Quando la Mosella si marita...

Quando la Mosella si marita... CINEMATOGRAFIA AL VOLA IN TE Quando la Mosella si marita... -BACHARACH, settembre. Bisogna confessare che Bacharach è la borgata più retriva che s'incontra lungo il Reno; la colpa non è sua, ma ài una certa maledizione che su di essa grava da secoli. Fate ad un uomo la fama di jettatore e provate un po' a cancellargliela: neppure a strigliarlo come un cavallo; resteranno il pregiudizio, la diffidenza, il dubbio. Così per Bacharach, in causa a certi castelli abitati da quei cavalieri tremendi che s'onoravano d'appellarsi landsschaden, cioè flagello dei paesi. I flagelli passarono, ma la nomea iettatorio, rimase e persino le guide provvidero a conservargliela designando Bacharach la città triste. In verità, cupo e triste è qui il Reno che s'inturgida e bofonchia entro un imbuto a gomito in cui lo costringono i monti. I c irti del Barbarossa E dire che, proprio a Bacharach, il Barbarossa ebbe salva la barba; che è scampato, cioè, ad un tragico pericolo che poteva mutare non soltanto i suoi connotati, ma, addirittura, il corso della storia. Di un Barbarossa, senza barba, die sarebbe avvenuto? Avrebbe, poniamo, valicate le Alpi? Poiché è necessario sapere .che il Diavolo ce l'aveva da tempo con questo crudele guerriero che lo emulava in perfidia, e lo aspettava al varca; ed il varco sarebbe dovuto essere il passaggio per Bacharach, dove per una notte il tristo regnante avrebbe riposato e dóve il Diavolo ogni cosa aveva preordinata a puntino per fargli sparire la barba; scomparsa la quale il Barbarossa sarebbe diventato un mortale qualunque, come Sansone senza la chiòma. Senonchè una donna ci si mise di mezzo, una fata furba che il Barbarossa aveva da giovane vezzeggiata e che per sventare il misfatto diabolico invocò l'aiuto di un rinomato gigante. Costui notte tempo, scese dai boschi, imprigionò in un sacco tutti i barbieri del paese e se li caricò su le spalle. Ed è questa la ragione per cui, come non si trovano a Bacharach molti conforti, neppure si trovano barbitonsori. Nondimeno, in questi luoghi, si ha del Barbarossa un culto tenace, e non solamente si rammemorano i suoi versi, taluni financo si cantano. Nerone imperatore e poeta come lui, di sicuro avrebbe risparmiato Romn pur di godere simile ventura. E s.on versi che ancora le donzelle stornellano sui prati, che ancora tra i vesti di qualche schloss puoi udire nell'ora vespertina: Plas mi cavalier francea E la dona catalana, E l'onraz del ginoes, E La court de castel&na, Lou cantaz provenc/iles, E la danza trevisana E lou corps aragozies, La mans a Kara d'ongles,, E lon donzel de Toscana- Le campane d'argento San Goar. — Che questo brano di Reno il quale bagna Lorch e sfiora San Goar sia il ptu scalognato, è ben naturale: gli furono attribuite le peggiori leggende. Presso Velmich vi chiederanno: — Ha mai udita la campanai — Quale campana? — Venga il giorno della festa della Cattedrale di San Pietro e la sentirà! Difatti, il 18 gennaio d'ogni anno, gli abitanti di Velmich, per quanto dura la giornata, da un pozzo colmo di pietre assicurano d'udire lo squillo terso di una campana: un gocciolìo di note dall'alba al tramonto. E' la voce della campana d'argento, sepolta nel pozzo, così fondo ch'è al di sotto del letto del Reno: ve la fece gettare il burgravio Falkenstein, corrotto 'e miscredente, appesa al collo di un santissimo priore. Una volta all'anno si risveglia e rammenta il martirio. Però, il più impressionante fastigio del terrore è la Mauser*thurm, la Torre dei topi. — Signore, non la nomini senza farsi il segno della Croce! . E fattovi il segno della Croce potete anche visitarla. Oramai non resta in piedi che per quattro spuntoni smozzicati e sforacchiati. Vi traghettano per una ventina di bracciate, poiché la Maus sorge in un isolotto che, non si sa il perchè, persino il Reno, seppure infuriato, risparmia; avrebbe potuto, nei secoli, rosicchiarselo e farlo sparire con indiscutibile vantaggio della navigazione; al contrario, l'acqua, sciabordando attorno lo scoglio, si fa pavida e tremebonda. O funesta anima di Hatto ^arcivescovo'di Magonza, malvagio per cupidigia e ferocia! Era così avaro che, in un'annata di scarso raccolto, sequestrò tutto il grano affamando il popolo; e giacché donne, vecchi e fanciulli accorsero da lui ad implorare, Slatto ordinò agli arcieri di fustigarli, rinchiuderli in un baraccone e appiccarvi il fuoco. Ed egli, poco lontano, a bearsi di quelle urla strazianti, a sganasciarsi dalle risa ed esclamare : — Belli, belli! Stridono come topi!... Aveva appena pronunciato l'orripilante frase, allorché torme di topi sbucarono dalle macerie e dalla cer nere, lo assalirono, obbligandolo a fuggire di paese in paese, di sponda in sponda, sempre incalzato dai roditori. Sul Reno, in men che non Si dica, fece elevare una torre, reputandosi salvo; ma i topi lo raggiunsero e colà se lo divorarono vivo. Sino a qualche tempo fa, dalle rovine della torre, si scorgevano sprizzare, di notte, bagliori rossastri e il popolo affermava ch'era l'anima di Hatto che si rosolava nell'inferno e sputava fiamme. Gente senza scrupoli aveva approfittato mvece di quel luogo, per piantarvi uria fornace; ed il fuoco svampava sanguigno per le sbrecciature. Adesso la fornace è sloggiata e l'anima di Hatto io non l'ho veduta. Coblenza. —Non diversamente mi ero figurato Coblenza: coloratissima, galante, signorile, delicata. Questo abbraccio cui pervengono dopo tanto e tanto ricercarsi, la Mosella ed il Reno, questo imeneo che finalmente si compie tra due innamoratissimi, tra il fiume maschio ed il fiume femmina, non poteva avvenire sotto la protezione di una città lurida e malconcia: non si può immaginare un altare di sponsali, sgangherato e cariato. Dove l'amore riceve il suo crisma, si pensa ai fiori, agli incensi, ai profumi. Viaggio ad occhi chiusi Coblenza ha tutto questo: in ispecie ha fiori e profumi. Insisto che me l'ero raffigurata così e che così l'ho trovata. Non ho studiato Steiner, né mi ha interessato il karma dei teosofi; né so, se rientri nel « complesso » freudiano, anche questa preveggenza di luoghi. Neppure discuto il subcosciente del sonno; dichiaro che, almeno quello della fantasia, poche volte si sbaglia. I simbolisti dei giorni di Rimbaud chiudevano gli occhi per intravedere i colori delle lettere e delle parole; è ancora più facile chiudere gli occhi per indovinare gli aspetti delle città. Mi tenta di scrivere uno stuzzicante volume: Viaggio ad occhi chiusi. Città anche di olezzi, dunque; e se l'olfatto non li avverte, non con ta; ma poiché voi percorrete molte strade tra palazzi che non hanno prospettive di pietra, bensì intere facciate di erbe e di fiori, avete l'illusione di viaggiare in una serra, Si tappezzano le case di aiuole : spariscono-nel grondare di tanto morbido frascame, poggioli e finestre; questo, sì, ch'è stile floreale e senza disegni d'architetti. Non vi dico poi, se in un vano, alto o basso che sia, s'affaccia una donna: sarà av vertente sempre e gentile, nei colori che spaccano quella cornice di fan tasmagorico giardino. Una brutta, una vecchia donna, non può compa rire in quel rigoglio di primavera perpetua. E non v'è il fasto dell'edera soltanto; v'è la pompa di tutta la famiglia delle araliacee, dai tetti ai basamenti. I muri? Il granito? Tutto nascosto da questo sipario verde d'ogni tono: verde di foglia e di reseda, di Brema e di Schweinfurt, sbiadito od ulivigno, verde stagno o verde azina, verde di Pickel o verde Paolo Veronese. Su quella tavolozza aerea, ombre e luci mesticano seduzioni. Dove tra la Mosella ed il Reno av viene il connubio, sulla punta Deut sches Eck, affollata di ippocastani, imbottita di cespugli, s'erge, colossale, il monumento al Kaiser Guglielmo I: una statua equestre ma stodontica, alta quattordici metri e che per base conta un emiciclo poderoso, truculento di sculture. Fie^ ro e arcigno, l'Imperatore, domina le acque. Quale merito gli spettasse per questo matrimonio fluviale, ignoro. Niente, pare abbia, fatto per secondarlo: non stesi ponti, non draga'i fondi, non scostate rive. O perchè fargli fare il paraninfo a cavallo ? GIUSEPPE BEVILACQUA.

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