la sfilata lungo la Via dell'Impero. Lo spettacolo è bellissimo. Le policrome divise dei gruppi sportivi, le casacche azzurre degli alfieri, quelle rosse dei dopolavoristi donano una nota dì gaia festosità all'imponente sfilata. Gli operai sono nella quasi totalità vestiti della camicia nera. Brilla sul petto di molti l'azzurro del valore. E' nello sguardo di ognuno la gioia d'essere partecipe di tanto avvenimento, e l'entusiasmo prorompe fra le file in alti alala al nome del Capo. Ai lati della via sono schierati i camerati del Fascio romano^ del Dor pólavoro. Due fitte schiere che, dipartendosi dal Colosseo, raggiungono il Vittoriano. Al passaggio della colonna, prorompono gli applausi e le acclamazioni. Oltre gli schieramenti delle Camicie Nere si addensa una moltitudine di popolo, che seguirà poi gli operai e ad essi si unirà nella imponente e commovente dimostrazione di Piazza Venezia. Il percorso Il corteo si.svolye su oltre due chilometri di percorso. Già le prime squadre hanno raggiunto il Vittoriano,, e al termine della colonna si è ancora fermi. L'ordine di marcia è perfetto ed il passo veloce. Il comando del corteo è stato assunto da Andrea Gastaldi, e procediamo sul cammino così fervidamente percorso dalle Gerarchie torinesi durante le giornate romane dello scorso giugno. Fra le file operàie scorgiamo, accanto ai giovani fieri dei nastrini di guerra e della Rivoluzione, i veterani del Lingotto. Uomini che hanno battuto sulla prima incudine per la costruzione della prima macchina, che hanno seguito con la stessa passione del loro Capo le vicende gloriose dell'azienda di cui sentivano di essere i pionieri e gli artefici: mani callose e visi' bruciati nel divampar delle colate sotto le immense volte delle officine sonanti, robusti campioni della dura razza piemontese, fermi, come un macigno sulle posizioni conquistate, siano esse di guerra o dì pacifica affermazione industriale, tutti unendo con un medesimo palpito, uno stesso prorompente desiderio: quello di vedere, di acclamare il Capo. > Ed il nome del Capo parve non spegnersi mai sulle loro labbra, durante le ore dell'attesa. Fu gridato in ritmo incessante lungo il cammino per le vie della città ancora addormentate subito dopo l'arrivo, fu ripetuto senza sosta mentre le squadre sfilavano per la Via dell'Impero e la folla faceva eco e l'aria era del solo nome del Capo, sempre formidabilmente risonante. Piazza Venezia, al nostro giwigere, è già nereggiante di popolo. Sono accorsi a porgere ai camerati della Fiat il loro fervido saluto gli operai delle officine romane. Sulla grande piazza, essi sostano liberi di inquadramento, venuti, compagni fra compagni, a dire U loro cuore schietto. Anche le scalee del Vittoriano brulicano di folla. L'oro delle statue e l'abbacinante candore dei marmi riflettono in barbagli di fuoco i raggi del sole. Sulle colonne in marcia vengono buttati dalle finestre e dal popolo assiepato sui margini delle vie manifestini di saluto. « / lavoratori fascisti dell'Urbe salutano i camerati torinesi », dice l'uno; «Ai lavoratori torinesi il saluto del Fascismo romano », dice un secondo. La pioggia multicolore non cessa per tutto ■ il percorso del corteo, dal Colosseo a Palazzo Venezia. Si trascorre sotto il volo di migliaia dì foglietti . bianco-rosso-verdi, che già formano in terra un policromo tappeto. A? Vittoriano Giungiamo finalmente al Vittoriano. Sui due lati del monumento si dispongono coi gagliardetti, le rappresentanze sportive in divisa: al centro procede su per la scalea, il gruppo dei gerarchi e delle autorità. Tutti precede un'immensa corona di alloro, ornata da un nostro frico-